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Economia

Maserati a prezzi scontati ai dipendenti in cassa integrazione, l’ultima iniziativa di Stellantis

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La recente iniziativa di Stellantis, che offre Maserati a prezzi scontati ai propri dipendenti, ha scatenato polemiche e critiche, soprattutto perché la proposta è stata inviata anche ai lavoratori attualmente in cassa integrazione. In un contesto economico difficile, dove molti dipendenti sono costretti a fare i conti con la riduzione del salario, l’offerta di auto di lusso, il cui prezzo varia tra 80.000 e 180.000 euro, appare decisamente assurda.

La proposta, inviata via email con toni entusiastici (“Caro/a collega, siamo lieti di annunciarti che dal mese di settembre avrai la possibilità di acquistare una nuova vettura Maserati a condizioni dedicate a te, ai tuoi familiari e ai tuoi amici”), riguarda tre modelli: il Grecale, la GranTurismo e la GranCabrio. Tuttavia, ciò che ha suscitato scalpore è che l’offerta è stata estesa anche a quei lavoratori che, a causa della crisi, sono stati messi in cassa integrazione.

Le reazioni non si sono fatte attendere, soprattutto dal fronte politico. La deputata e vicepresidente del M5S, Chiara Appendino, ha criticato duramente la situazione, parlando di un imminente “squarcio sociale” e proponendo l’adozione della regola Olivetti, per cui un top manager non possa guadagnare più di 10 volte rispetto a un suo dipendente. Carlo Calenda, leader di Azione, ha definito la proposta “un insulto” e ha chiesto alla premier Giorgia Meloni di convocare i vertici di Stellantis per discutere della questione.

Offrire Maserati a prezzi scontati ai dipendenti in cassa integrazione evidenzia un paradosso che non può passare inosservato. Da un lato, l’azienda cerca di mantenere alta l’immagine del proprio brand di lusso e soddisfare le richieste di dipendenti che desiderano acquistare tali vetture. Dall’altro, è evidente la disconnessione tra questa strategia di marketing e la realtà economica che molti lavoratori stanno vivendo. La cassa integrazione rappresenta un momento di grande incertezza per i dipendenti, costretti a fare i conti con una riduzione del reddito, e ricevere un’offerta per acquistare un’auto di lusso appare una provocazione fuori luogo.

L’azienda ha respinto le critiche, definendole “polemiche strumentali”, e ha sottolineato come la proposta sia stata estesa su richiesta degli stessi dipendenti Maserati, che avevano sollecitato sconti speciali per amici e parenti. Stellantis ha inoltre ricordato che l’azienda offre già la possibilità di utilizzare le auto del marchio in occasioni speciali, come i matrimoni, e sta sviluppando un programma per estendere l’uso delle vetture in altre circostanze.

Nonostante ciò, l’iniziativa ha sollevato interrogativi più ampi sul ruolo delle multinazionali nei confronti dei loro lavoratori, specialmente in momenti di crisi. Come osservato da molti critici, il vero problema non è tanto l’offerta di auto scontate, ma il messaggio che tale proposta trasmette a dipendenti che lottano per mantenere il proprio tenore di vita.

La questione Maserati si inserisce in un contesto più ampio di difficoltà per Stellantis, già oggetto di critiche per i trasferimenti volontari e temporanei di lavoratori in Polonia. Il sindacato Fiom ha sottolineato la necessità di trovare soluzioni reali, senza alimentare ulteriori polemiche, ma l’urgenza di un intervento concreto da parte dell’azienda e del governo rimane forte.

Nel frattempo, Stellantis ha annunciato un investimento di oltre 406 milioni di dollari in tre stabilimenti in Michigan per supportare la sua strategia di elettrificazione. Tuttavia, questi grandi annunci non riescono a mitigare l’impressione di un’azienda che sembra sempre più distante dalle esigenze e dalle realtà dei suoi lavoratori italiani.

In conclusione, offrire auto di lusso a chi vive in cassa integrazione è un gesto che sottolinea una delle tante contraddizioni del mondo aziendale moderno, dove le strategie di marketing spesso si scontrano con la realtà delle persone che rendono possibile la produzione di quelle stesse auto.

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Economia

Criptovalute, la maggioranza vuole bloccare l’aumento della tassa dal 2026

La maggioranza spinge per fermare l’aumento della tassazione sulle cripto-attività previsto dal 2026. Giorgetti e Panetta richiamano sulla legalità economica e sui rischi legati all’uso illecito delle crypto.

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Centrodestra in pressing per bloccare l’aumento dell’aliquota sulle cripto-attività dal 26% al 33% previsto dal 2026. Con una serie di emendamenti alla manovra, le forze di governo puntano a scongiurare l’incremento, dopo che già lo scorso anno il tema aveva acceso il dibattito parlamentare e portato a un aumento molto ridotto rispetto al 42% inizialmente proposto.

Giorgetti: “Crimini economici minaccia per i sistemi democratici”

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, intervenuto alla Scuola di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza insieme al governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, ha richiamato l’attenzione sui rischi legati ai reati economici: “Sono una minaccia per la stabilità dei sistemi democratici”.
Il ministro ha sottolineato l’importanza della legalità fiscale: “Quando le tasse vengono pagate da tutti in modo equo e le imprese operano senza concorrenza sleale, il sistema funziona”.

Panetta: serve vigilanza sulle cripto-attività

Il governatore Panetta ha ricordato che l’evasione è diminuita dal 2011, ma l’economia irregolare resta pari al 10% del Pil. Ha evidenziato il ruolo positivo dei pagamenti elettronici sulla tracciabilità, ma ha anche avvertito sui rischi legati all’uso delle criptovalute per fini illeciti: “Servono regole e controlli”.

La battaglia sugli emendamenti alla manovra

L’intesa nella maggioranza sul tema crypto aumenta le probabilità che la proposta entri nella lista dei 414 emendamenti prioritari che i partiti dovranno selezionare tra quasi 6mila.
La ripartizione è complessa: Forza Italia potrà salvarne solo 39 su 677, FdI 123 su 500, la Lega 57 su 399 e Noi Moderati 19.

Tra le altre misure in valutazione:

  • tassa da 2 euro sui piccoli pacchi extra Ue come possibile copertura

  • tassazione agevolata sull’oro proposta da Lega e Forza Italia

  • ampliamento della rottamazione quinquies

  • stop all’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi

  • eliminazione del divieto di compensazione dei crediti fiscali

Meloni prepara un nuovo vertice di maggioranza

La premier Giorgia Meloni riunirà nuovamente i leader della coalizione per definire la linea in vista del voto in commissione. Nel frattempo FdI ha lanciato una campagna di comunicazione sulla manovra intitolata “Dalla parte degli italiani”, per sostenere le scelte del governo.


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Economia

Euro digitale vs stablecoin Usa: la sfida tra Bce, Apple e Big Tech per il futuro dei pagamenti

L’Europa accelera sull’euro digitale mentre gli Usa puntano sulle stablecoin: la sfida tra Bce, Big Tech e amministrazione Trump ridisegna il futuro dei pagamenti digitali.

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L’amministrazione Trump ha concentrato la sua strategia sulle stablecoin ancorate al dollaro, con il timore europeo che Amazon, Facebook o altre piattaforme Usa possano diventare la porta d’ingresso per una diffusione massiccia degli asset crypto in Europa.
Secondo una fonte finanziaria, il negoziato transatlantico appare fragile: «è come costruire una casa sulle sabbie mobili», viene spiegato, viste le posizioni volubili della controparte americana.

La risposta europea: l’euro digitale entro il 2029

La Bce corre contro il tempo per lanciare entro il 2029 l’euro digitale, uno strumento pensato per:

  • mantenere una moneta pubblica contro l’offensiva delle stablecoin;

  • ridurre la dipendenza dalle carte di credito statunitensi;

  • frenare l’espansione di PayPal, Apple Pay e Big Tech nei pagamenti europei.

L’euro digitale avrà due modalità d’uso:

  1. App su smartphone

  2. Card fisica, simile a una carta di credito

Sarà denaro vero, un “contante dematerializzato” con due tasche: una online e una offline, la seconda costruita su token conservati fisicamente nel telefono, trasferibili avvicinando due dispositivi e garantendo anonimato totale.

