Collegati con noi

Esteri

L’Unione europea amplia la lista nera dei paradisi fiscali, ma salta la web tax

Pubblicato

del

Aumentano i paradisi fiscali nel mondo secondo la Ue che ha aggiornato la lista nera pubblicata nel 2017, portandola da cinque a quindici. Ci sono anche gli Emirati Arabi, nonostante l’iniziale resistenza dell’Italia, propensa a concedere piu’ tempo come chiedevano. Invece dalla lista grigia, cioe’ quella dei Paesi sotto monitoraggio, ne scompaiono ben 25, tra cui Andorra, Jersey e Panama, sebbene al centro di scandali ancora recenti. E sempre sul fronte fisco, l’Ue deve fare i conti con quella che in molti definiscono una ‘sconfitta’: la web tax Ue non si fara’, perche’ i Paesi sono divisi. L’Unione si affida quindi all’Ocse, che sta studiando una misura da attuare a livello globale entro il 2020. E nel frattempo, gli Stati Ue procederanno divisi, introducendo ognuno una propria tassa come accaduto gia’ in Italia, Spagna e Francia. La revisione della lista 2017 dei paradisi fiscali e’ stata un’operazione durata un anno. Nel 2018 la Commissione ha valutato 92 Paesi sulla base di tre criteri: trasparenza fiscale, buona governance e attivita’ economica reale, nonche’ un indicatore, cioe’ l’esistenza di un’aliquota dell’imposta sulle societa’ pari a zero. Per Bruxelles si tratta di un successo perche’ 60 Paesi che nel 2017 erano considerati a rischio, hanno preso provvedimenti eliminando piu’ di 100 regimi fiscali ‘dannosi’. Nella nuova blacklist ci sono i cinque gia’ presenti dal 2017, gli unici che non hanno mai cooperato, cioe’ le Samoa americane, Guam, Samoa, Trinidad e Tobago e le Isole Vergini. Ora vengono aggiunte Aruba, Barbados, Belize, le Bermuda, Dominica, Fiji, Isole Marshall, Oman, Emirati Arabi e Vanuatu. Tutte giurisdizioni che non hanno attuato gli impegni annunciati entro la scadenza data dalla Ue. Altri 34 Paesi restano sulla lista ‘grigia’ per essere monitorati: tra questi le isole Cayman, Turchia, Svizzera, Capo Verde, Marocco, Montenegro. Mentre 25 sono stati rimossi, come Taiwan, Macao, Malesia, San Marino. Intanto c’e’ lo stop, di fatto definitivo, all’idea di creare una web tax europea. La proposta di compromesso della presidenza romena, sebbene molto annacquata rispetto alle intenzioni iniziali, e’ stata bocciata con il voto di quattro Paesi (Svezia, Danimarca, Estonia e Irlanda), rafforzato dallo scetticismo di tanti altri. Ora bisognera’ aspettare che sia l’Ocse a muoversi, con una misura globale che certamente richiedera’ piu’ tempo. Il ministro Giovanni Tria era tra chi avrebbe preferito un segnale europeo subito, anche con una proposta in formato ridotto. La trasformazione dell’economia verso il digitale ha “un impatto forte all’interno di ogni Stato” ad esempio sulle “disuguaglianze”, quindi “c’e’ un costo per gli Stati che devono accompagnare questa trasformazione economica e rafforzare le protezioni sociali. Ed e’ un “paradosso che chi e’ tra i principali attori si sottragga a contribuire ai costi che accompagnano la trasformazione dell’economia che sono sostenuti dagli Stati nazionali”, ha detto Tria.

Advertisement

Esteri

Il timore del Papa per la Siria e la ‘guerra riaccesa’

Pubblicato

del

La Siria si aggiunge all’elenco delle preoccupazioni e dei dolori del Papa. La guerra, che portò Francesco a proclamare nel 2013, pochi mesi dopo la sua elezione, una giornata di digiuno e preghiera, forse tra le prime del pontificato, torna come un incubo dal passato. “Preghiamo per la Siria dove purtroppo la guerra si è riaccesa causando molte vittime. Sono molto vicino alla Chiesa in Siria, preghiamo”, ha chiesto il Papa all’Angelus, nel corso del quale ha ribadito che “la guerra è un orrore, la guerra offende Dio e l’umanità, la guerra non risparmia nessuno, la guerra è sempre una sconfitta, una sconfitta per l’umanità intera”. Nelle parole del Papa scorrono le immagini dei conflitti che in questo momento stanno insanguinando il mondo, dall’Ucraina al Medio Oriente. Ma “uno spiraglio di pace” c’è ed è la tregua siglata tra Israele e Libano.

