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“Mi ricandido, chi ci sta ci sta”, De Luca sfida Pd

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Non è dato sapere se la tripla uscita sia stata concordata ma il no al terzo mandato del presidente della Campania, Vincenzo De Luca, espresso con nettezza in poche ore da tre dirigenti del Pd, ritenuti vicini alla segretaria Elly Schlein, ha scatenato la dura ed immediata reazione del governatore. Che non lascia adito a dubbi. Lui si ricandiderà: “Io vado avanti a prescindere, mi ricandido. Chi ci sta ci sta. Chi non ci sta non ci sta” a dispetto “dell’imbecillità di qualche esponente del Pd”.

A chi si riferisse non lo ha specificato. In poche ore hanno preso posizione in maniera inequivocabile il deputato e responsabile Sud della segreteria nazionale Pd Marco Sarracino, Sandro Ruotolo, europarlamentare e responsabile Informazione nella segreteria nazionale del Pd e Antonio Misiani, commissario Pd in Campania. A riaccendere tensioni mai sopite tra il governatore campano e il nuovo corso dei dem le vicende giudiziarie che hanno coinvolto nelle ultime ore uomini legati politicamente a De Luca con l’arresto del sindaco di Capaccio Paestum e presidente della Provincia di Salerno, Alfieri, e il coinvolgimento in un’inchiesta del consigliere regionale del gruppo De Luca Presidente, Zannini, che risulta indagato.

Così, intervistato dal Fatto Quotidiano, Ruotolo dice: “a me dispiace di dover parlare del bisogno di rinnovamento quando interviene la magistratura, il nostro obiettivo è intervenire prima. Da quanto tempo De Luca è nelle istituzioni? C’è un problema di qualità del consenso. Se si costruisce con le fritture di pesce e le famose ambulanze (citando alcuni degli episodi che hanno visto coinvolto Alfieri, ndr), bisogna porre il problema del ricambio delle classi dirigenti”. “Vogliamo – aggiunge Ruotolo – un Pd plurale, non un sistema di potere. Clientelismo, cacicchi e nepotismo sono fenomeni che poco hanno a che fare con un partito moderno di sinistra. Se da più di un anno è sospesa la vita democratica in Campania, evidentemente c’è ancora bisogno di questo, bisogna rimuovere le cause di questa situazione. Al di là di come procederà la magistratura, noi dobbiamo procedere con un partito nuovo. Basta fritture”. Dal canto suo, Sarracino sottolinea, intervistato da Repubblica, che sul tema del terzo mandato “la direzione nazionale si è già espressa chiaramente.

Il voto in Parlamento è stata la conseguenza della scelta compiuta nel partito”. E a suo giudizio il Pd doveva ”escludere certi iscritti come abbiamo fatto in passato”. Per Antonio Misiani, componente della segreteria nazionale e commissario del partito in Campania, la strada del terzo mandato “non è percorribile”. De Luca, intervenuto al centro orafo Tarì di Marcianise, non ha perso tempo per ribadire con nettezza la sua posizione. “Non so più come dirlo. Io vado avanti a prescindere, mi ricandido. Chi ci sta ci sta. Chi non ci sta non ci sta”. “Io – ha aggiunto De Luca rivolgendosi agli imprenditori – vado avanti a prescindere, anche se c’è sempre qualcuno che fa domande sulla base dell’imbecillità di qualche esponente del Pd. Non so più come dirlo. Io vado avanti a prescindere, mi ricandido. Chi ci sta ci sta. Chi non ci sta non ci sta. L’importante è che ci stiate voi, perché se questo lavoro si ferma, la Campania precipita”.

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Hitler, uno studio genetico rivela che soffriva della sindrome di Kallmann: sviluppo sessuale inibito

Uno studio sul Dna di Adolf Hitler rivela che il dittatore tedesco soffriva della sindrome di Kallmann, una malattia genetica che avrebbe compromesso lo sviluppo sessuale. La ricerca della genetista Turi King accende nuove discussioni sulla psiche del Führer.

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Adolf Hitler avrebbe sofferto della sindrome di Kallmann, una rara malattia genetica che ostacola lo sviluppo della pubertà e influisce sulle funzioni sessuali. È quanto emerge da una nuova ricerca sul Dna del dittatore tedesco, condotta dalla genetista britannica Turi King, dell’Università di Bath, e raccontata nel documentario “Hitler’s DNA: Blueprint of a Dictator”, in onda su Channel 4.

Secondo la studiosa, la patologia avrebbe probabilmente compromesso lo sviluppo degli organi sessuali di Hitler, un paradosso tragico se si pensa che il Führer, seguendo i principi dell’eugenetica nazista, avrebbe potuto rientrare egli stesso tra le persone destinate alle camere a gas.


Le ipotesi sulle malformazioni e l’impatto psicologico

Già da decenni circolavano voci sulle malformazioni genitali del dittatore, ipotesi ora rafforzate dal nuovo studio genetico, che fornisce un fondamento scientifico alle teorie secondo cui Hitler avrebbe avuto un solo testicolo o un micropene.

