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Mamma Rai ha deciso: Amadeus è il conduttore e il direttore artistico della 70esima edizione di Sanremo

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Dieci giorni fa era arrivato l’endorsement beneaugurante di Fiorello, amico e collega fin dai tempi di Radio Deejay. Oggi – dopo una trattativa che sarebbe andata avanti per tutta la notte – la Rai ha sciolto le riserve: Amadeus sara’ il gran cerimoniere e il direttore artistico di Sanremo 2020, l’edizione che dal 4 all’8 febbraio celebrera’ i 70 anni del festival e che l’azienda, su tutti l’amministratore delegato Fabrizio Salini, vuole consegnare agli annali. “Ho avuto oggi la notizia che uno aspetta da una vita quando fa il presentatore: il sogno, da quando si e’ ragazzi, e’ quello di poter condurre da grandi il Festival di Sanremo”, commenta emozionato Amadeus. “Sono felicissimo. Ringrazio innanzi tutto la Rai, veramente tutta la Rai, partendo dall’amministratore delegato Fabrizio Salini, il mio direttore Teresa De Santis, e tutti quanti hanno voluto fortemente che fossi io a condurre ma anche a mettere in piedi, visto che saro’ anche direttore artistico, il prossimo festival di Sanremo. E adesso, dopo qualche breve giorno di vacanza ci metteremo subito al lavoro, perche’ non dimentichiamo che sara’ la 70/a edizione, e’ un numero importante. Sara’ il Sanremo di tutti quanti e quindi lasciatemi dire: viva Sanremo”.

Un festival quindi “nel segno della storia”, ma anche un “evento multipiattaforma”, in grado di spingere ancora di piu’ sul coinvolgimento dei giovani, consolidando una tendenza in atto da diversi anni. E soprattutto un’edizione corale, che vedra’ Amadeus affiancato da diversi compagni di viaggio: si scommette gia’ su incursioni, magari in tutte le serate, del sodale Fiorello, che si e’ gia’ ‘sbilanciato’ nei giorni scorsi sulla sua presenza all’Ariston, anche in un siparietto con Jovanotti (“Ci chiami come ospiti?). E si pensa anche, naturalmente, a Pippo Baudo, recordman assoluto con 13 conduzioni, a Fabio Fazio, Carlo Conti e Piero Chiambretti. In un’edizione dagli spiccati accenti celebrativi non manchera’ il Dopofestival, “che sara’ costruito – assicura la Rai – all’insegna dell’innovazione”.

A convincere l’azienda, in particolare Salini, alla scelta di Amadeus, affidandogli anche la direzione artistica – ruolo cruciale per la realizzazione del festival, finito in passato al centro delle polemiche per presunti conflitti di interessi – sarebbe stato proprio il progetto, in grado di conciliare l’occasione ‘istituzionale’ con spunti di novita’, come emerso anche dal tavolo attorno al quale l’ad ha riunito due giorni fa tutti gli stakeholders del festival. Ma avrebbe avuto il suo peso anche la spinta degli investitori pubblicitari, pronti a puntare su un volto popolare, che entra tutti i giorni – grazie a Soliti ignoti, il game show dell’access prime time – nelle case degli italiani. Una quotidianita’ che ha gia’ giocato a favore di altri conduttori del festival, dallo stesso Conti ad Antonella Clerici a Paolo Bonolis. Amedeo Umberto Rita Sebastiani, per tutti ‘Ama’, corona cosi’ a 56 anni il sogno di tutti i conduttori, in un’estate speciale che lo ha visto anche sposare con rito religioso la sua Giovanna Civitillo, conosciuta durante L’Eredita’ e mamma di Jose’ Alberto, dopo le nozze civili di dieci anni fa. Nato a Ravenna nel 1962, pallino per la musica, ha iniziato con la gavetta a Radio Deejay e la benedizione di Claudio Cecchetto; poi e’ stata la volta dei Festivalbar, di show e quiz che lo hanno visto affermarsi tra Rai e Mediaset. Il momento piu’ difficile, forse, nel 2006, quando passo’ a Cologno Monzese ma rimase fermo per due anni. Nel 2008 la rinascita con mamma Rai: Mezzogiorno in famiglia, gli speciali Capodanno, Reazione a catena, Stasera tutto e’ possibile, Ora o mai piu’ e soprattutto Soliti ignoti. E ora tocca a lui, ‘ex ‘solito ignoto’, la ribalta dell’Ariston.

