Mentre a Verona marciavano in diecimila nel corteo finale del Congresso delle Famiglie, alla Spezia Rosa Maria e Lorella, due militari della Marina, si univano civilmente nelle loro uniformi di gala. E la prima a complimentarsi con loro e’ stata la ministra pentastellata della della Difesa, Elisabetta Trenta: “siete l’esempio di una importante evoluzione culturale”, ha scritto su Facebook. Visione diversa, com’e’ noto, da quella dei colleghi di governo leghisti, con Salvini che, anche l’altro giorno a Verona, per rimarcare bene come la pensa, ha indossato la maglietta della famiglia col disegno di una mamma, un papa’ e due bambini. Rosa Maria e Lorella, la prima nocchiere e la seconda ufficiale, comandante di una nave, si sono incontrate proprio in Marina. “Viviamo da anni insieme e il nostro sogno era sposarci”, hanno detto agli amici. Erano in tanti al Camec, il Centro di arte moderna e contemporanea della Spezia (la citta’ dove vivono), per festeggiare insieme a loro l’unione. Presenti molti amici e le famiglie di entrambe le marinaie, un po’ emozionate, ma felici: cosi’ appaiono nelle foto che le ritrae appena uscite dal “tunnel” di spade incrociate dai loro colleghi, come vuole la tradizione nelle nozze dei militari. Per il grande giorno niente vestito bianco, ma alta uniforme, Lorella con la sciarpa azzurra e la sciabola da ufficiale ed entrambe con un luminoso sorriso. Amanti dei cani, ne hanno cinque, e’ toccato al piu’ piccolo – Ginevra, un bulldog inglese – portare le fedi, appoggiate sul dorso. Non appena pronunciata la formula di rito e’ scoppiato l’applauso: le due militari si sono scambiate un bacio e dagli ospiti qualcuno ha gridato: “e’ fatta!”.
L’amore che cambia. Una volta il bacio tra il marinaio e l’infermiera era un simbolo di passione anche. Oggi c’è anche l’amore tra due marinaie
“Onorata e fiera di avervi sposate”, scrive su Facebook Cristina Romani, che ha celebrato l’unione. “Ho sempre vissuto controcorrente, ho sempre pensato che l’amore deve essere rispettato in tutte le sue forme perche’ amare e’ il sentimento piu’ bello che possa capitare ad un uomo”. “Volevo rivolgere i miei piu’ sinceri auguri a Lorella e Rosy – ho saputo che i vostri amici vi chiamano cosi’ – i nostri due marinai che il 31 marzo hanno celebrato la loro unione”, ha scritto il ministro Trenta su Facebook. “Sono stata davvero felice di vedere le immagini del vostro giorno piu’ bello, con le famiglie riunite e tanta gioia nei vostri sguardi. Lorella e Rosy – conclude la Trenta – sono l’esempio di una importante evoluzione culturale, nelle Forze Armate e nel nostro Paese. Auguri ragazze!”. Un pensiero in linea con quello della stessa Lorella, che in un video della Forza armata pubblicato in occasione della Festa della donna dice: “L’8 marzo celebra le conquiste delle donne per la societa’”. Quello di Rosy e Lorella non e’ il primo caso di unione civile tra militari: c’e’ un precedente nell’Aeronautica che risale al 2016 e pochi altri casi. Piu’ numerosi, invece, i “matrimoni” gay tra un militare e un civile.
L’ipnosi in sala operatoria si consolida come una risorsa in più per combattere il dolore in sala operatoria. Per la prima volta a Torino, all’ospedale delle Molinette, due donne in età avanzata (75 anni e 79 anni) sono state sottoposte a un intervento in ipoanestesia, una pratica che alla Città della Salute definiscono “l’ultima frontiera degli approcci destinati a garantire ai pazienti un trauma chirurgico sempre minore”. L’ipoanestesia, che ha già preso piede in numerosi Paesi europei per operazioni di chirurgia complessa, è considerata una valida alternativa all’anestesia generale: non pretende un carico pesante di farmaci invasivi, modula la percezione del dolore e, soprattutto, allontana la percezione del bisturi, riducendo lo stress emotivo. Effetti che, a quanto pare, si riverberano anche sul recupero post operatorio, più rapido ed efficace, con conseguente riduzione dei tempi di ricovero.
Nel caso delle due pazienti torinesi si è trattato di abbinare l’ipnosi all’anestesia locale per poi procedere, tramite delle ‘tradizionali’ incisioni al collo di minima entità (2,5-3 cm), all’asportazione di tumori benigni delle paratiroidi. L’intervento ha richiesto la composizione di un’equipe composta da specialisti di varie discipline: Maurizio Bossotti (responsabile della Chirurgia tiroidea-paratiroidea del Dipartimento di Chirurgia Generale e Specialistica della Città della Salute di Torino, diretto dal professor Mario Morino) è stato affiancato da Pietro Soardo e Valentina Palazzo, specializzanda in Chirurgia Generale ed ipnologa, e dagli anestesisti del gruppo di Roberto Balagna.
