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Cronache

Mazara del Vallo, sono a casa i 18 pescatori sequestrati in Libia

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Sono tornati. Nelle orecchie il frastuono dei motori, in un viaggio che da Bengasi a Mazara del Vallo e’ durato 57 ore, e l’eco delle parole pronunciate per 108 giorni dai lori carcerieri, nessuna delle quali era di conforto: grida e silenzi, incomprensibili allo stesso modo. I diciotto pescatori sequestrati l’1 settembre a 50 miglia da Tripoli, sono stati accolti nella loro citta’ da una giornata inclemente, con pioggia e nuvole basse; ma hanno incassato la gioia straripante dei loro parenti, esplosa quando alle 10 l’Antartide e il Medinea, annunciati dalle sirene dei pescherecci, hanno fatto ingresso al Porto Nuovo. Dopo i controlli medici (tutti negativi al Covid), sulle auto private hanno lasciato il porto, non prima di essere attorniati da giornalisti incuranti delle misure anti assembramento. Poi sono cominciati i racconti dei marinai, che convergono su alcuni punti: la violenza psicologica subita durante la prigionia, l’angoscia di vivere in celle buie e sporche, l’idea che l’eventuale rilascio (qualcuno non ci credeva piu’) dipendesse da questioni piu’ grandi di loro. Nelle parole di Gira Indra Gunawan, marittimo indonesiano dell’Antartide, il cui contratto annuale e’ scaduto mentre era in carcere, c’e’ la misura della paura vissuta: un mese dopo il sequestro i carcierieri gli hanno detto che il suo destino e quello dei suoi compagni era legato al buon esito dello scambio con alcuni libici detenuti in Italia (le 4 giovani promesse del calcio, come li ritengono i libici, condannati a Catania per essere gli scafisti di un barcone naufragato al largo delle coste siciliane). “Ci e’ bastato per capire che forse ci trovavamo nella mani di terroristi”, dice Gunawan, ospitato in un albergo – riaperto per l’occasione – insieme a un connazionale, in attesa di tornare nel suo paese. E uno dei marinai, Giovanni Bonomo, prima di essere ascoltato dai carabinieri, ricorda i concitati momenti del sequestro: “nell’area a 50 miglia dalle coste libiche c’erano 12 pescherecci. L’unica motovedetta libica e’ riuscita a bloccarne quattro avvicinandosi e sparando in aria. Due barche sono riuscite a scappare mentre noi siamo stati costretti a dirigerci verso Bengasi. Nell’immediato abbiamo chiesto aiuto alle motovedette italiane, ma ci hanno risposto che erano troppo lontane dall’area”. Il comandante della Medinea, Pietro Marrone, con la sobrieta’ mutuata dal suo ruolo, sostanzialmente conferma che le paure di Gunawan erano anche le sue. Marrone e i comandanti degli altri tre pescherecci coinvolti nel sequestro (due sono riusciti a darsi alla fuga), sono stati ascoltati dal Ros nella caserma dei carabinieri di Mazara, nell’ambito dell’indagine aperta dalla procura di Roma. Il comandante ringrazia il nostro governo e soprattutto sua mamma, Rosetta Ingargiola, 74 anni, una indomabile lottatrice che ha protestato davanti a Montecitorio per 40 giorni. “Ho sempre contato su di lei. Ha perso il marito, poi un figlio in un naufragio. Non poteva perdere anche me”. Rifocillato con un piatto di pasta, si dice pronto a riprendere il mare quanto prima. Il ritorno al lavoro e’ il sentimento di tutti, anche dell’armatore Marco Marrone, che ha accompagnato l’ultimo tratto del viaggio dei pescatori con un lungo collegamento radio durato tutta la notte: “Abbiamo pianto e riso. Li conosco, sono grandi uomini, gia’ pronti a salpare”. L’armatore ha ricevuto una telefonata di Silvio Berlusconi, che l’ha sorpreso mentre era a pranzo in un ristorante. L’ex premier l’ha tirato su e poi gli ha riferito la sua versione delle cose: “Non si puo’ dire ma e’ stato il signor Putin con le sue telefonate ad Haftar a far liberare i pescatori. Questa e’ la verita’”. Emozionato per l’inattesa telefonata, Marrone ha colto il lato leggero del colloquio, inorgogliendosi per aver parlato con quello che per lui resta il presidente del Milan, la sua squadra del cuore, che oggi ha vinto.

 

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Cronache

Cantone & Costabile firmano il Presepe di San Pietro: eccellenza artigianale napoletana nel cuore del Vaticano

Storico traguardo per l’artigianato napoletano: Cantone & Costabile realizzano il primo presepe mai affidato a una ditta esterna nella Basilica di San Pietro. Arte, fede e tradizione si incontrano nel cuore del Vaticano.

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Per la prima volta nella storia, il Presepe della Basilica di San Pietro è stato realizzato da una ditta esterna al Vaticano. E non poteva che essere napoletana: Cantone & Costabile, autentica eccellenza dell’artigianato partenopeo, già celebre nel mondo per i presepi monumentali di Piazza San Pietro del 2013, 2017 e 2023.

L’opera, che sarà collocata all’interno della Basilica a partire dal 1° dicembre, rappresenta un momento storico e simbolico, capace di unire arte, fede e tradizione in uno degli spazi più sacri della cristianità.


Un capolavoro di arte e tradizione

Ogni elemento del presepe porta la firma inconfondibile della scuola napoletana: materiali pregiati, cure minuziose nei dettagli, colori caldi e armonie luminose che raccontano la nascita di Cristo con l’autenticità e la poesia tipiche di Napoli.

Cantone & Costabile, noti per aver portato la tradizione partenopea nelle piazze e nei santuari più importanti del mondo, confermano con questa impresa la loro maestria artigianale di livello internazionale.

“Per noi è un onore e una profonda emozione poter portare la nostra arte all’interno della Basilica di San Pietro. È un riconoscimento al lavoro e alla passione di tutta la nostra squadra”,
dichiarano Antonio Cantone e Maria Costabile, fondatori dell’azienda.


Un riconoscimento al genio creativo di Napoli

Il nuovo presepe sarà visitabile per tutto il periodo natalizio e offrirà a fedeli e visitatori un’esperienza di spiritualità e bellezza, con il tratto distintivo di un’arte che ha reso Napoli capitale mondiale del presepe.

Con questa nuova creazione, Cantone & Costabile scrivono un’altra pagina straordinaria della loro storia, confermando che l’eccellenza artigianale napoletana è un patrimonio vivo, capace di unire il sacro e il popolare, la tradizione e l’innovazione, sotto la cupola più celebre del mondo.

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Cronache

Torre del Greco, scoperto un “hub di bitcoin” usato per riciclare soldi delle truffe agli anziani

Un’indagine della Procura di Napoli ha svelato un presunto “hub di bitcoin” a Torre del Greco, usato per riciclare denaro proveniente da truffe e traffici illeciti. Sequestrati 900mila euro e decine di dispositivi informatici.

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È uno scenario sorprendente quello ricostruito dagli inquirenti napoletani: una stamperia di Torre del Greco trasformata in un vero e proprio “hub di bitcoin”, una piattaforma per la monetizzazione e il riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite.

A rivelarlo è il quotidiano Il Mattino, in edicola oggi, che racconta i dettagli di un’inchiesta destinata a far discutere.

L’indagine, condotta dal pm Ciro Capasso sotto il coordinamento dei magistrati Vincenzo Piscitelli e Nicola Gratteri, ha portato al sequestro di oltre 900mila euro, decine di schede sim, telefoni cellulari e supporti informatici. Un’operazione che il gip del Tribunale di Napoli, Ivana Salvatore, ha definito “un sequestro unico nel suo genere”.


Il dominus e il wallet “98N”

Al centro della vicenda c’è un imprenditore incensurato, P.P., ritenuto il dominus di una piattaforma informatica che avrebbe gestito flussi di denaro di origine illecita.

Le indagini si concentrano su un wallet elettronico denominato “98N”, che avrebbe fatto da crocevia per numerosi altri portafogli virtuali riconducibili a soggetti con precedenti per reati informatici.

Il sistema, spiegano gli inquirenti, funzionava come una banca d’affari parallela: si entrava con contanti — banconote da 100 o 200 euro — e si usciva con codici numerici, equivalenti a somme di bitcoin pronti a sparire nei circuiti digitali.


Le accuse: attività finanziarie senza autorizzazione

Secondo il gip Salvatore, l’esercizio commerciale coinvolto, pur essendo formalmente registrato come attività di consulenza informatica, non risultava autorizzato alla compravendita di criptovalute presso gli elenchi ufficiali dell’OAM (l’Organismo per gli Agenti e i Mediatori finanziari).

