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Cronache

Messa ed aperitivo, tweet di assoluzione, profili Fb per cardinali: la Chiesa diventa smart per “inseguire” i fedeli

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Cambiano le epoche, cambia la chiesa. Cambiano i riti. Cambiano le liturgie.  Siamo negli anni della tecnologia e dei social network e la  Chiesa diventa smart. più agile, meno formale, internauta, più prossima al sentire e all’esigenze dei fedeli, nella convinzione che, senza incontro e comunità, la strada per la conversione dell’uomo post moderno si fa accidentata, se non impossibile. Novità che fanno storcere il naso a chi è legato a una fede convenzionale, ma è anche da una simile pastorale che passa la Chiesa in uscita promossa da papa Francesco. Lui che non a caso è il primo successore di Pietro a usare con costanza Twitter.
Sul suo esempio oggi non si contano più gli alti prelati dotati di profili social, come il vescovo di Parma, Enrico Solmi, che posta intenzioni di fede e preghiere, o il ministro della Cultura della Santa Sede, il cardinale Gianfranco Ravasi, che non lesina tributi a giganti del rock alla David Bowie del quale, per la prematura scomparsa, a inizio 2016 cinguettò alcuni passaggi di Space Oddity.
Fra tweet e post ha del sorprendente la vitalità di cui gode la “parrocchia virtuale” in cui è possibile persino confessarsi. L’idea della ‘riconciliazione online’ arriva dalla Chiesa di Livorno, il cui vescovo, monsignor Simone Giusti, una manciata di mesi fa ha messo a disposizione dei fedeli un profilo Facebook, Diocesi Livorno, gestito da due seminaristi, attraverso cui è possibile prenotare via web il sacramento della confessione, con tanto di giorno, ora e prete amministrante. Non solo, è attivo anche un servizio di assistenza spirituale notturno, quando il calar delle tenebre invoglia a un esame di coscienza.
Dal virtuale al reale, la stessa voglia di ascoltare (e conoscere) l’altro spiega una singolare iniziativa partita in sordina e diffusasi rapidamente in varie diocesi italiane: l’aperimessa. Ossia l’happy hour in parrocchia al termine dell’Eucarestia. Ad alzare per primo i calici è stato nel 2014 il parroco della borgata marina dell’Addaura, a Palermo, don Fabrizio Fiorentini. Tra esagerazioni e qualche mal di pancia dei più ortodossi, l’iniziativa made in Sicily negli anni è stata replicata dal sud al nord. In verità più come evento occasionale che appuntamento fisso. Così, per esempio, ad agosto nella città dei Papi, Viterbo, l’ aperitivo è stato servito direttamente nella cattedrale di San Lorenzo.
Trattandosi di spritz, non poteva mancare Milano, la capitale italiana dell’happy hour. Qui a maggio, in vista del Sinodo sui giovani dello scorso ottobre, sotto il porticato del cortile della basilica di sant’Ambrogio, dopo la messa domenicale delle 19, centinaia di universitari si sono incontrati con i preti di una delle chiese simbolo della fede meneghina. Un salatino, un bicchiere e la diffidenza (reciproca) si è sciolta.

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‘Ndrangheta, il clan Briatico voleva uccidere carabiniere in mare

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Un carabiniere della Stazione di Briatico, nel Vibonese, era finito nel mirino del locale clan degli Accorinti-Melluso e la consorteria criminale aveva pianificato sin nei dettagli il suo omicidio. A svelarlo è stato oggi il collaboratore di giustizia, Antonio Accorinti, dell’omonimo clan di Briatico, deponendo dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia nel maxiprocesso nato dalle operazioni della Dda di Catanzaro denominate Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium.

Il militare dell’Arma, ad avviso del collaboratore, sarebbe stato inviso al clan poiché troppo ligio al proprio lavoro e doveva essere ucciso mentre era solito fare pesca subacquea in luoghi appartati della scogliera di Briatico. Un uomo del clan doveva immergersi in acqua ed eliminarlo, mentre successivamente un gommone con a bordo altri esponenti della consorteria criminale doveva prelevare il corpo e farlo sparire. “Ho poi riflettuto attentamente su tale programmato omicidio – ha dichiarato in aula il collaboratore Accorinti – e ho desistito poichè avendo già dei procedimenti penali in corso per aver offeso e minacciato in un’occasione tale carabiniere, in caso di un suo omicidio i sospetti delle forze dell’ordine sarebbero ricaduti subito su di me”.

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‘Truffa all’Inps’, arriva altra grana per Santanchè

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Potrebbe chiudersi nel giro di poco tempo l’udienza preliminare che si aprirà dopodomani a Milano in cui la ministra del Turismo Daniela Santanchè con altri due imputati, tra cui il compagno Dimitri Kunz, e due società rispondono di truffa aggravata all’Inps sul caso Visibilia. La procura contesta presunte irregolarità legate alla cassa integrazione ottenuta per 13 dipendenti durante il Covid con ingenti danni per l’istituto previdenziale che, in assenza di risarcimento, dovrebbe chiedere di essere parte civile e quindi presentare il conto.

