Collegati con noi

Esteri

Macron resta all’Eliseo, festa alla Tour Eiffell

Pubblicato

del

“Et un, et deux, et cinq ans de plus!”. Cantano avvolti nei tricolori, sotto la Tour Eiffel, i sostenitori di Emmanuel Macron, vittorioso per la seconda volta consecutiva contro Marine Le Pen alle presidenziali. E’ finita 58 a 42, uno score superiore a quanto previsto negli ultimi giorni, ma lontano dal 66 a 34 del 2017. Grande delusione fra i sostenitori della Le Pen, nonostante la leader abbia subito proclamato un “risultato eclatante” promettendo battaglia per le legislative di giugno. Con un tramonto da cartolina alle spalle, a festeggiare Macron sotto la Tour Eiffel c’erano – accanto a migliaia di fan – anche diversi ministri del governo, da Jean-Yves Le Drian (Esteri) a Clement Beaune (Affari europei). Molti di loro sanno gia’ – come il premier Jean Castex – che per loro l’avventura si sta per concludere.

Cambiera’ tutto o quasi Emmanuel Macron, perche’ le traversie molto agitate di un mandato difficile – dalle proteste dei Gilet gialli a quelle contro la riforma delle pensioni – lo hanno convinto a “rinnovarsi”, secondo le sue stesse parole. E’ un lontano ricordo la solenne e un po’ irreale camminata lungo il perimetro della Cour del Louvre, quando il giovane presidente fu eletto e volle – come sottofondo – l’Inno alla Gioia. La Francia, ancora una volta, ha dovuto votare al ballottaggio per un candidato che fosse un baluardo contro l’estrema destra. Accadde 20 anni fa a Jacques Chirac, l’ultimo presidente ad essere rieletto all’Eliseo prima di Macron, che si oppose al padre di Marine, Jean-Marie Le Pen. Era quella la prima volta che un leader del Front National, l’estrema destra, arrivava al secondo turno delle presidenziali e lo shock per la Francia fu enorme: ogni pomeriggio e ogni sera, nelle strade di Parigi e delle altre grandi citta’, migliaia di persone scesero in piazza per dire no all’estrema destra al potere. Stavolta, nulla di tutto questo, fra gli studenti della Sorbona lo slogan era “ne’ Macron ne’ Le Pen”.

Per questo motivo, il Macron che ha fatto soltanto due comizi in una campagna elettorale ridotta al minimo, si presenta con accenti e temi molto diversi. E questo anche se il sospiro di sollievo tirato stasera dalla Francia, dall’Europa e dai leader dei Paesi che in queste ultime ore hanno lanciato incoraggiamenti al presidente uscente, e’ forte. Gli sguardi di Macron, insieme a quelli di tanti francesi stasera esclusi dallo scontro per l’Eliseo, sono rivolti da giorni verso sinistra. La gauche tradizionale e’ ridotta a pezzi, la candidata del partito socialista Anne Hidalgo e’ finita all’1,7%, gli ecologisti sotto il 5%. A tenere alta la bandiera della cosiddetta ‘Unione popolare’ c’e’ il solo Jean-Luc Me’lenchon, il tribuno della gauche radicale della France Insoumise. Stasera ha ribadito di volersi candidare a primo ministro, una coabitazione che sarebbe esplosiva con un presidente della Repubblica centrista e liberal.

Per questo, il candidato Macron ha continuato in questi giorni a promettere “una presidenza ecologista”, insistendo sui temi sociali che Marine Le Pen aveva messo al centro della sua campagna elettorale da mesi, sulla tolleranza in contrasto con la xenofobia e l’islamofobia lepeniste e dell’altro candidato dell’estrema destra, Eric Zemmour. Il sospiro di sollievo tirato stasera dalla Francia e’ soprattutto quello di uno scampato pericolo, ma l’atmosfera non e’ quella di un Paese che spera di rilanciarsi festeggiando un presidente giovane. Aveva 39 anni Macron al suo arrivo all’Eliseo, oggi ne ha 44 ed e’ stato eletto in una campagna elettorale dai toni cupi, che si e’ conclusa con un record di astensioni anche al ballottaggio, quasi al 28%. Le Pen ha promesso che non “abbandonera’ mai” i francesi ed ha annunciato pochi minuti dopo l’annuncio dei risultati l’inizio della “battaglia delle legislative”. Me’lenchon chiede i voti per pretendere la guida del governo. Chi stasera ha vinto, guarda a Macron sperando che la sua promessa di creare “un nuovo grande movimento politico” diventi realta’ gia’ nelle prossime settimane. (

Advertisement

Esteri

Il vice del ministro della Difesa russo Shoigu arrestato per tradimento

Pubblicato

del

E’ uno scandalo dai contorni oscuri quello che in queste ore scuote le forze armate russe nel pieno del conflitto in Ucraina, con Mosca impegnata in una sfida cruciale con il campo occidentale. Una Corte della capitale ha confermato l’arresto del vice ministro della Difesa Timur Ivanov, responsabile delle costruzioni e della manutenzione delle strutture militari. L’accusa di aver ricevuto una tangente appare tutto sommato lieve in un ambiente in cui la corruzione, secondo le denunce delle opposizioni, è diffusa. Normale dunque che qualcuno sollevi dubbi sui reali motivi di una simile iniziativa in un momento tanto delicato, al punto da arrivare a parlare di una accusa di tradimento. Il sito d’inchieste Vazhnye Istorii (‘Storie importanti’) afferma di avere saputo da due fonti dei servizi d’intelligence interni Fsb che la versione della corruzione è stata creata “solo per l’opinione pubblica”. “Nessuno lo avrebbe arrestato per questo”, ha affermato una delle fonti, secondo la quale al Cremlino i veri risvolti della vicenda erano “noti da molto tempo”.

Ivanov, insomma, sarebbe sospettato proprio di tradimento, ma le autorità avrebbero preferito non renderlo noto per non rischiare un danno d’immagine dalle conseguenze imprevedibili. L’avvocato del vice ministro, Murad Musayev, ha recisamente smentito e il portavoce del Cremlino ha parlato di pure “speculazioni”. “Ci sono un sacco di voci differenti su questa faccenda, ma ovviamente dobbiamo affidarci alle informazioni delle autorità investigative e alla fine, ovviamente, alla decisione dei giudici”, è stato l’invito di Dmitry Peskov. La Corte del distretto di Basmanny che ha confermato l’arresto per Ivanov e per un imprenditore suo amico, Serghei Borodin, ha disposto che i due rimangano in custodia cautelare almeno fino al 23 giugno.

Il vice ministro è stato già trasferito nel carcere di Lefortovo. Per l’accusa di corruzione Ivanov, che si è presentato in aula indossando la divisa militare e proclamandosi innocente, rischia fino a 15 anni di reclusione. L’avvocato Musayev, preannunciando che presenterà ricorso per chiederne il rilascio, sostiene che non si parla di denaro, bensì di lavori gratuiti realizzati da aziende edili nelle proprietà immobiliari del vice ministro in cambio di favori. Ivanov, che ha 48 anni e ricopre l’incarico dal 2016, era stato tra l’altro tirato in ballo nel 2022 in un’inchiesta della Fondazione anticorruzione dell’oppositore Alexei Navalny. Sul fronte del conflitto ucraino si registra intanto una importante novità. Per la prima volta in oltre due anni una delegazione russa e una ucraina hanno avuto un incontro faccia a faccia in Qatar, dove hanno concordato lo scambio di 48 bambini, 29 che torneranno in Ucraina e 19 in Russia.

Ad annunciarlo è stata Maria Llova-Belova, la commissaria russa per i diritti dell’infanzia. Mosca ha sempre respinto le accuse di avere deportato minori ucraini contro il volere dei familiari, un’accusa che è costata alla stessa Llova-Belova e al presidente Vladimir Putin un ordine di arresto della Corte penale internazionale. Il sito dell’opposizione Meduza ha intanto denunciato che il Patriarca Kirill, capo della Chiesa ortodossa russa e sostenitore delle politiche di Putin, ha imposto una sospensione di tre anni a un sacerdote che ha tenuto una funzione commemorativa sulla tomba di Alexei Navalny alla fine di marzo, 40 giorni dopo la morte. Il religioso è Dmitri Safronov, chierico della chiesa dell’Intercessione della Santa Vergine sulla collina di Lyschikova a Mosca. Meduza precisa che nell’ordine del Patriarca non sono spiegate ufficialmente le motivazioni della decisione.

Continua a leggere

Esteri

Sanzioni e TikTok, Blinken in Cina tra le tensioni

Pubblicato

del

Antony Blinken, il capo della diplomazia del presidente americano Joe Biden, è atterrato a Shanghai, la prima tappa della delicata missione di tre giorni in Cina, con l’obiettivo principale di avvertire Pechino che l’assistenza alla produzione militare russa porterà a inevitabili sanzioni, dopo i ripetuti moniti caduti nel nulla. Il suo viaggio arriva mentre Washington accelera sui dazi (Biden li vuole triplicare su acciaio e alluminio) a tutela della sua industria dai rivali mandarini, e la Cina è sempre più preoccupata dalla pericolosa traiettoria dei rapporti bilaterali. Blinken è arrivato nel Dragone con il potente carico del maxi-pacchetto di aiuti militari da 95 miliardi di dollari destinati a Ucraina, Israele e Taiwan, la prima linea rossa delle relazioni. E con la legge di cessione della popolare app TikTok dalla società madre cinese ByteDance, pena il bando dal mercato Usa in cui conta 127 milioni di utenti: nove mesi di tempo per la vendita, più l’estensione per altri tre, a mettere l’operazione al riparo dalle presidenziali Usa di novembre.

“State tranquilli: non andremo da nessuna parte… i fatti e la Costituzione sono dalla nostra parte e ci aspettiamo di vincere ancora”, ha rilanciato la sua sfida il ceo di TikTok, Shou Zi Chew. La app, per altro verso, è la fortuna del miliardario Jeff Yass, il primo donatore repubblicano di questo ciclo elettorale con oltre 46 milioni di dollari, ha riferito il Financial Times. Il Susquehanna International Group di Yass ha investito per la prima volta 80.000 dollari in ByteDance sulla base di un’idea abbozzata su un tovagliolo in un bar di Pechino più di dieci anni fa: adesso possiede circa il 15% di ByteDance che vale 40 miliardi di dollari. Sulla sicurezza, i timori di Pechino – messi nero su bianco martedì in un inedito articolo del Dipartimento per gli Affari nordamericani del ministero degli Esteri – sono lo spiegamento Usa di sistemi missilistici a medio raggio nelle Filippine e l’Aukus, l’accordo sulla sicurezza Usa-Gb-Australia. E poi i legami rafforzati mai come prima dagli Usa con Tokyo, Seul e Manila. Vista da Pechino, la percezione è quella di “un doppio accerchiamento: militare e commerciale, perché la mossa inattesa è l’apertura plateale dello scontro commerciale con l’Europa”, ha commentato una fonte diplomatica europea nella capitale cinese. L’avvio dell’indagine di Bruxelles sui dispositivi medici made in China è la prima nell’ambito degli appalti internazionali dell’Ue, dopo quelle avviate sugli aiuti di Stato per pannelli solari, auto elettriche e turbine eoliche.

A dispetto dell’obiezione alla sovraccapacità produttiva cinese opposta data pochi giorni fa a Pechino da Xi al cancelliere tedesco Olaf Scholz, secondo cui l’export mandarino di veicoli elettrici, batterie al litio e pannelli fotovoltaici “ha arricchito l’offerta e alleviato la pressione inflazionistica globale”. Ma l’Europa ha riservato altre sorprese: arresti e indagini per spionaggio pro-Cina in Germania, Belgio e Gran Bretagna. Non è chiaro se Blinken vedrà Xi come a giugno del 2023, ma il portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller ha detto alla vigilia della partenza che i temi in agenda includono “la crisi in Medio Oriente, la guerra russa all’Ucraina, i dossier delle due sponde dello Stretto di Taiwan e il mar Cinese meridionale”. All’inizio di aprile il vice segretario di Stato Kurt Campbell ha detto in un seminario del Center for a New American Security che gli Usa hanno valutato che la Russia si è “quasi del tutto ricostituita militarmente” con il sostegno di Pechino, che ha respinto ogni addebito. La visita di Blinken arriva prima dell’insediamento del 20 maggio del presidente eletto di Taiwan WIlliam Lai (un “piantagrane” pro-indipendenza, secondo Pechino) e gli Usa si aspettano che le parti “evitino provocazioni e l’aumento delle tensioni”. Secondo gli osservatori, la direzione delle relazioni Usa-Cina si muove solo nella direzione negativa. Ciò che può essere controllato è la velocità dei cambiamenti politici e il compito di Blinken è garantire che questo accada senza troppi strappi per evitare che deragli l’intero rapporto riallacciato con fatica. Insomma, un sentiero strettissimo.

Continua a leggere

Esteri

Zelensky ringrazia il Senato americano: un aiuto vitale

Pubblicato

del

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ringraziato il Senato americano per aver approvato 61 miliardi di dollari in aiuti militari ed economici al suo Paese. “Sono grato al Senato degli Stati Uniti per aver approvato un aiuto vitale per l’Ucraina”, ha scritto Zelensky sui social media poco dopo l’ok al massiccio pacchetto di aiuti per Kiev.

“Ringrazio il leader della maggioranza Chuck Schumer e il leader repubblicano Mitch McConnell per la loro forte leadership nel portare avanti questa legislazione bipartisan, così come tutti i senatori degli Stati Uniti su entrambi i lati della navata che hanno votato a favore”, ha continuato il presidente ucraino. “Apprezzo ugualmente il sostegno del presidente Biden e non vedo l’ora che il disegno di legge venga firmato presto e che il prossimo pacchetto di aiuti militari corrisponda alla risolutezza che vedo sempre nei nostri negoziati”, ha aggiunto Zelensky. “Le capacità a lungo raggio, l’artiglieria e la difesa aerea dell’Ucraina sono strumenti fondamentali per ripristinare prima la pace giusta”, secondo il presidente. Gli Stati Uniti sono stati il principale sostenitore militare di Kiev nella sua guerra contro la Russia, ma il nuovo pacchetto di aiuti che include forniture militari vitali era rimasto bloccato per mesi al Congresso americano. L’esercito ucraino si trova ad affrontare una grave carenza di armi e di nuove reclute, mentre Mosca esercita una pressione costante da est.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto