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M5s e Campo largo, a Conte il mandato per trattare

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Più che un’accelerata, la Costituente del M5s è un pericolo scampato per il campo largo. Nel senso che avrebbe potuto affossare del tutto la possibilità di una larga coalizione contro il centrodestra, ma non lo ha fatto. Questo non significa automaticamente che sia più facile. I veti e le distanze restano. Ma ora il presidente M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza) ha il mandato per andare a trattare. I papabili alleati hanno ascoltato le sue parole tirando sospiri di sollievo. “Non siamo fatti per stare in una torre d’avorio – ha detto l’ex premier tirando le conclusioni della Costituente – Siamo disponibili a sporcaci le mani e a confrontarci. Ma ci sarà intransigenza sulla legalità e sull’etica pubblica”.

Poi, una citazione della segretaria Pd Elly Schlein – che si dice “testardamente unitaria” – anche se è servita più a sottolineare i distinguo che come tributo. “Siamo testardamente orientati a cambiare la società”, ha detto Conte. Gli iscritti hanno dato tre indicazioni: il M5s deve essere progressista indipendente, ma può fare alleanze, purché siano sulla base di un accordo programmatico preciso.

“Siamo progressisti nella misura in cui non ci appartiene la cultura della conservazione – ha detto Conte – Non ci appartiene la cultura reazionaria. Per noi essere progressisti non significa disquisire nei salotti buoni in algide conferenze, ma proteggere diritti e conquiste, e battersi per nuovi diritti”. C’è però un dato di fatto: “cade definitivamente il no alle alleanze – ha commentato il deputato Pd, Arturo Scotto – Al contrario, le parole di Conte sulla necessità di sporcarsi le mani per cambiare il paese con altri mi sembrano di grande importanza. Sono un segnale positivo. A noi interessa avere interlocutori e alleati stabili, con i quali costruire percorsi comuni, alternativi a questa destra”.

Grande sponsor del campo largo e dell’alleanza col M5s è anche Alleanza Verdi-Sinistra. “Sono convinto che dovremo lavorare insieme per costruire un’alternativa di fronte ad una destra che sta aggredendo diritti sociali, civili, ambientali”, ha detto il portavoce dei Verdi e deputato di Avs Angelo Bonelli. Iv sta pagando lo scotto dei veti del M5s, come è successo in Liguria, dove i renziani sono stati tenuti fuori dalla coalizione che sosteneva il candidato alla presidenza Andrea Orlando.

“E’ nato un altro partito, che fa del tema della coalizione e delle alleanze un elemento essenziale – ha detto il capogruppo Iv al Senato Enrico Borghi – Avendo da tempo espresso che non accettiamo veti su di noi ma non ne poniamo, il M5s partecipi a una stagione di alternativa rispetto al governo destra-centro, tenendo conto del rispetto di tutte le altre culture e forze politiche alternative alla destra”. Ma le distanze restano. Prima di tutto in politica estera.

Lo ha confermato il dialogo fra Conte e la leader del partito tedesco Bsw, Sahra Wagenknecht: “La guerra in Ucraina – ha detto Wagenknecht – può finire solo col negoziato, invece c’è una nuova escalation e c’è il grande pericolo che scoppierà una guerra europea”. E Conte, a conferma: “L’abbiamo detto dall’inizio che questa escalation ci avrebbe portato solo sul baratro della terza guerra mondiale. Se l’obiettivo è quello di riportare una sconfitta militare sulla Russia, dobbiamo dire con chiarezza che questa è una follia. Senza per questo essere accusati di essere filoputinisti”.

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Tosca e Roma, Mattarella alla festa dei 125 anni

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Sergio Mattarella spettatore speciale dei 125 anni di Tosca all’ Opera di Roma. Il Presidente della Repubblica ha partecipato ieri sera alla rappresentazione del capolavoro pucciniano, proposto al Teatro Costanzi nell’o stesso allestimento del giorno del debutto assoluto, il 14 gennaio 1900, alla presenza del compositore. Una festa per celebrare l’ anniversario particolare del dramma ambientato in luoghi simbolo di Roma – S. Andrea della Valle, Palazzo Farnese, Castel Sant’ Angelo – che ha coinvolto tutto il pubblico con brindisi e tartine negli intervalli.

Il Capo dello Stato, accompagnato dalla figlia Laura, è stato accolto dal Sovrintendente Francesco Giambrone, dal sindaco e presidente della Fondazione Roberto Gualtieri, e dal presidente della Regione Lazio Francesco Rocca. Con loro ha partecipato allo scoprimento della targa nel foyer del teatro che ricorda la storica prima. Mattarella ha poi preso posto nel palco reale salutato dall’ applauso del pubblico. Prima che si aprisse il sipario il coro e l’ orchestra hanno intonato il Canto degli italiani. La regia dello spettacolo che ormai da anni figura nel cartellone dell’ Opera di Roma e rievoca la messa in scena originale grazie ai bozzetti della scenografia dell’ epoca custoditi dall’ Archivio Ricordi, è di Alessandro Talevi.

Sul podio Michele Mariotti, direttore musicale dell’ Opera di Roma, che ha diretto il celebre titolo per la prima volta a Tokyo nel 2023. Ciro Visco ha guidato il coro con la partecipazione della scuola di canto corale della Fondazione. Applausi e molti ‘brava’ sono andati al soprano spagnolo Saioa Hernández, che proprio come Tosca ha debuttato all’Opera di Roma nel 2021. Più tiepida la risposta del pubblico al celebre ‘E lucevan le stelle” del tenore statunitense Gregory Kunde nei panni di Cavaradossi e al baritono armeno Gevorg Hakobyan che ha interpretato Scarpia.

L’ evento ha richiamato ospiti illustri ed esponenti del mondo politico e culturale. Tra le personalità, il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, l’ ambasciatore di Francia Martin Briens, il vicepresidente della Camera dei Deputati Giorgio Mulè, il ministro della Cultura Alessandro Giuli, Gianni Letta, la sovrintendente dell’Arena di Verona Cecilia Gasdia, la direttrice della Galleria Borghese Francesca Cappelletti, il regista Damiano Michieletto, la cantante e attrice Tosca.

Il Capo dello Stato, nell’intervallo tra il secondo e il terzo atto, ha salutato il direttore d’ orchestra, il regista e una rappresentanza delle maestranze del Costanzi. Tosca, che ieri è stata vista anche da duecento persone collegate in streaming dall’Istituto Italiano di Cultura di Londra, avrà quattro repliche fino al 19 gennaio.

La ‘prima’ della più romana delle opere di Puccini sarà ripresa e diffusa via streaming al Policlinico Gemelli, in diverse realtà legate alla Caritas di Roma – dalla mensa all’ostello “Don Luigi di Liegro”, passando per la casa di accoglienza Santa Giacinta – all’Istituto Romano San Michele, al Teatro Patologico e in altri luoghi della città. Altre due riprese dello storico allestimento sono previste dal 1° al 6 marzo con la direzione di Daniel Oren, la star Anna Netrebko nel ruolo della protagonista, Yusif Eyvazov (Cavaradossi) e Amartuvshin Enkbath (Scarpia) e dal 9 al 13 maggio quando a dirigere sarà James Conlon, protagonisti Anna Pirozzi, Luciano Ganci e Claudio Sgura.

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Addio a Furio Colombo, liberal con l’America nel cuore

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Un ‘liberal’ con uno sguardo sempre rivolto verso l’America, “appartengo alla stessa generazione di Moravia – disse una volta – e la vedo nello stesso modo, quando diceva ‘potranno forse essere il Paese del futuro’. Il dopoguerra, la liberazione americana”, erano rimasti nel suo cuore, anche se con qualche critica “ma solo su fatti specifici”. Furio Colombo, che ci lascia oggi a 94 anni, è stato uno dei giornalisti più importanti del dopoguerra italiano, ed ha attraversato il secondo Novecento vestendo molte giacche, ma sempre con la stessa coerente eleganza.

