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Economia

Mercati guardano a reazione iraniana, occhi sul petrolio

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L’attacco statunitense ai siti nucleari iraniani è sembrato quasi scontato ai mercati del Golfo, aperti di domenica. L’indice di riferimento dell’Arabia Saudita, quello del Qatar, di Kuwait e Oman, hanno tutti registrato sedute in leggero rialzo, senza grandi scossoni. Decisamente meglio è andata alla Borsa israeliana, che ha addirittura toccato i massimi di sempre, e a quella egiziana, in rialzo di oltre il 2%. Ma la stessa reazione non è affatto scontata alla riapertura dei mercati asiatici e nemmeno di quelli occidentali, dove gli occhi saranno puntati soprattutto sul prezzo del petrolio e, in Europa, su quello del gas.

Le previsioni sono al momento di un rialzo deciso, ma non ingestibile, compreso tra i 2 e i 5 dollari al barile, con un assestamento nei giorni successivi. A meno di reazioni iraniane che potrebbero influenzare il mercato molto più profondamente, provocando un’impennata dei prezzi e un’ondata di speculazioni che porterebbero i prezzi del petrolio a superare, secondo le grandi banche d’affari, i 100 dollari al barile. Nel caso estremo, per quanto improbabile, della chiusura dello stretto di Hormuz paventata dal Parlamento iraniano, si salirebbe anche a 200 dollari, secondo il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, che non crede però fino in fondo all’intimidazione di Teheran.

“Su Hormuz è dagli anni ’70 che arrivano minacce ma non è mai successo niente”, spiega. Alla riapertura dei mercati in Asia non ci si aspettano dunque al momento movimenti sconsiderati, piuttosto “un aumento moderato di circa due dollari” grazie ad approvvigionamenti che ora sono ancora abbondanti. Di petrolio nel mondo “ce n’è tantissimo”, sottolinea Tabarelli. Diverso invece il caso del gas che per l’Europa rappresenta una fonte primaria: nonostante i tentativi di diversificazione degli ultimi anni, senza le forniture russe il mercato resta ancora “più tirato”.

Per questo dai circa 40 euro a MWh di venerdì scorso, questa settimana il prezzo ad Amsterdam potrebbe salire fino a 45-50 euro, prevede Tabarelli. Più che le Borse del mondo arabo, finora a soffrire di fronte all’escalation militare sono state le criptovalute. Il Bitcoin, con un calo di quasi il 4% è sceso sotto i 100.000 dollari introno ai 99.780. Il Dogecoin ha segnato un ribasso di oltre il 7% a 0,14 dollari, ma il più colpito è stato l’Ethereum che ha perso il 10%, arrivando a 2.180 dollari. L’intero mercato cripto ha perso nel corso della giornata oltre il 4%.

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Economia

Vincenzo Celeste, ambasciatore italiano al Coreper: il napoletano in prima linea nelle decisioni Ue

L’ambasciatore Vincenzo Celeste rappresenta l’Italia al Coreper II, l’organismo chiave che collega gli Stati membri alle istituzioni Ue. Esperienza, competenza e un ruolo strategico.

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Sono figure spesso poco conosciute dal grande pubblico, ma decisive nel cuore dell’Unione Europea. Gli ambasciatori permanenti presso la Ue costituiscono il Coreper (Comitato dei rappresentanti permanenti), vero snodo tra gli Stati membri e le istituzioni europee. È questo organismo che prepara le decisioni più sensibili e rappresenta il primo filtro politico tra i governi e Bruxelles.

Negli ultimi anni, la loro importanza è cresciuta in modo esponenziale. Le grandi crisi – dalla pandemia al conflitto in Ucraina, dalle tensioni globali sui dazi al Green Deal – hanno imposto risposte rapide e coordinate. Durante il Covid, nonostante il lockdown, le riunioni del Coreper si sono tenute in presenza, consapevoli che le delicatezza degli scambi diplomatici richiedeva contatti diretti e continui. E ancora oggi, come nella riunione d’urgenza di ieri sui dazi, sono loro i primi ad agire.

Chi è Vincenzo Celeste, la voce dell’Italia nel Coreper II

A rappresentare l’Italia nel Coreper II, il gruppo che affronta i dossier politici più delicati – politica estera, difesa, commercio, fisco – è Vincenzo Celeste (foto in evidenza di Imagoeconomica), ambasciatore permanente presso l’Unione Europea dal 17 aprile 2023. Napoletano, con un profilo istituzionale di altissimo livello, Celeste è un profondo conoscitore dei meccanismi europei e delle dinamiche brussellesi.

