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Meloni vuole far presto, ora priorità a presidenze delle Camere

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“Fare presto e bene”, ancor di piu’ con un countdown che ritma velocemente il tempo. A sei giorni dall’elezione dei presidenti delle Camere, la ‘missione’ di Giorgia Meloni si concentra sulla prima deadline della nuova legislatura. Il 13 ottobre cominceranno le votazioni e un tandem che guidi il nuovo Parlamento in versione ridotta, va trovato al piu’ presto. La leader di Fratelli d’Italia continua a tessere la tela per la squadra che spera le venga affidata presto. In attesa dell’incarico, filtrano contatti tra Meloni e il Quirinale. A conferma della triangolazione che sarebbe in corso, anche con Palazzo Chigi, per definire l’esecutivo migliore soprattutto per dare risposte al Paese. Del resto – osservano dal Colle – e’ assolutamente fisiologico che il capo dello Stato abbia contatti in questa fase con le forze politiche. Nel frattempo, la premier in pectore passa l’ennesima giornata chiusa nei suoi uffici alla Camera. Sul tavolo, i dossier economici piu’ dedicati che “devono essere pronti il prima possibile”, assicura entrando. Poi solito via vai di fedelissimi con cui la leader prova a stringere sui nomi. Tra le voci che corrono piu’ insistenti, nelle ultime ore si rafforza l’opzione di affidare al ‘meloniano’ Ignazio La Russa la presidenza del Senato e al leghista Giancarlo Giorgetti quella di Montecitorio. Uno schema che sarebbe funzionale sia agli equilibri interni ai tre partiti, sia ai rapporti nel centrodestra. Sulla carta, il tandem FdI-Lega potrebbe risolvere alcuni nodi. In primis quello con il partito di via Bellerio che per la seconda volta nella storia (la prima fu con Irene Pivetti nel 1994) conquisterebbe la terza carica dello Stato. Un ruolo chiave nei rapporti con le altre istituzioni che, se assegnato a Giorgetti, avrebbe un doppio vantaggio. Da un lato, se eletto alla Camera, l’ex ministro dello Sviluppo economico non sarebbe piu’ in corsa per un ministero. Una scelta che in fondo caldeggia pure FdI, nel tentativo di smarcarsi dall’impronta ‘draghiana’ che rischierebbe di avere un esecutivo Meloni. In piu’, per un politico dal profilo ingombrante ma umanamente capace di farsi da parte se necessario, la soluzione Montecitorio non dispiacerebbe nemmeno alla Lega, che de-potenzierebbe di fatto un ‘non salviniano’. In ogni caso, il risiko delle Camere si intreccia, in prospettiva, con le scelte di capigruppo e presidenti delle commissioni, oltre che ministri e sottosegretari. Lo schema e’ complesso, ma tra le forze di centrodestracircola l’auspicio che quasi tutte le caselle siano abbozzate prima possibile. Per mettersi subito in marcia, non appena il governo sara’ operativo. Da qui l’altro rebus sui ministeri. Al di la’ dei nomi, il metodo indicato ieri da Meloni, per un governo di alto profilo e che peschi anche tra tecnici se piu’ competenti, non convince tutti. Sorpresa, in particolare, circola dentro Forza Italia. E pare si trasformi in fastidio, ad Arcore, per quell’alto livello chiesto alla nuova classe dirigente che gli azzurri riconoscono ai propri esponenti. Rivendicando anche, sottovoce, che alcune delle personalita’ di rilievo targate oggi FdI sono state scoperte proprio da Silvio Berlusconi (da Raffaele Fitto a Giulio Tremonti da Marcello Pera fino allo stesso colonnello meloniano, La Russa). Sul fronte toto ministri resta anche il nodo Matteo Salvini. Continuano i contatti tra Meloni e il segretario della Lega, ma per ora a distanza (Salvini impegnato tutto il giorno in Lombardia). Si fa, quindi, piu’ plausibile l’idea di un passo indietro del ‘capitano’ rispetto a suo ritorno al Viminale. Per lui resterebbero le opzioni di un ministero dell’Agricoltura o degli Affari regionali, per trainare e attuare la riforma dell’autonomia. Altra incognita e’ sul ministero l’Economia. Non si scioglie ufficialmente la riserva su Fabio Panetta, nonostante il ‘no’ del membro del board della Banca centrale europea che sarebbe filtrato tramite Bloomberg.

