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Salute

Malaria, in Africa la prima campagna di vaccinazione su larga scala per salvare migliaia di bambini

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Proteggere centinaia di migliaia di bimbi dalla malaria grazie a un vaccino non è più un’ipotesi lontana, ma una realtà. L’avvio di una vaccinazione su larga scala è avvenuto oggi in Malawi nell’ambito di un progetto pilota che partira’, nelle prossime settimane, anche in altri due paesi africani, Ghana e Kenya. L’obiettivo è raggiungere 360mila bambini ogni anno. Ad annunciare quello che per gli esperti segna un vero e proprio momento storico e’ stata l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), due giorni prima della Giornata Mondiale contro la Malaria, che si celebra il 25 aprile. Trasmessa dalla puntura di una zanzara infetta, la malaria colpisce circa 219 milioni di persone ogni anno, soprattutto in Africa, e ne uccide 435.000, tra cui ben 250.000 bimbi sotto i 5 anni, ovvero uno ogni due minuti. “Abbiamo visto enormi progressi nel controllo della malaria negli ultimi 15 anni, ma tali progressi si sono fermati e addirittura invertiti in alcune aree. Abbiamo bisogno di nuove soluzioni e questo vaccino ci fornisce uno strumento promettente”, ha commentato il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus. Il lancio del primo e, finora, unico vaccino dimostratosi in grado di offrire una protezione parziale contro la malaria, e’ “un momento storico nella lotta a uno dei principali killer dei bimbi africani”, secondo le parole di Pedro Alonso, direttore del Programma Globale dell’Oms per la Malaria.

Un momento frutto di un percorso iniziato oltre trenta anni fa, nel 1987. Dopo due decenni di progettazione e sviluppo, tra il 2009 e il 2014, il vaccino RTS,S e’ stato testato in uno studio di fase 3 su migliaia di bimbi, dimostrandosi in grado di prevenire 4 casi su 10 di malaria e un terzo dei casi piu’ gravi, con riduzioni significative di ricoveri e trasfusioni di sangue. Nel 2015 l’Agenzia europea per i farmaci (Ema) ha emesso parere scientifico positivo e nei test clinici su larga scala che hanno coinvolto migliaia di bambini africani il vaccino e’ stato generalmente ben tollerato. Ora l’avvio di un programma pilota permettera’ di evidenziare dati in grado di influenzare le raccomandazioni politiche a un uso piu’ ampio. Coordinato dall’Oms, vede la collaborazione di numerosi partner internazionali, tra cui GSK (lo sviluppatore e produttore di vaccini) che donera’ a 10 milioni di dosi. A finanziare il progetto, una collaborazione tra GAVI Alliance (Alleanza globale per i vaccini), Unitaid e il Fondo globale per la lotta a Aids, tubercolosi e malaria. I Paesi pilota coinvolti, Ghana, Kenya e Malawi sono stati selezionati sulla base di criteri chiave come la presenza di sistemi di vaccinazione ben funzionanti. Il programma riguarderà aree con trasmissione della malaria moderata-alta, in cui il vaccino può avere il maggiore impatto. Qui sara’ somministrato ai bimbi in 4 dosi: 3 dosi tra 5 e 9 mesi di età e la quarta a 2 anni. Tuttavia, ricorda l’Oms in vista del World Day, l’immunizzazione andrà ad aggiungersi, e non potrà sostituirsi, alle armi oggi in uso e che hanno permesso di fare ampi progressi: ovvero zanzariere imbevute di insetticidi, spray repellenti, disinfestazioni, diagnosi tempestiva e trattamento con antimalarici.

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Salute

Cibo industriale dà infiammazione legata a rischio cancro colon

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Gli alimenti ultra-lavorati (il cibo industriale come le merendine, i cereali per la prima colazione ma anche i piatti pronti, i cibi liofilizzati, comprese le zuppe di verdure ritenute salutari) potrebbero aumentare il rischio di cancro del colon-retto. Lo rivela uno studio sulla rivista Gut, secondo cui il cibo industriale induce infiammazione cronica ed è questo che porta all’aumento di rischio.

Lo studio è stato condotto da esperti University of South Florida and Tampa General Hospital Cancer Institute. La dieta occidentale di solito consiste in un consumo eccessivo di zuccheri aggiunti, grassi saturi, alimenti ultra-lavorati, sostanze chimiche e oli di semi infiammatori. In studi precedenti, l’USF Health Heart Institute ha scoperto che una dieta squilibrata non solo ha un impatto sul cancro del colon-retto, ma svolge anche un ruolo in altre malattie, tra cui l’Alzheimer, il diabete e le condizioni cardiovascolari. In questo nuovo studio gli esperti hanno utilizzato una tecnica analitica altamente sensibile per identificare tracce di lipidi in 162 campioni di tumore prelevati da pazienti del Tampa General Hospital.

