Collegati con noi

Cronache

Mafial l’avvocatessa fiera del padre boss: dirò di te ai miei figli

Pubblicato

del

Non vedeva il suo “capo famiglia” da 15 anni: quando Raffaele Bevilacqua, ai domiciliari a Catania dopo un periodo di 41 bis, gli si e’ presentato davanti, Alessandro Salvaggio, anziano uomo d’onore, non ha esitato a baciargli le mani in segno di immutato rispetto. Il carisma del vecchio capomafia emerge dalle indagini del Ros e dei carabinieri di Enna che hanno portato all’arresto di 46 persone tra Sicilia e Germania. Gli investigatori, coordinati dalla Dda di Caltanissetta, hanno sgominato proprio il clan Bevilacqua. Per gli inquirenti nel progetto di riorganizzazione della famiglia mafiosa ordito da Raffaele Bevilacqua hanno assunto un ruolo cardine i suoi figli: Flavio, Alberto e Maria Concetta, quest’ultima avvocato del foro di Enna. Il figlio Flavio, secondo l’inchiesta, era l’interfaccia del padre con il territorio occupandosi di tenere i contatti con gli altri affiliati e di concordare le azioni da intraprendere; Maria Concetta, invece, era solita compiacersi per il “rispetto” che le veniva tributato, e approfittando della sua professione, incontrava nel suo studio legale di Barrafranca (En) gli affiliati ai quali consegnava i “pizzini” scritti dal genitore con gli ordini da eseguire. La donna al pari del fratello, per gli investigatori, partecipava alla scelte strategiche del gruppo criminale, organizzava gli incontri nell’abitazione di Catania e, sfruttando il suo ruolo di legale, attuava una serie di manovre volte ad evitare il ritorno in carcere del padre. A conferma che il tempo e la detenzione non abbiano rescisso il legame con l’organizzazione, gli investigatori hanno documentato come Filippo Milano, storico affiliato alla consorteria di Barrafranca (En), nel tempo avesse consegnato ai famigliari del suo capo cospicue somme di denaro con le quali, come la moglie del boss Giuseppa ammetteva, aveva provveduto a soddisfare i “piaceri” dei figli, tra cui la festa di laurea di Maria Concetta pagata proprio con il denaro provento di attivita’ illecite.

Per l’avvocato Maria Concetta Bevilacqua, finita ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta era un orgoglio che un vecchio affiliato al clan aveva fatto il baciamano a suo padre Raffaele, riconoscendo cosi’ il suo ruolo di capo della famiglia mafiosa nonostante la lunga detenzione in carcere del genitore, anche al 41 bis. E’ uno degli aspetti che emerge dall’inchiesta del Ros e dei carabinieri di Enna, coordinata dalla Procura nissena. Scrivono gli inquirenti. “La donna chiedeva con insistenza al congiunto se egli avesse ricevuto l’ossequioso rito del ‘baciamano’. Ottenutane conferma ribatteva, con parole che ci riportano indietro nel tempo, ‘…. e io comunque quando tu muori fra 100 anni io mi auguro…io mi auguro… mi auguro di avere dei figli…che gli devo raccontare tutte queste cose…’. Parole che, per gli investigatori, dimostrano che la “liturgia mafiosa”, ancora oggi viva, suscitava nell’avvocato Maria Concetta Bevilacqua “orgoglio e complicita’ col padre, uomo d’onore di Cosa Nostra le cui azioni vengono ritenute degne di essere raccontate ai figli quasi fossero gesta eroiche”.

Advertisement

Cronache

Choc a Nola: marito violento, giovane ‘liberata’ dai carabinieri grazie all’intervento della suocera

Pubblicato

del

Dopo anni di soprusi e maltrattamenti, la storia di terrore vissuta da una giovane donna di Nola ha finalmente trovato un epilogo in tribunale. Un giovane di 21 anni, con un passato turbolento segnato da dipendenza da droga e violenze, è stato arrestato e accusato di sequestro di persona, maltrattamenti e lesioni personali aggravate. Le aggressioni brutali, compresa una tentata strangolazione e attacchi pericolosi anche ai passanti nel centro antico di Nola, finiranno con il suo arresto.

La Procura di Nola, con l’ausilio dei carabinieri, ha condotto un’indagine lampo che ha portato alla luce gli abusi subiti dalla donna per anni. La vittima, che aveva sopportato in silenzio gli attacchi del compagno, ha trovato la forza di parlare solo dopo l’intervento della madre dell’aggressore, che l’ha convinta a cercare aiuto e cure mediche.

Durante l’ultima aggressione, la donna ha subito gravi danni all’orecchio e all’occhio, oltre a numerose altre ferite. In ospedale, il personale ha allertato le autorità, innescando una serie di eventi che hanno portato all’arresto del giovane. Nonostante il profondo legame affettivo che la legava al suo aguzzino, il quale chiudeva la porta di casa a chiave per impedirle di scappare, la donna ha finalmente deciso di rompere il silenzio.

Il Gip del Tribunale di Nola, Teresa Valentino, ha accolto la richiesta di custodia cautelare in carcere presentata dalla Procura, segnando un decisivo punto di svolta nel caso. La giovane donna ha espresso il desiderio di vedere giustizia fatta: «Chiedo che venga punito per quello che mi ha fatto», ha dichiarato, evidenziando il lungo calvario e la paura che ha vissuto, temendo anche per la sicurezza della sua famiglia.

