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Meloni rilancia con Londra, poi irritazione per caos Def

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La missione fino a quel momento era “un grande successo”. La firma del memorandum tra Italia e Gran Bretagna che era stato cercato da due governi ma mai concluso, “l’ottimo feeling” testimoniato dalle tre ore con il primo ministro Rishi Sunak su tutto, a partire dai migranti, prima a Downing Street e poi a Westminster, in una sorta di anteprima dello scenario che il 6 maggio vedrà l’incoronazione di re Carlo III. Ma per Giorgia Meloni il primo giorno della visita a Londra resterà quello della debacle della sua maggioranza sul Def. Lei è a colloquio con Sunak, come da programma, da meno di mezz’ora, quando da Roma arrivano le notizie di quell’inciampo che proprio non ci voleva: mancano i numeri e la risoluzione che libera i 3,5 miliardi di scostamento non passa. La linea tra Londra e Roma è rovente. La premier, come racconta lei stessa appena rientrata in albergo, visibilmente toccata da quello che definisce un “incidente di percorso”, sente il sottosegretario Alfredo Mantovano e il ministro Giancarlo Giorgetti, che è nero per l’accaduto. Manda un messaggio nella chat interna di Fratelli d’Italia, “io non ho parole”. Tranchat.

Nessuna risposta dei parlamentari. Bisogna serrare i ranghi, ognuno va richiamato alle sue “responsabilità” il messaggio che affida poi ai cronisti in una conversazione che è un fiume in piena. Ci tiene a sottolineare che il memorandum è “un risultato enorme”, che l’Italia non deve andare col cappello in mano da nessuno, che lo stesso Sunak riconosce al governo, come dice nelle dichiarazioni a Downing street, una gestione dei conti oculata che “dà stabilità”. Ai mercati, dice con orgoglio la premier, “si risponde coi fatti”, e i fatti al momento dicono che “i nostri fondamentali vanno meglio di nazioni considerate più solide della nostra”. Una stoccata a Bruxelles, che incalza perché Roma ratifichi il Mes (“non ho cambiato idea, è una lettera scarlatta”, va visto nell’insieme delle discussioni Ue, il ragionamento) e incassi una riforma del Patto che è sì “un passo avanti” ma ancora non tiene conto della proposta “ascoltata”, dell’Italia, quella cioè di “scorporare le spese strategiche dal rapporto deficit-Pil”. Altrimenti, per la premier, c’è “incoerenza: se ci siamo dati delle priorità, transizione verde, digitale, sostegno all’Ucraina, bisogna sostenere le nazioni che investono su quelle priorità”.

Ma la conversazione, fuori programma, è in larga parte concentrata sulle defaillance della maggioranza in Parlamento. Chi l’ha sentita a Roma parla di una premier parecchio irritata, davanti ai cronisti appare molto dispiaciuta. La missione è stata “terremotata”, scherza una cronista, e lei: “ditelo a me…”. Si palesa l’incubo di ogni premier, che una visita all’estero, una così cruciale, venga funestata da guai politici interni. “Sono incidenti di percorso che ho visto tante volte” cerca di arginare l’accaduto la premier, per poi virare sui punti forti della visita. Il memorandum, sottolinea “sono 15 pagine di impegni molto chiari, decisi”. Il bilaterale “è durato un’ora e mezza, c’è un ottimo feeling tra di noi, una voglia di lavorare insieme su molti fronti”, e si è parlato di tutto, anche degli acquisti di olio al tartufo – racconta la premier- che fa la moglie di Sunak. “C’è tanta Italia nel mondo, abbiamo visto i mosaici sotto il trono” dove sarà incoronato Carlo, “che sono italiani”. Del premier britannico Meloni condivide appieno anche la linea sui migranti, anche l’idea di mandare in Ruanda i richiedenti asilo in attesa delle verifiche: “Noi dobbiamo fare i conti con il fatto che noi non possiamo accogliere tutti quelli che illegalmente arrivano da noi e quindi vanno cercate delle soluzioni”. Con buona pace delle contestazioni, che la raggiungono davanti alla cancellata di Downing Street. Una ventina di attivisti gridavano “Meloni fascista” e “Meloni out, refugees in”. “Era tanto che non mi succedeva, mi stavo preoccupando”, scherza la premier. Ma “ho sentito che mi contestavano, “ho chiesto al primo ministro britannico Sunak ma lui mi ha risposto ‘qui c’è sempre qualcuno che protesta’”.

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Kiev conferma, ‘sfondate difese russe nel sud, avanziamo’

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Il generale a capo della controffensiva ucraina lungo la linea del fronte sud, Oleksandr Tarnavsky, ha confermato alla Cnn che le sue forze hanno sfondato a Verbove, a est di Robotyne (Zaporizhzhia) e avanzano ulteriormente. Tarnavsky ha ammesso che le sue truppe si stanno muovendo più lentamente del previsto. “Non così velocemente come ci si aspettava, non come nei film sulla Seconda Guerra Mondiale”, ha affermato: “La cosa principale è non perdere questa iniziativa (che abbiamo). E, beh, non perderla nella pratica, con le azioni”. Lo sfondamento della linea del fronte meridionale, la cosiddetta ‘linea Surovikin’, era stato riportato ieri dai media internazionali.

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Kiev, 9 morti in attacco a base flotta russa del Mar Nero

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Almeno 9 persone sono morte e 16 sono rimaste ferite in seguito all’attacco di ieri delle forze ucraine contro il quartier generale della Flotta russa del Mar Nero a Sebastopoli, nella Crimea occupata: lo ha detto il capo dell’intelligence militare ucraina, Kyrylo Budanov, a Voice of America. Tra i feriti, ha sottolineato, ci sono anche generali russi.

“Tra i feriti c’è il comandante del gruppo, il colonnello generale (Olexandr) Romanchuk, che è in condizioni molto gravi”, secondo Budanov. “Il capo di Stato Maggiore, il tenente generale (Oleg) Tsekov, non è cosciente. Il numero dei feriti tra i militari regolari che non sono dipendenti del quartier generale è ancora in fase di determinazione. Si tratta del personale militare in servizio, di sicurezza e così via: (questi) non sono inclusi nella lista che ho annunciato” .

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Missili ucraini sul comando della flotta russa in Crimea

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Un buon giorno per l’Ucraina. Un missile di Kiev ha infatti centrato il quartier generale della flotta russa del Mar Nero, a Sebastopoli, mentre pare che le forze di terra siano riuscite a sfondare la prima trincea difensiva – la cosiddetta linea Surovikin – a Verbove, villaggio a est di Robtyne, nell’oblast di Zaporizhzhia. Era già accaduto ma con assalti di fanteria su piccola scala. Ora, invece, gli ucraini sarebbero penetrati con i mezzi pesanti, suggerendo l’ipotesi di un’offensiva ben più strutturata e significativa. Ma la cautela è d’obbligo, dato che di conferme ufficiali per ora non ce ne sono. La notizia è stata rilanciata dal britannico Telegraph sulla base di riprese fatte dai droni in prima linea e verificate col metodo della geolocalizzazione: le immagini mostrano veicoli Stryker, Marder e Mrap che avanzavano su una strada di campagna verso la periferia occidentale di Verbove, seguiti dai veicoli per lo sminamento e dai corazzati M113 per il trasporto delle truppe, di fabbricazione americana. Altri filmati indicherebbero poi – questa volta secondo l’Istituto per lo studio della guerra Usa – che le forze ucraine sono avanzate anche a ovest e a sud-ovest del villaggio. A Kiev però le bocche per ora restano cucite.

“Chiedo a tutti di aspettare i commenti ufficiali sullo stato delle operazioni nel quadrante di Zaporizhzhia: non è una buona idea dare informazioni al nemico su quanto succede sul campo”, ha detto Natalia Humeniuk, responsabile del Centro stampa unificato di coordinamento delle forze di sicurezza e di difesa del Sud del Paese. Ciò che è certo, sia perché rivendicato dall’esercito ucraino sia perché le immagini parlano da sole, è il bombardamento a Sebastopoli dell’edifico storico della sede della flotta del Mar Nero, in stile neoclassico. I media russi parlano di un solo soldato disperso ma, a giudicare dai video apparsi in rete, un’intera ala del palazzo è stata sventrata. L’onda d’urto dell’esplosione – ha fatto sapere il governatore Mikhail Razvozhayev via Telegram – ha infranto le finestre di dieci edifici residenziali nel centro della città, senza però causare feriti. “I sistemi di difesa aerea hanno abbattuto cinque missili ma l’attacco ha danneggiato l’edificio storico della flotta”, ha dichiarato il ministero della Difesa russo.

Comunque sia, si tratta solo dell’ultimo caso, il più spettacolare, di una ormai lunga teoria di raid compiuti da Kiev nella penisola occupata, segno che le capacità offensive ucraine – grazie ai franco-britannici Scalp/Storm Shadow e in alcuni casi agli ucraini Neptune, opportunamente modificati – sono cresciute. Gli sviluppi sono senz’altro positivi per Volodymyr Zelensky, impegnato in un tour nordamericano dopo la partecipazione all’assemblea generale dell’Onu: senza il sostegno occidentale, in particolare degli Usa, l’Ucraina infatti non può vincere la guerra. Il momento è critico. Tra le capitali serpeggia il dubbio che Kiev sia arrivata al massimo di ciò che può fare contro la Russia e sia quindi giunto il momento di sedersi al tavolo delle trattative. Il presidente e il suo entourage però hanno scommesso tutto sulla vittoria e sarebbe un suicidio politico congelare il conflitto sulla linea del fronte attuale.

“Libereremo Bakhmut”, ha promesso Zelensky dagli Usa. “E penso che libereremo altre due città ma non vi dirò quali, mi spiace: abbiamo un piano, un piano molto, molto completo”. Il leader ucraino sa che il tempo gioca contro, perché se i russi avranno modo di trincerarsi nuovamente nel corso dell’autunno-inverno sarà più difficile sfondare. E poi c’è la politica americana, già rivolta alle presidenziali del 2024. E Zelensky lo ha toccato con mano a Washington. Ecco perché le indiscrezioni che indicherebbero prossima da parte degli Usa una fornitura, benché piccola, di missili a lungo raggio Atacms rappresentano un’altra buona notizia per l’Ucraina. Zelensky cammina lungo un filo, sottile come un capello.

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