Il suo percorso inizia già nel cuore della Rappresentanza italiana a Bruxelles, dove è stato primo consigliere d’ambasciata dal 2005 al 2010. Successivamente ha assunto il ruolo di coordinatore a Palazzo Chigi per le procedure di infrazione Ue, maturando una visione precisa della dialettica tra istituzioni italiane ed europee.

Ha poi affiancato Enzo Moavero Milanesi come consigliere diplomatico e vicecapo di gabinetto alla Farnesinadurante il mandato da ministro per gli Affari europei, consolidando ulteriormente il suo profilo tecnico-politico.

Dal 2019 al 2023 è stato direttore generale per l’Europa e la politica commerciale internazionale al Ministero degli Esteri, un incarico cruciale in anni dominati da trasformazioni geopolitiche e guerre commerciali.

Un ruolo strategico per l’Italia

Celeste non è solo un esperto tecnico. In un’Europa in continua ridefinizione, la sua figura rappresenta la capacità dell’Italia di contribuire alle scelte più complesse con autorevolezza e competenza. Il Coreper è infatti il luogo dove si forgia il compromesso, dove i Paesi negoziano le decisioni prima che arrivino sul tavolo dei ministri o del Consiglio europeo.

L’esperienza e il radicamento europeo dell’ambasciatore Celeste permettono all’Italia di avere una voce solida, capace di incidere nelle trattative su dossier sensibili come dazi, sicurezza energetica, difesa comune e aiuti di Stato.

In un’epoca in cui i cittadini chiedono all’Europa risposte più rapide ed efficaci, il lavoro quotidiano di figure come Celeste è ciò che rende possibile la costruzione di un’Unione coesa e reattiva.

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Economia

Unicredit contro il governo: uso illegittimo del golden power sull’Ops Banco Bpm

Unicredit attacca il governo per l’uso del golden power sull’offerta pubblica di scambio per Banco Bpm. Attesa una risposta da Roma e dalla Commissione Ue.

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Il giorno dopo la decisione del Tar del Lazio che ha parzialmente accolto il ricorso di Unicredit, la banca guidata da Andrea Orcel (nella foto Imagoeconomica in evidenza) alza i toni contro il governo. Al centro dello scontro c’è l’uso del golden power sull’offerta pubblica di scambio (Ops) lanciata da Unicredit per acquisire Banco Bpm. Secondo l’istituto di piazza Gae Aulenti, il governo avrebbe esercitato un “uso illegittimo” dello strumento e promosso “comunicazioni e campagne ingiustificatamente aggressive e spesso fuorvianti”.

Le accuse di Unicredit

L’istituto contesta il clima creatosi intorno all’operazione, che avrebbe danneggiato gli azionisti di Banco Bpm e ostacolato un confronto ordinato. Unicredit precisa che, in condizioni normali, l’offerta avrebbe potuto essere migliorata, anche se non si fa riferimento diretto a un rialzo del prezzo, quanto piuttosto a parametri tecnici come i concambi. Si attende ora la reazione del governo, che potrebbe modificare il Dpcm oggetto della sentenza del Tar.

Le mosse attese

Il Consiglio di amministrazione di Unicredit non è ancora stato convocato, ma si ipotizza una riunione nei prossimi giorni, anche alla luce della lettera attesa dalla Commissione Ue. Anche la Consob è in attesa della missiva europea per poter avere un quadro più chiaro della situazione e definire l’eventuale proseguimento dell’operazione.

Secondo osservatori di mercato, la decisione del Tar consente comunque a Unicredit di procedere con l’offerta, dal momento che sono stati annullati i due punti più critici sul piano della sostenibilità economica dell’operazione.

Il nodo Russia e il ruolo della Bce

Unicredit ha colto l’occasione anche per chiarire la propria posizione sul nodo della controllata in Russia, altro tema sensibile agli occhi del governo. La banca precisa che la competenza in materia è della Bce e che già sta ottemperando alle richieste dell’autorità bancaria europea. Il disimpegno dalla Russia, evidenzia l’istituto, non è semplice, in quanto vincolato a decisioni unilaterali della presidenza russa.