Questa vicenda sottolinea la tragica realtà della violenza domestica e l’importanza di supportare le vittime nel trovare la forza di parlare e denunciare i loro aggressori. L’arresto del giovane non solo mette fine a un ciclo di violenza, ma serve anche come monito sulle conseguenze legali che attendono coloro che sceglieranno di perpetrare tali crimini.

Continua a leggere

Cronache

Tony Colombo e Tina Rispoli restano in carcere, confermate in Cassazione le accuse di camorra

Pubblicato

del

La Corte di Cassazione ha recentemente respinto le richieste di scarcerazione per il cantante neomelodico Tony Colombo e sua moglie Tina Rispoli, implicati in un’inchiesta del pool antimafia. La coppia è accusata di avere legami con il clan Di Lauro, operante nella zona di Scampia-Secondigliano.

Le indagini, condotte dai pm Maurizio De Marco e Lucio Giugliano, puntano a dimostrare come Colombo e Rispoli, nonostante non appartengano direttamente a una famiglia mafiosa, siano profondamente inseriti nelle dinamiche criminali del clan. I giudici della quinta sezione della Suprema Corte hanno sottolineato la “totale condivisione di intenti” tra i coniugi e la loro “estrema pericolosità”, evidenziata dal loro “perdurante e costante inserimento nei contesti illeciti”.

L’accusa si concentra anche sulla gestione di un capannone industriale associato a Vincenzo Di Lauro, con arresti confermati anche per lui dalla Cassazione, e sulla condivisione di un marchio commerciale legato alla moda e all’abbigliamento. Le prove raccolte includono intercettazioni telefoniche e ricostruzioni finanziarie effettuate dalle forze dell’ordine.

Il deputato Francesco Emilio Borrelli di Alleanza Verdi Sinistra ha commentato il caso, sottolineando come lui e il suo partito abbiano per anni lottato contro il sistema di Colombo e Rispoli, denunciando i loro legami con la camorra che, a suo dire, molti hanno preferito ignorare.

Questa vicenda mette ancora una volta in luce le intricate connessioni tra il mondo dello spettacolo e le organizzazioni criminali in alcune aree di Napoli, rivelando come figure pubbliche possano a volte essere coinvolte in attività illecite che sfruttano la loro visibilità per operazioni economiche dubbie. La decisione della Corte di Cassazione rappresenta un passo significativo nel tentativo delle autorità di combattere il crimine organizzato, dimostrando che nessuno è al di sopra della legge, anche quando si tratta di figure note al grande pubblico.

Continua a leggere

Cronache

Processo per usura e racket ai clan di Napoli Ovest, l’assenza per paura dei commercianti

Pubblicato

del

Napoli ovest è ancora una volta teatro di un processo che mette in luce la profonda infiltrazione della camorra nelle attività quotidiane dei cittadini. Il processo, che ha avuto inizio ieri con la prima udienza preliminare, vede coinvolte venti persone, identificate dalla Procura come membri del clan Vigilia. Questo gruppo, a lungo dominante nel rione Traiano per il controllo delle piazze di spaccio, è ora accusato di estorsione e usura nei confronti di commercianti locali.

Il giudice per le udienze preliminari ha preso in esame il caso, che rivela come un commerciante di via Epomeo sia stato costretto a pagare fino a 15mila euro in diverse rate sotto minaccia. Queste pratiche estorsive non sono isolate, ma parte di una strategia di radicamento criminale che ha visto i cittadini, indicati come vittime dalla Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Napoli, sottomessi a tassi usurari e pressioni continue.

La nota più triste di questa vicenda è l’assenza in aula delle presunte vittime, i “cittadini innocenti” che hanno subito intimidazioni e minacce. Questo silenzio è indicativo dell’atmosfera di paura che regna in alcune aree di Napoli, dove l’omertà sembra ancora prevalere. Nonostante la gravità delle accuse, nessuna delle vittime ha voluto presentarsi per rivendicare il proprio status di parte offesa.

Il processo vede anche la costituzione di parte civile da parte del Comune di Napoli e della Presidenza del Consiglio, oltre che dell’associazione Sos Impresa, rappresentata dall’avvocato Alessandro Motta. Questi soggetti cercano di sostenere il procedimento giudiziario e di offrire supporto alle vittime, spesso lasciate sole a fronteggiare la criminalità organizzata.

L’udienza è stata occasione per gli avvocati di delineare le strategie difensive, con alcuni imputati che hanno optato per il rito abbreviato, sperando in una riduzione della pena. Tuttavia, il clima di tensione non diminuisce, come dimostrano episodi recenti di violenza nella stessa area, tra cui un raid in un parco giochi che ha visto una madre ferita mentre si prendeva cura della figlia.

Il caso continuerà a giugno, con il ritorno in aula e l’attesa delle richieste di condanne per coloro che hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato. Intanto, il verdetto duro contro il clan Sorianiello, emesso nello stesso periodo, conferma l’esistenza di una rete criminale ben strutturata, capace di imporre il proprio dominio attraverso la violenza e l’intimidazione.

Questo processo non è solo un’esposizione delle dinamiche criminali di Napoli ovest, ma anche un esame della capacità della giustizia di proteggere i cittadini e di affermare l’autorità dello Stato in zone dove la legge sembra avere poco potere. Le conseguenze di questo processo saranno cruciali per la lotta alla camorra e potrebbero segnare un punto di svolta nella ripresa di controllo civile nelle aree più turbolente della città.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto