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Cronache

Matteo Bocelli: «Mio padre mi ha insegnato la calma e la disciplina. Io vivo d’amore, musica e semplicità»

In un’intervista al Corriere della Sera, Matteo Bocelli racconta il legame con il padre Andrea, la passione per la musica, gli incontri con le star e l’amore per la vita semplice, tra concerti e raccolta delle olive in Garfagnana.

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Nell’intervista al Corriere della Sera, Matteo Bocelli, 28 anni, parla con affetto e ammirazione del padre Andrea, icona mondiale della lirica e della musica popolare.
«Invidia è una brutta parola – dice –. Di mio padre ammiro la calma con cui affronta le situazioni difficili e la capacità di liberarsi dei cattivi pensieri. E poi la resistenza vocale: da quarant’anni tiene il palco, e cantare al Metropolitan a 67 anni non è da tutti».

Da bambino, racconta, si vergognava a cantare davanti a lui. Oggi invece ha intrapreso con decisione la propria carriera artistica, in tour tra Europa, Stati Uniti, Sudamerica e Australia, con chiusura prevista al Teatro del Silenzio di Lajatico, il 21 luglio 2026.

La disciplina e le regole di casa Bocelli

Da ragazzo non è sempre stato un allievo modello. «A scuola presi 13 note una dopo l’altra – ricorda –. Mio padre è stato severo, ma mi ha insegnato la disciplina. Un mese chiuso in camera, senza videogiochi, solo con i libri: alla fine ha avuto ragione lui».
Una severità che Matteo oggi riconosce come segno d’amore e che prova a trasmettere anche alla sorella Virginia, spesso ferita dai giudizi dei coetanei: «Cerco di farle capire che certe parole ti fortificano e ti rendono umile. Siamo cresciuti in una realtà diversa, ma non vogliamo sentirci privilegiati».

La carriera, i duetti e gli incontri con le star

Artista pop e classico insieme, Matteo Bocelli ha già duettato con grandi nomi della musica.
Tra i suoi ricordi più intensi, il canto per papa Francesco e l’emozione di sapere che papa Leone XIV ha chiesto di rivedere più volte il video di Fall on me.
Racconta poi gli incontri con Ed Sheeran e Johnny Depp, ospitati a casa Bocelli dopo un concerto: «Niente eccessi, solo pasta al pomodoro, birra e chiacchiere fino a tardi. Ho scoperto che anche chi ha avuto tutto può essere fragile e buono».

Con Jennifer Lopez ha posato per una campagna di Guess: «Non sapevo che ci sarebbe stata anche lei. Me la sono trovata seduta sul pianoforte. Le ho suonato il Chiaro di Luna di Beethoven».
Con Gianluca Grignani, invece, ha inciso una doppia versione di La mia storia tra le dita: «Mi ha detto che all’inizio era geloso, poi ha voluto cantarla con me. È un uomo sensibile».

ANDREA BOCELLI CON LA MOGLIE VERONICA BERTI (Imagoeconomica)

Tra amore, semplicità e Garfagnana

Di sé dice di essere un romantico: «Ho avuto due relazioni importanti, ma anche innamoramenti brevi e veri. Mi innamoro ogni giorno della vita».
Sorride ricordando gli anni da adolescente «cicciottello e con i brufoli», e ammette che oggi la bellezza lo aiuta, ma «conta di più il carisma e ciò che racconti».

Nonostante la fama, resta legato alla normalità: «Amo la Garfagnana, mi sveglio all’alba per andare a funghi, raccolgo le olive con gli amici e porto il raccolto al frantoio. Alla sera, con il primo olio, condisco la pasta: è la mia idea di felicità».

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Cronache

Falsi miracoli di Trevignano, rinviata a giudizio la “veggente” Gisella Cardia: in scena apparizioni e donazioni per oltre 300mila euro

Gisella Cardia e il marito Giovanni rinviati a giudizio per truffa: avrebbero inscenato apparizioni e miracoli della Madonna di Trevignano per ottenere donazioni dai fedeli, per un totale di oltre 300mila euro.

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La cosiddetta “veggente” di Trevignano, Gisella Cardia, e suo marito Giovanni andranno a processo con l’accusa di concorso in truffa.
Secondo la Procura di Civitavecchia, avrebbero inscenato apparizioni e miracoli falsi per convincere i fedeli a donare somme di denaro destinate al presunto culto della Madonna di Trevignano, nella zona del lago di Bracciano.


Apparizioni e “miracoli” messi in scena per soldi

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la coppia avrebbe messo in scena trasudazioni da una statuetta della Madonna e da un quadro del Cristo, oltre ad annunciare cataclismi e sciagure come presunti segni divini.
Le manifestazioni attiravano centinaia di fedeli e avevano trasformato la loro abitazione e un terreno in un’area di pellegrinaggio mariano.

Dal 2018 al 2023, i due avrebbero raccolto oltre 300mila euro in donazioni, in parte versate all’Associazione Madonna di Trevignano e in parte direttamente ai coniugi. Le somme, secondo l’accusa, sarebbero state impiegate per l’acquisto di terreni, un box auto, una recinzione, un’auto da 40mila euro e lavori di abbellimento del sito di culto denominato Campo le Rose.


Le accuse della Procura e la difesa della “veggente”

Nel decreto di citazione a giudizio, il pm contesta alla coppia di aver indotto i fedeli a donare denaro “inscenando fenomeni soprannaturali” per ottenere un ingiusto profitto.

La difesa di Cardia, affidata all’avvocato Solange Marchignoli, ha definito il rinvio a giudizio “un passaggio necessario per chiarire ogni aspetto della vicenda”. La “veggente” si è detta sollevata, convinta che il processo sarà “l’occasione per far emergere la verità e chiudere definitivamente le speculazioni” che l’hanno coinvolta.