Nato a Chatillon, in Val d’Aosta, il primo gennaio 1931, studiò a Torino laureandosi giovanissimo in giurisprudenza. Ma la sua passione per il giornalismo esplose presto in modo irresistibile, e lo portò a praticare ogni mezzo dalla carta stampata, alla radio, alla tv. Con Umberto Eco fu tra i fondatori del Gruppo63, Gianni Vattimo e Piero Angela, iniziò con la scrittura dei programmi culturali della Rai, poi nel 1967 divenne giornalista professionista. Nel 1967 era nel Sinai per documentare la Guerra dei sei giorni, nel 1968 a Saigon durante l’offensiva del Têt. Professore al Dams di Bologna nei fatidici anni Settanta, alla fine degli anni Ottanta iniziò la sua lunga stagione americana, prima come corrispondente per La Stampa da New York, ed in seguito per La Repubblica.

A New York dopo essere sopravvissuto ad un incidente aereo, fu anche direttore dell’Istituto di cultura dal 1991 al 1994. Ha scritto per le maggiori testate americane e italiane. Ha diretto l’edizione italiana della New York Review of Books (1993-2000), la rivista L’architettura. Cronache e storia fondata da Bruno Zevi (2001-2006), Nuovi Argomenti (con Dacia Maraini, 1992-2018). Parlamentare per tre legislature per i Ds L’Ulivo e il Pd, dove ha corso anche come candidato alle primarie da leader, nel 2001 fu nominato direttore della rinata L’Unità, esperienza che si concluse in modo brusco nel 2005. Poi nel 2009 fondò con Antonio Padellaro e Marco Travaglio Il Fatto Quotidiano.

“Nessuno di noi – disse presentando l’iniziativa insieme ai suoi compagni d’avventura – viene da passati politici da affermare o rinnegare continuamente e neanche abbiamo fatto parte di gruppi anche molto per bene. E questo ci rende autonomi. Al Fatto vogliamo fare analisi logiche e non morali”. Giornalista e fine intellettuale, Colombo ha svolto un’intensa attività culturale come autore di testi letterari e cinematografici, nonché titolare di cattedra alla Columbia University, alla New York University, alla University of California di Berkeley.

Ha svolto anche incarichi aziendali prima alla Olivetti e poi come Rappresentante Fiat negli Stati Uniti. Il suo primo libro è stato L’America di Kennedy (1964), la più recente pubblicazione Sulla pace. La guerra in Ucraina e l’eterno dilemma (con Vittorio Pavoncello, 2022). È autore della legge che istituisce il Giorno della memoria per la Shoah il 27 gennaio. A dare la notizia oggi della sua morte la famiglia: “È deceduto all’età di 94 anni Furio Colombo, assistito dalla moglie Alice e dalla figlia Daria”.

I funerali si svolgeranno al Cimitero Acattolico di Roma domani mercoledì 15 gennaio alle 15.00. Ma dal 17 gennaio tornerà anche in libreria La fine di Israele (Baldini + Castoldi). Oggi Elisabetta Sgarbi lo ricorda così: “Furio Colombo è stato, oltre che un amico, uno dei primi entusiasti fondatori della Nave di Teseo. Questo libro, che fortemente ha voluto riproporre, ha fatto in tempo a vederlo, e, in un’ultima telefonata, alcuni giorni fa, mi comunicò tutta la sua soddisfazione. Doveva uscire prima di Natale, ma insistetti per avere una prefazione, scritta nell’urgenza di quanto stava accadendo in Israele e a Gaza. Concordammo che il Giorno della Memoria avrebbe potuto essere una buona data di uscita”.

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Nuova fumata nera su giudici Consulta, rebus nome di FI

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Nuova fumata nera in Parlamento, la tredicesima, sull’elezione dei quattro giudici mancanti della Consulta. Scheda bianca sia dalla maggioranza che dall’opposizione per la mancanza di un accordo complessivo per raggiungere i tre quinti necessari all’elezione dei nuovi componenti. Il tempo, però, stringe anche in vista della riunione della Corte Costituzionale prevista il 20 gennaio sui referendum, compresi quelli sull’Autonomia che potrebbe, però, comunque pronunciarsi anche con gli attuali 11 componenti. Proseguono, dunque, i contatti alla ricerca di un’intesa che non viene però più data del tutto per scontata entro questa settimana. “Non sono sicuro che oggi si troverà la quadra”, fa capire di buon mattino il capogruppo azzurro Paolo Barelli. “Non sono ancora mature – fa sapere poco dopo il suo omologo Dem al Senato, Francesco Boccia – le condizioni per un accordo complessivo. Il dialogo continuerà nelle prossime ore”.

E alle 15 arriva la nuova fumata nera. Nessun commento dal Quirinale in una giornata in cui le forze politiche stanno tentando comunque l’accordo ma sono ben noti i reiterati appelli a sanare la questione. Il nodo principale da sciogliere, secondo quanto viene raccontato da più fonti parlamentari di maggioranza e opposizione, sarebbe quello del nome che spetta a FI e, a cascata, di quello tecnico. Parrebbe assodata, invece, la prima parte dell’intesa che vedrebbe l’elezione di Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico della premier Giorgia Meloni e del costituzionalista Massimo Luciani in quota opposizione. Domattina è prevista una riunione della conferenza dei capigruppo di Montecitorio già in programma con una serie di punti all’odg tra i quali i tempi della riforma della giustizia. Ma, in quella sede, è probabile che si parli anche della nuova convocazione della seduta comune sulla Consulta.

Dalle opposizioni si chiede, tra l’altro, di procedere con convocazioni a oltranza. E c’è chi scommette sulla data di giovedì con i nuovi giudici che giurerebbero al Colle nel weekend in tempo per la riunione del 20 gennaio. Proseguono, dunque, le interlocuzioni e si attende che si sciolga il nodo del nome azzurro. Secondo un’indicazione che sarebbe emersa di recente, tra l’altro, il governo chiederebbe di escludere dalla rosa i parlamentari. Una linea che porterebbe ad escludere di fatto uno tra i nomi maggiormente circolati finora per la quota azzurra, ovvero quello del senatore Pier Antonio Zanettin. In casa Forza Italia, viene inoltre riferito, si sarebbe ragionato anche su una donna: Augusta Iannini, giurista di lungo corso e moglie di Bruno Vespa che però non avrebbe tutti i titoli per poter essere eletta. E un’altra ipotesi che circola è quello di Andrea Di Porto, avvocato vicino alla famiglia Berlusconi, sul quale però non ci sarebbe totale condivisione all’interno della maggioranza.

Nelle ultime ore spunta poi l’ipotesi di un ex parlamentare, l’avvocato cassazionista Bruno Cassinelli. Gli azzurri inoltre avrebbero puntato poi, ma proponendolo come nome tecnico, sull’avvocato generale dello Stato Gabriella Palmieri Sandulli. Che viene però considerata dall’opposizione di area. Se la maggioranza proporrà un tecnico di suo gradimento invece che “neutrale” nella quaterna dei giudici costituzionali, avverte il leader M5s Giuseppe Conte, “noi non ci stiamo”. Tra le poche certezze delle ultime ora c’è quella, però, che quantomeno per la casella tecnica vada indicata una donna. E tra i nomi che circolano nelle ultime ore c’è quello di Valeria Mastroiacovo, segretaria centrale dell’Unione giuristi cattolici italiani (Ugci) insieme a quelli delle costituzionaliste Lorenza Violini e Giuditta Brunelli.

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