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Cronache

“Manuale di sopravvivenza alla mafia” sbarca a Roma e accende un faro sui luoghi comuni più biechi che girano intorno a cosa nostra

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“Manuale di sopravvivenza (alla mafia)” di Salvatore Calleri è un libro che ha due meriti: quello di farci parlare del cancro che infesta il Paese e quello di farlo con donne e uomini di cultura e delle istituzioni che da angoli visuali diversi, esperienza diverse, vanno oltre quella che è la lettura oleografica, la narrazione stanca di questi anni.  Alla presentazione del libro a Roma, nella “sala del Giogo” dell’Istituto San Nicola di Bari, sono intervenuti: il sostituto procuratore alla Direzione nazionale antimafia Cesare Sirignano, noto ai più per il suo impegno in delicate inchieste che hanno consentito la disarticolazione militare e in parte economica del clan dei Casalesi; Giuseppe Antoci, la cui storia d’impegno antimafia nella gestione del parco dei Nebrodi ben conosciamo. Oggi Antoci è presidente onorario della Fondazione Caponnetto. Hanno contribuito alla riuscita della presentazione romana del libro la competenza del procuratore regionale della Corte Conti del Lazio Andrea Lupi, che ci ha parlato del ruolo della mafia nelle truffe dei fondi europei.

Ed a sorpresa ha partecipato anche Maria Grazia Laganà Fortugno, che è stata durissima sulla sentenza dell Consulta in merito all’ergastolo ostativo e ai permessi premio a mafiosi e terroristi  non collaboranti e ristretti dunque al 41 bis. A concludere il meeting, che si è svolto in una sala affollatissima, ci ha pensato il generale a riposo della Guardia di Finanza Giorgio Giombetti, che ha tenuto un intervento dalla parte di Abele e non di Caino. Come dire, va bene che non si tocchi, non si umilii, si rispetti e si tuteli Caino quando deve espiare la pena, ma occorre rispetto anche per Abele, il cittadino che subisce e che deve essere parimenti tutelato dalle istituzioni.

Ovviamente era presente anche l’autore del libro Salvaore Calleri, presidente della Fondazione Caponnetto, che, in un dibattito serio, con eccellenti contenuti giuridici e scientifici, ha fatto ragionare, se volete anche divertendo, il pubblico. Calleri ha sviscerato tutti i luoghi comuni più retrivi e stupidi sulla mafia. Ed uno dei luoghi comuni su cui ha calcato la mano è il luogo comune numero 19, che recita così: “Il cognome ti rende esperto di mafia”. “Più ancora che un luogo comune questo assunto è quasi un tabù, di cui bisogna liberarsi. Nessuno ha il coraggio di parlarne. O di farlo. Pur tuttavia non bisognerebbe confondere il dolore, il rispetto e la tutela massima da dare ai parenti delle vittime di mafia con il riconoscere loro competenze e conoscenze specifiche solo per il loro cognome. Conoscenze e competenze – ha detto Calleri – prescindono dal cognome. In questo modo si rischia solo di aiutare la mafia, perché la mafia teme gli esperti non i cognomi”.

L’altro luogo comune trattato è stato il n. 11 ovvero “ci prendiamo i soldi del riciclo dei mafiosi tanto i mafiosi non arrivano”. Non è vero. Non è vero storicamente e non è vero dal punto di vista della letteratura giudiziaria di questo Paese. I mafiosi arrivano sempre…Magari presto o magari tardi, ma i mafiosi arrivano sempre.

L’incontro è stato moderato da Giusy Seppini della associazione Te.S.P.Le.. Mentre Emilia Verrecchia, la presidente Te.S.P.Le, ha portato i saluti di tutti fli associati. Praticamente la presentazione del libro è stata una sorta di pre-vertice antimafia in una atmosfera combattiva in un momento nero per la lotta alla mafia nel nostro Paese. Un momento che ha visto la prima crepa all’interno del sistema normativo antimafia con la sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani e la pronuncia della Consulta circa i permessi a chi è sottoposto al 41 bis. Nel corso dell’incontro si è anche deciso di creare un gruppo della Fondazione Caponnetto “in difesa di Abele” ossia delle vittime e non dei carnefici a cui non pensa nessuno. Appuntamento ora è al vertice antimafia del 30 novembre dove verrà inoltre firmato un protocollo tra la Fondazione Caponnetto e la Te.S.P.Le.

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Cronache

Taser ai vigili di Napoli: parte la sperimentazione delle pistole elettriche

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La giunta comunale di Napoli ha approvato il regolamento per l’utilizzo sperimentale dei taser da parte della polizia municipale. Questo passo rappresenta l’ultima tappa prima della decisione del Consiglio Comunale, che dovrà dare il definitivo via libera alla proposta. In caso di approvazione, un gruppo selezionato di agenti inizierà un percorso di addestramento specifico, con l’obiettivo di avviare una sperimentazione di sei mesi. Alla fine di questo periodo, il Comune deciderà se integrare i taser nelle dotazioni ufficiali dei vigili.

Come funziona un taser?

Il taser è un dispositivo che permette di immobilizzare temporaneamente un aggressore senza ricorrere alle armi da fuoco. Ha la forma di una pistola, ma al posto dei proiettili spara due dardi elettrificati che trasmettono una scarica al sistema nervoso, provocando una paralisi muscolare temporanea. Questo consente di neutralizzare una minaccia in modo meno letale rispetto alle armi convenzionali.

Le prime sperimentazioni in Italia risalgono al 2022 e hanno coinvolto polizia, carabinieri e guardia di finanza. Successivamente, anche le polizie municipali hanno iniziato ad adottare questo dispositivo, benché il suo utilizzo resti oggetto di dibattito sulla sicurezza.

Il percorso per introdurre i taser a Napoli

Per introdurre i taser, il Comune di Napoli ha seguito un iter complesso, definito da normative nazionali. Il regolamento è stato elaborato in collaborazione con le Asl locali, che hanno certificato l’affidabilità e la sicurezza del dispositivo. Per velocizzare i tempi, è stato deciso di utilizzare un modello “x2” prodotto dalla multinazionale Axon, già ampiamente testato in passato, invece delle versioni più recenti in commercio.

L’addestramento previsto per gli agenti sarà rigoroso e strutturato in diverse fasi, comprendendo:

  • Lezioni sui possibili effetti delle scariche elettriche, a cura delle Asl.
  • Simulazioni con visori 3D, per riprodurre situazioni di emergenza.
  • Test sul campo per acquisire familiarità con l’utilizzo pratico del taser.

Dove saranno utilizzati i taser

Gli agenti dotati di taser saranno impiegati principalmente nelle aree più critiche della città, dove si registra il maggior numero di aggressioni. Zone come piazza Garibaldi, porta Nolana e via Duomo saranno tra le prime a vedere i dissuasori elettrici in azione. Durante i turni, due coppie di agenti muniti di taser saranno operative in queste aree.

La bodycam come garanzia di trasparenza

Ogni agente munito di taser sarà dotato di una bodycam, una telecamera che si attiva automaticamente nel momento in cui il dispositivo viene estratto dalla fondina. Questo sistema garantirà la massima trasparenza, documentando l’intervento e tutelando gli agenti da eventuali contestazioni.

Secondo il regolamento napoletano, il taser non deve essere puntato su parti sensibili come volto, petto e genitali. Il suo utilizzo è consentito esclusivamente in situazioni di aggressione pericolosa. Ogni impiego dovrà essere accompagnato da un rapporto dettagliato e dalla registrazione del video della bodycam.

Un passo verso maggiore sicurezza

L’introduzione sperimentale dei taser rappresenta un passo importante per migliorare la sicurezza degli agenti di polizia municipale e dei cittadini, pur mantenendo un approccio responsabile e controllato. La valutazione dei risultati sarà cruciale per decidere il futuro di questi dispositivi nel contesto napoletano.

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Abusi e sevizie su 16enne, fermati un uomo e un 14enne

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Un 44enne e un 14enne sono stati fermati dalla Polizia perché, nella notte tra lunedì e martedì scorso, avrebbero commesso abusi con sevizie, filmandolo, su un ragazzo di 16 anni nello scantinato di un condominio a Milano. Nell’inchiesta della Procura del capoluogo lombardo si contestano i reati di violenza sessuale di gruppo, sequestro di persona, lesioni, produzione di materiale pedopornografico. I fermi sono stati effettuati ieri.

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Torre del Greco: bracciante agricolo trovato morto, ucciso a coltellate

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Un uomo, bracciante agricolo straniero, è stato trovato morto questa mattina in via Gurgo, nella periferia di Torre del Greco. La vittima, secondo quanto emerso dalle indagini condotte dagli agenti del commissariato locale e coordinate dalla Procura di Torre Annunziata, è stata colpita da diverse coltellate all’interno dell’appartamento che occupava nella stretta arteria vesuviana.

Le indagini

Gli investigatori, che stanno cercando di ricostruire l’esatta dinamica dei fatti, hanno ascoltato alcuni testimoni presenti nella zona al momento dell’accaduto. Le prime ricostruzioni suggeriscono che l’uomo potrebbe essere stato ucciso al culmine di una lite.

Grazie alle testimonianze raccolte e agli elementi acquisiti, la polizia è riuscita a individuare un altro soggetto, anche lui straniero, ritenuto coinvolto nell’omicidio.

Un caso che scuote la comunità

L’episodio ha scosso profondamente la comunità di Torre del Greco, una città già alle prese con le sfide legate all’integrazione e alle condizioni di vita dei lavoratori stranieri, spesso impiegati in agricoltura. Le indagini proseguono per chiarire le motivazioni che hanno portato alla violenta aggressione.

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