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Cronache

Migranti, la rotta al contrario di Giovanni Chiappisi: dall’Italia alla Tunisia

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“Qui in Tunisia si vive da Dio, è un paese meraviglioso, tollerante, ospitale. In Italia non ci tornerei mai piu'”. Parola di Giovanni Chiappisi, 66 anni, giornalista in pensione, che dal 15 febbraio 2019 è residente ad Hammamet, dopo avere percorso al contrario con la sua barca a vela la rotta che ogni giorno centinaia di migranti affrontano partendo dalle coste tunisine verso la Sicilia. Giovanni puo’ raccontare da un osservatorio privilegiato l’emergenza migranti di queste settimane, sia perche’ conosce molto bene le vicende politiche italiane, che ha seguito per anni come cronista, sia perche’ e’ un testimone oculare di quanto sta accadendo sull’altra sponda del Mediterraneo. “Questo flusso di persone – spiega – non potra’ essere fermato nemmeno con le navi militari. E’ gente disperata, che fugge dalle guerre, dalla miseria, dalla fame. La maggior parte proviene dai paesi sub sahariani ed e’ entrata nel sud della Tunisia dalla Libia, perche’ ormai in quel paese la situazione e’ ingovernabile. Ma ci sono anche molti tunisini che non riescono piu’ a tirare avanti. La pandemia ha messo in ginocchio il turismo, che rappresentava il 30% del Pil nazionale, e adesso molti abitanti del Paese sono ormai in una situazione di assoluta indigenza”. Il giornalista sottolinea che la Tunisia, secondo l’Oms, e’ stato uno dei cinque Paesi al mondo che ha gestito meglio l’emergenza sanitaria causata dal Covid 19, ma proprio le rigide misure legate al lockdown hanno gettato sul lastrico migliaia e migliaia di persone: “Per loro la traversata verso l’Italia e l’ingresso in Europa – spiega – rappresenta l’unica chance di salvezza”. Giovanni Chiappisi ha vissuto una vita che assomiglia alla trama avventurosa di un romanzo: ha cominciato la sua carriera di giornalista in Germania, poi e’ tornato in Italia dove ha lavorato al Giornale di Sicilia prima di mollare tutto e trasferirsi in Brasile dove aveva aperto un ristorante (“un paese bellissimo ma dove non potrei piu’ tornare a vivere con un presidente come Bolsonaro”).

Nel 2012 e’ andato in pensione e con la liquidazione ha comprato Horus, una splendida barca a vela con la quale ha girovagato in questi anni per il Mediterraneo prima di puntare la prua verso Hammamet, il luogo che evoca l’esilio dorato di Craxi oggi ‘buen retiro’ di un migliaio di pensionati italiani che preferiscono trasferirsi qui per pagare meno tasse: “E’ vero – ammette Giovanni – qui si versa solo il 5% di Irpef. E con il costo della vita che e’ un terzo rispetto all’Italia un pensionato fa la vita da nababbo. Ma io ho deciso di venire in Tunisia perche’ e’ un paese che amo: qui la gente ti sorride per strada, sembra di vivere nella Sicilia di 40 anni fa, quando dicevamo agli stranieri ‘mia casa tua casa’. L’Italia e’ diventato un Paese dove ormai regnano l’odio e la rabbia. Non potrei mai piu’ tornare a vivere li'”. Quando era ancora un giornalista Giovanni Chiappisi decise di sperimentare sulla sua pelle cosa vuol dire il razzismo: si anneri’ la pelle del viso con del lucido nero, si travesti’ da ‘Vu cumpra” e comincio’ a battere le strade di Palermo per raccontare come venivano trattati i migranti. Quell’inchiesta, pubblicata dal suo giornale gli valse il riconoscimento di “Cronista dell’anno”. E anche oggi Giovanni continua a battersi come un leone contro ogni forma di pregiudizio: “Sento i commenti alla tv italiana di alcuni politici che bollano i migranti come ‘terroristi, ladri, criminali, infetti’. Certo, ci saranno tra di loro anche dei poco di buono. Ma io ricordo quando andavo all’estero e venivo apostrofato come ‘mafioso’ da parte di chi dimenticava che anche Falcone e Borsellino erano siciliani”.

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Camorra: clan minorenni in Quartieri Spagnoli Napoli, 3 arresti

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Un vero mini-clan, con tanto di summit e azioni intimidatorie. Tutto formato da minorenni dei Quartieri spagnoli di Napoli. E’ la scoperta di una indagine dela polizia che ha portato a una misura di custodia cautelare del gip partenopeo con il carcere nei confronti di tre ragazzi, ritenuti vicini ai Di Biasi, meglio conosciuti come Faiano, e indagati, a vario titolo, di lesioni personali, porto e detenzione di armi da fuoco, violenza privata, rapina, reati tutti aggravati anche dalle modalita’ mafiose. Il provvedimento nasce dalle indagini sul ferimento a colpi d’arma da fuoco di Vincenzo Masiello il 5 novembre 2022.

L’agguato e’ da ricondurre alla mira espansionistica di un gruppo di giovanissimi ambiziosi che volevano ritagliarsi il loro spazio all’interno delle dinamiche criminali dei Quartieri Spagnoli. La vittima, attualmente detenuta, e’ da considerarsi elemento di spicco della camorra del quartiere. Durante le indagini e’ emerso che il nascente gruppo criminale e’ dedito a reati contro il patrimonio, ha un’ampia disponibilita’ di armi, ha stabilito la sua base operativa in vico Lungo San Matteo che e’ controllato militarmente. Gli indagati costantemente armati di pistola, per evitare attacchi da componenti di altri gruppi antagonisti, hanno in piu’ occasioni perquisito le persone che, in particolare nelle ore notturne, transitavano nella loro zona di influenza.

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Pizzaiolo ucciso: risate e gesti a fine udienza tra gli imputati

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Risate e gesti anche quello delle manette, a fine udienza, tra gli imputati al processo in corso a NAPOLI sull’omicidio di Francesco Pio Maimone, l’aspirante pizzaiolo ucciso nelle prime ore del 20 marzo 2023 sul lungomare di NAPOLI da un proiettile vagante esploso al culmine di una lite scoppiata solo per un pestone su un paio di scarpe griffate a cui la vittima era estranee. Il comportamento di alcuni degli accusati – collegati in video conferenza dalle carceri dove sono detenuti – non è passato inosservato in aula, quando ormai l’udienza, particolarmente importante quella di oggi, si era ormai conclusa. Oggi, infatti, per la prima volta uno dei testimoni, un amico della vittima, che era lì e nelle cui braccia Maimone è spirato, ha indicato colui che ha sparato, puntando il dito verso il riquadro del monitor in cui c’era Francesco Pio Valda.

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Terra dei Fuochi: M5s, fare luce su restituzione beni ai Pellini

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“I fratelli Pellini, condannati definitivamente per traffico illecito di rifiuti, sono responsabili di aver avvelenato la Terra dei Fuochi seppellendo e spargendo nelle campagne di Acerra rifiuti speciali e pericolosi. Era stata disposta la confisca del loro patrimonio per ben 222 milioni, quei soldi dovevano essere destinati alle bonifiche.

Invece, la Cassazione glieli ha restituiti perchè la Corte d’Appello di Napoli si sarebbe attivata oltre i termini previsti. Ministro, per rispetto verso tutti i cittadini e per affermare i valori della Giustizia, chiediamo che si accerti, anche tramite ispezioni, cosa è realmente successo negli uffici giudiziari di Napoli e che si faccia tutto il possibile per recuperare quei soldi alla causa collettiva. Questa non può essere solo una battaglia del Movimento 5 Stelle, deve essere un impegno di tutte le forze politiche”.

Lo ha detto il deputato M5S Sergio Costa, vice presidente della Camera, illustrando un’interrogazione al ministro Nordio. Nella replica, la deputata M5S Carmela Auriemma, prima firmataria dell’atto, ha osservato come “non sia sufficiente la risposta del ministro. 222 milioni di euro sono stati restituiti a dei delinquenti per un vizio procedurale, è doveroso che si faccia la massima chiarezza su quello che è accaduto, lo Stato lo deve a tutti i cittadini cresciuti nella Terra dei Fuochi e alle troppe famiglie che piangono le vittime di quell’inquinamento criminale. Lo Stato non può perdere così davanti agli eco-delinquenti, deve essere forte e inflessibile con questa gente. Bisogna tutelare il lavoro svolto per 15 anni dai magistrati di ben tre procure della Repubblica”.

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