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Cronache

Malato si autoproduce la cannabis, assolto: non è reato

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Non e’ reato coltivare cannabis nel giardino di casa se l’uso e’ solo terapeutico. Lo ha stabilito un tribunale, quello di Arezzo, assolvendo con formula piena, ‘perche’ il fatto non sussiste’, Walter De Benedetto, 48 anni, malato di artrite reumatoide e imputato per aver coltivato cannabis nel giardino per lenire i dolori. Per il ministro per le Politiche giovanili Fabiana Dadone la sentenza segna “un giorno storico”: “Walter De Benedetto aveva allestito una serra di marijuana per usare la sostanza a scopo terapeutico. Quella serra non era reato e oggi arriva l’assoluzione. Questa sentenza e’ naturale, ovvia, scontata”, ha sottolineato la ministra che la la delega per le politiche antidroga. Dadone ha ricordato anche che “in Italia i malati sono costretti a battaglie legali perche’ abbiamo troppi legislatori che rifiutano pregiudizialmente un confronto nel merito” e invita a un “atto di coerenza i detrattori della legalizzazione della marijuana che ritengono ‘cattivi maestri’ quelli a favore”. “Posso non assumere stupefacenti – chiosa – ed essere per la legalizzazione della marijuana”. Il capogruppo in commissione Giustizia alla Camera del M5s Eugenio Saitta chiede di cambiare la legge. “De Benedetto – afferma – e’ stato assolto ma ci sono altri casi e ce ne saranno ancora se non cambiano le leggi: per questo si chiede di aprire la produzione di cannabis terapeutica anche a privati e semplificare la burocrazia”. L’associazione Luca Coscioni, da parte sua, chiede norme nuove: “L’assoluzione apre nuovi scenari che per De Benedetto sono positivi ma che per chi si trova in situazioni simili devono essere chiarite da una norma di legge”. E se al Senato Emma Bonino mostra in aula una foto di De Benedetto dicendo che il suo e’ “un caso grottesco”, da Palermo una mozione approvata dall’Assemblea siciliana impegna il governo regionale di Musumeci a fare tutte le iniziative utili per una modifica legislativa per consentire la coltivazione in forma domestica e per uso personale della cannabis. I Radicali poi segnalano che “in 20 citta’ abbiamo manifestato di fronte ad altrettanti tribunali a sostegno di Walter. L’applauso” per l’assoluzione da parte “di quei tanti e’ stato emozionante”. Per il leader di Si Nicola Frantoianni “finalmente si e’ conclusa l’assurda via crucis giudiziaria di Walter De Benedetto, che affetto da artrite reumatoide che comporta una progressiva perdita di mobilita’ faceva uso di cannabis terapeutica, come da prescrizione medica”. E’ invece “da irresponsabili utilizzare la sentenza di Arezzo come grimaldello per aprire la strada alla legalizzazione” secondo il parlamentare della Lega Jacopo Morrone: per lui la “cannabis a uso medicinale da utilizzare sotto stretto controllo medico non puo’ essere usata per invocare surrettiziamente la licenza a consumare droghe. Serve una riflessione sui danni che sostanze considerate a torto piu’ leggere provocano”. Walter De Benedetto ha sempre detto di aver assunto cannabis a uso curativo sostenendo che la quantita’ fornita dalla Asl gli era insufficiente. Le sue ragioni sono state riconosciute pure dal pm Laura Taddei che ha chiesto al giudice Fabio Lombardo l’assoluzione, cosa scritta nella sentenza, la prima inquadrata nella nuova normativa che disciplina la produzione di cannabis in Italia a scopo terapeutico. “Sono soddisfatto, non solo per me ma anche per tutti coloro che vivono nelle mie stesse difficolta’ proprio perche’ e’ stato affermato il principio del diritto di cura con la cannabis terapeutica”, ha affermato lo stesso De Benedetto che ha saputo a casa della decisione (non si era sentito bene e non e’ andato in udienza). Lo sviluppo della vicenda da’ impulso a iniziative nuove. “Ora – dice Giuseppe Brescia (M5s) – inizia il lavoro del Parlamento per modificare leggi proibizioniste e dannose”.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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Aggressione omofoba a Federico Fashion style, ‘botte e insulti’

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Preso a schiaffi e pugni sul treno e insultato da un passeggero solo perchè gay. Un’aggressione omofoba che ha visto sul treno Milano-Napoli vittima Federico Lauri, conosciuto come Federico Fashion Style, parrucchiere e volto tv. Lo racconta lui stesso sui social e un’intervista al Corriere della Sera on line. “Preso a schiaffi e pugni in faccia su un treno Italo davanti agli occhi di tutti — scrive Federico, che è anche un volto di Real Time —Essere insultato, denigrato e aggredito per l’orientamento sessuale è vergognoso. Vi prego smettetela di chiamare la gente fr… L’omosessualità non è una malattia». L’aggressione è avvenuta sul Milano Napoli all’altezza di Anagni. Il treno si ferma per un guasto, Lauri chiede informazioni e un passeggero prima lo insulta con frasi omofobe e poi lo picchia. Lauri finisce all’ospedale a Colleferro cn un trauma cranico e una prognosi di 15 giorni. Ora promette che denuncerà tutto. “Questa bestia mi ha dato un cazzotto, ma se avesse avuto un coltello mi avrebbe accoltellato -dice al Corriere- Il rischio è uscire di casa e non rientrare più. L’omofobia è la malattia, non l’omosessualità. Loro si devono curare”.

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Lo stupro di Palermo, la difesa vuole la vittima in aula

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Dentro l’aula è scontra tra accusa e difesa. Fuori dal tribunale di Palermo i familiari dei detenuti che arrivano con il pullman della polizia penitenziaria sono in attesa di salutare ‘i loro ragazzi’ mentre non lontano una decina di associazioni hanno dato vita ad un sit in per chiedere di essere ammesse come parti civili. Sono in aula cinque dei sei giovani indagati per lo stupro di gruppo a una 19enne avvenuto lo scorso 7 luglio a Palermo in un cantiere abbandonato del Foro Italico. Uno solo segue l’udienza in videoconferenza, collegato da una sala del carcere dove è recluso. Assente la vittima dello stupro, ospite in una comunità protetta, fuori dalla Sicilia. L’unico minorenne del branco è in un istituto minorile, dopo essere stato già condannato a 8 anni e 8 mesi in abbreviato. L’udienza preliminare davanti al gup Cristina Lo Bue per i sei maggiorenni – Elio Arnao, Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Angelo Flores, Samuele La Grassa e Christian Maronia – si apre in un clima di scontro aperto tra le parti. I legali degli indagati hanno già preannunciato le contromosse per ribaltare le accuse nei confronti dei loro assistiti.

La linea difensiva è chiara ed è legata alla richiesta di ascoltare nuovamente la vittima alla luce delle “nuove prove” che gli avvocati avrebbero raccolto. Alla prossima udienza chiederanno l’abbreviato condizionato a una nuova audizione della vittima, già ascoltata dal gip di Palermo Clelia Maltese due mesi fa nel corso dell’incidente probatorio. Il materiale raccolto dalla difesa già in un’udienza stralcio a marzo non era stato ammesso fra le carte del procedimento, ma i legali insistono. Secondo gli avvocati le nuove prove dimostrerebbero in sostanza che la giovane era consenziente. Una linea difensiva che non sorprende l’avvocato Carla Garofalo, legale della ragazza. “Questa è letteratura – spiega -, lo fanno in tutti i processi per stupro. Lo farei anche io, ma è improbabile perché mai difenderò un indagato per stupro. In ogni caso questa tesi è insostenibile, perché ci sono i filmati che parlano (i video girati con i cellulari dagli stessi indagati ndr)”.

La legale parla di “un ambiente tossico” attorno alla sua assistita “che a Pasquetta è stata pesantemente minacciata e aggredita” e denuncia “una campagna denigratoria nei confronti della ragazza durata tutta l’estate”. “Io, purtroppo – aggiunge -, sono entrata nel processo solo a gennaio per cui non ho potuto gestire e seguire la parte precedente”. L’avvocato Garofalo sottolinea anche lo stato di profonda prostrazione vissuto dalla giovane: “ha alti e bassi, momenti di angoscia e di speranza. Per fortuna abbiamo un buon rapporto. Sta raccogliendo i cocci di tutto lo sfacelo attorno a lei, con aggressioni continue. E a volte si chiede chi glielo ha fatto fare”. Attorno alla ragazza vittima dello stupro si sono strette una decina di associazioni che oltre a manifestare davanti al tribunale hanno chiesto di costituirsi parte civile, così come ha fatto il Comune di Palermo. Il Gup ha rinviato ogni decisione alla prossima udienza, fissata per il 29 aprile. Se il giudice non ammetterà l’abbreviato condizionato i legali degli imputati dovranno scegliere tra l’abbreviato “secco” o l’ordinario.

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