Collegati con noi

Esteri

Meloni: ho sentito Trump, non c’è disimpegno su Kiev

Pubblicato

del

Non c’è, da parte degli Stati Uniti, quel “disimpegno” nei confronti di Kiev che tanto ha fatto rumore nelle ultime ore. Ne è convinta Giorgia Meloni che nel pomeriggio ha parlato con Donald Trump, di Ucraina e di dazi come fa sapere lei stessa in collegamento, dopo una giornata di lavoro a Palazzo Chigi, con il Forum in Masseria di Bruno Vespa. Dalle crisi internazionali alle beghe interne alla maggioranza, a partire dalla cittadinanza, la premier dice la sua sul tax credit – di cui il caso Kauffmann è stato “epilogo drammatico e scandaloso” – e pure sulla legge elettorale che, secondo lei, dovrebbe essere “proporzionale, con indicazione del premier e premio di maggioranza”. Ma, assicura, sul punto non c’è e non ci sarà una iniziativa del governo perché la competenza spetta “al Parlamento”.

I dossier più urgenti rimangono comunque quelli internazionali. Chiudere l’intesa sul 5% delle spese militari al vertice Nato, ribadisce, certo può essere un buon viatico per arrivare anche a un accordo sui dazi, ma la trattativa “è in capo alla Commissione” e “che cosa accadrà non posso dirlo”. L’Italia, rivendica la premier, ha fatto la sua parte per riallacciare quel filo del “dialogo” che ora non solo c’è ed è “franco” ma è anche tornato “costante”. Così come aperto resta il canale per il sostegno a Kiev che, assicura, non è venuto meno da parte americana. “Gli Stati Uniti non hanno interrotto la fornitura di armi e il sostegno all’Ucraina, hanno rivisto la decisione di fornire specifiche componenti” puntualizza la presidente del Consiglio, sottolineando che si tratta sì di un fatto “rilevante” ma è “ben diverso dal totale disimpegno americano che si è raccontato”.

Anzi, la premier spera in “sviluppi positivi”, rimanendo convinta che non si possa aspettare la “buona volontà di Putin” per cercare di raggiungere la pace in Ucraina, ma vanno “rafforzate le sanzioni”. Come ha fatto Bruxelles e come Meloni si augura facciano anche gli Usa. Del futuro di Kiev, ricorda, si parlerà alla Conferenza di Roma che vedrà una “partecipazione ampia e di alto livello”. Con lei ci saranno oltre a Volodymyr Zelensky e Ursula von der Leyen anche il primo ministro Donald Tusk e il cancelliere tedesco Friedrich Merz (da quest’ultimo riceve il testimone, al polacco lo passerà per la conferenza del prossimo anno) e insieme affronteranno in una call con Keir Starmer ed Emmanuel Macron (anche lui in Gran Bretagna) “le iniziative da adottare sul percorso della pace”.

C’è spazio per rispondere alle polemiche sull’ultimo decreto flussi (Pd e M5s “preferivano le porte spalancate”, ironizza) e i “tentativi” di affossare il protocollo con l’Albania che dovrebbe “fare riflettere sul ruolo della politica e di altri poteri dello Stato”. Va all’attacco Meloni anche sul tax credit, dicendosi incredula che ci sia ancora chi difende un sistema che ha generato “truffe” e un meccanismo che riempiva “le tasche ai soliti noti” che pagavano “cachet milionari a registi e attori” salvo poi fare incassi minimi in sala. Ci sarà una ulteriore stretta, annuncia la premier, precisando anche che la maggioranza, a suo parere, meglio farebbe a rimanere concentrata “sulle priorità del programma”.

In cui lo Ius Scholae chiesto da Forza Italia non compare. Quanto al premierato, nessun problema se il referendum dovesse arrivare con l’avvio della prossima legislatura, anzi, sarebbe un modo per affrontare nel merito la riforma, senza scadenze elettorali imminenti. Una nuova legge elettorale, in ogni caso, dovrebbe andare in quella direzione, con premio di maggioranza, indicazione del premier da parte delle coalizioni e proporzionale. Meglio ancora con le preferenze ma sul punto “le posizioni sono variegate”. In ogni caso non se ne occuperà il governo. Se va cambiata, la legge elettorale va cambiata “in Parlamento”.

Advertisement
Continua a leggere

Esteri

Attacco a Teheran, Pezeshkian accusa Israele: “Volevano uccidermi”

Il presidente iraniano Pezeshkian accusa Israele di un attentato a Teheran. Sei missili contro il Consiglio di sicurezza: ferito, riesce a fuggire. Caccia ai traditori interni.

Pubblicato

del

Il 16 giugno, poco prima di mezzogiorno, sei missili israeliani hanno colpito un edificio strategico nella zona ovest di Teheran. All’interno si teneva una riunione del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale: presente anche il presidente iraniano Masoud Pezeshkian, che sarebbe rimasto ferito ma riuscito a fuggire.

Secondo quanto riferito dall’agenzia Fars, vicina ai Guardiani della Rivoluzione, i missili hanno colpito gli ingressi e le uscite dell’edificio, nel tentativo di bloccare ogni via di fuga. Pezeshkian e i presenti si sono salvati solo grazie a un portello d’emergenza.

In un’intervista a Fox News, il presidente ha accusato direttamente Israele: “Hanno cercato di uccidermi”, ha dichiarato.

Il Mossad sotto accusa

In un clima carico di sospetti, Mehdieh Shadmani, figlia del comandante dei Pasdaran Ali Shadmani, ucciso nei raid israeliani, ha pubblicato un post sui social in cui racconta che suo padre cambiava posizione ogni poche ore, senza portare con sé dispositivi elettronici, seguendo rigidi protocolli di sicurezza.

Secondo lei, il Mossad avrebbe superato i metodi tradizionali di spionaggio, lasciando intendere l’esistenza di una falla interna o l’uso di tecnologie avanzatissime.

C’è anche chi ipotizza teorie al limite del surreale: l’ex direttore di un giornale legato alle Guardie, Abdollah Ganji, ha sostenuto che l’intelligence israeliana avrebbe fatto ricorso a scienze occulte e creature soprannaturali per localizzare i bersagli.

Caccia alla talpa

I punti chiave delle ultime analisi da Teheran convergono su tre elementi:

  1. Israele sapeva tutto, non solo i luoghi in cui si trovavano i vertici politici e militari iraniani, ma persino i rifugi alternativi. In alcuni casi, è riuscito a colpire anche i successori dei leader eliminati.

  2. All’interno del sistema iraniano cresce il sospetto di una fonte ai massimi livelli che abbia fornito informazioni al nemico, una dinamica già verificatasi a Beirut con i leader di Hezbollah.

  3. Si amplifica il mito del Mossad: una costruzione utile sia all’Iran, per giustificare le falle nella propria sicurezza, sia a Israele, per rafforzare l’immagine di onnipotenza del proprio servizio segreto.

Una guerra nell’ombra

Il conflitto tra Israele e Iran si è ormai spostato sul piano della guerra segreta, dove le informazioni valgono quanto i missili. In questo scenario, anche i social network e i canali informativi paralleli diventano strumenti di propaganda, specchi deformanti attraverso cui i nemici si osservano, si temono e si combattono.

Continua a leggere

Esteri

Biden: “Ho concesso io le grazie, l’autopen è legale e usato anche da Trump”

Joe Biden chiarisce al New York Times di aver concesso personalmente tutte le grazie firmate con autopen. “Sistema legale, usato anche da Trump”.

Pubblicato

del

Joe Biden rompe il silenzio e risponde alle accuse mosse dai repubblicani riguardo al suo stato cognitivo e al presunto mancato controllo sulle grazie presidenziali emesse a fine mandato. In un’intervista concessa al New York Times, l’ex presidente americano ha chiarito che tutte le decisioni di clemenza e grazia annunciate negli ultimi giorni della sua presidenza sono state personalmente autorizzate da lui.

Le accuse dei repubblicani

Negli ultimi giorni, alcuni esponenti del Partito Repubblicano hanno sollevato dubbi sulla lucidità mentale di Biden, insinuando che non sarebbe stato in grado di decidere autonomamente e che le grazie siano state firmate da altri a sua insaputa. In particolare, hanno puntato il dito sull’uso dell’autopen, uno strumento che replica automaticamente la firma del presidente.

La difesa di Biden: “Tutto legale, anche Trump lo ha fatto”

Biden ha spiegato che l’uso dell’autopen è assolutamente legale e ampiamente utilizzato: “Lo ha usato anche Donald Trump”. L’ex presidente ha precisato che tutte le grazie e commutazioni sono state decise oralmente da lui, e poi i suoi collaboratori hanno proceduto a formalizzarle con lo strumento automatico, dato l’elevato numero di persone coinvolte.

Grazia preventiva ai familiari

Biden ha anche ammesso di aver concesso la grazia preventiva a familiari e membri della sua amministrazione, una mossa pensata per proteggerli da eventuali ritorsioni del suo successore alla Casa Bianca. Una decisione controversa, ma secondo Biden necessaria: “Era un atto di responsabilità”, ha affermato.

Continua a leggere

Esteri

Trump: “Missili Patriot all’Ucraina, pagherà l’Unione Europea”

Donald Trump annuncia l’invio di missili Patriot all’Ucraina: “Ne hanno bisogno, noi non pagheremo nulla. Coprirà tutto l’Unione Europea”.

Pubblicato

del

Titolo SEO ottimizzato

Trump: “Missili Patriot all’Ucraina, pagherà l’Unione Europea”

Meta description SEO

Donald Trump annuncia l’invio di missili Patriot all’Ucraina: “Ne hanno bisogno, noi non pagheremo nulla. Coprirà tutto l’Unione Europea”.

Parole chiave SEO

Trump, Ucraina, missili Patriot, armi all’Ucraina, NATO, Unione Europea, guerra in Ucraina, difesa aerea, Rutte

Suggerimento immagine

Donald Trump durante una conferenza stampa con sfondo bandiere americane e militari.


Trump annuncia l’invio dei missili Patriot all’Ucraina: “Pagherà tutto l’Unione Europea”

Donald Trump ha annunciato che gli Stati Uniti invieranno i sistemi di difesa aerea Patriot all’Ucraina, affermando che si tratta di un equipaggiamento “di cui hanno disperatamente bisogno”. Il presidente americano ha parlato con i reporter, sottolineando che, sebbene non sia stato ancora deciso il numero esatto di missili, l’invio avverrà a breve.

L’incontro con il segretario generale della NATO

Nel suo intervento, Trump ha anche confermato che incontrerà domani il segretario generale della NATO, Mark Rutte, per discutere delle forniture militari all’Ucraina e della sicurezza europea. Il colloquio si inserisce in un momento delicato della guerra, in cui Kiev continua a chiedere maggiore supporto militare per difendersi dagli attacchi russi.

Nessun costo per gli Stati Uniti, secondo Trump

Noi non pagheremo nulla”, ha puntualizzato Trump, precisando che l’intero costo dell’operazione sarà a carico dell’Unione Europea. “Loro (gli ucraini, ndr) ne avranno un po’, perché hanno bisogno di protezione”, ha dichiarato. Il presidente ha inoltre aggiunto che gli ucraini pagheranno il 100% per gli altri equipaggiamenti militari sofisticati che saranno forniti da Washington.

Un messaggio politico e strategico

Le parole di Trump arrivano in un contesto di crescente pressione su NATO e Unione Europea per il sostegno all’Ucraina. Il leader americano, pur ribadendo il supporto militare, ha marcato con decisione la linea del “niente spese per gli Stati Uniti”, segnando una chiara posizione di disimpegno economico diretto, ma non operativo.


Titolo SEO: Trump: “Missili Patriot all’Ucraina, pagherà l’Unione Europea”
Meta description SEO: Donald Trump annuncia l’invio di missili Patriot all’Ucraina: “Ne hanno bisogno, noi non pagheremo nulla. Coprirà tutto l’Unione Europea”.
Parole chiave SEO: Trump, Ucraina, missili Patriot, armi all’Ucraina, NATO, Unione Europea, guerra in Ucraina, difesa aerea, Rutte

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto