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Economia

Meloni, rivedere le priorità del Pnrr. La Ue faccia di più

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C’è la corsa per portare a casa tutti e 55 gli obiettivi del Pnrr, che poi andrà rivisto e corretto con il benestare di Bruxelles perché non basta più a sostenere i paesi nelle nuove emergenze. E c’è, dentro le stesse quattro settimane che mancano alla fine dell’anno, da superare senza intoppi il passaggio parlamentare della manovra, ai blocchi di partenza. Giorgia Meloni parla in collegamento a Milano con l’evento voluto dai governatori ‘l’Italia delle Regioni’.

Ma resta fisicamente a Palazzo Chigi, dove potrebbe convocare per la prossima settimana una nuova cabina di regia sul Piano, che potrebbe essere seguita dal varo di un decreto legge per chiudere quegli obiettivi che hanno bisogno di una cornice normativa. E dove mercoledì chiamerà di nuovo al confronto la sua maggioranza in vista della scadenza degli emendamenti alla legge di Bilancio.

Manovra di Bilancio è marcatamente politica

Il messaggio deve arrivare forte e chiaro: i partiti di governo già hanno avuto soddisfazione nella stesura di una legge che contiene marcate scelte “politiche” e dovrà evitare di inondare la commissione di richieste di modifiche. Le risorse sono quelle che sono, molto poche, e semmai, uno dei ragionamenti che si fa in queste ore, bisognerà cercare di dare spazio anche alle istanze delle opposizioni. A partire da quel Terzo Polo più aperto al dialogo e che ha sottoposto già nelle scorse settimane le sue proposte alla premier.

“Noi siamo pronti a parlare con tutti” ribadisce il sottosegretario alla presidenza Giovanbattista Fazzolari, che chiude a una proroga del Superbonus, difende la scelta dell’esecutivo di eliminare le sanzioni sui Pos perché “lo Stato non può imporre di vendere in perdita” e conferma che c’è un interesse alla proposta di Carlo Calenda di utilizzare i fondi non spesi del Pnrr per il programma Transizione 4.0 per un nuovo round di aiuti all’ammodernamento delle imprese.

Cambiare il PNRR perchè sono cambiate tante cose

“Ne stiamo discutendo con la Ue”, assicura anche il ministro Adolfo Urso mentre Matteo Salvini, volato a Bruxelles, vede “tanta disponibilità a ridiscutere tempi e modi” del Piano. Il punto, sottolinea ancora una volta la premier, è che il Pnrr è stato pensato prima della guerra in Ucraina e ora “è evidente a tutti che non è più sufficiente”. Mentre richiama la Ue a “fare di più” a partire dall’energia, Meloni ricorda anche che bisognerà “valutare le priorità” del Piano firmato da Mario Draghi perché “il caro-materie prime mette a rischio” la realizzazione concreta degli interventi.

Nessuna intenzione, garantisce il ministro Raffaele Fitto che ha in mano il dossier, di andare allo “scontro”, ma di proseguire, come fatto finora, con il “confronto positivo” di queste settimane. Bruxelles in effetti non chiude alla possibilità di modifiche anche perché c’è anche la possibilità di emendare i piani aggiungendo il capitolo legato “al nuovo programma Repower Eu”, ricorda il commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni che indica per l’inizio della prossima settimana il momento del giudizio Ue sulla manovra italiana.

Autonomia differenziata ma nessuna fuga in avanti

Per la gestione del Pnrr, assicura Meloni, il nuovo governo vuole creare una “forte sinergia” a tutti i livelli. Ci sarà un coinvolgimento, come non è stato fatto finora, lamentano i presidenti delle Regioni, su tutte le politiche, magari con una cabina di regia sulla falsariga di quella messa in piedi per il Piano. E lo stesso vale per l’autonomia differenziata, che l’esecutivo vuole realizzare “al più presto”: serve “un confronto su competenze e funzioni chiaro, da fare insieme e senza pregiudizi”, sottolinea Meloni, evitando (un messaggio che vale per i governatori ma anche per gli alleati) “fughe in avanti”.

Con l’obiettivo di “maggiore responsabilizzazione per tutti” ma anche di “non lasciare indietro” nessuno. Nel calendario dell’esecutivo ci sono i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, da individuare con apposita cabina di regia e poi da scrivere con Dpcm. Una scelta che le opposizioni si apprestano a contestare – dopo avere tentato di fare stralciare il tema dell’autonomia dalla manovra – con una serie di emendamenti. Perché sui Lep, sottolinea il dem Francesco Boccia, “deve esprimersi il Parlamento”.

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Confindustria, tutti i nomi della nuova squadra del presidente Orsini

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Il consiglio generale di Confindustria, su proposta del presidente designato Emanuele Orsini, ha approvato la squadra di presidenza per il quadriennio 2024-2028 con l’84% delle preferenze. Dieci i vicepresidenti elettivi: Francesco De Santis, Maurizio Marchesini, Lucia Aleotti, Angelo Camilli, Barbara Cimmino, Vincenzo Marinese, Natale Mazzuca, Marco Nocivelli, Lara Ponti. Completeranno la squadra di presidenza i tre vicepresidenti di diritto: Giovanni Baroni presidente della Piccola Industria, Riccardo Di Stefano presidente dei Giovani Imprenditori, Annalisa Sassi presidente del Consiglio delle Rappresentanze Regionali.

Il consiglio generale di Confindustria ha approvato la squadra di presidenza per il quadriennio 2024-2028 con l’84% delle preferenze: su 132 presenti, 110 hanno votato a favore, i contrari sono stati 9 e 13 le schede bianche. Queste le deleghe ai vicepresidenti. Francesco De Santis continuerà il suo impegno su Ricerca e Sviluppo. Maurizio Marchesini, dopo aver seguito le Filiere e le Medie Imprese, avrà la delega su Lavoro e Relazioni industriali. Stefan Pan, croseguirà il lavoro svolto in Europa negli scorsi quattro anni in veste di delegato del presidente, con la vicepresidenza per l’Unione europea e il rapporto con le Confindustrie europee. A Lucia Aleotti andrà la vicepresidenza per il centro studi, snodo cruciale nella definizione delle strategie di politica economica. Ad Angelo Camilli la delega su credito, finanza e fisco. Barbara Cimmino seguirà l’export e l’attrazione degli investimenti. A Vincenzo Marinese sarà affidata la responsabilità dell’organizzazione e dei rapporti con i territori e le categorie. Natale Mazzuca avrà la delega alle politiche strategiche e allo sviluppo del Mezzogiorno. A Marco Nocivelli la nuova delega sulle politiche industriali e made in Italy. Lara Ponti si occuperà di transizione ambientale e obiettivi Esg, temi centrali nell’agenda di Confindustria. Emanuele Orsini manterrà per sé la responsabilità su alcuni grandi capitoli strategici: transizione digitale, cultura d’impresa e certezza del diritto.

La squadra di presidenza di Emanuele Orsini, al vertice di Confindustria per il 2024-2028, su richiesta del presidente designato si avvarrà anche del contributo di tre special advisor: Antonio Gozzi con delega all’autonomia strategica europea, piano Mattei e competitività; Gianfelice Rocca per le Life Sciences e Alberto Tripi per l’intelligenza artificiale. Il nuovo board di Confindustria sarà coadiuvato da cinque delegati del presidente: Leopoldo Destro ai trasporti, alla logistica e all’industria del turismo, Riccardo Di Stefano al quale sarà affidata la delega all’education, Giorgio Marsiaj si occuperà di space economy, ad Aurelio Regina andrà la delega all’energia, mentre Mario Zanetti seguirà l’economia del mare.

 

Il presidente Orsini ha anche ringraziato l’ambasciatore Raffaele Langella per il lavoro svolto come direttore generale, annunciando che fino al suo prossimo incarico, sarà al suo fianco come consigliere diplomatico. Il nuovo direttore generale sarà Maurizio Tarquini.

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Economia

Ponte sullo Stretto, i dubbi del Ministero dell’Ambiente

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Il ministro Matteo Salvini lancia la Conferenza dei servizi sul Ponte sullo Stretto, per avviare entro l’estate i cantieri della sua opera-bandiera. Ma il primo sgambetto gli arriva proprio da un altro ministero, quello dell’Ambiente, guidato da Gilberto Pichetto di Forza Italia. Alla prima riunione della Conferenza dei servizi, che riunisce tutti i soggetti interessati per sveltire le procedure (imprese, Ministeri, enti locali), il Mase ha chiesto alla Società Stretto di Messina S.p.a. ben 239 integrazioni di documenti. Per il ministero, la documentazione presentata dalla concessionaria è superficiale, insufficiente e non aggiornata, e va approfondita su tutti i fronti.

I tecnici della Commissione Via-Vas, quelli che devono fare la valutazione di impatto ambientale dell’opera, in 42 pagine di relazione hanno chiesto nuove informazioni praticamente su ogni aspetto del progetto. Le richieste di integrazione di documenti riguardano la compatibilità coi vincoli ambientali, la valutazione dei costi e benefici, la descrizione di tutti gli interventi previsti, il sistema di cantierizzazione, la gestione delle terre e rocce di scavo. Il Mase chiede dati più approfonditi e aggiornati sul rischio di maremoti, sull’inquinamento dell’aria, sull’impatto del Ponte sull’ambiente marino e di terra e sull’agricoltura, sulle acque, sui rischi di subsidenza e dissesto, sulla flora e sulla fauna, sul rumore e i campi magnetici, sulle aree protette di rilevanza europea Natura 2000. Le associazioni ambientaliste come Wwf e Legambiente e i comitati locali anti-Ponte parlano di “passo falso” e di “farsa”, e ribadiscono “il progetto non sta in piedi”.

Ma sono soprattutto le opposizioni a cavalcare la vicenda. Per Marco Simiani del Pd, “il ministero dell’Ambiente sconfessa clamorosamente Matteo Salvini, bloccando di fatto il progetto”. Proprio il leader della Lega era assente alla Conferenza dei servizi, che si è tenuta al suo ministero delle Infrastrutture. “Dal ministero dell’Ambiente arriva un macigno sul progetto del Ponte sullo Stretto”, commenta il leader Cinquestelle Giuseppe Conte, che parla di “un progetto vecchio, risalente al 2011/2012, pieno di falle sul piano ingegneristico, ambientale, trasportistico e finanziario”. Angelo Bonelli di Avs rincara la dose: “La commissione tecnica Via del Ministero dell’Ambiente ha demolito il progetto definitivo sul ponte. Ma esiste un progetto definitivo? O quello che avete presentato è quello di 15 anni fa, che era stato bocciato nel 2012 dal ministero dell’Ambiente?”. Mentre il Codacons chiede l’intervento della Corte dei Conti, l’amministratore delegato della Stretto di Messina, Pietro Ciucci, non si mostra preoccupato per le osservazioni del Mase: “Sono richieste congrue, data l’entità dell’opera. In 30 giorni daremo tutti i chiarimenti richiesti”.

Il ministro Gilberto Pichetto si trova all’improvviso in una posizione scomodissima, con gli uffici del suo ministero che bastonano un progetto che è il cavallo di battaglia di un suo collega. “Con queste istanze abbiamo dato via alla procedura di valutazione di impatto ambientale”, commenta asettico. La richiesta di integrazioni “è atto tipico della prima parte di ogni procedimento di valutazione di impatto ambientale”. Per il Ponte “si è tenuto conto, come di consueto, anche di elementi tratti dai contributi di Ispra e di soggetti non pubblici aventi diritto, per legge, ad esprimersi”. “Le richieste della Commissione Via-Vas del Mase non rappresentato assolutamente una bocciatura del Ponte sullo Stretto, ma sono legittime integrazioni proporzionate ad un progetto enorme – ha commentato Matilde Siracusano, sottosegretario di FI ai Rapporti con il Parlamento – Ho sentito il ministro Pichetto e anche Pietro Ciucci, e non ci sono criticità”.

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Cronache

Superbonus, partiti i primi recuperi sulle compensazioni della truffa miliardaria dei bonus

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Le truffe collegate al Superbonus non sono ancora emerse tutte ma l’attività di contenimento dei danni all’erario è partita. L’Agenzia delle Entrate ha iniziato ad inviare le prime contestazioni per recuperare le somme da chi ha cercato di pagare le imposte con crediti fasulli portati in compensazione. Intanto il Mef cala la scure sui bonus edilizi del passato: agevolazioni senza controlli preventivi non sono più compatibili con il nuovo quadro di norme europee sui conti pubblici. “Sono in corso verifiche fiscali sui crediti oggetto di compensazione, che stanno portando all’emissione di atti di recupero nei confronti dei responsabili”, ha detto il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, al termine dell’audizione sull’ultimo decreto Superbonus in commissione Finanze al Senato.

Sui bonus edilizi, ha spiegato, “abbiamo intercettato insieme alla Guardia di finanza truffe per circa 15 miliardi di euro: di questi, grazie ai nostri controlli preventivi, 6,3 miliardi di euro sono stati individuati e scartati prima che si realizzassero le frodi; 8,6 miliardi sono invece stati oggetto di decreti di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria”. La lotta alle truffe proseguirà, ma la dimensione del fenomeno Superbonus ha spinto il Tesoro a metterci un punto. “Misure agevolative automatiche, senza una preventiva autorizzazione, non sono più compatibili col nuovo quadro di finanza pubblica a seguito delle nuove regole di governance europea”, ha detto il direttore del dipartimento Finanze del Mef, Giovanni Spalletta, nella stessa aula del Senato da dove Ruffini ha fornito i dati aggiornati sulle frodi, non tutte con ricadute per i contribuenti perché alcune sono state intercettate prima della compensazione. Spalletta ha spiegato che, da ora in poi, gli obiettivi di efficientamento energetico e di miglioramento del rischio sismico “devono tenere conto degli obiettivi di sostenibilità finanziaria nel medio-lungo periodo e della riduzione del debito pubblico sia nelle fasi congiunturali sia in ottica strutturale”.

Il Mef riflette su “una complessiva razionalizzazione delle norme in materia di agevolazioni edilizie”, in vista delle scadenze di fine anno. Non si potrà prescindere – ha spiegato Spalletta – da due lezioni frutto della recente esperienza. La prima, è che gli incentivi fiscali “devono essere congegnati evitando aliquote eccessivamente generose e prevedendo limitazioni più stringenti sui massimali di spesa, per ridurre comportamenti opportunistici ed effetti dirompenti”. La seconda lezione è che i crediti d’imposta dovranno essere “soggetti a procedure preventive di autorizzazione”, per consentire il monitoraggio della spesa e quindi l’impatto sulla finanza pubblica.

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