All’interno dei tumori, il team ha osservato un eccesso di molecole che promuovono l’infiammazione e una carenza di quelle che aiutano a risolverla e a promuovere la guarigione. Questi risultati aprono la strada a un nuovo approccio naturale che si concentra sul ripristino dell’equilibrio nella dieta del paziente per trattare il cancro colorettale in modo più efficace. Secondo gli esperti invertendo l’infiammazione attraverso il consumo di alimenti sani e non trasformati, ricchi di acidi grassi omega-3 e di derivati dell’olio di pesce potrebbe ripristinare i meccanismi di guarigione dell’organismo aiutando la lotta al cancro.

Le prime sperimentazioni condotte con derivati specializzati dell’olio di pesce si sono rivelate promettenti per affrontare l’infiammazione alla radice. Le prove sono in corso presso il TGH Cancer Institute e il team continuerà a studiare l’impatto di questo approccio sul trattamento dei pazienti e sulla prevenzione delle malattie.

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Virus in Congo, a Lucca un paziente con sintomi simili

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Febbre e anemia, gli stessi sintomi del virus misterioso che in Congo ha già fatto trenta morti. Tanto è bastato per far scattare gli accertamenti su un paziente, già guarito e dimesso, proveniente dal paese africano e ricoverato nell’ospedale San Luca di Lucca dal 22 novembre al 3 dicembre. L’ospedale di Lucca, dopo l’allarme sanitario per il focolaio congolese, ha informato l’Istituto Superiore di Sanità ed i campioni prelevati dal paziente stanno per arrivare all’ISS.

L’uomo, un cinquantenne, lavora in Congo a circa 700 km dalla zona di Panzi dove sono stati stato documentati casi e decessi per il misterioso virus. Rientrato in Italia ha manifestato “una sintomatologia influenzale potenzialmente riconducibile alla malattia che sta colpendo una regione del paese africano”, come precisa in una nota Maria Rosaria Campitiello, Capo dipartimento della prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie del ministero della Salute.

“E’ stato ricoverato con febbre e anemia ma, adesso sta bene come lo sono i suoi familiari. Solo per scrupolo è stato ricontattato per accertamenti, ma ad oggi non c’è pericolo di contagio”, ha spiegato Spartaco Sani, responsabile delle malattie infettive dell’ospedale lucchese San Luca dove è stato ricoverato il paziente.

“E’ stato richiamato per accertamenti per una questione di massima precauzione” dopo che si era avuta notizia del focolaio congolese, sottolinea la Asl Toscana nord ovest, a cui fa capo l’ospedale di Lucca. Quando il paziente è stato ricoverato nell’ospedale di Lucca, infatti, “non era ancora noto il focolaio emerso in Congo”, ha chiarito la Asl. “Per scrupolo, dopo la sua dimissione”, avuta notizia dell’attenzione delle autorità sanitarie nazionali ed internazionali rispetto al focolaio congolese, “è stato richiamato per accertamenti e, come protocollo, per massima precauzione, è stato contattato l’Istituto Superiore della sanità per l’eventuale invio di campioni di sangue”.

L’Azienda sanitaria evidenzia che la struttura di malattie infettive, insieme a direzione sanitaria e ospedaliera e al dipartimento della prevenzione, ha effettuato un lavoro di verifica a 360 gradi sulla vicenda e “non ci sono al momento profili di rischio”. Questo dunque potrebbe essere il primo caso sospetto in Italia della ‘malattia misteriosa’ che ha come sintomi ha febbre, mal di testa, mal di gola, tosse, difficoltà respiratorie e anemia.

Un virus che ha colpito in particolare l’area di Panzi, località del Sud-Ovest del Paese, che si trova a più di 700 km dalla capitale Kinshasa. Secondo il ministero della Sanità congolese l’epidemia dura da oltre 40 giorni ed i morti accertati in presidi sanitari sono circa 27 su 382 contagiati. Altri 44 decessi sono stati registrati nei villaggi limitrofi, ma senza una verifica della diagnosi, per un totale di circa 70 morti in una vasta area. Una gran parte dei decessi si deve però alla totale mancanza di cure.

Il tasso di mortalità è intorno all’8%, tale da meritare attenzione ma non allarmismo. Gli infettivologi stanno cercando di stringere il cerchio su una rosa di potenziali responsabili di quanto sta avvenendo: dalla febbre emorragica, a qualche forma di polmonite, ai contagi respiratori. “Dalla sintomatologia potrebbe trattarsi di una febbre emorragica. Sono delle forme virali come per esempio Ebola o la febbre emorragica di Congo-Crimea, cioè fondamentalmente infezioni che già sono note, magari sostenute da un nuovo virus che ci auguriamo venga presto identificato”, ha detto l’infettivologo Matteo Bassetti, Direttore della Clinica Malattie infettive dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova.

“In Congo e Camerun, con la presenza della foresta equatoriale ed una grandissima varietà di animali, si concentra la maggiore parte dei virus del pianeta. Un luogo ideale per l’ormai noto salto di specie (spillover), il processo naturale per cui un patogeno degli animali evolve e diventa in grado di infettare, riprodursi e trasmettersi all’interno della specie umana”, è invece il ragionamento di Carlo Perno, responsabile Microbiologia e diagnostica di immunologia, dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù.

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Salute

Prevenzione oncologica: la Calabria rilancia la sfida contro il cancro del colon-retto

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La Calabria, fanalino di coda nelle adesioni agli screening oncologici, ha lanciato un appello accorato durante l’evento “Prevenzione del cancro del colon-retto in Calabria: uniti per la salute di tutti”, tenutosi al Teatro Comunale di Catanzaro. L’incontro, promosso da MG Production e patrocinato dalla Regione Calabria, ha evidenziato i ritardi preoccupanti nella prevenzione del cancro del colon-retto (CRC), uno dei tumori più pericolosi ma spesso prevenibili.

Secondo i dati presentati dalla Fondazione Gimbe, nel 2022 il tasso di adesione agli screening per il CRC in Calabria era appena del 2,72%, contro una media nazionale del 28,23%. Il divario è evidente anche per altri tumori:

  • Tumore della mammella: 8,61% di adesioni in Calabria contro il 43,1% italiano.
  • Tumore della cervice uterina: 12,29% contro il 41,23%.

Questa mancanza di prevenzione ha conseguenze gravi: quasi il 96% dei carcinomi e adenomi avanzati rimane non diagnosticato.

L’importanza della diagnosi precoce

Il cancro del colon-retto è un killer silenzioso, spesso diagnosticato in fase avanzata a causa della scarsa consapevolezza e adesione agli screening. Nino Cartabellotta, presidente di Fondazione Gimbe, ha dichiarato:

“I dati sono allarmanti. Senza diagnosi precoce e trattamento tempestivo, stiamo perdendo l’opportunità di salvare vite. Serve un piano straordinario per riportare gli screening oncologici al centro delle politiche sanitarie.”

Le nuove tecnologie al servizio della prevenzione

Le innovazioni tecnologiche rappresentano un grande alleato nella lotta contro il CRC. Guido Costamagna, direttore del Centro di Malattie Gastrointestinali dell’Ospedale Isola Tiberina Gemelli, ha sottolineato:

“Abbiamo strumenti diagnostici avanzati, ma il problema resta l’aderenza alle prime fasi dello screening. La colonscopia, se eseguita dopo il test del sangue occulto, offre un’alta probabilità di individuare e rimuovere lesioni precancerose.”

Anche Guido Beccagutti, direttore generale di Confindustria Dispositivi Medici, ha evidenziato come l’Italia eccella nella produzione di dispositivi diagnostici, una risorsa fondamentale anche per una regione come la Calabria.

Le iniziative della Regione Calabria

Il sub-commissario alla Sanità della Regione Calabria, Ernesto Esposito, ha illustrato le strategie adottate per migliorare la situazione:

  • Incremento degli inviti agli screening: aumento del 50% per raggiungere il 72,5% della popolazione target.
  • Motorhome attrezzati: entro il 2025 saranno disponibili cinque unità mobili per screening oncologici (mammella, cervice uterina, colon-retto), distribuite in tutta la regione.
  • Coinvolgimento dei medici di base: inserimento degli screening oncologici nell’accordo regionale con le Aggregazioni Funzionali Territoriali.

Un messaggio di sensibilizzazione e speranza

Durante l’evento, testimonianze di ex pazienti e un documentario realizzato con il contributo di 12 gastroenterologi calabresi hanno messo in evidenza l’importanza di adottare stili di vita sani e riconoscere i sintomi del CRC. Il video, un viaggio tra le strutture sanitarie regionali, ha sottolineato il ruolo cruciale della prevenzione e delle tecnologie avanzate.

La lotta contro il cancro del colon-retto in Calabria rappresenta una sfida cruciale per la salute pubblica. Come ha sottolineato Esposito, “La prevenzione deve diventare una priorità assoluta per garantire un accesso equo alla salute, anche nei territori più remoti.” 

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