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Cronache

Magistrati arrestati, incontri e mazzette “conservati” in agenda dell’imprenditore Dagostino

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Sono due agende a scandire le tappe degli incontri e delle tangenti che hanno incastrato alcuni degli indagati dalla Procura di Lecce per procedimenti penali e sentenze pilotate a Trani negli ultimi dieci anni in cambio di soldi, gioielli e viaggi. Una vera e propria associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari che ieri e’ costata le manette ai magistrati di Roma Antonio Savasta e Michele Nardi, all’epoca dei fatti entrambi in servizio a Trani, e all’ispettore di polizia pugliese Vincenzo Di Chiaro. Le agende sono quelle personali di Luigi Dagostino, imprenditore toscano ora interdetto su disposizione dei magistrati salentini, su cui l’indagato annotava le somme di denaro da consegnare ad avvocati e magistrati e ogni appuntamento, come quelli con l’ex sottosegretario Luca Lotti a Palazzo Chigi, o con Tiziano Renzi padre dell’ex premier. Savasta all’epoca indagava, tra gli altri, proprio su Dagostino che per ottenere un trattamento di favore avrebbe iniziato ad elargire doni, anche non economici, come l’incontro con Lotti. Il magistrato si aspettava dal sottosegretario “una mano” per essere inserito “in qualche commissione in materia di appalti” ha dichiarato lui stesso durante un interrogatorio. L’incontro, del 17 giugno 2015, sarebbe stato organizzato per il tramite di Tiziano Renzi, ex socio di Dagostino. Era il periodo in cui Savasta si stava “attivando per costruirsi appoggi strumentali ad alternative professionali” perche’ sulla sua testa pendevano diversi procedimenti penali e disciplinari. Si inserisce in quello stesso arco temporale una cena alla quale aveva partecipato – ignaro della presenza del magistrato pugliese – Giovanni Legnini, all’epoca vicepresidente del Csm e che presiedeva proprio la commissione disciplinare che doveva pronunciarsi sul trasferimento d’ufficio di Savasta. Legnini, ora candidato alla presidenza della Regione Abruzzo, ha respinto come “strumentali” gli attacchi politici che gli giungono oggi dalla sua regione citando proprio le parole del gip secondo cui egli non era “previamente informato o comunque a conoscenza” della presenza di uno dei due giudici indagati e del suo amico imprenditore a quella cena. “Peraltro, come risulta dagli atti di indagine – sottolinea Legnini – trattai con molta freddezza il magistrato in questione, nei cui confronti pendeva un procedimento disciplinare, proprio perche’ irritato dal suo tentativo di avvicinarmi”. Ma Savasta avrebbe fatto anche di piu’. Consapevole dell’indagine a suo carico, nel novembre 2018 avrebbe tentato di ‘comprare’ il silenzio di un altro imprenditore, Flavio D’Introno (anche lui indagato perche’ avrebbe goduto dei favori del magistrato) offrendogli “denaro per consentirgli di riparare all’estero e rendersi latitante prima dell’esecuzione di una sentenza di condanna”, richiamandolo al rispetto del “patto d’onore” stipulato tra i due. Lo stesso imprenditore che era gia’ stato “spremuto” anche da Nardi, definito “persona senza scrupoli che utilizza il lavoro di magistrato per ottenere quante piu’ utilita’ possibili”. Il gip di Lecce, Giovanni Gallo, non ha dubbi nel definire quello emerso dalle indagini “un quadro di malaffare, tale da rendere triste e desolante constatare di volta in volta con quale spregiudicatezza tre uomini dello Stato abbiano abusato con abitudine dei poteri loro attribuiti, senza rispetto alcuno per la legalita’ e la giustizia, dei quali dovrebbero essere custodi e difensori”. Da queste accuse, gli indagati potranno ora difendersi negli interrogatori di garanzia che si celebreranno giovedi’ nel carcere di Lecce.

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Cronache

Morto a 51 anni Massimo Battista, simbolo della lotta contro l’inquinamento a Taranto

Addio a Massimo Battista, ex operaio Ilva e consigliere comunale di Taranto, morto a 51 anni dopo una lunga battaglia contro un tumore. Un uomo che ha lottato per la sua città e per un futuro migliore.

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Massimo Battista, ex operaio dell’Ilva e consigliere comunale di Taranto, uno dei volti più noti della lotta contro l’inquinamento industriale nella città pugliese, è morto all’età di 51 anni. Battista, da tempo malato di tumore, ha lasciato un messaggio struggente su Facebook prima di spegnersi, dedicato alla sua famiglia, alla sua amata città e a tutti coloro che lo hanno sostenuto.

Il messaggio d’addio: “Ho lottato come un leone”

Nel suo ultimo post, Massimo Battista ha voluto salutare tutti con parole toccanti:

“Dopo aver lottato con tutte le mie forze, per me, per la mia fantastica moglie e per i miei magnifici figli, la mia battaglia termina qui. Ho lottato tanto per questa città, ho sempre cercato di dare un futuro migliore alla mia amata Taranto. Ho combattuto come un solo leone sa fare.”

Battista ha espresso il suo amore per la moglie e i figli, Giovanni, Rosaria e Benedetta, dedicando loro la sua vita e promettendo che sarà il loro faro, “illuminerò le loro giornate e sarò sempre ad un millimetro da loro”.

Una vita dedicata alla lotta per Taranto

Battista è stato un simbolo per Taranto, impegnato in prima linea nella battaglia contro l’inquinamento causato dall’Ilva, cercando di dare voce alle preoccupazioni dei cittadini per la salute e l’ambiente.

Il suo impegno politico come consigliere comunale ha rappresentato un punto di riferimento per tutti coloro che, come lui, si sono opposti alla devastazione ambientale e sanitaria che ha colpito la città negli ultimi decenni.

Gratitudine verso i medici

Nel suo messaggio, Battista ha voluto ringraziare anche i medici che lo hanno seguito durante la malattia, tra cui il dottor Maggi, il dottor Pisconti e la dottoressa Ingrosso, sottolineando come abbiano sempre dato speranza e supporto senza mai abbandonarlo.

Una canzone come ultimo saluto

Il suo addio si è concluso con le parole di una canzone che ha rappresentato per lui un’ancora di salvezza nei momenti più difficili: “Sogna, ragazzo, sogna”, un invito a non lasciarsi abbattere dalle difficoltà della vita, a continuare a lottare per un futuro migliore.

Il guerriero di Taranto

Massimo Battista ha voluto firmare il suo messaggio come “il vostro grande guerriero”, un guerriero che ha lottato non solo per la sua salute ma anche per la sua amata città, cercando di costruire un futuro migliore per i suoi concittadini e per le generazioni future.

Con la sua morte, Taranto perde una delle sue voci più forti e coraggiose, ma l’eredità che lascia sarà un faro di ispirazione per tutti coloro che continueranno a lottare per il bene della città.

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Tombaroli negli scavi clandestini vicino alla Villa di Poppea a Torre Annunziata

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I carabinieri del nucleo investigativo del gruppo di Torre Annunziata, con il supporto della sezione di polizia giudiziaria della procura oplontina specializzata nel contrasto ai reati contro il patrimonio culturale, hanno effettuato un’operazione straordinaria nel centro di Torre Annunziata. Il blitz ha portato alla scoperta di scavi clandestini in una cantina situata in corso Garibaldi, salvando di fatto un’opera d’arte di inestimabile valore.

Scoperti tunnel diretti verso la Villa di Poppea

Durante l’operazione, condotta con il supporto dei vigili del fuoco, i militari hanno rinvenuto tre tunnel, parzialmente franati ma ancora utilizzabili, che si dirigevano verso il vicino sito archeologico della Villa di Poppea, un monumento di straordinario valore storico e artistico. In particolare, i tunnel puntavano al “grande atrio con decorazioni ad affresco” presente nel sito archeologico di Oplontis, una delle testimonianze più importanti dell’architettura romana.

Sequestri e denunceL’intera area, comprese le attrezzature utilizzate per gli scavi clandestini, è stata sequestrata. I carabinieri hanno trovato attrezzi specifici per lo scavo, aeratori, materiali di puntellamento e recipienti contenenti lapilli provenienti dagli scavi. Il proprietario del locale, un 53enne falegname incensurato del posto, è stato denunciato per opere illecite, in violazione dell’articolo 169 del codice dei beni culturali.

La Villa di Poppea e l’importanza del sito

Gli scavi clandestini si trovano a soli 50 metri dalla Villa di Poppea, risalente al I secolo a.C. e attribuita a Poppea Sabina, seconda moglie dell’imperatore Nerone. L’immobile si trova a sud del grande atrio e dell’ampio giardino dove furono rinvenute diverse sculture in marmo, oltre a una parte occidentale della villa ancora non scavata, che potrebbe ospitare l’antico ingresso principale.

Un’operazione importante per la tutela del patrimonio culturale

Grazie all’intervento tempestivo dei carabinieri, è stato evitato il potenziale danno a un’opera di rilevanza storica e culturale. L’operazione è stata fondamentale per preservare un pezzo di storia romana e sottolinea l’importanza del lavoro delle forze dell’ordine nel contrasto al traffico illecito di beni culturali.

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Cronache

Medico condannato per festa in reparto: il caso Pignatelli all’Ospedale del Mare

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Fece trasferire quattro pazienti da un reparto all’altro, spense le luci del reparto e andò a festeggiare. È accaduto l’8 luglio 2018 all’Ospedale del Mare, nel reparto di Chirurgia cardiovascolare, quando Francesco Pignatelli, medico e futuro primario, organizzò una festa per celebrare la sua nomina. La decisione di trasferire temporaneamente i pazienti in un altro reparto, senza alcun avviso ufficiale, portò a una denuncia e a un processo che si è concluso, sei anni dopo, con una condanna per interruzione di pubblico servizio.

L’episodio emerse grazie a una denuncia mediatica fatta dall’allora consigliere regionale Francesco Borrelli, che rivelò come Pignatelli avesse trasferito i pazienti dal reparto di Chirurgia vascolare alla Chirurgia generale per organizzare la sua festa. L’accordo fu preso in modo informale con il collega del reparto ricevente, ma non ci fu alcuna comunicazione al direttore sanitario dell’ospedale. Il trasferimento e il successivo party furono denunciati e oggetto di un’inchiesta della Procura di Napoli, che portò al processo.

La condanna: interruzione di pubblico servizio

Il processo si è concluso con una condanna a un anno e un mese di reclusione per Francesco Pignatelli. Il giudice della settima sezione penale ha riconosciuto il medico colpevole di interruzione di pubblico servizio, sebbene l’accusa di abuso d’ufficio sia stata archiviata. La sentenza ha inoltre previsto il pagamento delle spese processuali, ma c’è la possibilità che il caso venga prescritto nel corso del processo di appello.

Le testimonianze decisive dei pazienti e del personale

Nel corso del processo, sono stati ascoltati i quattro pazienti trasferiti e il personale dell’Ospedale del Mare. Le testimonianze hanno evidenziato che il trasferimento dei pazienti avvenne senza preavviso e senza informare il direttore sanitario, una mancanza che ha aggravato la posizione di Pignatelli. Le indagini furono condotte dai carabinieri del NAS, che hanno raccolto prove e testimonianze sul trasferimento e sull’interruzione del servizio.

La difesa del medico e la possibile prescrizione

La difesa di Francesco Pignatelli, guidata dagli avvocati Alfonso Furgiuele e Stefano Montone, ha cercato di dimostrare che non ci fu alcuna interruzione di pubblico servizio, poiché i pazienti continuarono a ricevere assistenza anche dopo il trasferimento. Secondo la tesi difensiva, il passaggio dei pazienti da un reparto all’altro rappresentava una continuità del servizio. La difesa prevede di presentare appello, cercando di dimostrare che l’episodio debba essere considerato come una semplice irregolarità amministrativa.

La festa e le foto che fecero scalpore

Pochi giorni dopo l’episodio, le foto del party organizzato da Pignatelli fecero il giro del web. In molti parteciparono alla festa, ignari del caos che si era creato nell’ospedale. Le immagini mostrarono un ambiente di festa, mentre i pazienti venivano trasferiti senza preavviso, suscitando l’indignazione dell’opinione pubblica.

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