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Emmy, a sorpresa ‘Hacks’ è la miglior commedia

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‘Hacks’ ha vinto a sorpresa come miglior serie comica alla 76ma edizione degli Emmy. Lo show Hbo/Max su una matura comedian che deve riconquistare pubblico e verve, ha strappato il premio più pesante tra le commedie per il piccolo schermo alla favorita The Bear, che si aspettava di bissare con la seconda stagione il trionfo della passata edizione. ‘Hacks’ vince anche per la scrittura (nella squadra anche la sceneggiatrice italiana Lucia Aniello) e per la protagonista, la 73enne Jean Smart. Nessun imprevisto, invece, all’apertura della busta per la migliore serie drammatica: ‘Shogun’ si è portata a casa la statuetta senza smentire i pronostici, arrivando a un montepremi da record di 18 Emmy in un’unica stagione, se si sommano i 14 ottenuti nelle categorie tecniche. Finora, deteneva il primato l’ultima stagione di ‘Games of Thrones’, che aveva guadagnato 12 Emmys. Lo show prodotto da Hulu-Disney+ e girato anche in giapponese è il primo in lingua non inglese a ottenere il riconoscimento più prestigioso degli ‘Oscar della televisione’. Solo il sudcoreano ‘Squid Game’ era arrivato in finale due anni fa, ma poi aveva vinto ‘Succession’.

L’epopea sugli intrighi del Giappone feudale ha vinto anche per la regia e per i migliori protagonisti con Hiroyuki Sanada, che interpreta l’imponente lord Yoshii Toranaga, e Anna Sawai, per il suo ruolo della finta placida Lady Mariko. La miniserie che è piaciuta di più alla Television Academy è stata la black comedy di Netflix ‘Baby Reindeer’, che conquista altri tre premi per la sceneggiatura e per il ruolo da protagonista a Richard Gadd, che ha raccontato la propria esperienza di vittima di stalking, e all’attrice secondaria Jessica Gunning, che veste i panni dell’ossessiva Martha. “Non pensavo che avrei rimesso insieme i cocci della mia vita dopo quello che mi è successo – ha detto il comedian accettando la statuetta, sul palco del Peacock con il kilt a ricordare le origini scozzesi -. Questa è per tutti quelli che attraversano periodi difficili: niente dura per sempre, alla fine la situazione migliora”. Anche ‘The Bear ha vinto quattro Emmy che, sommati a quelli vinti ai Creative Arts dello scorso fine settimana, diventano 11 vittorie quest’anno, rispetto alle 10 ottenute nella 75ma edizione del premio, che si è tenuta a gennaio, in ritardo rispetto alla consueta data di metà settembre, per via degli scioperi a Hollywood.

Anche se i Berzatto non sono più la commedia dell’anno, lo chef tormentato Carmy è ancora il miglior protagonista di una serie comica: un bis sul palco del Peacock per Jeremy Allen White, che ha dichiarato: “Questo show mi ha cambiato la vita e racconta che cambiare è sempre possibile. Basta crederci”. Vince per ‘The Bear’ anche Liza Colón-Zayas, 52 anni, alla prima nomination. La sua Tina, la cuoca latina che trova una seconda occasione proprio tra i fornelli e i piatti rotti del ristorante che dà il nome alla serie Fx, le ha fatto ottenere l’Emmy come miglior interprete non protagonista. Ebon Moss-Bachrach trionfa per la seconda volta di fila per il ruolo secondario del cugino Richie. Lo showrunner Chris Storer ha vinto per la regia, anche lui bissando la vittoria per la prima stagione. ‘Ripley’, la serie Netflix girata in Italia, ha portato a casa l’Emmy per la miglior regia di una serie limitata a Steven Zaillian, che era già stato nominato nel 2017 per ‘The Night Of’. “Fare ‘Ripley’ in Italia è già un premio, è stato un sogno. Condivido questo premio con le centinaia di persone che hanno lavorato con me, gli attori, la troupe e le maestranze”. Secondo il produttore romani Enzo Sisti, era italiano il 97% della crew che ha creato le otto puntate sull’enigmatico artista della truffa interpretato da Andrew Scott.

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Danza: morta a 29 anni Michaela DePrince, star in video Beyonce’

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E’ morta a 29 anni Michaela Mabinty DePrince, la ballerina nata durante la guerra civile in Sierra Leone, diventata famosa dopo la sua partecipazione al video dell’album ‘Lemonade’ di Beyonce’. L’annuncio e’ comparso sulla sua pagina Instagram ufficiale, senza nessuna informazione sulle cause del decesso. “E’ stata un faro di speranza per molti, dimostrando che, indipendentemente dagli ostacoli, la bellezza e la grandezza possono emergere dai luoghi piu’ oscuri”, si legge nel post, che riassume alcuni passaggi chiave della sua carriera. Michaela Mabinty DePrince e’ stata la piu’ giovane prima ballerina del Dance Theatre di Harlem, prima di trasferirsi nei Paesi Bassi per ballare con il Dutch National Ballet.

Al rientro negli Stati Uniti ha danzato come seconda balleria nel Boston Ballet. Rimasta orfana dopo l’uccisione del padre durante la guerra civile in Sierra Leone e la morte della madre per fame, DePrince era finita in un orfanotrofio, dove veniva chiamata ‘la figlia del diavolo’ e maltrattata dagli assistenti a causa della vitiligo che chiazzava la sua pelle nera di bianco. All’eta’ di tre anni era rimasta affascinata dalla copertina di una rivista trovata fuori dall’orfanotrofio in cui compariva una ballerina; l’aveva conservata, sognando di diventare un giorno come lei.

Poi la bambina era stata adottata, assieme alla sorella Mia, da una coppia statunitense del New Jersey, che ha incoraggiato la sua passione per la danza facendole prendere lezioni. Ma anche negli Stati Uniti ha inizialmente subito discriminazioni, da danzatrice nera in un ambiente dominato da ballerine bianche. La sua storia e’ raccontata nell’autobiografia, ‘Taking Flight: From War Orphan to Star Ballerina’, scritta assieme alla madre adottiva e pubblicata nel 2014. DePrince e’ stata anche ambasciatrice per l’organizzazione War Child Holland, impegnata a promuovere il benessere e la salute mentale dei bambini che vivono in zone di guerra.

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Polemica sul Centro Sperimentale di Cinematografia e accuse a Castellitto: consulenze costose e lavoratori licenziati

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Una polemica dirompente si abbatte sul Centro Sperimentale di Cinematografia (CSC) di Roma, con il presidente Sergio Castellitto al centro delle accuse. Tra spese considerate inopportune, consulenze esorbitanti e licenziamenti di lavoratori, la gestione del CSC è ora sotto i riflettori. A sollevare il caso è Marco Grimaldi, vicepresidente di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, che ha annunciato un’interrogazione parlamentare al ministro della Cultura, Alessandro Giuli, per chiarire diverse questioni. La questione viene affrontata oggi dal quotidiano La Repubblica con un ampio servizio.

Al centro della polemica c’è l’affitto di una villa storica durante il Festival di Venezia. La prestigiosa Villa Gallo, a pochi passi dal Lido, sarebbe stata affittata per 24mila euro dal CSC nei giorni del festival. Grimaldi ha dichiarato che verificherà tramite accesso agli atti, poiché la spesa non è ancora stata inserita nella sezione “Amministrazione Trasparente” del sito del CSC, come richiesto dalle normative anticorruzione.

Oltre all’affitto, Grimaldi ha denunciato l’aumento delle consulenze, alcune delle quali destano perplessità. Tra queste, spiccano i 4mila euro pagati a Margaret Mazzantini, moglie di Castellitto, per la sua partecipazione come relatrice a un convegno sugli artisti in guerra, al quale ha preso parte anche lo scrittore David Grossman, compensato con la stessa cifra. Inoltre, Angelo Tumminelli, storico produttore teatrale, ha ottenuto un incarico annuale da 105mila euro per “attività di ausilio al Presidente”, ruolo che Grimaldi definisce non strettamente necessario.

Le consulenze legali hanno sollevato ulteriori dubbi. Il CSC ha infatti ingaggiato tre avvocati con un costo complessivo di 417mila euro, nonostante la possibilità di usufruire del gratuito patrocinio dell’Avvocatura dello Stato. Altri incarichi includono un responsabile della comunicazione, Mario Sesti, per 40mila euro, e un direttore editoriale, Monsignor Dario Edoardo Viganò, pagato 25mila euro.

La controversia non si limita alle spese: Grimaldi ha puntato il dito anche contro i licenziamenti avvenuti all’interno del CSC, tra cui quello di Stefano Iachetti, dirigente della Cineteca Nazionale. Secondo Grimaldi, Iachetti sarebbe stato allontanato per aver difeso i 17 collaboratori licenziati, molti dei quali avevano contribuito al restauro premiato del film Ecce Bombo.

In questo scenario, il vicepresidente di Alleanza Verdi e Sinistra chiede chiarimenti urgenti sulle decisioni prese sotto la presidenza di Castellitto, sollevando dubbi sulla gestione delle risorse del CSC, in un momento in cui i lavoratori vengono mandati a casa mentre le consulenze aumentano.

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