“Mi rallegro per il cessate il fuoco che è stato raggiunto nei giorni scorsi in Libano e auspico che esso possa essere rispettato da tutte le parti, permettendo così alle popolazioni interessate al conflitto, sia libanese sia israeliana, di tornare presto e in sicurezza a casa, anche con l’aiuto prezioso – sottolinea Papa Francesco – dell’esercito libanese e delle forze di pace delle Nazioni Unite”. Uno spiraglio che può spingere le parti e la comunità internazionale ad andare oltre. “La mia speranza – dice esplicitamente il Pontefice, alla fine della preghiera mariana a Piazza San Pietro – è che lo spiraglio di pace che si è aperto possa portare al cessate il fuoco su tutti gli altri fronti, soprattutto a Gaza”.

“Ho molto a cuore la liberazione degli israeliani che ancora sono tenuti in ostaggio”, assicura Francesco che in questi mesi non ha sempre avuto un rapporto sereno con il mondo ebraico. Ma il Papa contestualmente dice quanto sia fondamentale “l’accesso degli aiuti umanitari alla popolazione palestinese stremata”. Restando al Medio Oriente, il Papa invita il Libano ad alzare la teste, ad eleggere il Presidente della Repubblica e ad attuare le riforme necessarie al Paese per uscire da una crisi che dura da troppi anni.

Lo sguardo del Pontefice poi torna alla “martoriata Ucraina” con l’inverno, freddissimo in quella parte d’Europa, ormai alle porte. “Saranno mesi difficilissimi”, commenta il Papa, perché “la concomitanza di guerra e freddo è tragica”. “Mentre ci prepariamo al Natale e mentre attendiamo la nascita del Re della Pace si dia a queste popolazioni una speranza concreta”. Il Papa ha quindi ribadito che “la ricerca della pace è una responsabilità non di pochi ma di tutti. Se prevalgono l’assuefazione e l’indifferenza agli orrori della guerra tutta la famiglia umana è sconfitta”.

“Non stanchiamoci di pregare per quella popolazione così duramente provata ed imploriamo a Dio il dono della pace”, ha concluso. La storia mostra che una via diversa è possibile. Per questo il Papa ha ricordato i 40 anni del Trattato di pace ed amicizia tra Argentina e Cile, firmato anche grazie alla mediazione della Santa Sede. “Quando si rinuncia all’uso delle armi e si fa il dialogo, si fa un buon cammino”, ha concluso Papa Francesco.

Continua a leggere

Esteri

Colombia: narco-sottomarino rivela nuova rotta verso l’Australia

Pubblicato

del

La marina colombiana ha scoperto una nuova rotta di traffico di droga dall’America del Sud all’Australia dopo aver intercettato un “narco sottomarino” con a bordo 5 tonnellate di cocaina nell’Oceano Pacifico. È il terzo “narco sub” intercettato in poche settimane su “questa nuova rotta che hanno aperto in trafficanti” ha detto Manuel Rodríguez, capo dell’unità anti-narcotici della marina colombiana. La scoperta della nuova rotta è avvenuta durante “Orion”, un’operazione antidroga durata 6 settimane condotta congiuntamente dalle autorità colombiane e dagli ufficiali di sicurezza di decine di altri paesi, che ha portato al sequestro di 225 tonnellate di cocaina.

“Questa è forse la più grande cattura di cocaina in transito effettuata dalla Colombia nella storia,” ha detto il presidente colombiano Gustavo Petro poco fa in un post sul suo account ufficiale di X, aggiungendo “hanno sequestrato 224 tonnellate di cocaina nel mondo sotto la guida delle forze pubbliche di Colombia e Stati Uniti. È meglio fumigare gli agricoltori o sequestrare e arrestare i trafficanti di droga?”. L’Operazione Orion ha coinvolto 62 paesi ed ha sequestrato più di 1.400 tonnellate di droga (soprattutto marijuana) e armi illegali tra il primo ottobre e il 14 novembre, ha detto il vice ammiraglio Orlando Enrique Grisales, capo dello stato maggiore delle operazioni navali della Marina colombiana, portando all’arresto di oltre 400 persone tra cui anche trafficanti di migranti.

Continua a leggere

Esteri

Kallas: inaccettabile l’uso della violenza in Georgia

Pubblicato

del

“L’Unione Europea è ovviamente al fianco del popolo georgiano nella scelta del suo futuro: è chiaro che l’uso della violenza contro i manifestanti pacifici non è accettabile”. Lo ha detto l’alto rappresentante Ue Kaja Kallas (foto Imagoeconomica in evidenza) a margine della sua visita a Kiev, precisando che “questo ha chiaramente delle conseguenze sulle nostre relazioni con la Georgia”. Kallas ha parlato di diverse opzioni allo studio, dalle “sanzioni” a un intervento sul “regime dei visiti”.

Ciò che dobbiamo discutere è come procedere da qui in poi perché è chiaro che il governo georgiano non sta rispettando la volontà del popolo quando si tratta del futuro europeo.
E credo che non dovremmo permetterglielo”, ha aggiunto.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto