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Esteri

Mar Nero, il fronte navale dimenticato: perché la Russia ha accettato il cessate il fuoco

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Dalla pretesa del controllo totale sul Mar Nero all’ammissione di un cessate il fuoco imposto dai fatti. La Russia, che nel febbraio 2022 aveva avviato una delle campagne militari più ambiziose del conflitto, si trova oggi costretta a ridimensionare le sue ambizioni navali. La guerra sul mare è stata una disfatta strategica per Mosca, che ha perso almeno il 20% della propria flotta militare. Ed è proprio questo insuccesso a spingere Vladimir Putin ad accettare la tregua discussa ai negoziati in Arabia Saudita.

L’ambizione: dominare il Mar Nero

Il piano iniziale era chiaro: occupare tutti i porti e le coste dell’Ucraina meridionale, escludere Kiev da una delle sue principali arterie economiche e imporre un monopolio russo sulla navigazione nel Mar Nero. Già il primo giorno di guerra, Mosca dichiarava la sospensione della navigazione a nord del 45° parallelo e nel Mar d’Azov. Il porto storico di Sebastopoli diventava il fulcro di operazioni “antiterrorismo”. L’obiettivo era Odessa, da raggiungere anche con operazioni anfibie, mai realmente decollate.

La svolta: l’affondamento della “Moskva”

Il punto di rottura arriva il 13 aprile 2022, quando l’incrociatore Moskva, fiore all’occhiello della Flotta del Mar Nero, viene colpito e affondato da un drone marino ucraino Neptune. È l’inizio della fine: a oggi almeno trenta unità navali russe sono state distrutte o rese inutilizzabili. Il grosso della flotta è stato ritirato verso est, a Novorossiysk, abbandonando di fatto il controllo attivo delle coste ucraine.

L’Ucraina resiste e reagisce

Kiev ha costruito un sistema difensivo sofisticato lungo le acque territoriali, proteggendo le rotte commerciali con droni marini e aerei. L’isola dei Serpenti, simbolo della resistenza, è stata riconquistata. I russi hanno reagito con attacchi mirati, ma non sono riusciti a ristabilire la superiorità marittima. L’Ucraina ha così riaperto i suoi corridoi navali, e nonostante le continue minacce, le esportazioni sono riprese.

Il blocco e il “corridoio del grano”

Nel 2022, con mediazione di Onu e Turchia, nasce il cosiddetto “corridoio del grano”. Funziona, inizialmente: 331 navi partite in pochi mesi. Ma nel 2023 Mosca inizia a ostacolare i controlli e infine impone di nuovo il blocco. Nel frattempo Kiev forza la mano, e tra ottobre 2023 e dicembre 2024 transita un volume record: 3.500 navi e oltre 93 milioni di tonnellate di prodotti esportati.

Gli attacchi di Mosca e l’alto costo della guerra

Nel solo bimestre gennaio-febbraio 2025, la Russia ha colpito Odessa almeno 21 volte, distruggendo parte delle infrastrutture portuali ed energetiche. Il prezzo umano è alto: il caso più tragico l’11 marzo, quando quattro marinai siriani muoiono a bordo di un cargo battente bandiera delle Barbados.

La mediazione possibile: il ruolo della Turchia

La tregua proposta oggi ai tavoli sauditi prevede una sospensione delle ostilità navali, ma resta fragile. Il monitoraggio potrebbe tornare nelle mani della Turchia, come nel 2022. Ma Erdoğan è oggi troppo impegnato nella crisi interna per giocare lo stesso ruolo. E così, mentre le truppe russe avanzano lentamente nel Donbass, il Cremlino ammette di aver perso il controllo di uno dei fronti che più avrebbe voluto dominare.

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Esteri

Caso Epstein, Trump travolto da nuove rivelazioni: il tycoon ordina indagini sui Dem

Un’email di Epstein rivela che nel 2017 trascorse il Thanksgiving con Donald Trump. Il tycoon nega e contrattacca, ordinando indagini sui rapporti del finanziere con Bill Clinton e altri democratici.

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Una nuova email di Jeffrey Epstein datata 23 novembre 2017, giorno del Thanksgiving, riapre un caso che Trump sperava di aver chiuso da anni.
Il Thanksgiving? L’ho passato con Trump”, scriveva l’allora finanziere nella corrispondenza privata, smentendo la versione ufficiale del tycoon che aveva sempre sostenuto di aver interrotto i rapporti con Epstein dal 2004.

La notizia, riportata dal Wall Street Journal, alimenta una nuova ondata di polemiche intorno al presidente americano, già travolto da inchieste e accuse legate al suo passato.


Trump contrattacca: “Indagate su Clinton, non su di me”

Messo all’angolo dalle rivelazioni, Donald Trump sceglie l’attacco.
Dal suo social Truth, ha annunciato di aver ordinato un’indagine ufficiale sui rapporti di Epstein con Bill Clinton, Larry Summers, Reid Hoffman e i vertici di J.P. Morgan e Chase, accusati di aver “agevolato traffici illeciti”.

Ora che i Democratici usano la bufala di Epstein per distogliere l’attenzione dal loro disastroso shutdown – ha scritto Trump – chiederò alla procuratrice generale Pam Bondi e al Dipartimento di Giustizia di indagare sui legami tra Epstein e i Dem. È una nuova Russia-gate, ma le prove portano a loro”.

Secondo l’ex presidente, Epstein era “un Democratico”, vicino a Clinton e ai grandi finanziatori del partito. “Chiedete a Bill Clinton e Larry Summers di Epstein: loro sanno tutto di lui. Io ho un Paese da governare!”, ha aggiunto, tentando di spostare l’attenzione dai sospetti che lo riguardano.


Il rischio politico: i repubblicani divisi e il voto sugli archivi Epstein

La difesa del tycoon arriva in un momento delicatissimo: la Camera si prepara a votare una misura bipartisan che chiede la pubblicazione di tutti i file del Dipartimento di Giustizia su Epstein.
Un voto che divide anche i repubblicani, alcuni dei quali sarebbero pronti ad appoggiare la proposta democratica.

Trump teme che un “no” possa trasformarsi in un boomerang politico, esponendo il partito all’accusa di voler proteggere un pedofilo.
E per la base MAGA, già irritata da alcune scelte del presidente — dall’apertura ai visti per lavoratori stranieri all’interventismo militare — sarebbe un tradimento inaccettabile.


Melania e il silenzio che pesa

Nell’affaire Epstein resta pesante il silenzio di Melania Trump, che frequentò la coppia Epstein-Maxwell negli anni Duemila, quando ancora lavorava come modella.
La First Lady non ha mai commentato pubblicamente la vicenda, limitandosi a minacciare azioni legali contro chi ha sostenuto che fu Epstein, e non l’agente Paolo Zampolli, a presentarla a Donald.


Le ombre di Maxwell e le paure del tycoon

A rendere più incandescente la situazione c’è anche il caso di Ghislaine Maxwell, ex compagna e complice di Epstein, condannata per traffico sessuale di minorenni.
Secondo alcuni report, Maxwell avrebbe goduto in carcere di trattamenti di favore, con la possibilità di comunicare via email con il suo avvocato per chiedere la commutazione della pena.

Per The Donald, le nuove rivelazioni rischiano di trasformarsi in una mina politica: se i file rivelassero anche solo mezza menzogna nelle sue dichiarazioni, il parallelo con il caso Clinton-Lewinsky diventerebbe inevitabile.


Una rete di potere trasversale

Molti osservatori sottolineano che la rete di Epstein attraversava entrambi gli schieramenti politici americani, con contatti tanto tra democratici quanto tra repubblicani.
E mentre Trump punta il dito sui suoi avversari, resta il sospetto che la sua offensiva serva a proteggere figure potenti del suo stesso network.

Il caso Epstein, insomma, continua a essere una bomba a orologeria nel cuore del potere americano — e potrebbe esplodere proprio mentre Trump tenta di consolidare il suo secondo mandato alla Casa Bianca.

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Gli Stati Uniti autorizzano gli attacchi alle navi dei cartelli della droga: “Il fentanyl è una minaccia chimica”

Secondo un documento del Dipartimento di Giustizia, i cartelli della droga sono considerati obiettivi militari legittimi: il fentanyl è classificato come minaccia chimica e arma potenziale.

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Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha giustificato gli attacchi alle navi che trasportano droga nel Mar dei Caraibi, sostenendo che il fentanyl rappresenta una minaccia chimica per la sicurezza nazionale.
La notizia, riportata dal Wall Street Journal, si basa su un documento elaborato dall’ufficio di consulenza legale del Dipartimento e redatto nel corso dell’estate.

Secondo il testo, i cartelli della droga possono essere considerati asset militari legittimi a seguito della decisione dell’allora presidente Donald Trump di designarli come organizzazioni terroristiche straniere.


“Il fentanyl è stato usato come un’arma”

Nel documento si sottolinea che il fentanyl, al pari della cocaina, è stato utilizzato in passato come arma chimica.
Una classificazione che, secondo i giuristi del Dipartimento, permette di giustificare azioni militari preventive o difensive contro le imbarcazioni sospettate di trasportare la sostanza.

L’approccio rientra in una strategia più ampia di contrasto al traffico di fentanyl, un oppioide sintetico che negli ultimi anni ha causato decine di migliaia di morti per overdose negli Stati Uniti, configurandosi come una delle principali emergenze sanitarie e di sicurezza nazionale.


Una decisione che apre nuovi scenari

La posizione del Dipartimento di Giustizia segna una svolta senza precedenti: equiparare il traffico di droga a un atto di guerra significa autorizzare interventi armati fuori dal perimetro tradizionale delle operazioni antidroga.
Un passo che, secondo alcuni analisti, potrebbe ridefinire i confini del diritto internazionale in materia di sicurezza e uso della forza, soprattutto in aree extraterritoriali come il Mar dei Caraibi.

Gli Stati Uniti, secondo quanto riferito dal Wall Street Journal, avrebbero già condotto raid mirati contro alcune navi sospettate di trasportare carichi di fentanyl e cocaina.
L’obiettivo, scrive il quotidiano americano, è quello di interrompere alla fonte la catena di produzione e distribuzione della sostanza, considerata oggi la droga più letale del pianeta.

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Attacco ucraino con droni su Novorossijsk: colpito terminal petrolifero russo e feriti tre civili

Droni ucraini colpiscono la città portuale russa di Novorossijsk: danneggiato il terminal petrolifero Sheskharis della Transneft e ferita l’equipaggio di una nave civile.

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Un nuovo attacco con droni ucraini ha colpito nella notte la città portuale russa di Novorossijsk, sul Mar Nero, provocando un vasto incendio e danni significativi a un terminal petrolifero strategico per Mosca.

Secondo quanto riferiscono fonti locali citate dai media di Kiev, i droni avrebbero centrato il complesso di Sheskharis, uno dei principali hub della compagnia statale russa Transneft, utilizzato per l’esportazione di greggio verso i mercati internazionali.


Tre feriti nell’attacco: colpita anche una nave civile

Oltre al terminal, una nave civile attraccata nel porto sarebbe stata danneggiata durante l’attacco. Le prime informazioni parlano di tre membri dell’equipaggio feriti, trasportati d’urgenza in ospedale.

L’impatto delle esplosioni avrebbe causato un incendio di grandi proporzioni, visibile a chilometri di distanza, con le autorità locali impegnate per ore nelle operazioni di spegnimento.


Novorossijsk, nuovo fronte della guerra sul Mar Nero

Il porto di Novorossijsk rappresenta uno dei nodi strategici più importanti della logistica energetica russa sul Mar Nero. Da qui partono infatti le esportazioni di petrolio dirette verso l’Europa, l’Asia e il Medio Oriente.

L’attacco — se confermato ufficialmente — dimostra la capacità ucraina di colpire obiettivi profondi in territorio russo, anche lontani dalla linea del fronte, e si inserisce nella guerra energetica che Kiev conduce contro Mosca da mesi.

La Russia, al momento, non ha rilasciato commenti ufficiali, ma secondo i media statali le autorità stanno verificando l’entità dei danni e valutando le misure di sicurezza per le infrastrutture portuali ed energetiche della regione.

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