Conclusione amara

Il comunicato di Unicredit si chiude con parole pesanti: “Gli azionisti di Banco Bpm sono stati esposti non solo all’uso illegittimo del golden power, ma anche a comunicazioni fuorvianti che hanno screditato offerta e offerente”. Una dura stoccata all’esecutivo, mentre il mercato e le autorità attendono ora le prossime mosse per capire se l’Ops potrà andare avanti oppure sarà bloccata da nuovi ostacoli istituzionali.

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Economia

Dai controdazi al ‘bazooka’, l’arsenale europeo

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La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen parla di un “doppio binario” sui dazi, tra la diplomazia delle trattative e l’esibizione muscolare delle possibili contromisure. Tra dazi, contro-dazi, pacchetti pronti e sospesi e pacchetti in preparazione, la guerra commerciale appare un intricato labirinto. E, per stare al linguaggio bellico, include anche un ‘bazooka’ che potrebbe colpire le Big Tech Usa, e l’ ‘arma nucleare’ o ‘bomba atomica’ dello strumento anti-coercizione, chiesto dal presidente francese Emmanuel Macron.

* CONTRODAZI DA 21 MILIARDI CONTRO I DAZI SULL’ACCIAIO. Le prime risposte Ue ai dazi mirati di Trump valgono poco meno di 21 miliardi di euro. Tutto è cominciato lo scorso 12 marzo, quando l’amministrazione Usa ha reintrodotto dazi del 25% sia sull’acciaio che sull’alluminio europeo. In risposta, l’Ue ha approvato un pacchetto articolato in tre fasi, pensato per colpire simboli e settori politicamente sensibili per Washington: un primo scaglione da 3,9 miliardi prende di mira prodotti iconici come le moto Harley-Davidson, i jeans Levi’s, il burro d’arachidi, il tabacco e una selezione di articoli per la cura della persona. Si aggiungono dazi su acciaio, elettrodomestici e tech leggero. Una seconda e una terza tranche (da 13,5 e 3,5 miliardi) si spingono più a fondo: colpiscono carni e pollame dal Midwest, legname del Sud, cereali, fast-food, moda, cosmetici, e perfino la soia della Louisiana. Il pacchetto è congelato fino alla mezzanotte del 14 luglio, ma von der Leyen ha già chiarito che lo stop sarà prorogato.

* I CONTRODAZI DA 72 MILIARDI CONTRO I DAZI ‘UNIVERSALI’. Un secondo pacchetto Ue da 72 miliardi di euro è la risposta ai dazi “universali” del 10% annunciati dalla Casa Bianca tra il 5 e il 9 aprile. Le contromisure, inizialmente valutate in 95 miliardi di euro e poi limate, riguardano un mix di beni industriali, prodotti agroalimentari di alta gamma, dal bourbon del Kentucky alle aragoste del Maine, passando per agrumi, cosmetici e moda. La lista è in fase avanzata di approvazione da parte degli Stati Ue.

* IL BAZOOKA SULLE BIG TECH. Vero e proprio spauracchio per la Corporate America è l’ipotesi che l’Ue vada a colpire i servizi digitali, dove le Big Tech Usa la fanno da padrone. Di volta in volta si parla di accise digitali su pubblicità o intermediazioni, di una digital service tax comunitaria (esiste già in diversi Paesi). Le grandi piattaforme online americane però temono soprattutto che Bruxelles applichi fino alle estreme conseguenze le recenti riforme del Digital Service Act e Digital Markets Act: impongono obblighi su trasparenza, concorrenza e moderazione dei contenuti e, in caso di violazioni, fioccano multe fino al 10% del fatturato globale annuo o l’esclusione dal mercato europeo.

* IL MECCANISMO ANTI-COERCIZIONE. C’è poi l’arma estrema, il Meccanismo anti-coercizione (Aci), invocato da Parigi come lo scudo definitivo dell’Unione. Nato sull’onda delle ritorsioni cinesi contro la Lituania per le sue relazioni con Taiwan, consente all’Ue di reagire a pressioni economiche esterne con misure rapide e proporzionate: dazi, restrizioni su investimenti e servizi, esclusione da appalti pubblici, perfino la revoca di diritti di proprietà intellettuale. Serve a difendere l’autonomia strategica europea ed è già operativo dal 2023.

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