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Luigi Di Maio spiega come funzionerà il reddito di cittadinanza, perché per Salvini lasciare il Governo é un suicidio político e…

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Al Forum nella redazione de “il Fatto Quotidiano” c’è il vicepremier Luigi Di Maio, delega al ministero del Lavoro e dello Sviluppo economico,  capo politico del M5S. Con il direttore del quotidiano e con un bel pezzo della redazione Di Maio si intrattiene per oltre un’ora sottoponendosi al fuoco di fila di domande che spaziano dalla trattativa sulla manovra economica  con l’Europa, ai rapporti con Juncker o Moscovici, alle vicissitudini col l’alleato leghista Salvini, fino alle regole interne del M5S e al reddito di cittadinanza.

Di Maio non si sottrae ad alcuna domanda, anche a quelle più difficili come i rapporti personali e politici con Salvini e il convitato di pietra Silvio Berlusconi che un giorno sì e un giorno pure chiede al leader leghista di mandare a casa il governo con il M5S e preparare un’altra maggioranza con senatori responsabili da reclutare tra chi ci sta.  La prima domanda è sulla manovra e sul deficit programmato non più al 2,4 ma il 2,04, che significa un po’ di miliardi in meno da spendere. Da dove verranno presi i miliardi in meno a disposizione per mantenere le promesse agli italiani?

“Il reddito di cittadinanza costerà 1,2 -1,3 miliardi in meno perché parte a marzo, anche se le pensioni di cittadinanza e di invalidità arriveranno da febbraio. Invece per quota 100, considerato il divieto di cumulo, abbiamo 2 miliardi e qualche centinaio di milioni in meno” spiega Di Maio che poi aggiunge che il Governo preleverà “molti più soldi dalle pensioni d’oro. Oltre al taglio in tre scaglioni, 20, 35 e 40 per cento, ci sarà il raffreddamento, cioè non adegueremo al tasso di inflazione le pensioni d’ oro. E in questo modo contiamo di recuperare oltre un miliardo. Infine, ci sarà la dismissione degli immobili, che venderemo non più a prezzo catastale ma a prezzo di mercato. E la cessione di questi beni dovrebbe valere uno 0,9 di Pil”.

Il vicepremier tiene però a precisare che le risorse riservate agli investimenti resterà invariata e le somme più importanti resteranno appostate su  “dissesto idrogeologico e adeguamento anti-sismico degli edifici pubblici, con norme per consentire ai sindaci una procedura speciale per la spesa al fine di evitare  la lunga trafila prevista dal Codice degli appalti e che questi soldi possano essere spesi in tempi brevi”.

Per il M5S si tratta di due capitoli importanti del programma elettorale del Movimento e sono spese produttive per due ordini di motivi: si crea lavoro nelle opere pubbliche legate al dissesto idrogeologico e alla messa in sicurezza antisismica e perché oltre a risparmiare decine di miliardi di danni che ogni anno lo Stato deve affrontare per calamità naturali si risparmieranno anche centinaia di vite umane che non hanno prezzo.

Sull’altare del dissesto idrogeologico e i terremoti l’Italia non ha mai investito abbastanza ed ha sempre pagato tributi altissimi in termini di sangue, di vite umane perse in alluvioni, inodazioni e terremoti che pure non sono mai così devastanti come in altri posti del mondo.

Può esserci un accordo sul 2,04 per cento con l’Ue, ma i giornalisti de Il Fatto ricordano a Di Maio che c’è chi come Moscovici ha fatto sapere che “ancora non ci siamo”. Di Maio taglia corto su questo versante. “Il presidente della Commissione è Juncker” e con lui parla Conte.

Per Luigi Di Maio misure come il reddito di cittadinanza sono imprescindibili perchè sono risorse utili a far rifiatare quel pezzo della società italiana in pesante difficoltà che ha subito sulla carne viva gli effetti devastanti della crisi economica di questi ultimi dieci anni.  Come funzionerà il reddito di cittadinanza? Il ministro Luigi Di Maio ha già al lavoro alcuni gruppi di tecnici che se ne stanno occupando e dunque lo può spiegare in dettaglio. E lo fa partendo da una una premessa.

“Il Rei (misura di sostegno ai poveri, ndr) ha funzionato così male che vi ha aderito solo il 50 per cento della platea, che pure è quella dei più deboli. Per richiedere il reddito di cittadinanza invece non servirà nessuno sportello. Sarà tutto informatizzato, con l’identità digitale” argomenta Di Maio.

Ci saranno punti Internet disponibili (perchè chi è povero spesso non ha pc e non  ha internet) , e comunque i due terzi della platea sono composti da gente che ha qualche entrata. “Dopodiché, da gennaio un sito internet dirà a tutti che dovranno preparare entro marzo i documenti necessari da caricare sul portale per chiedere il reddito, a partire dal certificato dell’ Isee” spiega Di Maio. “Saranno oltre 5 milioni quelli che potrebbero averne diritto, ma prevediamo almeno dieci milioni di richiedenti. E tutti dovranno certificarsi tramite l’identità digitale, la Spid” argomenta il vicepremier. Come sarà incassato il Reddito di Cittadinanza? Come si potrà spendere?  Lo spiega Di Maio:

“Il reddito sarà caricato su tessere Poste Pay, con un microchip intelligente che impedirà di usarle per spese come il gioco d’azzardo. Ma da fuori saranno come le altre, per non mettere a disagio nessuno”.

C’è poi la questione cruciale dei  centri per l’ impiego che oggi, per usare un eufemismo sono centri di spesa improduttivi, forse inutili, se non  a chi prende uno stipendio per timbrare il cartellino.
“Non si potrà prendere appuntamento dal giorno dopo. Ad aiutare i cittadini ci saranno i navigator, quelli per cui mi hanno preso in giro (sorride, ndr), che dipenderanno dall’Agenzia nazionale per le Politiche del lavoro. Per metterli in campo faremo assunzioni e riqualificheremo personale già esistente. Saranno loro a mettere in contatto i cittadini e il mondo del lavoro, ossia i centri per l’ impiego e quelli privati, perché all’inizio il sistema sarà un misto di pubblico e privato. Questi tutor avranno tablet e cellulare sempre collegati a un terminale che incrocia domanda e offerta, ma andranno anche a casa delle persone”.

Il forum con la redazione è lunghissimo, entra ancora di più nei dettagli del reddito di cittadinanza, dei sondaggi che vedono la Lega in costante aumento di consensi e dei rapporti con Matteo Salvini, sempre più vicepremier di lotta e di governo, spesso capace di incursioni ministeriali in settori che nulla hanno a che vedere con il Viminale: convocazioni di imprenditori e sindacati, affari esteri lontano da Roma e altro. Anche su questo Di Maio è chiaro. C’è un contratto che regola i rapporti nel Governo e ogniqualvolta Salvini sfora viene invitato a non  farlo. Con garbo ma con fermezza. Di Maio parla poi della assoluta mancanza di feeling con il Pd, delle guerre che gli hanno fatto su Decreto Dignità, Reddito di Cittadinanza e diritti sociali in genere. Difficile che cambino i rapporti già che i gruppi parlamentari sono in mano a Renzi, li ha fatti eleggere lui i deputati e i senatori. Quanto a Berlusconi che chiede a Salvini di fare la crisi di Governo, Di Maio sorride.

“La Lega ha già assorbito Fi e Fratelli d’Italia”. Chi pensa di sommare i voti del 4 marzo di Berlusconi e Meloni – ragiona Di Maio – con i consensi virtuali che danno alla Lega i sondaggi fanno un po’ di confusione, spiega già o meno in questi termini Di Maio.

Il leader del M5s parla anche della campagna di Silvio Berlusconi per “acquisire senatori”, di elezioni amministrative ed europee, rapporti interni al Movimento, grandi opere pubbliche e funzionamento della compagine di governo. Un Forum che potete trovare nella sua interezza, nella sua coerenza di fondo su Il Fatto Quotidiano diretto da Marco Travaglio.

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Draghi avverte l’Ue, ‘rimarremo soli, basta con i no’

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L’ultima chiamata di Mario Draghi all’Europa ha luogo nel corso di un evento apparentemente non di primo piano nell’agenda brussellese, l’European Parliamentary Week, che riunisce esponenti dei parlamenti nazionali da tutta Europa. Per il messaggio dell’ex presidente della Bce, tuttavia, si trattava di una platea importante, in quanto collante tra ciò che avviene nell’Ue e il consenso politico nei singoli Paesi membri. Ed è a questa platea che Draghi, illustrando il senso e gli obiettivi del suo Rapporto sulla Competitività, ha lanciato un allarme che non lascia spazio a equivoci: l’Europa è destinata a restare sola ed è per questo che deve agire, subito, come fosse un unico Stato. Ricorrendo, quindi, anche agli eurobond.

Alla frammentazione del mondo – economica, politica, perfino geografica – per l’ex premier italiano la risposta dell’Europa deve essere direzionata esclusivamente verso una maggiore integrazione. A volte, ha spiegato Draghi, “l’Ue è il principale nemico di se stessa”. Oggi non può più esserlo. Il mondo “confortevole” di qualche tempo fa è finito, le dichiarazioni che arrivano oltreoceano portano a prevedere che l’Ue, presto “dovrà garantire da sola la sicurezza dell’Ucraina e della stessa Europa”.

Il tempo delle attese e dei veti è terminato. “Non si può dire no a tutto, altrimenti bisogna ammettere che non siamo in grado di mantenere i valori fondamentali dell’Ue. Quindi quando mi chiedete ‘cosa è meglio fare ora’ dico che non ne ho idea, ma fate qualcosa!”, sono le parole, nettissime, con cui Draghi ha accompagnato la sua relazione in sede di replica. Parole che hanno ripercorso, di fatto, l’incipit dell’intervento dell’ex presidente della Bce. “Dobbiamo abbattere le barriere interne, standardizzare, armonizzare e semplificare le normative nazionali e spingere per un mercato dei capitali più basato sull’equity. La risposta dell’Ue deve essere rapida, intensa, su vasta scala”, ha scandito Draghi prendendo la parola in Aula all’Eurocamera.

Non è la prima volta, negli ultimi mesi, che l’uomo del ‘whatever it takes’ lancia il suo allarme. Ma questa volta il contesto è cambiato. Donald Trump, con la sua rete di dazi reciproci, attacchi politici all’Ue e imprevedibilità nella gestione della guerra in Ucraina, rischia di mettere Bruxelles di fronte ad un muro. “Per far fronte a questa sfide è sempre più chiaro che dobbiamo agire come se fossimo un unico Stato. La complessità della risposta politica che coinvolge la ricerca, l’industria, il commercio e la finanza richiederà un grado di coordinamento senza precedenti tra governi e parlamenti nazionali, Commissione e Pe”, ha sottolineato Draghi. Prima di parlare di numeri.

All’Ue servono, come stima prudenziale, “750-800 miliardi l’anno di investimenti” da convogliare in tecnologie, IA, difesa, rilancio dell’industria nel segno della decabornizzazione. Si tratta di cifre enormi, per le quali è “necessario emettere titoli di debito, “e questo debito comune deve essere, per definizione, sovranazionale, perché alcuni Paesi non dispongono di spazio fiscale sufficiente nemmeno per i propri obiettivi, non hanno alcuno spazio fiscale”, ha spiegato Draghi. Ed è qui che la sua visione differisce da quella della Commissione e di Ursula von der Leyen. Nella Bussola della Competitività non c’è traccia di debito comune, ma si prevede un allargamento delle maglie per gli aiuti di Stato. E, sulla difesa, von der Leyen ha annunciato che i 27 potranno ricorrere alla clausola di salvaguardia.

Scorporando le spese dal deficit e dal debito sì, ma solo temporaneamente. La ricetta di Draghi è più netta e, non a caso, prevede il superamento dell’unanimità – a favore della maggioranza qualificata – nella gran parte delle decisioni che i Paesi Ue sono chiamati a prendere. Il 26 febbraio la Commissione presenterà il Clean Industrial Deal. Nella bozza del piano si parla della necessità di aumentare gli investimenti annui di “480 miliardi”, si punta sulla semplificazione delle regole e su norme per gli aiuti di Stato che favoriscano la competitività. Un passo avanti, certo, che, tuttavia, difficilmente potrà bastare al raggiungimento degli obiettivi del cronoprogramma di Draghi.

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Mattarella: Russia rientri nel diritto internazionale

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“Il mondo che noi vorremmo è quello che rispetta il diritto internazionale”. Sergio Mattarella scandisce le parole rispondendo ad una domanda dei giornalisti sul doppio attacco personale arrivatogli da Mosca attraverso le parole della portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Nessuna polemica diretta con Vladimir Putin, toni diplomatici ma fermi e soprattutto un’orgogliosa rivendicazione delle scelte fatte a favore dell’Ucraina. In una conferenza stampa a Cettigne, antica capitale dei sovrani montenegrini, con accanto il presidente Yakov Milatovic, il presidente della Repubblica premette che è un “dovere rispondere alla libera stampa”.

E poi argomenta il suo pensiero sulla politica di Mosca: “l’auspicio è che la Russia torni a svolgere un ruolo di rilievo nel rispetto della sovranità di ogni stato. E’ un auspicio che ho sempre fatto nel rispetto del diritto e della carta delle nazioni Unite”. Una frase che ben esprime le idee del Quirinale sin da quando è iniziata l’invasione dell’Ucraina e che si può tradurre in una chiara distinzione tra le politiche del governo e gli storici legami con il popolo e la cultura russa. Sembra quasi dire, il presidente, che se la Russia tornerà nell’alveo delle regole internazionali rispettando il diritto consolidato riavrà l’amicizia dell’Unione europea. Poi il capo dello Stato, come è suo modo, ripercorre la storia e ricorda – forse alla Zakharova ma forse non solo – che “quando l’Ucraina, con il consenso della Russia, divenne indipendente, all’inizio degli anni ’90, disponeva di una grande quantità di armi nucleari, circa un terzo di quella posseduta dall’Unione sovietica”.

E che “su sollecitazione di Usa e Russia, l’Ucraina ha consegnato quelle migliaia di testate nucleari, che l’avrebbero messa al sicuro da ogni invasione. A fronte di questo, con un trattato registrava l’impegno dei paesi a rispettare e garantire la sua indipendenza, sovranità, integrità territoriale”. Per Mattarella è proprio “questo il mondo che vorremmo: quello in cui si rispettano gli impegni assunti e il diritto internazionale”. Parole che paradossalmente non inficiano quella linea del “silenzio sereno” che il Quirinale si è imposto da giorni nonostante le bordate partite da Mosca. Nessuna polemica da Mattarella ma risposte nel merito e la conferma di quale è stata e quale rimane la linea dell’Italia. “Da tre anni a questa parte la posizione dell’Italia che ho sempre espresso è nitida, limpida, chiarissima: quella del rispetto del diritto internazionale e della sovranità di ogni Stato. Questa ferma, vigorosa affermazione è stata la base del sostegno che è stato assicurato all’Ucraina. Posizione sempre accompagnata dall’auspicio che la Russia torni a svolgere il suo ruolo nella comunità internazionale”.

Parole tutto sommato di apertura che indicano la volontà di chiudere le polemiche pur nella fermezza delle proprie posizioni. Tanto è vero che il presidente ci tiene ad una sottolineatura dedicata proprio ai primi colloqui di pace che si stanno tenendo con la clamorosa esclusione dell’Unione europea: “l’auspicio è che si raggiunga una pace giusta in Ucraina e che non sia fittizia o fragile”. Una pace cioè che non sia a danno degli Ucraini e, soprattutto, che non risponda a logiche spartitorie del momento e non dimostri fiato corto nel tempo. Per questo Mattarella – che incassa anche la solidarietà del presidente Ignazio La Russa e quella bipartisan dall’Aula del Senato, dopo gli attacchi di Mosca – si trova in Montenegro, “esempio virtuoso”, uno dei candidati più avanti nel percorso di avvicinamento all’Unione europea. Perchè l’Europa è sempre più sola e Sergio Mattarella sa bene che solo un suo rafforzamento politico, economico e militare potrà garantirgli di reggere l’urto di un’America sempre più sovranista e isolazionista. E l’allargamento significa rafforzamento soprattutto quando i Paesi dei Balcani occidentali sono nel mirino della sempre più potente Russia e sempre meno negli interessi geopolitici degli Usa. “Il sostegno dell’Italia all’allargamento a tutti i Paesi dei Balcani occidentali è incommensurabile”, ha chiosato il presidente montenegrino Yakov Milatovic dopo i colloqui con il presidente italiano.

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De Luca, la Campania è la regione che investe di più in cultura

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“La Campania non è la regione più ricca d’Italia, ma è la regione che investe di più nella cultura. non solo nell’editoria, finanz audiovisivo, nei grandi teatri, nellegrandi istituzioni culturali e in quelle presenti sui territori. Abbiamo decdeciso di realizzare investendo 40 milioni di euro un ecosistema digitale della Campania nel quale abbiamo riversato tutta la storia culturale della reigone”. Lo ha sottolineato il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che ha partecipato alla conferenza astampa di presentazione del Salone del lIbro di Torino.

“È per noi un grande onore e una grande occasione poter essere protagonisti, come regione ospite, dell’edizione 2025 del Salone del Libro di Torino – ha detto De Luca – uno degli eventi di maggior rilievo nel panorama editoriale internazionale. La partecipazione al Salone rappresenta, per gli editori campani, un’opportunità unica per potenziare la competitività sul panorama internazionale dell’editoria campana; presentare le opere campane a un vasto pubblico di editori, agenti letterari e lettori; valorizzare la cultura campana attraverso eventi, presentazioni e dibattiti che hanno evidenziato la diversità e l’originalità delle opere regionali”.

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