Quello che prenderà il via tra due giorni è il secondo procedimento istruito dai pm milanesi Marina Gravina e Luigi Luzi e l’aggiunto Laura Pedio (ora procuratrice a Lodi) in cui la senatrice di Fdi rischia di finire a dibattimento. La scorsa settimana è cominciata l’udienza preliminare per false comunicazioni sociali a carico della parlamentare e altri 19 persone, anche giuridiche, e che pur procedendo spedita, dovrebbe terminare alla fine di novembre Il caso della presunta truffa, salvo imprevisti, avrà tempi più rapidi. Da quanto si è saputo la gup Tiziana Gueli, salvo particolari questioni o eccezioni, dovrebbe fissare un paio o forse tre udienze, essendo gli imputati in tutto cinque.

Quindi la decisione se accogliere o meno la richiesta di rinvio a giudizio della procura ed eventualmente, tramite il suo legale, di Inps non dovrebbe arrivare tra molto. Secondo la ricostruzione l’allora parlamentare di Fratelli d’Italia, Kunz e Paolo Giuseppe Concordia, collaboratore esterno con funzioni di gestione del personale di Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria – società del gruppo fondato dalla politica e dal quale nel 2022 è uscita – sarebbero stati consapevoli di aver richiesto e ottenuto “indebitamente” la cassa integrazione in deroga “a sostegno delle imprese colpite dagli effetti” della pandemia per 13 dipendenti. Le cui testimonianze, oltre agli esiti di una ispezione Inps e a una serie di accertamenti, sono state raccolte nel corso delle indagini: tutti, o quasi tutti, avrebbero confermato che la ministra sapeva.

Sarebbe stata a conoscenza del fatto che stavano continuando a lavorare mentre l’istituto previdenziale versava i fondi stanziati durante l’emergenza: oltre 126mila euro, per un totale di oltre 20mila ore. A Santanchè, così come agli altri due, viene quindi addebitato di aver “dichiarato falsamente” che quei dipendenti fossero in cassa “a zero ore”, quando invece svolgevano le “proprie mansioni” in “smart working”.

Nel mirino ci sono pure le integrazioni che sarebbero state date per compensare le minori entrate della Cig rispetto allo stipendio: una “differenza”, scrivono i pm, che sarebbe stata corrisposta con “finti rimborsi per ‘note spese e spese di viaggio'”. Ma non sono solo queste le grane che la ministra dovrà affrontare: la magistratura di Milano sta indagando, tra l’altro, sulle società ,sempre da lei create e che ha lasciato, del bio-food. In particolare Ki Group srl, fallita lo scorso gennaio. Per novembre è atteso il deposito della relazione del curatore fallimentare, dopo di che i pubblici ministeri decideranno come muoversi.

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Inchiesta corruzione Prato, processo immediato a ufficiale dei Carabinieri

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Giudizio immediato per il tenente colonnello Sergio Turini, ex comandante dei carabinieri di Prato, l’imprenditore pratese Riccardo Matteini Bresci, ad dell’azienda “Gruppo Colle”, e Roberto Moretti, titolare di un’agenzia investigativa a Torino. Per i tre, accusati, a vario titolo, di corruzione e accesso abusivo alla banca dati delle forze dell’ordine il processo si aprirà il prossimo 9 dicembre al tribunale di Prato, sede ritenuta competente dal gip perché nel Pratese sarebbero avvenuti i reati i reati più gravi contestati dalla procura di Firenze.

Il giudice ha accolto la richiesta della procura tuttavia gli imputati, che da giugno sono sottoposti alla misura cautelare attualmente degli arresti domiciliari, potranno chiedere di essere ammessi al patteggiamento o al rito abbreviato. Secondo l’accusa, Turini si sarebbe messo a disposizione di imprenditori amici, italiani e cinesi, accedendo abusivamente al sistema banca dati delle forze dell’ordine per fornire loro informazioni.

Almeno 99 gli accessi individuati, nel corso delle indagini. Avrebbe fornito a Matteini Bresci anche notizie su indagini, coperte da segreto, relative a dipendenti. In cambio, l’imprenditore avrebbe pagato un viaggio negli Usa al figlio del tenente colonnello e interceduto con il sottosegretario agli affari esteri Giorgio Silli (non indagato) perché si attivasse con il comando generale dell’Arma dei carabinieri per garantire la permanenza di Turini a Prato. Sempre il tenente colonello, secondo l’accusa, avrebbe procacciato clienti all’amico Roberto Moretti fornendogli informazioni ricavate abusivamente dalla banca dati in uso alle forze dell’ordine in cambio di vini pregiati.

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