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Meloni prudente, la partita da pontiere tra Ue e Trump

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Da un paio di settimane Giorgia Meloni non si esprime pubblicamente sulle mosse di Donald Trump. L’ultima volta, dall’Arabia Saudita, aveva in sostanza glissato sul piano per Gaza, e in questi giorni a Palazzo Chigi lo stesso tipo di cautela viene applicato all’accelerazione del presidente americano sull’Ucraina, e ai suoi annunci sui dazi. Temi inevitabilmente intrecciati, su cui sono in corso confronti con le cancellerie europee e con Bruxelles. E anche in quest’ottica va letta l’attenzione all’equilibrio in questo delicato frangente.

All’ultimo Consiglio Ue informale di inizio febbraio la premier avvertì gli altri leader sulla necessità di evitare il “muro contro muro” con Washington. E all’insegna della prudenza sarebbero stati anche gli input nel vertice di questo venerdì a Palazzo Chigi con i due vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, e il ministro della Difesa Guido Crosetto. La linea definita in quella riunione dovrebbe rispecchiare la posizione che Meloni porterà – se effettivamente verrà convocato dall’Eliseo – al summit sull’Ucraina di Parigi dove lunedì potrebbero incontrarsi i capi di Stato e di governo di Francia, Germania, Spagna, Italia, Polonia e Regno Unito.

Qualche ora dopo il vertice di Palazzo Chigi la premier ha sentito il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky, con cui ha condiviso “l’importanza di mantenere uno stretto coordinamento con i partner europei e gli Stati Uniti”. Anche se gli uomini di Trump, da ultimo l’inviato speciale per l’Ucraina Keith Kellogg, chiariscono che l’Europa sarà consultata ma non siederà al tavolo dei colloqui di pace. Per ora filtra una posizione di cautela rispetto ai messaggi inviati da Washington, anche quelli più duri lanciati dal vicepresidente JD Vance sulla “libertà di parola in ritirata” in Europa. Parigi e Berlino hanno reagito, Roma no.

Più del coro di critiche delle opposizione, risalta il leghista Claudio Borghi, che ha dato “ragione da vendere” al vice di Trump, sostenendo di essersi sentito “davvero limitato nelle mie libertà costituzionali quando Mattarella si è permesso di negare il ruolo di ministro dell’Economia a Savona perché aveva osato in passato dirsi contro l’Euro”. Ma in Italia, osservano in ambienti dell’esecutivo, “non siamo in campagna elettorale, non c’è la necessità di reagire”. Più delle polemiche, chiariscono le stesse fonti, conta la dimensione operativa di questi delicati dossier.

“Agire e non agitarsi”, avrebbe sintetizzato Tajani nel colloquio con Meloni, Salvini e Crosetto. “Ben venga l’iniziativa di Trump”, ha osservato il capogruppo di FdI al Senato Lucio Malan: “Negli ultimi tre anni gli Usa hanno fornito all’Ucraina enormemente di più di quanto ha fatto l’Europa, era normale che l’iniziativa fosse degli Stati Uniti”. Si attende di capire meglio le prossime mosse della premier, che ha deciso di provare a giocare la partita da pontiere fra Ue e Usa, mentre si lavora a una nuova missione a Washington nel giro di un paio di mesi. È ancora presto, però, per capire se ci saranno i margini per una risposta unitaria a livello europeo su Ucraina e dazi. Saranno decisivi, si ragiona in ambienti di governo, anche i confronti a livello di leader Ue. Se in Europa si preferirà mantenere lo status quo, sostiene qualche meloniano, alla fine la presidente del Consiglio dovrà muoversi in autonomia per tutelare l’interesse nazionale. Intanto la premier si muove all’insegna della prudenza, almeno comunicativa. A differenza di Salvini, che ha salutato con toni entusiastici il primo contatto fra Trump e Vladimir Putin.

E ha tenuto la linea del silenzio dopo l’affondo della portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, che ha definito “invenzioni blasfeme” le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un attacco “da parte di una sedicente portavoce, non da parte della Russia – ha precisato all’indomani Crosetto -. Releghiamo a quello che è. È una persona che ci ha abituati in questi anni a dire di tutto e di più. L’abbiamo tutti rintuzzata come meritava perché non è una persona che può permettersi di pronunciare il nome del presidente della Repubblica italiana. Le abbiamo detto di stare al suo posto e la prossima volta di leggere prima di commentare”.

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La Campania rinvia l’approvazione della legge sul fine vita

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Niente di fatto per la legge sul suicidio medicalmente assistito in Campania perché il testo giunto in aula non aveva il via libera della II Commissione bilancio per la necessaria copertura finanziaria. Il testo è stato illustrato dal relatore, il consigliere Luigi Abbate, precisando che il testo legislativo è finalizzato a disciplinare le procedure amministrative, ovvero e i termini amministrativamente perentori e celeri per le risposte delle Asl alle richieste dei malati che si trovino nelle condizioni previste dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale. Ma per il presidente del Consiglio regionale della Campania, Gennaro Oliviero, l’assenza del parere della Commissione ha rappresentato un ostacolo insormontabile per poi poter procedere al voto. “Manca la copertura finanziaria alla legge, quindi manca la legge”, ha detto Oliviero.

La scelta ha però suscitato polemiche. “Si tratta di una legge di civiltà ma noi abbiamo perso tanto tempo” ha detto la consigliera regionale Maria Muscarà mentre Severino Nappi (che aveva annunciato il voto a favore del gruppo della Lega) ha evidenziato “l’assenza in aula del presidente della Giunta Vincenzo De Luca, un’assenza indifendibile. Potete fare quello che volete, lo avete fatto centinaia di volte ma mi dispiace che si faccia anche su una vicenda come questa”. Il presidente della Commissione bilancio, Franco Picarone, ha garantito l’impegno della Commissione ad analizzare il testo e che sarà presto rinviato in aula per la discussione. Per Valeria Ciarambino sarebbe stato necessario un lungo dibattito prima dell’approdo del testo in aula, “Io personalmente ho tantissimi dubbi di coscienza” e sarebbe “stato necessario di avere idee più chiare. Non dobbiamo fare nessuna corsa e questi sono tempi che non si approvano a colpi di maggioranza”, ha detto.

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Musumeci sui Campi Flegrei: «Mai sottovalutare i rischi naturali»

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Il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, è intervenuto con chiarezza sulla situazione critica dei Campi Flegrei, definendoli «un supervulcano fra i più originali e pericolosi al mondo», dove convivono rischi vulcanici, sismici e bradisismici. Il ministro non ha esitato a riconoscere apertamente «le responsabilità omissive e commissive della politica» e la «incosciente sottovalutazione del multirischio» che ha caratterizzato il passato.

Cultura del rischio e prevenzione

Secondo Musumeci, che ha recentemente firmato un decreto per la mobilitazione straordinaria della Protezione civile nell’area flegrea, è fondamentale diffondere una solida “cultura del rischio”. «La protezione civile non deve limitarsi a soccorrere rapidamente dopo un disastro», ha dichiarato il ministro citando Giuseppe Zamberletti, padre della protezione civile italiana, «ma deve puntare soprattutto sulla prevenzione e la previsione».

Informazione e formazione continua

Musumeci critica fortemente la mancanza di trasparenza nella comunicazione con i cittadini: «Alle centinaia di migliaia di persone che risiedono nell’area dei Campi Flegrei non si è mai parlato chiaro». L’invito è a imparare dal Giappone, dove già nelle scuole si insegna ai bambini come comportarsi in caso di terremoti, con frequenti esercitazioni. «In Italia ne servirebbero almeno tre-quattro l’anno, coinvolgendo famiglie, scuole, imprese e media», sottolinea.

Previsione impossibile, preparazione necessaria

Musumeci sottolinea che la scienza non consente di prevedere con certezza l’evoluzione del fenomeno bradisismico e sismico ai Campi Flegrei. «Non si può escludere nessuno scenario, nemmeno quello più grave», ha avvertito, aggiungendo che panico e allarmismo non aiutano, come non è utile una sottovalutazione semplicistica del rischio. In caso di crisi estrema, conclude il ministro, «bisogna essere pronti a misure precauzionali, compreso il definitivo abbandono delle aree più a rischio».

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Ue: accordo Consiglio e Pe su patente dai 17 anni e digitale

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Il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo politico sull’aggiornamento della direttiva sulla patente di guida che prevede, tra l’altro, la guida accompagnata con una patente ottenuta all’eta’ di 17 anni; una durata di 15 anni del documento e una versione uniforme e digitale delle patenti. In primo luogo, entro la fine del 2030, sara’ disponibile una patente di guida uniforme per tutti i cittadini dell’Ue, inserita nel futuro portafoglio europeo di identita’ digitale (simile all’attuale It Wallet italiano).

La patente di guida digitale sara’ riconosciuta in tutti gli Stati membri dell’Ue. Allo stesso tempo, gli utenti della strada avranno il diritto di richiedere una patente di guida fisica. Entrambe le versioni, fisiche e digitali, saranno valide per guidare autovetture e motociclette piu’ a lungo del caso attuale, vale a dire 15 anni dalla data di rilascio, tranne da quando la patente di guida viene utilizzata come carta d’identita’ (10 anni).

In secondo luogo, per migliorare la sicurezza stradale, si fara’ un passo avanti verso l’armonizzazione dei processi di screening medico applicati negli Stati membri. Al momento del rilascio delle patenti di guida, tutti gli Stati membri richiederanno una visita medica o uno screening basato su un’autovalutazione. Anche le regole relative ai periodi di prova per i conducenti alle prime armi saranno armonizzate: sara’ stabilito un periodo di prova di almeno due anni. Durante questo periodo di prova, dovrebbero essere applicate regole o sanzioni piu’ severe per la guida sotto l’effetto di alcol o droghe, fatte salve le competenze degli Stati membri di regolare il comportamento dei conducenti.

Per affrontare il problema della carenza di conducenti nelle categorie professionali e allo stesso tempo migliorare la sicurezza stradale, sara’ introdotto un regime per la guida accompagnata con una patente (C). Tale regime offre ai richiedenti la possibilita’ di acquisire patenti di guida nelle categorie pertinenti prima del raggiungimento del limite di eta’ minima richiesto, accompagnati da un autista esperto. Il programma sara’ offerto in tutti gli Stati membri per le autovetture. Gli Stati membri possono offrire questa possibilita’ anche per furgoni e camion. Infine, saranno apportate anche modifiche per rendere piu’ facile per i cittadini acquisire una patente di guida quando vivono in uno Stato membro diverso dal loro Stato membro di cittadinanza. Sara’ possibile sostenere test e ottenere una licenza rilasciata nello Stato membro di cittadinanza, se non ci sara’ la possibilita’ di sostenere test in una delle lingue ufficiali dello Stato membro di cittadinanza. L’accordo provvisorio dovra’ ora essere approvato dai rappresentanti degli Stati membri in seno al Consiglio (Coreper) e dal Parlamento europeo.

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