Secondo lo storico Alex J. Kaym dell’Università di Potsdam, consulente della ricerca, la malattia avrebbe potuto incidere anche sulle relazioni personali e sessuali del Führer. “Questo aiuterebbe a spiegare la sua dedizione quasi totale alla politica, in assenza di una vita privata”, ha osservato Kaym.


I possibili disturbi mentali e le origini familiari

Lo studio, oltre a esaminare il profilo genetico di Hitler, ha indagato possibili predisposizioni a disturbi mentali, come schizofrenia e bipolarismo, senza però giungere a risultati definitivi.

È invece esclusa la discendenza ebraica del dittatore, un tema che aveva alimentato per decenni polemiche e speculazioni — rilanciate anche nel 2022 dal ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov — in relazione al mistero sull’identità del nonno paterno di Hitler, mai chiarita.


Il ritrovamento del campione di sangue

La ricerca si basa sull’analisi di un campione di Dna recuperato nel maggio 1945 dal colonnello Roswell Rosengren, membro dell’esercito statunitense e addetto stampa del generale Eisenhower. Durante una visita nel Führerbunker di Berlino, Rosengren trovò un pezzo di stoffa sporco di sangue sul divano dove Hitler si era tolto la vita sparandosi un colpo di pistola.

Quel frammento, conservato per decenni e ritrovato di recente nel Museo di Gettysburg, sarebbe stato sottoposto a test genetici per identificare le anomalie del dittatore.


Dubbi e limiti della ricerca

Non mancano tuttavia le perplessità. Come sottolineato dal Guardian, l’attendibilità del campione rimane controversa, poiché non esistono discendenti diretti disponibili a fornire materiale genetico comparativo. I parenti lontani di Hitler, residenti in Austria e negli Stati Uniti, hanno infatti rifiutato di partecipare per evitare esposizioni mediatiche.


Il paradosso dell’eugenetica

Turi King, nota per aver identificato nel 2012 i resti di re Riccardo III d’Inghilterra, ha concluso che se Hitler avesse potuto conoscere la propria composizione genetica, sarebbe rimasto sconvolto: la sua condizione lo avrebbe reso, secondo i principi dell’“igiene razziale” da lui stesso imposta, inadatto alla sopravvivenza.

Una scoperta che non solo aggiunge un tassello al mistero sulla psiche del dittatore, ma anche un potente simbolo del paradosso ideologico del nazismo, fondato sull’odio e sull’ossessione per la purezza biologica.

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Intelligenza artificiale, da Google nuove frontiere per meteorologia, ricerca e istruzione

Alla conferenza Google Research di Varsavia, l’intelligenza artificiale si mostra come strumento per meteorologia, laboratori scientifici e istruzione. Yossi Matias: “Serve un uso responsabile e regole sulla sicurezza”.

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Dalla meteorologia all’istruzione, fino ai laboratori scientifici, l’intelligenza artificiale si prepara a trasformarsi in strumento concreto per migliorare la vita quotidiana e la ricerca. È questo lo scenario delineato durante la prima conferenza europea di Google Research, organizzata a Varsavia da Google Research@Poland.

Abbiamo un ruolo nel plasmare il futuro. L’IA è una tecnologia potente che suscita entusiasmo e preoccupazioni, e per questo dobbiamo definire norme di sicurezza che ne impediscano un uso improprio”, ha dichiarato Yossi Matias, vicepresidente di Google e responsabile di Google Research.


Earth AI e AI co-scientist: la ricerca accelera grazie ai modelli intelligenti

Tra i progetti più avanzati presentati c’è Earth AI, un modello di intelligenza artificiale addestrato su dati meteorologici, geologici e geofisici. Lo strumento consentirà a ricercatori, amministratori e cittadini di interrogare il sistema su rischi di tempeste e inondazioni, rendendo la prevenzione ambientale più immediata ed efficace.

Altro progetto in fase di sviluppo è AI co-scientist, pensato per affiancare i ricercatori nei laboratori scientifici come un vero e proprio assistente virtuale. “Mi aspetto che l’IA abbia un impatto concreto nel tempo — ha detto Matias — siamo solo agli inizi, ma i risultati sono promettenti”.


Il “ciclo magico della ricerca” e le applicazioni scientifiche

Secondo Matias, l’intelligenza artificiale potrà generare un “ciclo magico della ricerca”, accelerando la scoperta e alimentando nuove domande scientifiche. I primi benefici si vedranno nei settori del calcolo quantistico, delle neuroscienze e della ricerca farmacologica, anche se “per molti versi siamo ancora agli inizi della nostra capacità di esplorazione scientifica”.

“Un bambino può risolvere problemi che l’intelligenza artificiale non sa ancora affrontare — ha aggiunto Matias — segno che c’è ancora molto da scoprire”.


L’IA come leva per trasformare l’istruzione

Anche la scuola è destinata a cambiare profondamente. “L’IA trasformerà l’istruzione”, ha spiegato Matias, sottolineando la necessità di prevenire i rischi di dipendenza cognitiva e di garantire un uso consapevole degli strumenti digitali.

Tra le iniziative di Google, AI Quest mira a rendere l’intelligenza artificiale accessibile ai bambini fin dall’infanzia, sviluppando curiosità, creatività e senso critico.

Un esempio concreto arriva dall’Africa: in una scuola di Accra (Ghana) è in corso la sperimentazione di un sistema di valutazione basato su IA che fornisce feedback giornalieri agli studenti, consentendo agli insegnanti di dedicare più tempo alla didattica.


Regole e responsabilità per un futuro condiviso

“L’intelligenza artificiale aprirà nuove opportunità a persone brillanti e creative, ma serviranno regole chiare e responsabilità etica per garantire che la tecnologia resti al servizio dell’uomo”, ha concluso Matias.

L’IA, dunque, non solo come progresso tecnologico, ma come nuovo patto sociale tra innovazione, conoscenza e tutela dei cittadini.

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Quasi 4 milioni di italiani con diagnosi di diabete, cresce il rischio al Sud e tra gli over 50

Alla vigilia della Giornata Mondiale del Diabete, l’Istituto Superiore di Sanità segnala quasi 4 milioni di diagnosi in due anni: la malattia cresce con l’età e colpisce più al Sud.

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In Italia, quasi 4 milioni di persone, pari a poco meno del 5% della popolazione adulta, hanno ricevuto una diagnosi di diabete negli ultimi due anni. Lo rileva l’Istituto Superiore di Sanità (Iss) nel Rapporto 2024 alla vigilia della Giornata Mondiale del Diabete, che si celebra il 14 novembre.

Secondo il presidente dell’Iss Rocco Bellantone, si tratta di “una delle principali sfide per la salute pubblica”, con una prevalenza in crescita e fortemente correlata all’età. Tra le persone tra i 50 e i 69 anni, infatti, il tasso di incidenza sfiora il 9%.


I progetti europei Care4Diabetes e Jacardi

L’Iss è capofila di due importanti progetti europei: Care4Diabetes e Jacardi.

Il primo promuove l’autogestione della malattia attraverso programmi educativi e una piattaforma digitale che mantiene il contatto costante tra pazienti e operatori sanitari, fornendo strumenti e materiali formativi per i team multidisciplinari.

Jacardi, invece, punta a creare il Registro Nazionale del Diabete e a sviluppare percorsi di screening pediatrico per il diabete di tipo 1 e la celiachia, con l’obiettivo di migliorare la pianificazione sanitaria, prevenire complicanze e individuare precocemente i gruppi a rischio.


Differenze territoriali e sociali: il Sud più colpito

Secondo la sorveglianza Passi 2023-2024, la prevalenza del diabete è più alta tra gli uomini (5,2%) rispetto alle donne (4,4%), e raggiunge il 16% tra le persone con basso livello di istruzione o difficoltà economiche.

La malattia è più diffusa nel Sud (6%) rispetto al Nord (4%) e spesso si associa ad altri fattori di rischio cardiovascolare:

  • ipertensione nel 50% dei casi,

  • ipercolesterolemia nel 40%,

  • eccesso di peso nel 70%,

  • sedentarietà nel 48%.

Solo il 36% dei pazienti ha controllato l’emoglobina glicata negli ultimi quattro mesi, un indicatore chiave per monitorare il livello di controllo della malattia.


Una sfida anche a livello europeo

Nella Regione Europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa 66 milioni di adulti convivono con il diabete, con una prevalenza media del 9,8%. Si stima che un terzo dei casi non sia ancora diagnosticato e che una persona su dieci possa sviluppare la malattia entro il 2045.

Gli esperti ribadiscono la necessità di rafforzare le politiche di prevenzione e la collaborazione internazionale per fronteggiare l’epidemia silenziosa del diabete.


Buzzetti (Sid): “Il diabete non è più una malattia dei nonni”

“La maggior parte dei diabetici è in età lavorativa: sette su dieci”, ricorda Raffaella Buzzetti, presidente della Società Italiana di Diabetologia (Sid).

Pur riconoscendo che l’aspettativa di vita dei pazienti ben controllati è simile a quella della popolazione generale, Buzzetti sottolinea che “sul benessere e sulla qualità della vita c’è ancora molto da fare”.

Il diabete, infatti, influisce anche sullo stato emotivo e mentale: secondo i dati IDF, tre persone su quattro soffrono di ansia o depressione correlate alla malattia e quattro su cinque vivono un burnout da diabete.


Prevenzione, innovazione e formazione le parole chiave

Per la presidente Sid, è urgente “rafforzare la prevenzione, formare gli operatori e informare il pubblico”.

Servono cure più accessibili, l’uso di farmaci innovativi e dispositivi digitali, e un impegno condiviso per migliorare l’assistenza diabetologica in tutto il Paese.

Un obiettivo che passa anche attraverso la costruzione di una cultura della salute consapevole, capace di unire prevenzione, innovazione e inclusione sociale.

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