Dalla diocesi di Civita Castellana al Vaticano: fenomeni “non soprannaturali”

Già nel 2024, dopo le denunce di un ex sostenitore, Luigi Avella, era stata istituita una commissione ecclesiastica dalla diocesi di Civita Castellana per verificare la natura dei fenomeni.
La commissione aveva definito le presunte apparizioni “non soprannaturali”, invitando i fedeli a non partecipare ai raduni di preghiera.

Il caso aveva anche spinto il Vaticano a intervenire con una stretta contro le false apparizioni religiose usate per fini economici.


Il processo nel 2026

Il processo inizierà il 7 aprile 2026 davanti ai giudici del tribunale di Civitavecchia.
Nel frattempo, Gisella Cardia – sconfessata dalla sua diocesi – ha dichiarato di voler affrontare l’udienza “serenamente, in segno della verità”, mentre la giustizia si prepara a far luce sui presunti “miracoli” di Trevignano.

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Caivano, confermate in appello le condanne per gli abusi su due cuginette: 13 anni a Mosca, 8 anni e 8 mesi a Varriale

La Corte d’appello di Napoli ha confermato la condanna a 13 anni e 4 mesi per Pasquale Mosca e ridotto a 8 anni e 8 mesi quella di Giuseppe Varriale per le violenze sessuali su due cuginette di 10 e 12 anni a Caivano nel 2023.

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La Corte d’appello di Napoli ha confermato la condanna a 13 anni e 4 mesi per Pasquale Mosca e ridotto a 8 anni e 8 mesi quella di Giuseppe Varriale per le violenze sessuali compiute su due cuginette di 10 e 12 anni a Caivano, in provincia di Napoli, nel 2023.

In primo grado, i due – oggi rispettivamente di 20 e 21 anni – erano stati condannati a 13 anni e 4 mesi e 12 anni e 5 mesi al termine di un processo con rito abbreviato davanti al gup Mariangela Guida del tribunale di Napoli Nord.


Le decisioni della Corte e le richieste della Procura

Nel giudizio di secondo grado, il sostituto procuratore generale di Napoli aveva chiesto la conferma della condanna per Mosca, difeso dall’avvocato Giovanni Cantelli, mentre per Varriale aveva proposto un concordato, non accettato dal suo legale, Dario Carmine Procentese.

Durante la sua arringa, l’avvocato Cantelli ha sostenuto la parziale incapacità di intendere e volere del suo assistito, sottolineando l’inadeguatezza di Mosca nel comprendere la gravità dei reati commessi.

La Corte d’appello, riunitasi in camera di consiglio per quasi tre ore, ha poi confermato integralmente la pena per Mosca e ridotto quella per Varriale, ritenendo la sua partecipazione agli abusi di minore gravità.


Le reazioni delle famiglie delle vittime

Alla lettura della sentenza erano presenti gli avvocati delle famiglie delle vittime, Clara Niola e Giovanna Limpido, che rappresentano rispettivamente la madre e il padre della bambina più piccola.

I genitori, dopo la sentenza, hanno espresso sollievo e fiducia nella giustizia:
“Siamo soddisfatti per il verdetto: la nostra bambina e noi come famiglia possiamo tirare un altro sospiro di sollievo. Ringraziamo la magistratura penale per il lavoro svolto. È importante che i giovani comprendano le conseguenze delle proprie azioni e la certezza della pena di cui tanto si parla”, hanno dichiarato.


La vicenda di Caivano, che aveva profondamente scosso l’opinione pubblica per la brutalità dei fatti e la giovane età delle vittime, trova ora un primo punto fermo anche in appello, con la conferma delle responsabilità e delle pene a carico dei due imputati.

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Pubblico impiego, il 76% dei dipendenti ha più di 40 anni: le donne sono il 61%, ma guadagnano meno degli uomini

Secondo l’Osservatorio Inps, oltre il 76% dei lavoratori pubblici ha più di 40 anni. Le donne sono il 61%, ma il divario retributivo resta alto: 41.117 euro per gli uomini contro 31.679 per le donne.

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Il pubblico impiego italiano invecchia e resta segnato dal divario retributivo di genere. Secondo i dati diffusi dall’Osservatorio Inps sui lavoratori pubblici, il 76,6% dei dipendenti ha un’età pari o superiore ai 40 anni, mentre solo una minoranza è sotto questa soglia.


Più donne negli uffici pubblici, ma meno giovani

Le donne rappresentano il 61% del totale dei lavoratori del settore pubblico, superando nettamente gli uomini in quasi tutte le fasce d’età.
Le eccezioni si trovano tra i giovanissimi: nella fascia fino a 19 anni i maschi sono il 67% e le femmine il 33%, mentre tra i 20 e i 24 anni la quota maschile scende al 58% e quella femminile sale al 42%.


Retribuzioni medie e divario di genere

Nel 2024 la retribuzione media annua nel pubblico impiego è stata pari a 35.350 euro, ma con forti differenze legate all’età e al genere.
Gli stipendi aumentano progressivamente fino ai 50 anni, quando tendono a stabilizzarsi.
Il divario retributivo di genere resta marcato: gli uomini percepiscono in media 41.117 euro l’anno, contro i 31.679 euro delle donne.


Un settore anziano e con forti disparità

Il quadro delineato dall’Inps conferma un settore pubblico caratterizzato da un’età media elevata, una scarsa presenza di giovani e una persistente disuguaglianza salariale.
Dati che rilanciano la necessità di favorire il ricambio generazionale nella pubblica amministrazione e di intervenire sul gender pay gap, ancora lontano dall’essere colmato.

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