Nessuna delle operazioni sarebbe stata registrata, a conferma del sospetto di un sistema parallelo per il riciclaggio di denaro e la conversione illecita in bitcoin.


Sim nascoste, cellulari e 50 dispositivi sequestrati

L’inchiesta ha portato anche all’arresto in flagranza di S.A.U., un esperto informatico che avrebbe venduto bitcoin per migliaia di euro in collaborazione con il commerciante di Torre del Greco.

Durante il blitz, l’uomo ha tentato di gettare dal balcone alcune sim e nascondere i dispositivi informatici: nel suo appartamento i carabinieri hanno rinvenuto 50 cellulari, alcuni danneggiati dopo essere finiti sugli alberi, altri occultati nel cestello della lavatrice.


Gli ucraini e il filone anabolizzanti

Nell’indagine compaiono anche due cittadini ucraini, ripresi più volte all’interno del capannone della stamperia. Secondo i carabinieri, avrebbero effettuato operazioni di cambio in criptovalute per oltre 500mila dollari in pochi minuti, in concomitanza con incontri con P.P.

Un ulteriore filone riguarda invece un presunto traffico di medicine anabolizzanti, gestito da A.S. e M.L., che avrebbero utilizzato la stamperia come sportello abusivo per il riciclaggio dei proventi.


Ora la parola al Riesame

La difesa, rappresentata dal penalista Mario Angelino, ha già presentato istanza di dissequestro dei beni davanti al Tribunale del Riesame di Napoli.

L’inchiesta, però, secondo quanto scrive Il Mattino, ha già delineato un quadro inquietante: una rete criminale tecnologica, capace di trasformare il denaro delle truffe agli anziani e di altri traffici illeciti in criptovalute impossibili da rintracciare.

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Cronache

Grosseto, liceale di 15 anni colpisce la vicepreside con un pugno: sette giorni di prognosi per la docente

Shock a Grosseto: uno studente di 15 anni ha colpito con un pugno al volto la vicepreside del liceo classico Aldi. La docente ha riportato una ferita alla bocca e sette giorni di prognosi.

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Grave episodio di violenza scolastica al liceo classico “Aldi” di Grosseto, dove un liceale di 15 anni ha colpito con un pugno la vicepreside, docente di matematica, causandole una ferita al volto e sette giorni di prognosi.

L’episodio è avvenuto la mattina dell’11 novembre, all’ingresso del Polo liceale, quando la professoressa stava verificando la situazione all’esterno delle aule dopo aver notato che il ragazzo non era ancora entrato in classe nonostante la campanella fosse suonata da più di mezz’ora.


“Sembrava disorientato”: la ricostruzione dei fatti

Secondo i testimoni, il quindicenne, studente di quinta ginnasio, appariva confuso e disorientato. La docente, preoccupata, si è avvicinata per chiedergli se avesse bisogno di aiuto, ma il ragazzo non ha risposto.

La vicepreside ha quindi avvisato la famiglia, e poco dopo è arrivato il padre. È stato in quel momento, alla vista del genitore, che il ragazzo ha improvvisamente sferrato un pugno al volto dell’insegnante, colpendola con violenza.

L’uomo è intervenuto immediatamente, riuscendo a bloccare il figlio e ad evitare che la situazione degenerasse ulteriormente.


Docente ferita e ricoverata in ospedale

La professoressa è stata accompagnata al pronto soccorso dell’ospedale Misericordia di Grosseto, dove le è stata diagnosticata una profonda lacerazione alla bocca, ma sono state escluse fratture al setto nasale.

Dopo le cure, è stata dimessa con sette giorni di prognosi.


Il liceo indaga sul comportamento del ragazzo

L’episodio ha scosso profondamente la comunità scolastica del liceo Aldi, dove il consiglio d’istituto e la dirigenza stanno valutando il comportamento del ragazzo, descritto come “in uno stato di alterazione anomalo” al momento dei fatti.

“Era come disorientato”, hanno raccontato alcuni studenti presenti all’ingresso del plesso.

Il caso è ora oggetto di approfondimenti interni e di un possibile coinvolgimento dei servizi sociali, mentre la scuola si interroga su come affrontare una vicenda che riaccende il dibattito sulla sicurezza e il disagio giovanile nelle aule italiane.

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