Collegati con noi

Esteri

Manovre russe in Crimea, Biden mette Putin nel mirino

Pubblicato

del

La Russia risponde alla mobilitazione di Usa e Nato con esercitazioni delle sue truppe corazzate in Crimea, mentre Washington chiarisce quali saranno le sanzioni destinate a portare un duro colpo all’economia di Mosca se osasse varcare i confini dell’Ucraina: comprese quelle che potrebbero colpire personalmente Vladimir Putin, ha minacciato in serata Joe Biden, in un’escalation di tensione sempre piu’ preoccupante. Il braccio di ferro tra le due grandi potenze insomma continua, con in mezzo l’Europa, dove Germania, e soprattutto Francia, cercano di ritagliarsi un ruolo indipendente. Nonostante le rassicurazioni sulla “totale unanimita’” del fronte occidentale proferite dal presidente americano dopo il vertice in videoconferenza con i maggiori alleati europei – fra cui Mario Draghi – la divergenza di interessi, e conseguentemente di atteggiamento, appare sempre piu’ evidente. Gli Usa sembrano comprendere i timori europei soprattutto per gli approvvigionamenti di gas russo, da cui dipendono per il 40% del loro fabbisogno. Per questo hanno fatto sapere che stanno mettendo a punto con gli alleati piani di emergenza per compensare un’eventuale riduzione delle esportazioni di Mosca guardando a varie aree del mondo, dall’Africa settentrionale al Medio Oriente, dall’Asia agli stessi Stati Uniti. Washington e’ in contatto anche con importanti acquirenti e fornitori di gas naturale liquefatto (Lng): l’obiettivo e’ assicurarsi piccoli volumi da molte fonti per superare l’inverno e la primavera, sfruttando inizialmente le scorte in caso di emergenza. I diversi approcci alla crisi tra le due sponde dell’Atlantico sono comunque saltati agli occhi negli ultimi giorni. Dapprima c’e’ stato il rifiuto di Berlino, che con Mosca ha forti legami economici, di inviare armi all’Ucraina. Poi la decisione dell’Ue di non seguire l’esempio Usa nel ritirare il personale non essenziale dalle ambasciate a Kiev. Infine la proposta del presidente francese Emmanuel Macron di aprire un canale diplomatico personale con Putin, con cui parlera’ venerdi’ al telefono. L’obiettivo e’ attuare una de-escalation, e in questo c’e’ una “grande unita’” tra Francia e Germania, sottolinea l’inquilino dell’Eliseo da Berlino, dove ha incontrato il cancelliere Olaf Scholz. Certo, sia Macron sia Scholz tornano ad avvertire la Russia che se varchera’ i confini dell’Ucraina dovra’ pagare un prezzo altissimo in termini di sanzioni, sulle quali secondo il Financial Times c’e’ una crescente “convergenza” tra Washington e Bruxelles. Ma la mano tesa verso Mosca segna un chiaro distanziamento dalle parole di Biden, che continua a parlare di una minaccia credibile e immediata di un attacco russo: potrebbe avvenire “any time”, in qualsiasi momento, “ma ancora una volta non possiamo fare una previsione su quale decisione prendera’ Putin”, ha ripetuto la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki. Gli Stati Uniti – prima della minaccia rivolta personalmente a Putin da Biden, che pure ha escluso l’impiego di truppe Usa e Nato sul territorio ucraino – hanno fatto anche circolare ufficiosamente una bozza di quelle che potrebbero essere le misure punitive, dal divieto di esportazione di tecnologia americana nei campi dell’intelligenza artificiale, dei computer avanzati, della difesa e dell’aerospaziale. Inoltre, divieto alle banche russe di eseguire transazioni in dollari. Da parte sua un portavoce della Commissione, dando anch’egli assicurazioni sulla “forte unita’” nel campo occidentale, ha affermato che l’Ue e’ pronta a seguire gli Usa, facendo pagare “massicci costi economici” a Mosca qualora aggredisse davvero l’Ucraina. La Russia risponde mobilitando le sue truppe per manovre ai confini ucraini e ricordando a Washington che sta aspettando le risposte alle sue richieste sulla sicurezza in Europa, basate principalmente sulla riduzione della presenza delle forze Nato nell’Europa orientale e la promessa che Kiev non entrera’ mai a farne parte. Una “proposta scritta” al Cremlino arrivera’ nel fine settimana dalla Nato, ha fatto sapere in un’intervista alla Cnn il segretario generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg. “Siamo pronti a sederci al tavolo e ascoltare le preoccupazioni della Russia ma – ha avvertito Stoltenberg – non siamo pronti a scendere a compromessi sui nostri principi”. Putin e i suoi diplomatici comunque non mostrano impazienza, e sembrano aspettare che le piccole crepe apparse nel muro dello schieramento occidentale si trasformino in vere e proprie spaccature. I segnali in questo senso non mancano. Il premier polacco Mateusz Morawiecki ha apertamente criticato la Germania, accusandola di pensare solo ai suoi “interessi economici”. Mentre la piccola Croazia, membro del Patto atlantico dal 2009, ha fatto sapere di non volere avere “nulla a che fare con l’incremento della presenta militare della Nato nell’est dell’Europa”, come ha detto il presidente Zoran Milanović. Anche l’Ucraina lancia qualche segnale contraddittorio, probabilmente allarmata per il crescere delle tensioni. Il ministro della Difesa, Alexei Reznikov, ha affermato che al momento una minaccia di invasione russa “non esiste”, anche se per il futuro rimangono “scenari rischiosi”. Ma poi le autorita’ di Kiev hanno detto di avere smantellato un “gruppo criminale” legato a Mosca che preparava “attacchi armati” per destabilizzare il Paese.

Advertisement

Esteri

Mosca, 2 morti per attacco ucraino con droni a Belgorod

Pubblicato

del

E’ di due morti il bilancio di un attacco ucraino con droni nella regione russa di Belgorod. Lo annuncia il governatore Vyacheslav Gladkov. – “In seguito al rilascio di due ordigni esplosivi, un edificio residenziale privato ha preso fuoco – ha scritto su Telegram il governatore Vyacheslav Gladkov -. Due civili sono morti, una donna che si stava riprendendo da una frattura al femore e un uomo che si prendeva cura di lei”.

Continua a leggere

Esteri

La Nato verso nuovi Patriot e Samp-T all’Ucraina

Pubblicato

del

Da Capri a Bruxelles a Washington, l’Occidente imbocca la strada per concretizzare gli aiuti militari – compresa la difesa aerea – essenziali per Kiev in difficoltà nella guerra. Durante il Consiglio Nato-Ucraina con Volodymyr Zelensky, il segretario generale Jens Stoltenberg ha assicurato che “presto” ci saranno nuovi annunci sui sistemi di difesa per il Paese invaso. “L’Alleanza ha mappato le capacità degli alleati, ci sono sistemi che possono essere dati all’Ucraina”, ha riferito Stoltenberg al termine dell’incontro. “In aggiunta ai Patriot ci sono altri strumenti che possono essere forniti, come i Samp-T”, quelli a produzione franco-italiana. Un annuncio che arriva mentre prendono corpo i “segnali incoraggianti” evocati dal segretario di Stato Usa Antony Blinken: dopo mesi di stallo, la Camera americana ha spianato la strada ai quattro provvedimenti per gli aiuti a Ucraina, Israele e Taiwan, mettendo in agenda il voto per domani.

E il Pentagono si sta preparando ad approvare rapidamente un nuovo pacchetto di aiuti militari che include artiglieria e difese aeree: secondo una fonte americana, parte del materiale potrebbe raggiungere il Paese nel giro di pochi giorni. In generale, per Kiev in ballo ci sono gli oltre 60 miliardi di dollari di forniture per le forze armate che – ha ricordato Blinken – “faranno una differenza enorme”. “Se i nuovi aiuti non verranno approvati c’è il rischio che sia troppo tardi”, ha ammonito il ministro degli Esteri Usa, mentre Zelensky ha ribadito l’allarme: i soldati “non possono più attendere” la burocrazia occidentale, la Nato deve dimostrare “se siamo davvero alleati”. La situazione sul terreno “è al limite”, ha aggiunto il leader ucraino al segretario della Nato Da parte dell’Italia, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha “confermato quello che ha detto il presidente del Consiglio” sul fatto che il nostro Paese “farà il possibile per la protezione aerea dell’Ucraina”, mentre Kiev vuole dagli alleati ogni sistema disponibile, dai moderni Patriot – “almeno altre sette sistemi” – ai Samp-T italo-francesi. Anche il ministro della Difesa Guido Crosetto ha partecipato al Consiglio Nato-Ucraina, nel quale si è convenuto sulla necessità di uno sforzo ulteriore per sostenere Kiev. L’Italia ragiona sugli ulteriori aiuti militari da fornire quanto prima all’Ucraina e sul tavolo – si apprende – c’è la possibilità di un nuovo decreto per l’invio degli armamenti.

Anche se Crosetto ha più volte sottolineato che quasi tutto ciò che si poteva dare è stato dato. Già a Capri, dove ha partecipato al G7 Esteri, Stoltenberg aveva confermato la volontà degli alleati di accelerare sulla difesa aerea ucraina. E nel loro documento finale, i Sette ministri hanno espresso la “determinazione a rafforzare le capacità di difesa aerea” del Paese invaso, confermando l’impegno a lavorare per esaudire le richieste di Kiev, ribadite anche dal capo della diplomazia ucraina Dmytro Kuleba, tra gli ospiti del summit in Italia. Il sostegno del G7 è pronto a tradursi anche in ulteriori sanzioni contro Teheran “se dovesse procedere con la fornitura di missili balistici o tecnologie correlate alla Russia”.

Il Gruppo ha poi puntato il dito contro la Cina, chiedendo nel suo documento finale di “interrompere” il sostegno alla macchina bellica di Mosca. Infine, i Sette hanno ribadito l’impegno ad attuare e far rispettare le sanzioni contro i russi, minacciando di “adottare nuove misure, se necessario”. In vista del vertice dei leader in programma a giugno in Puglia, il G7 lavora inoltre alle “possibili opzioni praticabili” per usare i beni russi congelati a sostegno dell’Ucraina, “in linea con i rispettivi sistemi giuridici e il diritto internazionale”. Finora l’Ue ha trovato le basi legali solo per l’uso degli extraprofitti, ma bisogna ancora capire se si può fare un passo in più mettendo le mani direttamente sugli asset.

Continua a leggere

Esteri

Teheran avverte Israele, ‘non fate altri errori’

Pubblicato

del

“Un fallimento”, “fuochi d’artificio”, “la situazione è completamente normale”. La Repubblica islamica tace sulle esplosioni o minimizza l’attacco notturno, attribuito a Tel Aviv, che ha colpito una base militare a Isfahan nel giorno dell’85esimo compleanno della Guida suprema Ali Khamenei. Vari esponenti del governo e delle forze armate iraniane hanno continuato a minacciare una “risposta massima e definitiva” contro lo Stato ebraico mentre l’attacco veniva sminuito. Secondo Teheran, le esplosioni sentite nella notte sono dovute al sistema di difesa iraniano che ha preso di mira “mini droni di sorveglianza americani o israeliani”, lanciati a meno di una settimana dall’attacco dell’Iran contro Israele, in ritorsione per l’uccisione di sette membri delle Guardie della rivoluzione in un raid contro l’ambasciata iraniana di Damasco.

Dopo la chiusura, temporanea, dello spazio aereo su Teheran e altre città, i media della Repubblica islamica si sono affrettati ad assicurare che, in seguito all’abbattimento di “oggetti volanti sospetti”, la situazione era tornata alla completa normalità mentre i siti nucleari nella zona non sono stati danneggiati dall’attacco, come confermato anche dall’Agenzia internazionale per l’Energia atomica (Aiea), e hanno continuato ad operare “in totale sicurezza”. L’attribuzione dell’attacco a Israele è stata inizialmente bollata come “un’assurdità” dal comandante in capo dell’Esercito iraniano, Abdolrahim Mousavi, mentre il Consiglio per la Sicurezza Nazionale ha negato di aver tenuto una riunione d’emergenza, smentendo indiscrezioni apparse sui “media stranieri”. Il governo di Teheran e i vertici militari hanno evitato in ogni modo di parlare direttamente dell’attacco, con l’eccezione del ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian che, senza esplicitamente accusare lo Stato ebraico, ha definito l’attacco un “fallimento”, dipinto come una vittoria ed “esagerato dai media filo israeliani”, sottolineando che i droni sono stati abbattuti senza causare danni o vittime.

“La nostra prossima risposta sarà immediata e ai massimi livelli nel caso in cui il regime di Israele si imbarchi nuovamente in avventurismo e intraprenda azioni contro gli interessi dell’Iran”, ha ribadito Amirabdollahian, affermando che un eventuale risposta “decisiva e definitiva” contro Israele è già stata pianificata nel dettaglio dalle forze armate iraniane. La responsabilità di Israele è stata comunque indicata da figure politiche minori. Come il deputato Mehdi Toghyani, secondo cui “il disperato tentativo del regime sionista, con l’aiuto di agenti locali, di portare avanti un attacco con vari piccoli droni contro una base militare di Isfahan è fallito e ha portato loro ulteriore disgrazia”. Più cauto Javad Zarif, l’ex ministro degli Esteri e negoziatore per Teheran all’epoca dell’accordo sul nucleare del 2015, che ha chiesto alla comunità internazionale di fermare Israele “alla luce degli imprudenti fuochi d’artificio di Isfahan”.

Nessun commento sull’attacco da Khamenei, come anche da parte del presidente Ebrahim Raisi, che ha completamente ignorato i fatti di Isfahan durante un’apparizione pubblica a Damghan, nella provincia settentrionale di Semnan. “Questa operazione ha dimostrato l’autorità del sistema della Repubblica Islamica e la potenza delle nostre forze armate”, ha detto il presidente iraniano tornando a parlare della ritorsione di Teheran contro Tel Aviv per il raid di Damasco.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto