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Tecnologia

Meta ha annunciato un taglio dei costi del 10%

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Anche Meta e Google non sfuggono al taglio dei costi (e del personale) che da mesi sta stritolando le Big Tech del pianeta. Palo Alto, secondo un rapporto del Wall Street Journal, sarebbe alle prese con un piano di razionalizzazione delle risorse e di riorganizzazione interna: un taglio dei costi previsto del 10%. Google ha invitato, sempre come riporta il quotidiano, alcuni dei suoi dipendenti a cercare un’altra occupazione all’interno dell’azienda. Inflazione, rallentamento della crescita, crisi internazionale, aumento del costo del lavoro, riflessi del post-pandemia. Questa la combinazione che sta portando molte aziende americane a stringere la cinghia (che poi vuol dire ridurre l’organico). Poche pero’ usano il termine “licenziamenti”. Lo ha fatto Snap, che a fine agosto ha annunciato un taglio del 20% del personale (dopo aver aumentato il numero dei dipendenti del 65% dalla fine del 2020): 1300 dipendenti.

Tagli alle spese generali e ai budget di consulenza, riorganizzazione dei dipartimenti e la possibilita’ offerta ai dipendenti di un periodo per cercare una nuova collocazione interna (se dopo un mese non ti sei ricollocato sei fuori: questa la prassi), senza che nelle discussioni interne si parli di “licenziamenti”. E’ quanto aspetta la societa’ di Mark Zuckerberg. Come e’ risultato dalla sua ultima trimestrale, la societa’ madre di Facebook e’ costretta a fare i conti con un aumento del 22% su base annua dei costi e delle spese per un totale di quasi 20,4 miliardi di dollari. La societa’ ha investito molto nel Metaverso nella speranza che questa tecnologia, tutta pero’ ancora da sviluppare, porti a vendite e ricavi massicci. La societa’ ha anche registrato il suo primo calo dei ricavi in assoluto rispetto a un anno fa e ha previsto che le sue vendite sarebbero diminuite nuovamente nel terzo trimestre. Il Chief Product Officer Chris Cox ha scritto in una nota ai dipendenti che la societa’ deve “funzionare in modo impeccabile in un ambiente di crescita piu’ lenta, in cui i team non dovrebbero aspettarsi grandi afflussi di nuovi ingegneri e budget”. A pesare sulla compagnia di Palo Alto anche l’aggiornamento sulla privacy di Apple per iOS 14 dell’anno scorso, che ha reso piu’ difficile per Meta fornire agli inserzionisti informazioni dettagliate sui suoi utenti: con la conseguenza che stanno spostando i loro investimenti su altre piattaforme. C’e’ poi da fare i conti con l’ascesa di TikTok, che ha pesato sulla crescita degli utenti dell’azienda. Meta ha dichiarato di avere 83.553 dipendenti alla fine del secondo trimestre, in aumento del 32% rispetto a un anno fa.

Anche a Mountain View sono alle prese con il taglio dei costi. Google, secondo il rapporto del Wall Street Journal, avrebbe richiesto ad alcuni dipendenti di candidarsi per nuovi posti di lavoro, se vogliono rimanere in azienda. Big G in genere da’ ai dipendenti 60 giorni per candidarsi ad altri ruoli nella compagnia. A marzo, piu’ di 1.400 lavoratori di Google hanno firmato una petizione che chiedeva all’azienda di estendere il periodo di 60 giorni a 180 giorni per un gruppo di oltre 100 dipendenti nella divisione cloud computing. Secondo un portavoce di Google, quasi il 95% dei dipendenti che hanno espresso interesse a rimanere in azienda trova nuovi ruoli entro il periodo di preavviso. Alphabet ha dichiarato 174.014 dipendenti alla fine del secondo trimestre, in aumento del 20,8% rispetto all’anno precedente.

 

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In Evidenza

Google aprirà l’utilizzo dell’IA generativa per le immagini

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Google apre l’uso dell’intelligenza artificiale generativa per le immagini. Dal 15 maggio permetterà a tutti di usare le opzioni di IA generativa nell’app Foto, che ad oggi erano a pagamento o legate all’uso di uno smartphone della sua serie Pixel. Sarà possibile eliminare elementi indesiderati dalle immagini, renderle più nitide e migliorare la luce nei ritratti. La mossa dovrebbe arrivare all’indomani della conferenza degli sviluppatori del colosso tecnologico, prevista il 14 maggio, che si presuppone spingerà sempre di più sull’intelligenza artificiale. Intanto l’aumento su larga scala di applicazioni che rendono semplice l’editing di foto e video con l’intelligenza artificiale – come il software Sora di OpenAi, la casa madre di ChatGpt – fa crescere secondo gli esperti i rischi per i cosiddetti deepfake, i contenuti digitali fasulli. In un’intervista alla Cnbc, alcuni manager della compagnia digitale Okta e dell’azienda di cybersecurity Crowdstrike hanno sottolineato la necessità che i big della tecnologia aumentino l’attenzione sul tema, anche in vista dei tanti appuntamenti elettorali. “Vedremo sicuramente più deepfake durante il processo elettorale. Servirà applicare misure perché tutti possano verificare l’autenticità di qualcosa, prima di condividerlo”, afferma Todd McKinnon, Ceo di Okta.