Apple nel mirino: la battaglia sull’antenna NFC

Per i pagamenti offline la Bce punta tutto sull’antenna NFC del telefono, ma su iPhone l’accesso al secure element è sempre stato chiuso.
La bozza legislativa europea prevede che tutti i produttori, quindi anche Apple, debbano aprire l’hardware necessario all’euro digitale.

Il Digital Markets Act ha definito Apple un gatekeeper, permettendo alla Commissione europea di imporre l’apertura dell’NFC. In caso contrario, Cupertino rischierebbe persino l’accesso al mercato europeo, che vale il 35% della sua presenza globale.

Le tensioni strategiche

La partita è delicata su entrambi i fronti:

  • Per gli Usa, le stablecoin sono un vettore geopolitico del dollaro.

  • Per l’Europa, l’euro digitale è un argine alla penetrazione americana nei pagamenti.

  • Per Apple, aprire l’ecosistema significa cedere un vantaggio competitivo, ma l’App Store potrebbe guadagnare dai servizi collegati all’euro digitale.

Il confronto si annuncia lungo e complesso, con la Bce determinata a non farsi superare dai colossi tech e dalle mosse di Washington.

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Economia

Eurozona, previsioni d’autunno migliori del previsto: Bruxelles vede crescita oltre l’1% nel 2025

La Commissione europea si prepara a rivedere al rialzo le previsioni d’autunno: la crescita dell’eurozona nel 2025 potrebbe tornare sopra l’1%. Restano incognite geopolitiche, da Trump alla guerra in Ucraina.

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Nonostante un contesto geopolitico fragile, l’eurozona potrebbe crescere più del previsto. La Commissione europea presenterà lunedì le nuove previsioni economiche d’autunno, e rispetto a maggio il quadro appare più luminoso.

Le anticipazioni di Bruxelles

Il commissario all’Economia Valdis Dombrovskis ha anticipato il filo conduttore delle nuove stime: nel 2025 l’economia dell’area euro “sta registrando risultati migliori delle aspettative e continua a generare crescita”, pur tra ostacoli significativi.

Dalle stime al ribasso al ritorno dell’ottimismo

A maggio la Commissione aveva rivisto al ribasso le previsioni: +0,9% per l’eurozona nel 2025 e +1,4% nel 2026. A pesare era stata la guerra dei dazi con gli Stati Uniti.
L’accordo raggiunto in luglio in Scozia tra Ursula von der Leyen e Donald Trump su una tariffa standard del 15% ha però riportato stabilità. È possibile — in attesa dell’annuncio ufficiale — che le nuove stime riportino la crescita dell’eurozona oltre l’1%.

Le indicazioni di Bce, Ocse ed Eurostat

A settembre la Bce era già stata più ottimista, assegnando un +1,2% all’eurozona nel 2025. Stesse percentuali indicate dall’Ocse per il prossimo anno.
Eurostat, il 14 novembre, ha certificato un +0,2% nel terzo trimestre 2025 per l’eurozona e +0,3% per l’Ue.

Cosa Bruxelles chiederà agli Stati

La Commissione punterà a esortare i Paesi membri a fare di più:

  • semplificazione burocratica,

  • progressi sull’unione bancaria,

  • accelerazione dell’Unione dei risparmi e degli investimenti.

Il contributo dei privati sarà cruciale, come indicato dal rapporto Draghi sulla competitività, tema centrale nel summit Ue del 12 febbraio convocato da Antonio Costa.

I punti critici: Italia, Germania e variabile Trump

Restano ombre significative: Eurostat segnala crescita zero per Italia e Germania nel terzo trimestre. Berlino fatica ancora a uscire dalla crisi industriale.
Sul fronte esterno pesa il fattore Trump: secondo il negoziatore statunitense Jamieson Greer, le tariffe Ue sull’export americano restano “troppo elevate”. Greer sarà a Bruxelles la prossima settimana per un nuovo round di trattative.

Lunedì il verdetto

Le previsioni d’autunno diranno se l’eurozona potrà davvero riprendere slancio, superando il muro dell’1% e lasciandosi alle spalle un anno di incertezza economica.

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