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Politica

Mascherina e posti contati, la sfida dei trasporti alla diffusione del contagio

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Capienza dei mezzi ridotta alla meta’ o addirittura ad un quarto, contapasseggeri per limitare gli ingressi, bollini colorati a terra per mantenere il metro di distanza alle fermate e sulle banchine. Cosi’ il trasporto pubblico si prepara all’avvio della fase 2, che proprio per i trasporti, e soprattutto nelle grandi citta’, sara’ il vero banco di prova della riuscita delle misure decise dal Governo. Le linee guida del Ministero dei trasporti disegnano la cornice della ripartenza, che va dall’obbligo di mascherina (anche in stoffa) al contingentamento degli ingressi con flussi separati in entrata e uscita, ma saranno le aziende a dover tradurre a livello pratico queste norme. Con non pochi dubbi e preoccupazioni. Soprattutto quando la ripartenza sara’ a regime: solo i tre settori principali del manifatturiero, costruzioni e commercio mobilitano complessivamente circa 700.000 lavoratori potenziali utenti di mezzi pubblici, ma nel complesso gli occupati che utilizzano almeno un mezzo pubblico sono il 15,6% del totale, pari a circa 3,6 milioni di lavoratori, evidenzia un documento congiunto dell’Inail e dell’Iss, che rilevano una “criticita’ soprattutto per le grandi aree metropolitane relativa alla mobilita’ concentrata principalmente nelle ore di punta del mattino e del pomeriggio”.

La ministra Pd dei trasporti. Paola De Micheli

Proprio per questo il prossimo step sara’ spingere sulla differenziazione degli orari (soprattutto di ingresso), spiega la ministra dei trasporti Paola De Micheli che sta lavorando anche ad incentivi per la mobilita’ alternativa (c’e’ anche l’ipotesi di una prepagata per usare i servizi ‘sharing’). Intanto le nuove linee guida cambiano completamente il volto del trasporto pubblico: a partire dall’obbligo della mascherina su tutti i mezzi (senza, il passeggero viene lasciato a terra, come gia’ accade sugli aerei), con la possibilita’ che le aziende piu’ grandi introducano appositi distributori vicino alle macchinette self-service; il distanziamento di un metro sara’ la regola ovunque, dai mezzi alle scale mobili, e verra’ garantito con appositi marker sui sedili da lasciare liberi, flussi differenziati per l’entrata e l’uscita su mezzi e nelle stazioni; ci si dovra’ abituare alla misurazione della febbre nelle stazioni ferroviarie e in aeroporto; mascherine anche in taxi, dove si consigliano paratie divisorie; dispenser di disinfettante nelle stazioni; sanificazione e igienizzazione di mezzi e ambienti; bigliettazione elettronica e piu’ self service; previsti anche piu’ mezzi nelle ore di punta. E se per i treni si prevede un meccanismo di prenotazione dei posti “a scacchiera” e gli aerei di Alitalia hanno gia’ introdotto mascherine e distanziamento (sul medio raggio la capienza e’ al 40%, sul lungo di circa il 50%), il vero test di questa ripartenza sara’ il trasporto pubblico locale nelle grandi citta’. Con le aziende alle prese con la gestione non solo del contingentamento ma anche controlli. Bus e metro, per garantire il metro di distanza saranno riempiti circa al 50% ma in alcuni casi anche meno, dice la ministra De Micheli. Nelle citta’ piu’ grandi, come Roma e Milano, ci si sta gia’ attrezzando. La capitale venerdi’ ha testato la fase 2 con una prima sperimentazione di tre ore: in metro ingressi contingentati (30 passeggeri ogni 3 minuti), strisce blu con pallini sulle banchine per garantire la distanza di sicurezza; per gli autobus contapasseggeri e porte differenziate per salita e discesa. L’assessore ai trasporti del Lazio stima che con l’obbligo di mascherine le vetture possano essere utilizzate al 50%-60% della capienza. A Milano, dove l’Atm stima di riuscire a garantire dal 25 al 30% della capacita’, ci sono gia’ cartelli che raccomandano il distanziamento e alle fermate dei mezzi pubblici sono stampati per terra cerchi rossi a un metro di distanza con la scritta ‘Stai qui-Stand here’.

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Economia

Allarme Upb sul Superbonus, Parlamento studia deroghe

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La “generosità” dell’agevolazione, le ripetute proroghe, un sistema di controlli che ha favorito la “diffusione di comportamenti opportunistici e fraudolenti”, la concessione di deroghe. Nasce anche da qui il ‘vulnus’ con cui il Superbonus si è trasformato in una zavorra per i conti pubblici, lasciando “una pesante eredità sul futuro”. L’Ufficio parlamentare di Bilancio lancia l’allarme e invita a far tesoro di questa esperienza per ridisegnare le future agevolazioni. Il Parlamento intanto prepara nuove modifiche all’ultima stretta impressa dal governo, comprese nuove deroghe per altre aree colpite dal terremoto o il coinvolgimento dei Comuni nei controlli. E sul Superbonus si accende un faro anche oltreoceano, con il Fondo Monetario Internazionale che sprona l’Italia a ridurre il debito. La crescita, stimata allo 0,7% nel 2024 e 2025, è destinata a ridursi al lumicino nel 2026 (rivista al ribasso allo 0,2%) con il Superbonus e il Pnrr in via di esaurimento, avverte il Fondo.

Ma intervenire si può, ed è dal debito che bisogna partire: per ridurlo, bisogna partire dagli sgravi fiscali, “molti dei quali inefficienti” come il superbonus, suggerisce il Fmi, ed eliminare quelle “scappatoie” dal fisco e “numerosi programmi di sostegno anti-inflazione”. Il Superbonus, insieme al bonus facciate e, in misura minore, gli incentivi alle imprese Transizione 4.0 “hanno inciso marcatamente sui conti pubblici degli ultimi anni”, evidenzia l’Autorità dei conti pubblici in una memoria alla commissione Finanze del Senato che sta esaminando l’ultimo decreto sull’agevolazione. Superbonus e bonus facciate, in particolare, hanno avuto un impatto “rilevante e crescente” nel tempo: l’asticella del periodo 2020-23, secondo gli ultimi dati, è salita a circa 170 miliardi. Con un gap tra i risultati e le attese “macroscopica” nel caso del Superbonus, e che “non ha precedenti”, osserva l’Upb, che indica vari elementi che hanno contribuito a far lievitare la spesa: la generosità dello sconto e le modalità di fruizione, l’ampliamento degli obiettivi, proroghe e deroghe.

A farne le spese è il debito. Quanto rilevato in termini di competenza economica nel quadriennio 2020-23 inciderà soprattutto sul 2024-26, evidenzia l’Upb, che quantifica questa “pesante eredità”: un impatto in media annua pari allo 0,5% del Pil nel triennio 2021-23, che salirà a circa l’1,8% in quello successivo. Un’esperienza, quella del Superbonus, da cui “occorre trarre insegnamento per il disegno di future agevolazioni”, osserva l’Upb, che indica la rotta: selettività e stop agli automatismi. In prospettiva, dunque, la soluzione suggerita è “un trasferimento monetario” (un contributo diretto alla spesa), modulato in base alle condizioni economiche delle famiglie e alla classe energetica dell’edificio, sottoposto ad autorizzazioni preventive e soggetto a un limite di spesa, o con prestiti agevolati. E in vista delle prossime misure di sostegno per le case green, a mettere in guardia è anche la Banca d’Italia: le “criticità” emerse con il Superbonus sembrano “sconsigliare la riproposizione in futuro della cedibilità dei crediti”, se non in “forma limitata” e “circoscritta ad alcune categorie”.

Dopo l’ultima stretta sul Superbonus intanto, si studiano nuove deroghe. A proporle, per altre aree colpite dal sisma diverse da quelle per cui già si è fatta eccezione (a partire dall’Emilia Romagna) o dalle alluvioni e per il Terzo settore, sono sia la maggioranza che l’opposizione con diversi emendamenti al decreto Superbonus. Il termine per presentare le proposte di modifica è mercoledì 24 aprile, ma sul tavolo del relatore, Giorgio Salvitti, gli emendamenti cominciano ad arrivare. Si studia anche la possibilità di coinvolgere, su base volontaria, i Comuni nei controlli ai cantieri del Superbonus, garantendo loro un ritorno economico pari al 30% dell’eventuale recupero. Nulla sarebbe invece ancora arrivato sulla possibilità di allungare da 4 a 10 anni i tempi di utilizzo dei crediti del Superbonus. Ipotesi su cui però si è già detto favorevole il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. E che, secondo i calcoli dell’Upb, consentirebbe al debito di restare abbondantemente sotto quota 140%.

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Politica

Schlein guarda le europee, Tajani a un passo dalla corsa

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Ultime ore per le liste Pd alle europee, con ancora diverse tessere da mettere al posto giusto. Che non è poco, perché in casa dem l’equilibrio si sposta sempre un passo avanti. Per domenica mattina è in programma la direzione: in quell’occasione, Elly Schlein scioglierà la riserva sulla sua candidatura. In queste ore, nel partito cresce la convinzione che la segretaria correrà. E’ invece già data praticamente certa la partecipazione del segretario di Fi Antonio Tajani come capolista in quattro circoscrizioni: il leader azzurro potrebbe dare l’annuncio nelle prossime ore. In attesa che la premier Giorgia Meloni comunichi le sue decisioni, non sono molti altri i leader in prima linea nelle liste. In forse ci sono Matteo Renzi, che dopo l’accordo con Più Europa ha tirato il freno, e Carlo Calenda, che però è sempre stato scettico.

Non correranno Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Difficilmente anche Matteo Salvini farà passi avanti. Per Più Europa in pole c’è Emma Bonino. In casa Cinque stelle i lavori sono in corso sulle liste. Il Movimento ha individuato alcuni capilista, come Pasquale Tridico al Sud e Giuseppe Antoci nelle Isole, e alcuni candidati, come l’ex presidente di Banca Etica Ugo Biggeri. E si è chiuso il primo turno delle parlamentarie, con cui il M5s sceglierà on line gli altri nomi da mettere nelle liste. Per Verdi-Sinistra, in queste ore il dibattito è invece monopolizzato dalla candidatura di Ilaria Salis, detenuta nelle carceri ungheresi. Il leader verde Bonelli e il segretario di Sinistra italiana Fratoianni andranno a Budapest per incontrarla. Che è anche un modo per rispondere alle polemiche sollevate dalla destra.

“Spero che Vannacci accetti di essere candidato con noi della Lega – ha ribadito il vicepremier Salvini – perché mi piacerebbe un confronto tra un uomo che ha portato ordine, sicurezza e onore italiano in giro per il mondo, e Ilaria Salis”. Un’ipotesi inverosimile, rispondono da Avs: “Qualcuno informi Salvini che Ilaria è in carcere da 13 mesi e che quindi non può partecipare a nessun confronto – gli ha risposto la deputata Elisabetta Piccolotti – Pensavamo che Salvini comprendesse la gravità di una persona ridotta in catene come un animale, che capisse le implicazioni giuridiche ed umanitarie. Purtroppo non è così”. In vista della direzione, il puzzle delle liste Pd prende forma. Secondo una delle bozze che circolano nel partito, la segretaria potrebbe correre come capolista al Centro e nelle Isole. Stefano Bonaccini sarebbe capolista al Nord est, Cecilia Strada nel Nord ovest e Lucia Annunziata al Sud, seguita da Antonio Decaro.

Fra i nomi sul tavolo per le zone alte delle liste, al Centro Nicola Zingaretti, Camilla Laureti, Marco Tarquinio, Dario Nardella. Al Nord est Annalisa Corrado, Ivan Pedretti, Elisabetta Gualmini. Al Nord ovest Brando Benifei e Irene Tinagli. Al sud Pina Picierno. Nelle Isole Antonio Nicita e Pietro Bartolo. Ma le caselle sono ancora da sistemare. Si parla anche di Matteo Ricci, di Alessia Morani, di Emanuele Fiano, di Giorgio Gori. E di un confronto in corso con Andrea Orlando, che però avrebbe delle perplessità. Mentre Schlein potrebbe correre anche dove non è capolista, in una posizione scelta in base all’ordine alfabetico. Per il mosaico M5s, nell’elenco degli ammessi al secondo turno della selezione on line ci sono il direttore de La Notizia Gaetano Pedullà, al quale Giuseppe Conte ha chiesto di lasciare il ruolo nel giornale, per trasparenza.

Ci sono poi (con un solo mandato alle spalle) l’ex europarlamentare Dario Tamburrano e gli ex parlamentari Sergio Romagnoli, Mirella Emiliozzi, Gianluca Ferrara, Valentina Corneli, Valentina Palmisano e Paolo Bernini. Al secondo turno anche gli esponenti del partito Gay Fabrizio Marrazzo e Marina Zela. Nel fine settimana, verrà chiusa la rosa dei nomi individuati da Conte, che poi verrà sottoposta al voto online. Scontata, invece, la ricandidatura degli europarlamentari uscenti Mario Furore, Maria Angela Danzì e Sabrina Pignedoli.

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Basilicata al voto, centrodestra testa il suo campo largo

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“Diteci cosa pensate del lavoro di questo governo”. Giorgia Meloni dà una dimensione nazionale al voto in Basilicata, la terz’ultima regione per popolazione, dove il centrodestra si aspetta uno “straordinario” risultato, secondo le previsioni scandite dai leader nel comizio finale a sostegno di Vito Bardi (nella foto in evidenza), il governatore a caccia della riconferma. Lui stesso pensa “di superare il 50%”. Per festeggiare una vittoria lunedì, quando si chiuderanno le urne, il milanista Matteo Salvini si dice pronto a barattare una sconfitta della sua squadra che quella sera affronterà il derby contro l’Inter. Per raggiungere l’obiettivo la coalizione ha allargato il suo perimetro ad Azione. “La dimostrazione del buon governo di Bardi sta nelle molte liste che lo sostengono. I confini si allargano, il vero campo largo è il centrodestra”, la tesi di Antonio Tajani, alla vigilia di un test anche verso le Europee, dove il leader di Forza Italia è pronto a candidarsi in quattro circoscrizioni.

Meloni dovrebbe correre in tutte, ma il nodo non è ufficialmente sciolto. La campagna è comunque già partita e si intreccia con quella dei vari appuntamenti elettorali locali, in un continuo confronto a distanza con il centrosinistra, con rimandi a una “Europa da cambiare”. In un pomeriggio freddo e piovoso parlano Gianfranco Rotondi, Lorenzo Cesa, Maurizio Lupi, poi tocca ai leader dei tre principali partiti della coalizione. “È finita la repubblica delle banane”, l’espressione rispolverata da quella di FdI per rivendicare il lavoro sulla sicurezza, sul “fisco amico” e per respingere quelle che considera “falsità spudorate” sul carcere per i giornalisti e la legge 194 sull’aborto: “Stiamo diventando la capitale mondiale delle fake news”.

“In un anno e mezzo questo governo ha prodotto molto di più di quanto governi della sinistra messi insieme con lo scotch hanno fatto in un’intera legislatura”, la rivendicazione della premier, che dalla Basilicata si attende una verifica su “consenso e entusiasmo”. E da Potenza accusa i rivali di “simpatizzare più con chi aggredisce” le forze dell’ordine fuori dalle università che con gli agenti. O di strumentalizzare le polemiche sull’Autonomia. “Figuratevi se io, che credo nell’Italia unita più di ogni altra cosa, lascio mezza Italia indietro”, alza la voce dal palco, sottolineando che la riforma dà al Mezzogiorno “la responsabilizzazione della sua classe dirigente, ed è qualcosa che serve”.

“Stiamo lavorando – puntualizza però Tajani – perché l’Autonomia differenziata possa essere un obiettivo equo anche per il Sud Italia”. Dal palco il leader di FI cita anche Silvio Berlusconi: “Bisogna aumentare le pensioni minime a mille euro, è un impegno che abbiamo preso e che ci ha chiesto fino all’ultimo giorno della sua vita. Ci sta guardando, è seduto là, sta seguendo il comizio anche lui”. Il suo appello alla platea è a portare alle urne gli astensionisti. Assicura che l’obiettivo non è erodere voti agli alleati, ma lunedì si guarderà con attenzione ai risultati delle liste di FI e Lega. “Questo governo, si mettano l’anima in pace Conte e Schlein, andrà avanti per i prossimi 5 anni e poi sarete voi a decidere se abbiamo fatto bene”, assicura Salvini, che nell’ultima anticipazione del suo libro si è preso il merito, assieme a Berlusconi, di aver creato le condizioni per chiudere l’esperienza del governo Draghi e far nascere quello di Meloni.

Un po’ spiazzante, come quando qualche settimana fa ha annunciato il salva-casa. “Mi impegno a portarlo al più presto in Parlamento, per una sanatoria delle piccole irregolarità interne: vogliamo liberalizzare, sanare, restituire agli italiani le loro case i loro negozi”, chiarisce nel suo ennesimo affondo all’Europa: “Dobbiamo cambiarla completamente. A Bruxelles mangiatevi la farina di vermi, noi ci mangiamo i peperoni cruschi”.

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