Il dossier migranti all’interno dell’Europa Building, il nodo Pnrr poco lontano dal summit dei 27, nelle stanze di Palazzo Berlaymont. Giorgia Meloni è giunta a Bruxelles con una doppia partita da giocare, con toni e sfumature diverse. Le parole pronunciate dalla premier in Parlamento sulla Bce, sul Mes, e anche sul commissario Paolo Gentiloni, a Bruxelles non sono passate inosservate e l’innalzamento dello scontro ha un po’ colto di sorpresa i palazzi comunitari. Il primo giorno del vertice Ue, per Meloni, è diventato così un’occasione per ribadire certi concetti, sì. Ma anche per smorzare i toni. “Le conclusioni del Consiglio europeo sono un ottima base di partenza, ci sono le posizioni dell’Italia”, sono state le sue parole. Al summit Ue, in fondo, i due grandi nodi dell’estate italiana in Europa non sono sul tavolo. Non lo è il Mes, non lo è il Pnrr. Ma i nodi restano. E scottano. Il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe continua con il suo mantra: il Mes va ratificato anche perché “ci sono altri Paesi che vorrebbero usarlo”.
Non sarà, almeno nel breve periodo, soddisfatto. Meno tesa, invece, potrebbe essere nei prossimi giorni la partita sul Pnrr. A vertice in corso, il ministro per gli Affari Ue, il Pnrr, la Coesione e il Sud Raffaele Fitto, è uscito dall’Europa Building per incontrare Gentiloni. E’ stato un faccia a faccia, di “estrema cordialità”. Un incontro che, dopo le parole di ieri di Meloni sul commissario, forse era anche necessario per rasserenare il clima. E parlare di contenuti. L’ok della Commissione alla terza rata da 19 miliardi sembra ormai a un passo. Potrebbe in teoria anche arrivare il 30 giugno, data di scadenza per la quarta richiesta di pagamento. Ma forse, più probabilmente, si dovrà entrare nel mese di luglio. “Siamo ai dettagli tecnici”, hanno osservato dal governo. Sulla quarta tranche c’è invece una trattativa in corsa. Così come era stata concepito nello schema del piano targato Draghi, la richiesta di pagamenti avrebbe sbattuto sul muro europeo. Soprattutto sul dossier della costruzione degli asili nido, su cui è necessaria più di una limatura. Ma Fitto e Gentiloni hanno parlato anche di un altro punto cruciale: la presentazione del Pnrr modificato con il capitolo Repower.
Le lancette corrono, i Paesi che hanno ultimato i piani modificati aumentano, e per l’Ue il fattore tempo è fondamentale. Ad attendere Meloni, invece, c’è un vertice con tanta carne al fuoco e poche decisioni da prendere. Sui migranti si danza sul filo di un Patto che a Lussemburgo è stato approvato a maggioranza qualificata ma sul quale ancora in pochi, a Bruxelles, scommetterebbero la testa. Polonia e Ungheria continuano a rumoreggiare e, all’orizzonte, c’è la grande battaglia sulla revisione del bilancio pluriennale, con i 50 miliardi da destinare a Kiev, i 15 alla migrazione e al vicinato e, soprattutto, i 66 che la Commissione vuol chiedere agli Stati membri.
L’Italia, per ora, si ritiene soddisfatta. Ma per la premier si tratta solo “di un buon punto di partenza”. “Servono più fondi, perché non vanno spesi solo sulla sicurezza ma sulla cooperazione” con i Paesi africani, ha spiegato. Con un modello di accordo in mente: il Memorandum d’intesa per un partenariato globale con la Tunisia, che nonostante i capricci del presidente Kais Saied sembra in dirittura di arrivo.
Il Patto sulla migrazione per Roma resta un notevole passo avanti. “In otto mesi, con il contributo di altre nazioni, siamo davvero riusciti a cambiare il punto di vista dell’Ue, dall’annosa divisione tra i Paesi di primo approdo e quelli dei movimenti secondari ad un approccio unico”, ha ricordato Meloni parlando in un doorstep in cui ha solo sfiorato uno dei temi che, venerdì, saranno sul tavolo del vertice: il capitolo economico. Da un lato Meloni non ha smentito una virgola di quanto detto sulla Bce (“sulle sue politiche ho parlato ieri”), dall’altro non ha detto una parola in più. Nè sul Patto di stabilità, né sul Mes. Due partite che certamente non sono concluse.