In Italia il ricorso all’ipnosi clinica è una realtà da diverso tempo e in diversi ambiti. Nel 2020 l’ospedale San Paolo, a Savona, se ne servì a scopo analgesico su un uomo sottoposto a un intervento al cuore, mentre nel 2022 fu il San Michele di Cagliari ad impiegarla nel corso di un trapianto di fegato: il paziente, dopo una serie di incontri preparatori, venne ‘risvegliato’ in stato di ipnosi in sala operatoria anziché in rianimazione, cosa che scongiurò una quantità di complicazioni. Nel 2023, ad Ancona, un tumore cerebrale fu asportato con procedura awake: il paziente, sveglio e cosciente, indossò un visore che lo inondò di immagini e musiche capaci di ridurre l’ansia pre e post operatoria. La sedazione digitale è stata utilizzata al ‘Ferrari’ di Castrovillari (Cosenza) per coronarografie e impianti di peacemaker.
Non si è ribellata quando lui le ha imposto un rapporto sessuale perché “avevo paura che lui mi lasciasse”. Protagonista di questa brutta storia che arriva da Genova una ragazzina di 13 anni che ha raccontato di esser stata obbligata ad avere rapporti con il suo fidanzato del tempo, di due anni più grande, nella sua casa quando i genitori non c’erano. Una storia che durava da qualche mese e che è stata scoperta dalla polizia intervenuta per la chiamata al 112 dell’ex fidanzatino della vittima, accerchiato dagli amici della ragazzina intenzionati a portare a termine una vera e propria spedizione punitiva. Tutto nasce un pomeriggio di qualche tempo fa quando la ragazzina va a casa del fidanzatino che ha, appunto, 15 anni.
I genitori di lui non ci sono e avvengono gli abusi. Lei non lo lascia perché ha paura che lui l’abbandoni poi l’infatuazione è finita e lei racconta tutto ai suoi amici. Amici che, dopo essersi radunati, in tutto una decina di ragazzi tra i 13 e i 16 anni, imbastiscono una specie di spedizione punitiva a casa dell’ex. Quel giorno il 15enne è solo nell’appartamento al primo piano del condominio in cui abita con i genitori.
Quando arrivano gli amici della ragazzina iniziano a dare pugni contro le sue finestre e uno cerca addirittura di entrare in casa. Il ragazzo si spaventa, prende un coltello da cucina e poi chiama il 112. Quando la polizia interviene ci vuole un po’ per capire cosa stesse succedendo e che cosa aveva portato a quella reazione esasperata di un gruppo di giovanissimi. I ragazzini amici della vittima vengono tutti identificati e accompagnati negli uffici della polizia: ovviamente ciascuno racconta quello che sa e quello che invece gli è stato solo riferito ma sarà la ragazzina di 13 anni a dover raccontare il retroscena.
Tra l’altro, la vittima aggiunge che aveva tentato di parlarne a casa con i genitori ma che aveva avuto scarso successo. Genitori che, convocati e sentiti dalla polizia, affermano: “Ci aveva accennato qualcosa, ma pensavano fossero questioni tra ragazzi”. Tutta la vicenda adesso è sottoposta a indagini della procura presso il tribunale dei Minori, Un fascicolo in cui un quindicenne è accusato di violenza sessuale aggravata. E negli ultimi giorni la vittima è stata sentita durante un incidente probatorio, fornendo – secondo quanto appreso – ‘significative conferme’.
La Costituzione “ci obbliga ad adempiere le nostre funzioni “con onore e disciplina” e l’onore non può che essere quello del “dovere della verità e dell’impegno per la giustizia” non solo formale ma anche sostanziale. In un territorio che, pur cercando faticosamente di adottare “un diverso paradigma”, soffre ancora di tante diseguaglianze e in tante periferie umane e sociali si attendono opportunità civili e dignitose, chi ha responsabilità pubblica ha il dovere di fare di più e bandire ipocrisie e luoghi comuni. Ancora troppa ricchezza mal distribuita, ancora troppo lavoro nero, ancora la prepotenza della criminalità organizzata, sirena per chi, con scarse opportunità, in particolare i giovani, anela al cambiamento del proprio status sociale, cerca scorciatoie”. Lo ricorda nella lettera ai fedeli della diocesi partenopea per l’Avvento 2024 l’arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, che nel prossimo concistoro del 7 dicembre sarà creato Cardinale.
“A noi, il Cristo che viene, ci chiede quel gesto di amore di cui parlò Paolo Borsellino, nella chiesa di Sant’Ernesto, a Palermo il 23 giugno 1992, in occasione del trigesimo della strage di Capaci, ricordando Falcone “Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione…. Per amore!” E tali parole richiamano alla mente l’attualità del documento diffuso proprio a Natale dell’anno precedente, il 1991, in tutte le chiese di Casal di Principe e della zona aversana da don Peppino Diana e dai parroci della forania di Casal di Principe, per spingere a prendere coscienza del problema mafioso, ‘Per Amore del mio popolo'”, prosegue ancora l’arcivescovo di Napoli.