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Economia

Big tecnologia spingono su chip, linfa vitale del’IA

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I big della tecnologia spingono sui chip, linfa vitale dell’intelligenza artificiale e della crescita economica. Google e Intel rilanciano con delle novità, mentre i futuri processori di Apple potrebbero essere Made in Usa. La sfida dei colossi è ridurre la dipendenza da altre aziende per alimentare carichi di lavoro di IA e per il cloud. Solo pochi giorni fa il forte terremoto a Taiwan ha tenuto col fiato sospeso il mondo tecnologico per la chiusura temporanea di Tsmc, il gigante dei microprocessori a contratto che ha in mano il 70% della produzione globale. Nelle scorse ore Google ha rivelato i piani per un nuovo processore basato su tecnologia Arm, che punta su consumi energetici più bassi.

Si chiama Axion e offre prestazioni migliori del 30% rispetto agli altri chip con architettura Arm. Sarà disponibile per i servizi cloud che le aziende possono noleggiare e utilizzare, dagli annunci su YouTube all’analisi dei big data. “Diventare una grande azienda di hardware è molto diverso dal diventare una grande azienda di cloud o un grande organizzatore dell’informazione mondiale”, ha detto al Wall Street Journal Amin Vahdat, dirigente responsabile delle operazioni interne sui chip di Google. L’annuncio arriva dopo che Microsoft mesi fa ha rivelato i propri microprocessori personalizzati progettati per la sua infrastruttura cloud e per addestrare modelli linguistici di grandi dimensioni. Anche Amazon offre server basati su tecnologia Arm tramite i propri chip personalizzati.

L’obiettivo di queste aziende è ridurre la propria dipendenza da partner come Intel e Nvidia, competendo sui chip personalizzati che riescono a smaltire grandi carichi di lavoro sull’IA e il cloud. Nella sfida degli annunci incrociati, anche Intel ha svelato nelle ultime ore una nuova versione del suo chip acceleratore di intelligenza artificiale. Si chiama Gaudi 3 e promette prestazioni di calcolo doppie. L’azienda californiana punta a diventare un’alternativa a Nvidia che nel 2023 ha controllato l’83% del mercato dei chip per data center e che ha segnato una ultima trimestrale record. Nvidia, tra l’altro, meno di un mese fa ha lanciato nuovi prodotti nel corso di un evento definito dagli esperti la Woodstock dell’IA.

Nella ‘Chip war’, come recita il titolo del saggio dello storico dell’economia Chris Miller che racconta la trasformazione del semiconduttore in una componente essenziale della vita contemporanea, alla competizione tecnologica si innestano battaglie geopolitiche. Pochi giorni fa la Cina ha introdotto nuove rigide linee guida che porteranno alla graduale eliminazione dei microchip Usa di Intel e Amd da computer e server governativi, per adottare soluzioni autarchiche. Mentre l’8 aprile il governo statunitense ha deciso di investire fino a 6,6 miliardi di dollari nel gigante taiwanese dei chip Tsmc – fornitore di Apple – che costruirà una terza fabbrica di semiconduttori in Arizona. Le due strutture già programmate dovrebbero iniziare a produrre nel 2025 e nel 2028. “Un nuovo capitolo per l’industria americana dei semiconduttori”, ha affermato l’amministrazione Biden. Alla luce di questo importante impegno è possibile che in futuro Cupertino potrebbe cambiare la sua catena di fornitura dei chip, sfruttando proprio questi nuovi impianti negli Stati Uniti.

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Accesso under14 a IA solo con consenso dei genitori

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L’accesso alle tecnologie di intelligenza artificiale dei minori di 14 anni “esige il consenso di chi esercita la responsabilità genitoriale”. Lo si legge nella bozza del ddl sull’IA. “Il minore di anni diciotto che abbia compiuto quattordici anni, può esprimere il proprio consenso per il trattamento dei dati personali connessi all’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale” a patto che sia chiaro nelle informazioni il trattamento lecito, corretto e trasparente dei dati.

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