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Di Maio: niente tagli a sanità, reddito di cittadinanza e sui conti imitiamo i francesi, deficit al 2,8%

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Luigi Di Maio parla di manovra economica e tanto altro con gli italiani che lo sollecitano sui social. È un nuovo modo di comunicare progetti, successi, insuccessi, difficoltà di governare direttamente con chi lo segue sui social, riservandogli apprezzamenti ma anche critiche serrate. Questa volta, come fatto già nelle scorse settimane, oggetto del confronto Di Maio – followers su Instagram sono i contenuti della manovra economica dopo  il vertice di Palazzo Chigi. Il capo del M5S ha chiarito che “non ci saranno tagli alla Sanità, semmai verranno mandati via i dirigenti politicizzati”, sulla scia di quanto dichiarato dal portavoce di Palazzo Chigi Rocco Casalino nell’audio rubato e diffuso qualche giorno fa:

“Non ci saranno tagli ai servizi sanitari. Neppure un taglietto. La salute dei cittadini è la cosa più importante. Dobbiamo allontanare i dirigenti politicizzati, eliminare gli sprechi e fare nuove assunzioni”.

A proposito del rischio che i lavoratori in nero possano prendere il reddito di cittadinanza, afferma: “Le sanzioni per chi dichiara il falso sono pesantissime. Non ci sarà nessuna pietà per chi cerca di fregare lo Stato e gli altri cittadini. In ogni caso, i furbi non vanno premiati e infatti a fine settembre nel decreto fiscale verrà previsto il carcere per chi evade”.

Il vicepremier battezza poi la prossima legge di bilancio la “manovra del popolo” che “aiuta gli ultimi e fa la guerra ai potenti”. E aggiunge: “Dentro ci saranno il reddito di cittadinanza, il superamento della Fornero e i soldi per i truffati delle banche”. Solita domanda, con solita polemica: ma dove prenderete i soldi?  “La Francia per finanziare la sua manovra economica farà un deficit del 2,8%. Siamo un Paese sovrano esattamente come la Francia. I soldi ci sono e si possono finalmente spendere a favore dei cittadini. In Italia come in Francia”, ha twittato Di Maio che parlava della Francia e pensava al Ministero dell’Economia e Finanza che fa resistenza nel mantenere il deficit entro l’1,6 per cento.

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A Paestum il “B day” tra festa e commemorazione

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Una grande festa commemorativa, nessuna nostalgia e nessun clima da funerale. E’ questa l’aria che si respira alla kermesse di tre giorni di Forza Italia a Paestum, nel giorno in cui il Cavaliere avrebbe compiuto 87 anni. Il Berlusconi Day ha preso il via con il coro del conservatorio di Salerno che ha intonato l’inno d’Italia e poi l’Inno europeo. Una serie di bandiere di Forza Italia, sventolate nella platea, nel ricordo del presidente da parte del popolo azzurro, e in ogni angolo della location in cui si svolge l’evento. A Milano gli viene dedicato il Belvedere del grattacielo sede la regione Lombardia. Ad Arcore i figli, Marta Fascina ed i fedelissmi, tra cui Gianni Letta, lo ricordano. La compagna dell’ex premier gli fa gli auguri sui social nella certezza che saranno “legati” per sempre. Il cuore delle celebrazioni è comunque a Paestum.

All’ingresso dell’hotel Ariston, che ospita la manifestazione – promossa dall’eurodeputato Fulvio Martusciello, coordinatore regionale in Campania – un grande murale tappezzato di foto con il Cavaliere sorridente accoglie i partecipanti. Di fronte a questo enorme collage di foto, su alcuni tavolini, alcune sculture del Cav di varie dimensioni, realizzate dall’artista bolognese Eugenio Lenzi. In una, in particolare, viene rappresentato insieme al suo fedele amico di vita, il cane Dudù. “Opera che prende spunto dal suo insegnamento di spingersi sempre oltre, sicuri dei propri passi, accompagnati dagli amici fedeli”, si legge su alcuni volantini messi accanto alle sculture.

Ci sono poi disegni, manifesti elettorali, riproduzioni di copertine di quotidiani e settimanali. Dal palco dell’evento, il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, segretario del partito, ci ha tenuto a sottolineare che non c’è nessuna nostalgia, ma che sono “milioni di italiani che guardano avanti, e che hanno un grande maestro cha ha indicato loro la via”. Il segretario di Forza Italia ha poi precisato che “non c’è nessun clima da funerale” e “nessun lutto da elaborare”, ma “andiamo avanti e guardiamo al futuro”. Berlusconi è stato ricordato anche a Milano intitolandogli il belvedere che si trova al 39esimo piano di palazzo Lombardia, sede della Regione.

Alla commemorazione hanno partecipato, fra gli altri, la figlia Barbara, il fratello Paolo, gli amici di una vita Fedele Confalonieri, presidente Mediaset, e Adriano Galliani che, in collegamento dal palco di Paestum ha detto di essersi commosso per l’unità dei cinque figli del Cavaliere ricordando un pranzo ad Arcore “meraviglioso” in memoria del presidente. Presenti all’intitolazione anche il vicepremier Matteo Salvini, la capogruppo di Forza Italia al Senato Licia Ronzulli, il sottosegretario all’editoria Alberto Barachini, il capogruppo della Lega al Senato Massimiliano Romeo e il governatore Attilio Fontana a fare gli onori di casa. Dal palco della kermesse è arrivato anche il saluto dei figli del presidente di Forza Italia, in una lettera che è stata letta da Tajani: “Carissimi, Berlusconi per noi è stato il padre migliore che si potesse desiderare, per voi il fondatore e la guida politica, per tanti un grande imprenditore, e per moltissimi semplicemente Silvio.

La nostra famiglia è al vostro fianco in nome dell’amore che ci legherà per sempre al nostro papà e del rispetto per cui ha combattuto e in cui ha impegnato tutto se stesso. Marina, Pier Silvio, Barbara, Eleonora, Luigi”. Una giornata all’insegna del ricordo ma anche della proiezione verso il futuro del partito, nel solco della linea disegnata dall’ex premier. Alla fine della prima delle tre giornate, chiude sempre Antonio Tajani ricordando la passione del presidente per la musica e per lo spettacolo: “straordinariamente appassionato, per questo abbiamo voluto chiamare questa sera due grandi artisti italiani come Albano e Katia Ricciarelli”.

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I paletti di Bonaccini, la leadership si vede alle urne

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Un incoraggiamento a Elly Schlein: “Dobbiamo dare una mano alla segretaria”. Ma anche un avvertimento: “Le leadership non si affermano con le primarie, ma vincendo le elezioni”. Stefano Bonaccini registra gli scossoni dentro il Pd e sta all’erta. Nel partito sono ricominciate le grandi manovre, con le aree che si sfaldano, mischiano e rifondano. L’avvicinarsi delle europee si fa sentire, le anime dem cominciano a prendersi le misure a vicenda, per ponderare le richieste prima e per orientare le strategie dopo, a seconda di come andrà. La sola ipotesi che possa nascere un correntone, un’area che tenga insieme figure come Dario Franceschini, Francesco Boccia e Nicola Zingaretti, ha già innescato reazioni a catena. Un altro polo forte è quello di Bonaccini, che alle primarie vinte da Schlein prese il 46% dei voti. Il governatore dell’Emilia Romagna ha sempre detto di non voler dar vita a una nuova corrente, anche se i suoi da tempo si sono organizzati, con tanto di nome “Energia popolare” e kermese.

“Ma non è una corrente classica – ripete Bonaccini – Se dovesse essere quella, me ne vado un minuto dopo”. Intanto, però, Bonaccini si guarda attorno e lancia qualche messaggio. Il primo riguarda proprio l’idea di un correntone: “Se ritorniamo alle correnti del passato e a quel modo di gestire il partito, parliamo di anni in cui abbiamo assistito a sconfitte su sconfitte alle politiche”. Il secondo è anche un avviso: “Adesso bisogna aiutare per le europee e per le amministrative. Dobbiamo dare una mano alla segretaria, guai se lavoriamo per demolire o per pensare a chi deve essere il successore”. Perché è vero che i promotori del correntone sarebbero tutti sostenitori della segretaria, ma nel partito c’è chi sospetta che possano lavorare anche a un piano B, se alle urne il Pd dovesse ottenere un esito deludente. Il terzo messaggio è diretto alla segretaria: “Schlein deve aiutarci – ha ribadito Bonaccini – per far sì che il pluralismo viva nel partito”. Tradotto: dia più voce ai riformisti. La segretaria intanto non entra ufficialmente sul terreno interno e guarda alle politiche del governo: “Tutti i paesi europei devono fare la loro parte sull’accoglienza” dei migranti, perché “non possiamo sigillare il mare”.

E Bonaccini boccia chi pensa a una via traversa per cacciare Giorgia Meloni. Governo tecnico? “Io penso che la prossima volta al governo dobbiamo tornare se vinciamo le elezioni”, è la sua risposta. Del presunto correntone non fanno parte i Dems, l’area che fa riferimento agli ex ministri Andrea Orlando e Peppe Provenzano, anche loro sponsor di Schlein al congresso. Da quelle parti, si osservano da lontano le mosse di Franceschini e gli altri: “E’ un’operazione centrista dorotea – commentava un parlamentare vicino ai due ex ministri – Ma alla fine ci fanno un favore, restiamo l’unico vero riferimento della sinistra del partito”. Per capire cosa succede nel Pd, quali siano le realtà nascenti, quelle consolidate, quelle in via d’estinzione, i movimenti e le direzioni, gli osservatori tengono d’occhio anche gli appuntamenti. In attesa di capire se ce ne sarà uno per il battesimo del correntone e che “Energia popolare” fissi la data del suo secondo incontro, l’area che fa riferimento a Franceschini, AreaDem, quest’anno non ha organizzato il tradizionale convegno a Cortona.

Mentre i Dems di Orlando e Provenzano stanno definendo proprio in questi giorni i dettagli della loro assemblea nazionale: si terrà a Rimini il 13,14 e15 ottobre. Fra gli invitati, anche la segretaria e il presidente Bonaccini. Anche altri appuntamenti, più vicini nel tempo, sono tenuti d’occhio, ma in un’ottica di alleanze. Dopo le scintille dei giorni scorsi sui migranti, Schlein e Giuseppe Conte sono attesi a Palermo, per il congresso di Area democratica per la Giustizia. Conte avverte: “Il M5s non è disponibile a fare accordi per gestire il potere con nessuno. Non facciamo parte di nessuna ‘ditta’”.

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Meloni sfida Berlino, controproposta italiana sulle Ong

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Una “controproposta italiana”, se la Germania insisterà col voler fare “passi indietro” sulla regolamentazione delle Ong. Giorgia Meloni lancia il suo guanto di sfida a Berlino. E a Malta incassa le “convergenze” dei Med9, con l’esplicito sostegno di Emmanuel Macron al piano in 10 punti di Ursula von der Leyen: per affrontare l’emergenza migranti che rischia di “travolgere tutti”, avverte la premier, se non si troveranno “soluzioni strutturali”. Bisogna essere “seri”, ripete, sui migranti come sulla gestione dei conti pubblici. Nessun timore, né dello spread né dei mercati, risponde ai cronisti Meloni, dopo che il differenziale tra Bund e Btp ha toccato i 200 punti all’indomani della presentazione della Nadef. “Avete già fatto la lista dei ministri..” la battuta con cui, da sola, introduce anche il tema del governo “tecnico”.

Le preoccupazioni per lo spread, che è stato ben più alto gli anni scorsi, “la vedo soprattutto nei desideri di chi come sempre immagina che un governo democraticamente eletto debba andare a casa”. La speranza, dice sferzante, “è dei soliti noti”. Ma “la sinistra continui a fare la lista dei ministri del governo tecnico che noi intanto governiamo”. E’ “in paranoia”, a stretto giro, la risposta del Pd. Meloni si presenta ai giornalisti in una pausa dei lavori del vertice dei Paesi Ue del Mediterraneo, dopo essersi confrontata per mezz’ora con Macron e la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, sul piano di azione lanciato a Lampedusa. “Lo sosteniamo e proponiamo ai colleghi di implementarlo al più presto”, dice il presidente francese, ricordando che l’ondata che ha toccato l’isola italiana è “eccezionale” e “tutti dobbiamo dare solidarietà all’Italia e ai porti di primo approdo”. Una linea che si ritrova anche nel documento finale dei Med, che ricalca in buona parte, al capitolo migranti, le posizioni italiane sulla necessità di una risposta europea coordinata, sul faro sui confini esterni e sull’Africa, citando esplicitamente, il “processo di Roma”. E l’accordo sulla Tunisia, da “implementare rapidamente”.

Macron però, per ammissione della stessa premier, non è entrato nella questione delle Ong. Non un dettaglio nei giorni in cui a Bruxelles e sull’asse Roma-Berlino sta andando in scena uno scontro durissimo. L’Italia, è il messaggio che manda Meloni al cancelliere Olaf Scholz, con cui pure ci sono stati “contatti” nelle ultime ore, non ha intenzione di arretrare sulla battaglia per limitare al massimo l’attività delle organizzazioni non governative nel Mediterraneo. Sull’emendamento che chiede di escludere i salvataggi delle Ong dai potenziali casi di “strumentalizzazione dei migranti” Roma, spiega la premier, “ha chiesto tempo”. Ma al momento non sembrano esserci le condizioni per un compromesso. Per l’Italia si tratta di “un passo indietro”. Se resta sul tavolo, dice il capo del governo, “allora noi proponiamo un altro emendamento in forza del quale il Paese responsabile dell’accoglienza dei migranti che vengono trasportati sulla nave di una Ong è quello della bandiera della nave”.

ùLe Ong che “raccolgono i migranti”, le fa eco il ministro degli esteri Antonio Tajani, “li portino nei loro Paesi”. C’è ancora una settimana che separa dal Consiglio Ue informale di Granada, “rimaniamo cooperativi”, assicura la premier, “però ciascuno si assuma le responsabilità delle scelte politiche che porta avanti. Noi abbiamo una linea, altri ne hanno un’altra. Il problema è non scaricare la linea di uno sugli interessi dell’altro”. Non si può, insomma, “fare solidarietà con i confini degli altri”.

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