Il governo sempre più a caccia di risorse per una manovra da almeno 25 miliardi di euro che vuole avere al centro famiglie e imprese. E ad agitare il centrodestra, alla vigilia della settimana decisiva per mettere a punto il piano strutturale di bilancio, è ancora una volta il tentativo di far contribuire allo sforzo chi più in questi anni ha generato profitti: in primis le banche, ma anche il mondo delle assicurazioni e il settore energetico. Possibilmente senza ripetere gli errori dello scorso anno e percorrendo la strada del dialogo con i soggetti coinvolti.
L’ultima ipotesi allo studio, secondo le indiscrezioni, sarebbe quella di un ‘prelievo solidale’ dell’1-2% sugli utili degli ultimi 12-24 mesi, per contribuire al finanziamento di misure come il taglio del cuneo fiscale, gli sgravi Irpef o il Bonus tredicesima. Un contributo di solidarietà una tantum e “da costruire insieme” alle aziende interessate. Per questo, dopo il fallito blitz del governo che lo scorso anno fece infuriare le banche, questa volta sarebbero stati avviati fin dall’inizio dell’estate contatti informali con il mondo del credito. Questo per valutare insieme il da farsi senza rischiare uno scontro. Ma a mettersi di traverso contro ogni tentativo di tassazione o imposizione dall’alto è ancora una volta Forza Italia.
Il vicepremier Antonio Tajani non usa giri di parole e chiede al massimo l’apertura di un confronto con le banche alla ricerca di soluzioni condivise. Di tassa o prelievi sugli extraprofitti gli azzurri non ne vogliono nemmeno sentir parlare: “Siamo contrari, si danneggerebbero le banche di prossimità e si creerebbe incertezza sui mercati a danno dell’Italia”, avverte Tajani, per il quale altra cosa è sedersi attorno a un tavolo con le banche per vedere se queste in qualche modo possano contribuire alla casse dello Stato e alle finanze pubbliche. Del resto per il vicepremier una tassa generalizzata finirebbe per colpire soprattutto le banche popolari e di credito cooperativo che svolgono un ruolo più che fondamentale per l’economia, erogando un gran numero di prestiti a cittadini e aziende. Per questo vanno assolutamente difese.
Da Fratelli d’Italia però la carta del prelievo non viene affatto esclusa, anche se il capogruppo alla Camera Tommaso Foti cerca di spegnere sul nascere ogni possibile principio di incendio nella maggioranza. Sulla delicata questione, assicura, nel centrodestra c’è una “piena sintonia”. Il suo ragionamento è questo: nulla è ancora deciso e molto dipenderà dai dati macro che saranno diffusi nelle prossime ore dall’Istat. Dati che potrebbero indicare una crescita del Pil leggermente superiore al previsto e che, in un modo o nell’altro, consegneranno al governo un quadro più preciso delle risorse a disposizione. Solo allora, spiega Foti, si valuterà “se è necessario chiedere un contributo di solidarietà ad alcuni settori che sono nelle condizioni di versarlo perché hanno realizzato utili molto rilevanti in questi anni”.
Il tutto comunque “senza intenti punitivi” verso alcuno, ma richiamando tutti “ad un autentico spirito di solidarietà a sostegno del sistema Paese”. Un richiamo dunque che sembra rivolto anche alle grandi compagnie di assicurazione o ai grandi gruppi energetici del Paese, a partire dall’Eni. All’Abi comunque al momento le bocche restano cucite, la linea resta sempre quella di non commentare le indiscrezioni. Ma se da parte dei banchieri c’è disponibilità al dialogo, non è certo un segreto la contrarietà non solo verso ogni forma di tassazione, ma anche verso un qualsivoglia prelievo o contributo.
L’associazione presieduta da Antonio Patuelli ha più volte sottolineato come sul reddito prodotto dalle banche si sommano varie e maggiori imposte rispetto alle imprese degli altri settori economici: l’Ires al 24%, l’addizionale Ires per le banche al 3,5%, l’Irap al 5,45% e la cedolare secca sui dividendi al 26%. Insomma, niente a che vedere con quello che versano i settori non finanziari. Per i sindacati però non intervenire decisamente sugli extraprofitti per sostenere di più le famiglie resta un grande errore da parte del governo, visto che – sottolineano – solo nei primi sei mesi del 2024 le banche avrebbero generato utili già per oltre 12 miliardi di euro. Uno studio di Unimpresa, quindi, quantifica in 8,1 miliardi le tasse pagate dalle banche nel 2023 su 40,6 miliardi di utili, con un tax rate (il rapporto tra tasse versate nelle casse dello Stato e profitti) pari al 20,1%. Una percentuale, si sottolinea, “nettamente inferiore” alla media italiana per aziende e lavoratori stabilmente superiore al 42%.
In cinquantamila per l’Europa (le foto sono di Imagoeconomica), con piazza del Popolo a Roma strapiena, tanto che a un certo punto sono stati chiusi gli accessi, per sicurezza. Un palco con artisti, comici, attori, scrittori, associazioni, ma nessun politico, solo un gruppo di amministratori, di sindaci, che hanno dato una mano all’organizzazione della manifestazione lanciata da Michele Serra su Repubblica. “Non perdiamoci di vista”, ha detto il giornalista aprendo la giornata. “Siamo in tanti – ha spiegato – perché siamo un popolo. Una piazza Europea è una piazza di persone che su molte cose non la pensano allo stesso modo”. I partiti sono rimasti in disparte, dietro il palco, con più di una puntata fra la folla.
MAURIZIO LANDINI (foto Imagoeconomica)
Ma le divisioni si sono viste eccome: il centrodestra non c’era, le opposizioni sì, però ognuna con la propria idea, e senza il M5s. Ma “non facciamo polemiche – ha detto la segretaria Pd, Elly Schlein – ci godiamo questa meravigliosa manifestazione per una Europa federale”. In piazza si respirava un’aria girotondina, da movimentismo ormai maturo ma non disincantato. La manifestazione era per costruire un argine. Per difendere un’Europa che rischia di rimanere schiacciata fra i carri armati russi in Ucraina e la politica aggressiva di Donald Trump. Però, di ricette ce n’erano quante se ne voleva. E infatti le bandiere erano di tutti i tipi. Più di tutte quelle dell’Europa. Poi quelle della pace: per chi è contro il piano di riarmo della presidente della commissione europea Ursula von der Leyen. E quelle dell’Ucraina: per chi è favore.
Anche simboli e vessilli hanno marcato le differenze. Il Pd era a vestizione variabile: colori dell’Ue al collo per la segretaria Elly Schlein, quelli dell’Ucraina per i riformisti come Filippo Sensi, quelli della pace per la sinistra del partito, come Nico Stumpo. Presenti anche l’ex premier Paolo Gentiloni e l’ex ministro Dario Franceschini. Il segretario di Azione Carlo Calenda è arrivato in piazza insieme agli esponenti delle comunità ucraine e georgiana. Con gli ucraini anche Riccardo Magi, di Più Europa, e qualche esponente Pd critico con la segretaria, come Pina Picierno e Alessandro Alfieri. C’erano i tre sindacati: la Cgil con Maurizio Landini, Daniela Fumarola neo leader della Cisl e il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri. Schlein è arrivata con la delegazione Pd. Per lei applausi, incitamenti dai manifestanti. Bagno di folla. Poi ha guadagnato il retropalco, dove sono arrivati gli esponenti di Iv, con la capogruppo alla Camera Maria Elena Boschi, e quindi i leader di Avs, Nicola Fratoianni, con sciarpa della pace, e Angelo Bonelli, per lui coccarda della pace e spilletta Ue.
UNA PIAZZA PER L’EUROPA. MANIFESTAZIONE PIAZZA DEL POPOLO (Foto Imagoeconomica)
“Ai politici presenti in piazza e a quelli che non ci sono ho solo un piccolo rilievo da muovere – ha detto Serra dal palco – Siete troppo intelligenti. Cercate, per favore, di essere un poco più stupidi, come questa piazza che non ha fatto calcoli. Cercate, per favore, di parlarvi e addirittura di ascoltarvi”. Intanto, dal video o in presenza, sul palco sfilavano Jovanotti, Pennac, Vecchioni, Paolo Virzì… E Liliana Segre: “Difendere l’Europa significa molte cose – ha detto – Certo, significa mettersi nelle condizioni di fronteggiare le minacce dei nemici della pace, che esistono e che non vanno sottovalutati. L’arrendevolezza non ha mai impedito le guerre, anzi ha sempre solo incoraggiato i disegni di sopraffazione”.
Ecco, riarmo sì o riarmo no: il tema che ha tenuto distante chi era di fianco in piazza. Il tema che ha già spaccato il Pd. In mattinata c’era stato un incontro fra Schlein, contraria al piano di von der Leyen, e Gentiloni, favorevole. Le due anime del partito. In prima fila a un convegno hanno parlato a lungo. Ma poi l’ex premier ha ribadito: il piano di riarmo Ue “è una decisione storica, che apre una strada, anche se non è sufficiente. Ostacolarlo sarebbe un errore”. Nessun calumet della pace. Schlein è determinata: serve un chiarimento. Come? Chi le sta vicino tende a escludere soluzioni “politiciste”, come rimpasti o azzeramenti della segreteria. Per il resto, le opzioni sono tutte sul tavolo, dal congresso al referendum fra gli iscritti sulla politica estera: “Deciderà la segretaria”.
Una farfalla in acciaio inclinata su un frammento della rete che un tempo divideva Gorizia e Nova Gorica. Si presenta così il 25/o premio Santi Ilario e Taziano conferito oggi al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e al presidente emerito della Repubblica di Slovenia, Borut Pahor, passati alla storia per quella mano nella mano a Basovizza come segno di riconciliazione tra i popoli. Due massime istituzioni, due uomini, due amici a cui oggi è stato riconosciuto il sostegno nel percorso di avvicinamento delle comunità di Gorizia e Nova Gorica. Mattarella sale sul palco del teatro Verdi e saluta “l’amico Borut”, Pahor ricambia con “l’amico Mattarella”. Cade ogni formalismo, ogni frammento di rete divisiva, se ancora ce ne fossero. E si suggella il senso della prima capitale europea della cultura transfrontaliera Nova Gorica-Gorizia 2025. Due città che “hanno coraggiosamente trasformato la prossimità geografica delle due identità in un’opportunità”, esempio “inestimabile” per “l’intera Europa”, osserva Mattarella.
Il percorso con Pahor “a favore dell’amicizia tra i nostri due Paesi” – aggiunge – lo “abbiamo vissuto non soltanto come dovere civico e istituzionale verso i nostri rispettivi popoli, ma come responsabilità doverosa per la realizzazione di un futuro di pace per il nostro continente”. E sottolinea: “E’ ai cittadini di queste terre che dobbiamo il successo di questo percorso: società mature, cresciute in democrazia, con efficaci anticorpi rispetto a lusinghe di sterili e pericolosi nazionalismi”. Pahor richiama l’attenzione dell’Europa tutta.
“E’ fondamentale che l’Europa unita si proponga come comunità coesa, capace di tracciare congiuntamente la rotta di uno sviluppo coraggioso”, dice sul palco. A margine poi un riferimento alla guerra in Ucraina e al processo di pace: “Dobbiamo fare il possibile perché l’Europa sia protagonista anche delle iniziative che potranno determinare il futuro del mondo”. Il teatro è gremito, gli applausi sono lunghi. La commissione, presieduta dal sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna, e dal decano don Nicola Ban, assegna ogni anno, in occasione della festa patronale, il premio a chi ha dato lustro alla città. Per il 2025 non ci sono stati dubbi.
“La storia deve essere insegnata, soprattutto ai giovani: è infatti l’ignoranza a generare pericolose derive, mentre la cultura, la conoscenza, l’amicizia le prevengono. E la vostra mano nella mano ci insegna che dobbiamo andare avanti”, afferma Ziberna. Go!2025, dice l’arcivescovo monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, “è un segno per continuare sulla via della concordia nel rispetto e nella valorizzazione di culture e lingue diverse”. La farfalla inclinata è simbolo di speranza e futuro, pronta a spiccare il volo per allontanarsi da un passato di divisioni. “Siete stati uno di quei fili che è riuscito a riparare, ricucire questo dolore e questo confine. Io dico sempre che un tessuto nuovo è un bellissimo tessuto, ma un tessuto ricucito è un tessuto più forte”, le parole del presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga.
In contemporanea e divise da pochi chilometri dall’appuntamento tutto blu lanciato da Michele Serra. Le piazze anti Europa si sono contese la ribalta contro Bruxelles affidando, una, la protesta agli studenti e ai movimenti e, l’altra, ai più anziani guidati dal comunista Marco Rizzo (le foto a corredo questo articolo sono di Imagoeconomica). A piazza Barberini si sono radunati i manifestanti che hanno aderito all’iniziativa indetta da Potere al popolo con Usb, Arci, gli studenti di Osa e Cambiare rotta, la Comunità palestinese. Scandito il coro “Ue assassina” e striscioni anti riarmo: “Non un euro per la loro guerra” con le immagini di Von der Leyen e della premier Meloni.
Nel mirino dei manifestanti, per lo più giovani, la bandiera della Ue, altrove sventolata con orgoglio. Alcuni poster col vessillo blu sono stati dati alle fiamme. L’hotel St Regis ha deciso così di ‘ammainare’ la bandiera incriminata bersaglio di fischi e insulti da parte del corteo partito spontaneamente. Non è stato risparmiato neanche Michele Serra, “Contro l’odio di Michele Serra che ci porterà alla guerra”, i ministri Antonio Tajani e Matteo Salvini e la segretaria Pd Elly Schlein, tutti a vario titolo definiti “guerrafondai”.
In coda al corteo, con le bandiere della pace, un lungo manifesto con scritto: “il popolo russo non è mio nemico”. E poi ‘Bella Ciao’. Nostalgica e più attempata la manifestazione a Bocca della Verità, dove il leader di Democrazia sovrana popolare, Marco Rizzo, ha riunito simpatizzanti al grido di “Pace e sovranità”: qui cambia la musica, l’inno di Mameli. Tante le bandiere dell’Italia, una della Grecia, un’altra della Romania, della Pace e russa. Chi ha disertato l’iniziativa è stato il generale Roberto Vannacci, europarlamentare della Lega, che era stato invitato a partecipare.