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In Basilicata Bardi vince col 56,6%, Fdi primo partito col 17,3% mentre al Pd va il 13,8%

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Il candidato del centrodestra Vito Bardi è stato confermato governatore della Basilicata con il 56,63% dei voti, secondo i risultati definitivi dello scrutinio delle elezioni regionali. Piero Marrese del centrosinistra ha ottenuto il 42,16% dei consensi. Al terzo candidato Eustachio Follia è andato l’1,21%.  Fratelli d’Italia risulta il partito più votato, con il 17,39%.  Segue il Partito democratico col 13,87%.  Nella coalizione di centrodestra Forza Italia ottiene il 13,01% dei voti, mentre la Lega si ferma al 7,81% dei consensi seguita da Azione con il 7,51%. Nel centrosinistra il Movimento 5 stelle ottiene il 7,66%, dietro a Basilicata casa comune (11,18%).

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42 simboli per le Europee, tra doppioni e omonimie

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La corsa al Parlamento europeo è davvero inziata. Sulla bacheca del Viminale ci sono 42 simboli, che rappresentano altrettante forze politiche accomunate da un solo obiettivo: strappare il ticket utile per volare a Strasburgo. L’albo delle affissioni è al completo. E appare come un caleidoscopio di colori, immagini e parole che raccontano la politica italiana. Quella del presente, ma anche quella del passato. Quella dei grandi partiti e quella delle piccole formazioni che sperano nell’impresa. Spiccano i nomi: Meloni, Salvini e Berlusconi per il centrodestra. Con gli azzurri che restano ancorati al nome del Cavaliere. Personalizzazione, sì. Ma anche qualche slogan: come la parola “pace” inserita dal Movimento 5 Stelle. E poi i simboli delle famiglie europee. Il Partito democratico mette nel contrassegno il logo del Pse. Scrivono quello del gruppo di ‘Renew Europe’ sia Azione e che la lista ‘Stati uniti d’Europa’. Ed è proprio il nome della lista che vede correre in tandem +Europa e Italia Viva, insieme ad altre quattro formazioni, ad attirare l’attenzione del Viminale.

La lista lanciata da Emma Bonino non è l’unica con il nome ‘Stati uniti d’Europa’. C’è un’altro simbolo, quello con pugno e rosa rossa depositato dai Radicali Italiani, che presenta la stessa denominazione. E non si tratta del solo caso di omonimia in bacheca, su cui potrebbe essere chiamato a esprimersi il ministero dell’Interno. C’è il ‘Partito pirata italiano’, con scritta su sfondo verde, e ci sono anche i ‘Pirati’, con tibia, teschio e bandana viola su sfondo nero. E poi il ‘Movimento per l’Italexit’, in basso nel simbolo della lista ‘Libertà’, presentata da Cateno de Luca, che si contrappone a ‘Italexit per l’Italia’, in coppia nel simbolo col ‘Partito animalista’. Per le verifiche di regolarità bisognerà aspettare 48 ore. Intanto, i big possono già cominciare a scaldare i motori. Il nome della premier Giorgia Meloni, accompagnato dalla consueta fiamma tricolore, compare nel simbolo di FdI con un carattere ben più grande del nome del partito.

La Lega ha invece da tempo il nome del suo leader Matteo Salvini nel logo. Il nome di Berlusconi “è nello statuto non solo nel simbolo”, spiega Alessandro Battilocchio, responsabile elettorale di Forza Italia. Gli azzurri sono gli unici, tra i partiti di governo, a richiamare nel simbolo la famiglia europea di appartenenza, quella del Partito popolare europeo. Stesso riferimento per Stefano Bandecchi con la sua ‘Alternativa popolare’. A puntare sul nome nel contrassegno è anche Carlo Calenda, leader della lista ‘Azione-Europa Unita’. Alleanza Verdi e Sinistra ai nomi contrappone la simmetria dei due partiti che compongono la lista, Verdi Europei e Sinistra Italiana. Tra i simboli del passato non mancano ‘falce e martello’ e scudo crociato. Il Partito comunista italiano presenta una classica bandiera rossa con simbolo in giallo.

Mentre lo scudo con la parola ‘libertas’ si trova sia sul contrassegno depositato dall’Udc che su quello della Democrazia Cristiana. “Il simbolo che abbiamo presentato è quello del 1992”, spiega Carlo Leonetti della Dc. La parola pace, accompagnata da un hashtag nel contrassegno M5s, trova il suo simbolo nella lista ‘Pace terra dignità’ di Michele Santoro: colomba bianca con un ramoscello d’ulivo. E sono diversi i simboli che suscitano curiosità. Come quello degli ‘Esseritari’ di Luciano Chiappa, che è autore anche dell’omonimo libro. Oppure il ‘Movimento Poeti d’Azione’ di Alessandro d’Agostini, attore che decide di ripresentarsi con ‘spada e penna’. Alle quali si aggiungono le insegne di ‘Sacro romano impero cattolico’ di Mirella Cece e di ‘Italia reale’. Non tutti i cosiddetti ‘piccoli’, però, supereranno il vaglio degli uffici elettorali. Molti di loro potrebbero ritrovarsi nella bacheca dei ‘ricusati’.

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Bardi bis in Basilicata, nuovo exploit del centrodestra

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Il centrodestra resta alla guida della Basilicata. In un voto segnato dal forte astensionismo (alle urne il 49,8%), Vito Bardi ottiene la riconferma con largo distacco (58-40% la forchetta provvisoria) su Piero Marrese, su cui il centrosinistra ha puntato dopo una serie di retromarce. Lo spoglio iniziato a rilento toglie la corona di partito più votato al M5s, che alle Regionali del 2019 e alle Politiche del 2022 era andato oltre il 20% e ora vede più che dimezzati i consensi (attorno all’8%). I dati provvisori vedono primeggiare FdI (oltre il 16%), tallonato da FI che va in doppia cifra (12%), soglia sotto cui potrebbe restare la Lega (8%), alle spalle anche di Azione: un sorpasso che rischia di infiammare il derby tra alleati da qui alle Europee. Rispetto alle Politiche cala di circa un punto anche il Pd (15%), che paga anche errori di strategia e nei prossimi mesi dovrà fare i conti con il complicato rapporto con il Movimento di Giuseppe Conte.

“Ringrazio di cuore tutti i cittadini che hanno voluto confermare il loro sostegno alle nostre politiche – esulta Giorgia Meloni -. La vostra fiducia è il motore che ci spinge avanti ogni giorno”. Il suo partito con ironia parla di “Effetto monologo in Basilicata”, con un riferimento al caso Scurati: “Non ci hanno visti arrivare perché impegnati a rileggere il famoso monologo”. “Grande soddisfazione” arriva dalla Lega, per “l’ennesimo largo successo del centrodestra unito”. Ma soprattutto da FI. “Ha vinto il centrodestra unito. Hanno vinto i lucani che hanno scelto di sostenere il nostro Buon Governo per altri 5 anni”, il tweet di Antonio Tajani, che è riuscito a convincere gli alleati a puntare ancora sull’ex generale della Guardia di finanza che nel 2019 ottenne l’investitura da Silvio Berlusconi.

In attesa dei dati definitivi e dopo aver ricevuto le congratulazioni dello sfidante Marrese, Bardi in serata parla di “una vittoria chiara”, e ringrazia “i lucani per la fiducia che mi hanno accordato, per la seconda volta”. “É una grande responsabilità che sento verso tutti loro, anche verso i lucani che non mi hanno votato o che non si sono recati alle urne. Continuerò ad essere il Presidente di tutti”, il messaggio del governatore che, dopo l’istant poll con 12 punti di vantaggio, nel pomeriggio ha visto crescere la sua coalizione, allargata ad Azione e Iv un mese fa, quando andava in cortocircuito il centrosinistra. Uno psicodramma politico che ha portato Pd, M5s, Avs, Psi e +Europa a convergere su Marrese dopo i dissidi su Angelo Chiorazzo e poi incassare il passo indietro di Domenico Lacerenza, il chirurgo rimasto in corsa solo 72 ore. Il centrosinistra negli ultimi sedici mesi ha vinto solo due appuntamenti regionali (Lazio e Sardegna), perdendo in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Molise, Abruzzo, a Trento e infine in Basilicata.

Un ruolino di marcia che consente a Giorgia Meloni di considerare solido il consenso del suo governo. A differenza dei rivali, lei e gli altri leader di centrodestra, nonostante tensioni e piccoli incidenti parlamentari, riescono a dare un’idea di coesione, premiata nelle urne. Anche in Basilicata, dove pure fino a un paio di mesi fa erano espliciti i dubbi interni sulle chance di successo di Bardi. Poi, di fronte al caos nel campo largo e alla scelta perdente di candidare in Sardegna Paolo Truzzu di FdI anziché puntare sulla riconferma del governatore in quota Lega Christian Solinas, la coalizione ha fatto quadrato intorno all’ex generale. Una scelta che ora è rivendicata soprattutto da Forza Italia, che a Potenza per seguire i risultati ha schierato le prime linee, fra gli altri la ministra Elisabetta Casellati, coordinatrice regionale, e il capogruppo alla Camera Paolo Barelli.

Il risultato, nota il portavoce azzurro Raffaele Nevi, è “frutto del lavoro fatto dal governatore in questi anni, anche nell’allargare la coalizione a forze più riformiste che hanno riconosciuto nel buongoverno di Bardi un approdo migliore per i loro progetti e programmi”. Iv sottolinea la “grande soddisfazione di Matteo Renzi che è stato il primo a sostenere Bardi anche in virtù di un’antica amicizia”. “Il centro si dimostra determinante per vincere”, è la tesi dell’ex premier, la stessa del leader di Noi moderati, Maurizio Lupi.

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