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Cronache

L’uomo che uccise la compagna in preda ad una ‘tempesta emotiva’ tenta il suicidio in carcere, salvato

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Si è sentito demonizzato e ha tentato il suicidio, ingerendo dei farmaci. E’ ricoverato in gravi condizioni, nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Ferrara, Michele Castaldo, l’uomo di 57 anni, reo confesso dell’omicidio della ex compagna Olga Matei, il cui caso aveva fatto discutere per il dimezzamento della pena in appello con una sentenza che ha concesso le attenuanti anche per la ‘tempesta emotiva’ determinata dalla gelosia. L’uomo era detenuto in carcere a Ferrara. Secondo quanto anticipa il ‘Corriere di Romagna’, Castaldo avrebbe scritto, qualche giorno fa, una lettera al suo avvocato nel quale avrebbe detto di sentirsi demonizzato e di volersi infliggere la pena da solo. Il tentativo di suicidio sarebbe avvenuto nei giorni scorsi. Del suo caso si e’ discusso molto: la decisione della corte d’appello di Bologna di ridurre da trenta a sedici anni la sua pena ha provocato anche numerose iniziative di protesta, fra cui un presidio sotto il tribunale. In serata a Riccione, dove viveva Olga Matei, c’e’ stata una fiaccolata organizzata in sua memoria.

Olga Matei. Uccisa da Michele Castaldo, operaio 57enne di Casoria

L’uomo, il 5 ottobre 2016, uccise a mani nude Olga Matei, la donna con cui aveva una relazione. Arrivo’ all’omicidio dopo che da un paio di giorni si mostrava geloso per messaggi di altri uomini sul cellulare di Olga. Il 5 ottobre la aspetto’ davanti a casa, i due entrarono, si misero a parlare e a bere vino. Fu allora che le confido’ le proprie insicurezze in amore, dovute al fallimento del suo matrimonio e, a suo dire, ai tradimenti della moglie. Lei pero’ avrebbe mostrato poca comprensione e gli chiese di andarsene, senza minacciare di lasciarlo. Ma scatto’ un nuovo litigio. Dopo una condanna a trent’anni in primo grado, la Corte d’Appello ha ridotto la pena di Michele Castaldo a 16 anni. Nella sentenza si conferma la sussistenza dell’aggravante dell’aver agito per motivi abietti e futili, ma si concedono le attenuanti generiche, ritenute equivalenti con le aggravanti. E si spiega che questa decisione deriva in primo luogo dalla valutazione positiva della confessione. Inoltre, si legge nell’atto, sebbene la gelosia provata dall’imputato era un sentimento “certamente immotivato e inidoneo a inficiare la sua capacita’ di autodeterminazione”, tuttavia essa determino’ in lui, “a causa delle sue poco felici esperienze di vita” quella che il perito psichiatrico che lo analizzo’ defini’ una “soverchiante tempesta emotiva e passionale”. La procura generale ha annunciato di presentare ricorso in Cassazione.

 

Questo è quello che scrive sul delitto di Olga Matei uno dei più bravi giornalisti di cronaca noir, Carmelo Abbate:

Lei è Olga Matei, ha 46 anni, è di origine moldava, fa la commessa in un negozio di ottica. Separata, una figlia di 10 anni, è rimasta buoni rapporti con l’ex marito.
È il settembre del 2016. Olga è seduta ai tavolini di un bar di Riccione. Conosce un uomo, inizia una relazione. Lui è Michele Castaldo, 54 anni, fa l’elettricista a Cesena, è originario di Casoria, in provincia di Napoli. Da circa un anno si è separato dalla moglie, ha 4 figli e una consulente sentimentale: una cartomante di Forlì.
Un mese dopo l’inizio del rapporto, mentre sono insieme, Olga riceve un messaggio sul cellulare. C’è scritto “Come stai?”. Michele le prende il telefono, controlla, non si fida, è geloso. Lei lo accompagna alla porta, poi gli dice che è finita.
Passano due giorni. È mercoledì 5 ottobre del 2016. Lui la chiama, lei non risponde al telefono. Lui sostituisce la foto del profilo Facebook con una immagine notturna e parte per Riccione. Lei è dalla parrucchiera, lui guarda dentro dalla vetrina, la vede. Lei fa finta di nulla, esce solo quando lui se n’è andato. Attraversa di corsa la strada con le pantofoline da pedicure, sale i 19 gradini che portano alla sua abitazione. Lui è lì, la sta aspettando davanti alla porta d’ingresso.
Olga lo fa entrare, gli offre un bicchiere di vino, prova a farlo ragionare e rilassare. Gli dice che non c’è nessun uomo nella sua vita, ma che comunque non vuole stare con lui.
Michele la strozza con le sue mani fino ad ammazzarla. Poi torna a casa e inscena un maldestro tentativo di suicidio con vino, antidepressivo e antidolorifici. Ma prima manda un messaggio alla sua consulente sentimentale, che avverte i carabinieri, i quali corrono e lo trovano sul letto in stato confusionale.
Al processo Michele ha scelto il rito abbreviato. Condanna all’ergastolo, sconto di un terzo: 30 anni di carcere. In appello, la pena è stata ridotta a 16 anni. I giudici gli hanno riconosciuto le attenuanti generiche perché ha agito sotto l’effetto di una “soverchiante tempesta emotiva e passionale”.

 

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Neonati morti, la difesa di Chiara fa ricorso in Cassazione

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Il difensore di Chiara Petrolini, avvocato Nicola Tria, ha depositato il ricorso in Cassazione contro la decisione del tribunale del Riesame di Bologna che il 17 ottobre ha disposto la custodia cautelare in carcere per la 21enne di Traversetolo, con ordinanza depositata il 30 novembre. La giovane è accusata da Procura e carabinieri di Parma di omicidio e soppressione di cadavere in relazione al ritrovamento dei corpi di due neonati, da lei partoriti a poco più di un anno di distanza, maggio 2023 e agosto 2024, al termine di gravidanze di cui nessuno aveva saputo nulla, né familiari né fidanzato. Il Gip del tribunale di Parma il 20 settembre aveva applicato gli arresti domiciliari, la Procura aveva fatto appello e quindi si è pronunciato il Riesame, segnalando il rischio di reiterazione e l’insufficienza della custodia cautelare a casa coi genitori, ma l’esecuzione della misura in carcere rimane sospesa fino alla pronuncia della Cassazione.

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Turismo nel mirino delle mafie, giro affari 3,3 miliardi

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Eventi internazionali come il Giubileo 2025 e le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026. Ma anche più semplicemente un periodo di difficoltà o dei debiti da saldare. O al contrario una nuova apertura e un inizio promettente. Sono queste le cose grandi e piccole che fanno gola alle mafie e amplificano il rischio di infiltrazioni in un settore vitale, ramificato e dal grande indotto come quello del turismo. Emerge da uno studio realizzato da Demoskopika  che quantifica in 3,3 miliardi di euro, il giro d’affari della criminalità organizzata italiana derivante dall’infiltrazione nell’economia legale del settore turistico del Belpaese di cui quasi 1,5 miliardi concentrato nelle realtà del Nord.

Assoluto primato della ‘ndrangheta con un giro d’affari di 1 miliardo 650 milioni (50% degli introiti totali), poi camorra a 950 milioni (28,8%), mafia a 400 milioni (12,1%) e criminalità organizzata pugliese e lucana con 300 milioni di euro (9,1%). Secondo Demoskopika che utilizzato una serie di dati rilevati da alcune fonti ufficiali o autorevoli: Unioncamere, Direzione Investigativa Antimafia, Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, Istat, Cerved e Banca d’Italia si tratta di un’attività sempre più pervasiva di controllo del territorio che metterebbe a rischio quasi 7mila imprese attive pari al 14,2% su un totale di oltre 48mila realtà a “rischio default”, maggiormente fiaccate da crisi di liquidità e indebitamento e, dunque, più vulnerabili al “welfare criminale” delle mafie che dispongono, al contrario, di ingenti risorse finanziarie pronte per essere “ripulite”.

Ben 307, inoltre, gli alberghi e i ristoranti confiscati ad oggi, di cui quasi il 60% nei territori tradizionalmente caratterizzati da un maggiore radicamento della criminalità organizzata. Osservando il livello territoriale emerge che nelle realtà del Mezzogiorno si concentrerebbe il 33,6% degli introiti criminali, pari a 1 miliardo 108 milioni di euro. A seguire il Nord Ovest con 927 milioni di euro (28,1%), il Centro con 715 milioni di euro (21,7%) e il Nord Est con 550 milioni di euro (16,7%). Sono 9 i sistemi turistici regionali a presentare i rischi più elevati di infiltrazione criminale nel tessuto economico, dove si concentra quasi ben il 75% del giro d’affari dei proventi illegali: Campania (380 milioni di euro), Lombardia (560 milioni di euro), Lazio (430 milioni di euro), Puglia (200 milioni di euro), Sicilia (190 milioni di euro). E, ancora, Liguria (90 milioni di euro), Emilia Romagna (230 milioni di euro), Piemonte (260 milioni di euro) e, infine, Calabria (125 milioni di euro).

A pesare sul primato negativo della Campania, che ha totalizzato il massimo del punteggio (122,0 punti), i 67 alberghi e ristoranti confiscati, pari al 21,8% sul totale delle strutture turistiche confiscate dalle autorità competenti, le quasi 2mila richieste di avvio di istruttorie antimafia connesse al Pnrr, i 155 provvedimenti interdittivi antimafia emessi dagli Uffici Territoriali del Governo, nell’intero anno 2023, a seguito degli approfondimenti svolti dalle articolazioni della Dia e, infine, le quasi 16mila operazioni finanziarie sospette comprendenti anche le SOS a rischio criminalità organizzata. “Il turismo italiano – spiega il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – è sotto attacco. Oltre 7mila aziende vulnerabili rischiano di diventare ghiotta preda dei sodalizi criminali, con la ‘ndrangheta, Cosa Nostra, camorra, criminalità pugliese e lucana che si infiltrano nei settori dell’ospitalità, dalla ricettività alberghiera alla ristorazione passando per l’intermediazione. Debiti erariali, prestanome legati ai clan e una fragilità imprenditoriale sempre più diffusa creano le condizioni ideali per un controllo mafioso”

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Suicida a 21 anni, la procura di Torino indaga sulla sua morte: sedici persone indagate

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È giallo a Torino sulla morte di una donna di 21 anni, di origini albanesi, trovata senza vita nel marzo del 2021 in un alloggio alla periferia della città. La storia della ragazza, Sonila il suo nome, sfruttata da un gruppo anch’esso albanese che gestiva un giro di prostituzione nel capoluogo piemontese, è emersa dopo l’operazione della squadra mobile di Torino, denominata Mariposa, che la scorsa settimana ha portato a cinque misure cautelari per reati che vanno dalla rapina al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Sedici le persone indagate.

Per la procura di Torino, come riportato dal quotidiano La Stampa, la ragazza potrebbe essere stata indotta al suicidio. Le indagini sono coordinate dalla pm Valentina Sellaroli. L’operazione che ha portato allo smantellamento della rete ha avuto origine nel maggio 2022 da una rapina ai danni di una prostituta albanese. Le indagini hanno rivelato un sistema criminale che coinvolgeva giovani donne costrette a prostituirsi in zone specifiche della città come Barriera Nizza e Madonna di Campagna. Le vittime, tutte di nazionalità albanese, secondo quanto ricostruito, subivano continue vessazioni fisiche e psicologiche. Le donne erano obbligate a consegnare l’intero guadagno ai propri sfruttatori e versavano in condizioni di totale assoggettamento, mantenuto anche attraverso legami sentimentali manipolatori. Tra di queste c’era Sonila, trovata morta nel bagno di un piccolo alloggio in cui viveva con il compagno – oggi tra gli indagati – e il suo bimbo di due anni.

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