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Politica

Maggioranza M5S-Lega congela Tav, si punta ad un rinvio dopo europee

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“Due settimane al massimo” per trovare “una soluzione” sulla Tav. Danilo Toninelli lo dice in controtendenza rispetto alla propria maggioranza, nel giorno in cui alla Camera si vota una mozione per prendere tempo sul nodo piu’ spinoso del contratto di governo. M5s e Lega, con 261 si’ contro 136 no, chiedono di “ridiscutere integralmente il progetto”. Il tentativo e’ rinviare la scelta a dopo il voto per le europee, quando gli effetti di un Si’ o un No sui due partiti sarebbe meno doloroso. Le diplomazie sono al lavoro per prendere tempo con il governo francese. Ma di tempo, ricorda Toninelli, non ce n’e’ piu’ molto. Bisogna dire Si’ o No per sbloccare (o bloccare definitivamente) i bandi e non rischiare di perdere 300 degli 813 milioni di finanziamenti europei. Percio’ un vertice di governo sul tema potrebbe esserci gia’ la prossima settimana. L’impatto del dossier Tav riemerge in maniera dirompente con il voto a Montecitorio, su iniziativa di FI, delle mozioni parlamentari sull’opera. M5s e Lega votano per impegnare il governo a “ridiscutere integralmente il progetto in applicazione dell’accordo tra Italia e Francia”. Un modo per prendere tempo. Ma al mondo imprenditoriale piemontese che si batte per il Si’, quelle parole sembrano un viatico al No. “Pregiudicano seriamente l’opera”, denuncia Sergio Chiamparino. E da Torino parte l’idea di una clamorosa protesta. Corrado Alberto, presidente di Api Torino, ventila “un fermo delle attivita’ produttive, d’accordo coi lavoratori, per dire che il sistema imprese e lavoro non cede il passo a chi vuole distruggere il nostro futuro”. La richiesta e’ andare avanti senza aspettare. Temporeggiare diventa in effetti ogni giorno piu’ difficile. Ecco perche’ dal ministero di Toninelli fanno sapere che la prossima settimana, archiviate le elezioni sarde (non prive di impatto sugli equilibri di governo), il premier Giuseppe Conte, i vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini, e i ministri competenti dovranno vedersi per parlarne. Si starebbero studiando contratti e cavilli per rinviare senza perdere soldi. E nelle scorse settimane le piu’ alte diplomazie si sarebbero mosse anche con il governo francese per ottenere altro tempo. Il tema, secondo fonti di maggioranza, potrebbe essere stato trattato anche nel colloquio tra il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il presidente francese Emmanuel Macron, che ha posto fine alla crisi diplomatica sui gilet gialli. In rischio a valle della vicenda Tav, secondo le stesse fonti, sarebbe una rivalsa francese su altri contratti di peso con l’Italia. Ma agli interlocutori Salvini si sarebbe mostrato sicuro di poter incassare il Si’, dopo le elezioni di maggio. Ma niente e’ scontato. M5s vorrebbe accelerare, per dire subito No a spendere “7 miliardi a perdere” (e quietare il suo elettorato storico in vista delle europee). E i leghisti non nascondono il nervosismo per l’accusa, rilanciata dalle opposizioni, di aver ‘scambiato’ il voto per il No al processo di Salvini su Diciotti con il No alla Tav. “Salva Salvini, boccia la Tav”, scrive il Pd sui cartelli che i suoi deputati agitano in Aula al momento del voto. Se cosi’ fosse sarebbe uno scambio “osceno”, commenta Roberto Maroni. Ma Salvini, dalla Sardegna, ripete che “l’obiettivo” e’ fare l’opera: “Rivedere il progetto per risparmiare e andare avanti”. Se la galleria di base si fa, “si puo’ rivedere il resto”, dice Guglielmo Picchi. Ma il Nord freme. Silvio Berlusconi lo sa e sfida Salvini a pronunciarsi. Il ministro Gian Marco Centinaio entrando in Cdm dice che chiedera’ se l’opera “e’ congelata o no”. Ma in Cdm non se ne parla.

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Ambiente

Ponte sullo Stretto, ok della Valutazione ambientale ma il Quirinale blocca norma antimafia del decreto Infrastrutture

La Presidenza della Repubblica chiede lo stralcio della norma sui controlli centralizzati. Intanto arriva il via libera ambientale al progetto.

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Passo avanti sul fronte tecnico, ma stop sul piano normativo. Il decreto Infrastrutture, approvato lunedì scorso dal Consiglio dei ministri, è stato modificato su richiesta del Quirinale, che ha chiesto di eliminare una norma pensata per rafforzare i controlli antimafia legati alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina.

La misura, fortemente voluta dal ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini e dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, prevedeva il trasferimento delle competenze di controllo alla struttura centralizzata per la prevenzione antimafia del Viminale, sulla falsariga del modello già in uso per Milano-Cortina 2026 e per le zone terremotate.

«Volevamo centralizzare i controlli come segno concreto dell’impegno sulla prevenzione delle infiltrazioni criminali», aveva spiegato Piantedosi.

Tuttavia, secondo la Presidenza della Repubblica, non sussistevano i presupposti d’urgenza che giustificassero l’inserimento della norma nel decreto, chiedendone la rimozione prima dell’uscita del testo da Palazzo Chigi. Una decisione che ha sorpreso la Lega, che non esclude di riproporre la misura tramite un emendamento nei prossimi passaggi parlamentari.

Il progetto del Ponte riceve l’ok ambientale

Nel frattempo, il progetto del Ponte sullo Stretto ha segnato un passo avanti importante con il via libera della Commissione tecnica del Ministero dell’Ambiente alla Valutazione di impatto ambientale (VIA). Dopo mesi di richieste e approfondimenti, la documentazione potrà ora essere trasmessa alla Presidenza del Consiglio, dove il progetto attende il timbro finale del Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile).

L’iter non si ferma qui: il governo dovrà trasmettere un’informativa alla Commissione Europea, tappa necessaria prima della delibera conclusiva.

Salvini: «Un passo fondamentale». Morelli: «Chiudiamo in due settimane»

Il vicepremier Salvini ha commentato con entusiasmo la notizia:

«È un altro passo fondamentale verso un’opera che unisce e sviluppa».

A fare il punto sulle prossime tappe è Alessandro Morelli, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al Cipess:

«Siamo in costante contatto con le amministrazioni competenti. Appena arriverà la proposta di delibera dal Mit, confidiamo di chiudere l’intero percorso entro due settimane, con il via libera definitivo del Cipess».

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Politica

Addio a Franco D’Ercole, galantuomo della Destra e protagonista della politica campana per oltre mezzo secolo

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Si è spento nella notte, dopo una lunga malattia, Franco D’Ercole, storico esponente della Destra campana e figura di riferimento per decenni nel panorama politico regionale. Aveva 78 anni. Per oltre mezzo secolo ha rappresentato con fierezza una parte politica che, soprattutto nei suoi primi anni di attività, era difficile da sostenere in una terra in cui a dominare erano la Democrazia Cristiana e la Sinistra, con comunisti e socialisti. Ma lui, Franco D’Ercole, era la Destra, e ne ha incarnato valori e ideali con fermezza, coerenza e stile.

Le origini e l’impegno per le periferie

Nato a Misurata, in Libia, nel 1946, D’Ercole apparteneva a una famiglia italiana che aveva vissuto nel Nordafrica, fino al rientro forzato in Italia. Stabilitosi ad Avellino, aveva fatto della periferia di Borgo Ferrovia il cuore della sua battaglia politica, impegnandosi sempre in Consiglio comunale per dare voce ai quartieri e alle contrade più lontane dal centro.

La carriera politica: dal Msi ad Alleanza Nazionale

Avvocato e dirigente dell’amministrazione giudiziaria, Franco D’Ercole fu consigliere comunale del Msi dal 1985 al 1995, accompagnando poi la svolta di Fiuggi e la nascita di Alleanza Nazionale. Entrò nel Consiglio regionale della Campania e fu sempre riconfermato fino al 2010.

Dal 1995 al 1999 fu assessore regionale alle Attività produttive e al Turismo nella giunta Rastrelli. Dal 2001 al 2005 ha presieduto la commissione per la revisione dello Statuto del Consiglio regionale, e tra il 2007 e il 2010 fu capogruppo dell’opposizione quando a Palazzo Santa Lucia sedeva Antonio Bassolino.

Gli incarichi nel settore pubblico

Negli anni successivi, D’Ercole ha ricoperto anche ruoli di vertice in importanti enti pubblici: dal 2010 al 2013 fu presidente del CdA di Alto Calore Servizi, poi amministratore delegato di Soresa, la centrale acquisti della sanità campana.

Un galantuomo della politica, come lo hanno definito in molti, capace di farsi rispettare anche dagli avversari, sempre con il tratto di chi metteva al primo posto il bene pubblico.

L’ultimo saluto

I funerali di Franco D’Ercole si terranno oggi pomeriggio alle ore 16 nella chiesa del Rosario di Avellino. Una folla di amici, colleghi e cittadini lo saluterà per l’ultima volta, rendendo omaggio a una figura che ha saputo vivere la politica con passione, rigore e dedizione.

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Politica

Lega in pressing sul terzo mandato, Fedriga vedrà Meloni

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La Lega – e in particolare quella dei governatori del nord – non demorde sul terzo mandato. E si prepara ad affrontare, con Massimiliano Fedriga, il ‘match’ con la premier Giorgia Meloni. il presidente del Friuli Venezia Giulia la incontrerà a Palazzo Chigi, per recuperare il confronto saltato a Venezia per la febbre della leader. Il leghista proverà a sbloccare la crisi della sua Giunta, in standby da domenica dopo il ritiro delle deleghe degli assessori della Lega e di Forza Italia. Fedriga ha annullato ogni impegno istituzionale, tra le proteste delle opposizioni che chiedono che riferisca in Consiglio. Al momento sembra più remota l’opzione di una sfiducia, più probabile un rimpasto di giunta per sanare la crepa. Ma all’orizzonte resta il nodo, più intricato, del divieto di mandati per i governatori che di certo non va giù a Luca Zaia, doge del Veneto.

Ma nemmeno a Maurizio Fugatti: in serata il presidente della Provincia autonoma di Trento, con un decreto, redistribuisce le competenze fra gli assessori e toglie le deleghe a Francesca Gerosa di Fratelli d’Italia, che era sua vice e assessora. Continua, invece, a ridimensionare Matteo Salvini. “Se il centrodestra ci darà ragione, sarò contento perché bisognerà fare in modo che siano i cittadini a scegliere”, si limita a dire a Foggia, una delle tappe dei suoi impegni da ministro delle Infrastrutture. Non a caso, incalzato dai giornalisti, aggiunge: “Le mie giornate sono piene di altro”. Parole da cui affiora l’equilibrismo nei rapporti con gli alleati. Consapevole che sia difficile strappare qualcosa, dopo che il governo ha impugnato alla Consulta la legge trentina sul terzo mandato, con il no della Lega.

E sapendo benissimo che gli alleati sono molto meno sensibili alla questione. La più definitiva appare Forza Italia: è discorso chiuso, dice tra le righe il portavoce azzurro Raffaele Nevi. “Non ci sono cambiamenti per quanto ci riguarda”, convinto che il limite dei due mandati “per tutte le regioni, anche a statuto speciale”, serva. Il forzista risponde così, indirettamente, alla sponda tentata da Fratelli d’Italia (in attesa della decisione della Corte costituzionale che si può immaginare arriverà non prima di settembre e forse anche oltre) e all’apertura più esplicita fatta dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Conferma che “è una discussione legittima che andrà composta in sede politica” e ricorda che c’è stata “l’ampia disponibilità di tutti a separare la questione tecnico- giuridica” da una riflessione più ampia e politica.

D’accordo il presidente del Senato, Ignazio La Russa: “Io non sono contrario in assoluto e anche nel caso specifico, penso che una riflessione sia solo positiva”, è il commento misurato del ‘colonnello’ di FdI. Ma che il tema vero, più del Friuli, sia il Veneto non è un mistero, soprattutto perché nella terra saldamente in mano a Zaia si voterà in autunno. Proprio lì la base leghista è più in fermento: oltre alla sorte del Doge, preoccupa il rischio (concreto) che non ci sia un altro leghista in corsa, bensì un candidato di FdI. Con l’effetto, quindi, di perdere il timone della roccaforte veneta (e i consensi al partito di Salvini), e ipotecare la guida della Lombardia e del Friuli, anche se nel più lontano 2028. Ma nonostante il largo anticipo, è proprio il governatore leghista, Attilio Fontana, ad ammettere oggi: “Un terzo mandato in Lombardia è una delle ipotesi che sicuramente prenderei in considerazione”.

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