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Esteri

L’ultimo viaggio della regina, a Edimburgo fra ali di folla

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Un ultimo viaggio fra i silenzi, il raccoglimento e l’esplosione di qualche appaluso liberatorio in mezzo a un’ininterrotta ala di folla. Elisabetta II, la regina piu’ longeva della storia britannica, ha avviato di domenica il tragitto verso la dimora definitiva della sepoltura, lasciando per sempre l’amata residenza scozzese di Balmoral per raggiungere Edimburgo: capitale della nazione del Regno piu’ indocile, ma forse anche piu’ vicina al suo cuore, dove domani il feretro sara’ esposto per la prima volta all’omaggio dei sudditi nella cattedrale di St Giles, dopo un rito alla presenza del suo primogenito e successore, re Carlo III, atteso in citta’ nelle stesse ore. Il corteo ha iniziato ad attraversare di buon mattino un Paese su cui il lutto – calato l’8 settembre con l’annuncio della morte della figlia 96enne di Giorgio VI – e’ destinato a proseguire per diversi giorni.

L’addio a Balmoral e’ stato l’addio al luogo della normalita’ familiare di Elisabetta, delle vacanza estive con il marito, i figli e poi i nipoti. Luogo in cui – come ha raccontato in mattinata alla Bbc l’ex premier David Cameron, sul filo di una testimonianza diretta – poteva capitare di vedere il principe consorte Filippo preparare un barbecue o la regina medesima servire l’ospite di turno a tavola e sparecchiare in un’atmosfera informale. Un saluto segnato dal rispetto del cerimoniale, ma in fondo sobria: con la bara, avvolta nello stendardo reale di casa Windsor, disposta su veicolo funebre a vista che ha oltrepassato il cancello d’uscita sotto lo sguardo di due guardie sugli attenti, seguito dalla Rolls Royce reale con a bordo la principessa Anna, secondogenita e unica figlia femmina di Sua Maesta’ incaricatasi di accompagnarla durante tutto il percorso e da alcune Range Rover di scorta. Oltre a un paio di agenti motociclisti, in testa e in coda. Il via a un lento corteo transitato attraverso citta’ come Aberdeen, Perth, o Dundee, dove la gente si e’ assiepata a decine di migliaia per assistere al passaggio.

Ma anche nel borgo di Ballater, l’abitato piu’ vicino a Balmoral, dove si e’ radunata un’intera comunita’. Gente che la sovrana la conosceva di persona e che l’ha attesa di fronte alla chiesa locale, quella in cui Elisabetta era solita andare alla messa domenicale quando si trovava nella residenza: da donna di fede qual era, come ha ricordato in settimana il reverendo Iain Greenshields, della Chiesa di Scozia, uno fra gli ultimi interlocutori ad averla incontrata, non senza raccontare le sue parole serene a pochi giorni dalla morte “sull’Aldila’” e sul suo “amore per prince Philip” (scomparso nell’aprile 2021 fa quasi centenario dopo 73 anni di matrimonio), che confidava di poter ricontrare. L’arrivo a Edimburgo – preceduto di poche ore dalla lettura dell’atto formale di proclamazione a re di Carlo anche in Scozia, dopo la cerimonia di ieri a Londra, oltre che in Galles e in Irlanda del Nord al suono dell’inno God Save The King – si e’ compiuto con perfetta puntualita’ verso le 16 locali. Qui la bara e’ stata portata a spalla da un reparto militare d’onore scozzese in kilt all’interno del palazzo reale di Holyroodhouse, dove sara’ vegliata nella notte oltre che da Anna, dai fratelli minori Andrea e Edoardo, unitisi a lei all’ingresso in un clima di profonda commozione. Domani il programma prevede la processione lungo il Royal Mile, con in prima fila anche re Carlo III e la regina consorte Camilla, fino alla cattedrale edimburghese di St Giles, dove verra’ officiata una liturgia di suffragio e sara’ poi possibile rendere omaggio ai resti mortali della monarca per 24 ore. Martedi’ pomeriggio il feretro potra’ essere quindi traslato in aereo fino a Londra, dove ancora Carlo – impegnato oggi nel suo debutto da sovrano anche con i rappresentanti del Commonwealth – lo accogliera’ a Buckingham Palace. Da mercoledi’ e’ quindi prevista l’esposizione al pubblico per 4 giorni a Westminster Hall. E infine il cerchio si chiudera’ con i solenni funerali di Stato di lunedi’ 19 nell’abbazia di Westminster. Tappa finale, sotto gli occhi dei potenti della Terra di oggi, di un cammino che s’incrocia con un secolo di storia.

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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