“Fare squadra, chi non la pensa così è fuori dal governo”. Il premier Giuseppe Conte, dopo giorni di polemiche e attacchi alla manovra, da Perugia, sceglie di far sentire anche la sua voce. Ed è un Conte che non avevamo mai sentito. Diverso dalla sua usuale narrazione e pacatezza. Il suo primo e nettissimo aut-aut è rivolto, a giudicare da quel che si dice, a Matteo Renzi ma anche a chi, ha messo in campo le barricate: Luigi Di Maio. Ed in questo Conte sembra in linea con quello che pensa e dice la classe dirigente del Pd. Andrea Orlando, ad esempio che mette le mani avanti: “ci dicano se è cambiato qualcosa, se la fiducia è venuta meno lo si dica”. Nel giorno della Leopolda e della piazza di Matteo Salvini, Conte decide di porre il suo stop. Un messaggio duro, almeno nella forma, tanto che, poco dopo, Palazzo Chigi smussa le parole del premier: “Conte non ha fatto riferimento a singoli ministri o forze politiche, ha fatto un discorso più generale”. Come dire: Conte non indicava né Renzi né Di Maio quando diceva che chi non fa squadra è fuori. Non foss’altro, a onore del vero, che Di Maio è non solo un socio di maggioranza ma è quello che Conte l’ha se non nominato almeno più volte indicato. Conte tira dritto: non annuncia ancora alcun vertice di maggioranza, come richiesto dal Movimento, e avverte che la manovra è stata approvata e quindi non tornerà in Consiglio dei ministri. Se i contatti tra Conte e Di Maio per ora erano assenti, in queste ore, l’asse creatosi sembra più quello tra il Pd e il premier. Questi attacchi, da qualsiasi parte provengano, non fanno bene al Paese, e’ il ragionamento che si fa a Palazzo Chigi, dove c’e’ una consapevolezza: se cade questo governo si torna al voto. Ed e’ una consapevolezza che si aggancia a quello che, nel 2018, fece intendere il presidente Sergio Mattarella: a seguito del voto del 4 marzo c’erano due maggioranze percorribili; una volta percorse non restano che le urne. E’ attorno a questo concetto che Pd, M5S e, almeno per ora, Iv, sono chiamati a ritrovare una quadra. Dall’altro parte, infatti, c’e’ una piazza della Lega e del centrodestra che attacca, urla, chiede incessantemente il ritorno alle elezioni. E a Salvini Conte replica per le rime. Abbiamo le mani sporche di sangue? “Queste sono stupidaggini, io ho difeso il nome dell’Italia in Ue rispetto ad una propaganda che ci stava facendo male”, sottolinea Conte difendendo, nel corso del suo mini-tour a Eurochocolate, la manovra. “Che io sia contro il popolo delle partite Iva e’ una fesseria, io ho firmato il provvedimento che prevede l’aliquota del 15% fino a 65mila e, con le risorse del piano anti-evasione puntiamo a ridurre fino a 100mila”, rimarca il capo del governo in una giornata in cui Confindustria chiede avverte: “se la manovra peggiora meglio andare a casa”. Ma la manovra non cambia, assicura, in perfetto asse con Conte, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Conte in Umbria tornera’ giovedi’ e a Perugia, oggi, si fa vedere al fianco del candidato Pd-M5S Vincenzo Bianconi. Anche perche’, nell’alleanza giallo-rossa Conte ci crede. “E’ un esperimento interessante” ammette chiarendo pero’ che le Regionali non sono un test del governo”, spiega il premier, avvertendo, al tempo stesso, i potenziali alleati: “il mio programma di governo e’ esplicito, io non cerco voti”.