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L’Ue lavora all’ipotesi quote nazionali per i migranti

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Il difficilissimo negoziato sul nuovo Patto per la migrazione entra nel vivo in vista del Consiglio Affari Interni in calendario per il prossimo 8 giugno. Premesso che non v’è nulla di certo poiché i 27 stanno trattando guidati dalla stella polare del ‘niente è deciso finché tutto è deciso’, è emersa l’ipotesi d’istituire una formula – calcolata sulla base di dati oggettivi e condivisi – per definire “la capacità adeguata” di ogni Paese nell’ospitare i migranti (e la relativa applicazione delle “procedure di frontiera” d’identificazione). Perché per trovare la quadra da qualche parte bisognerà pur partire. A questo meccanismo dinamico – che terrebbe in conto i flussi d’ingresso e di uscita – si affiancherebbe “un tetto annuale”. Ovvero una rassicurazione per quei Paesi, come l’Italia, più soggetti agli arrivi. Tutte queste quote e soglie – i cui parametri sono essi stessi oggetto di discussioni – sarebbero funzionali a far scattare gli interventi di “solidarietà obbligatoria” da parte degli altri Stati. E qui è doverosa una parentesi. Sull’onda delle bordate partite dalla Polonia, che di fatto ha rotto la pace negoziale scandendo di non essere disposta ad accettare “ricollocamenti forzati di migranti”, sia la presidenza di turno sia la Commissione hanno escluso che sia un’ipotesi all’ordine del giorno.

Varsavia ha poi nuovamente calcato la mano sul concetto di difesa della propria sovranità ma, con le elezioni alle porte, potrebbe essere una sparata a uso e consumo interno. In realtà una bozza di mediazione proposta dalla presidenza  indica come necessario “raffinare ulteriormente l’equilibrio tra solidarietà e responsabilità” nonché “tenere conto della particolare posizione geografica degli Stati membri di frontiera”. Una chiara apertura al club dei Med5, che da tempo chiedono attenzione sul tema degli sbarchi. Il testo d’altra parte esclude senza ombra di dubbio “l’obbligatorietà dei ricollocamenti” e prevede appunto altre misure di solidarietà, come i “contributi finanziari” e non meglio precisati “altri interventi”. L’obiettivo, infatti, è rendere obbligatorio “il principio di solidarietà” e non una misura a favore di un’altra.

Pure qui però le cose potrebbero complicarsi. Il rappresentante permanente della Polonia presso l’Ue, Andrzej Sados, avrebbe messo in evidenza il fatto che il Paese ha accolto finora un milione di rifugiati ucraini a fronte di 200 milioni di euro forniti dall’Ue per assisterli, in pratica 200 euro a rifugiato. L’esecutivo blustellato invece prevedrebbe di addebitare 22.000 euro a persona ai Paesi che non sono disposti ad accettare migranti irregolari nell’ambito del meccanismo di solidarietà. Una sproporzione che nasconderebbe “intenti punitivi”. Insomma, anche sui soldi si rischiano potenziali punti di scontro. Resta il fatto che il tempo scorre. L’ambizione ora è di chiudere il mandato negoziale del Consiglio e poter avviare il trilogo con Commissione e Parlamento entro luglio perlomeno sulla parte che riguarda la gestione dell’asilo e della migrazione. Anche perché il Patto si compone di un mosaico molto articolato composto da varie tessere legislative, come direttive, raccomandazioni e regolamenti. L’orizzonte è la fine della legislatura, nel 2024. Ma certi treni, se non partiranno in orario, rischiano di non partire affatto.

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De Luca, in questi anni lavoro immane come nessuno in Italia

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“In questi anni abbiamo fatto un lavoro immane. In alcuni settori, siamo partiti da zero. Nel settore dell’ambiente, ci siamo liberati dell’onta dell’emergenza rifiuti. Abbiamo bonificato le discariche. Stiamo smaltendo le ecoballe che erano lì da decenni grazie ai nuovi impianti di Giugliano e Caivano. Entro l’anno sarà eliminata la sanzione europea che abbiamo dovuto pagare per l’emergenza rifiuti”. Lo scrive sui social il presidente della Giunta regionale della Campania, Vincenzo De Luca, a due giorni dai duri attacchi rivolti al Pd nell’ultima giornata della Festa dell’Unità di Napoli.

“E poi la cultura. Le politiche sociali. Abbiamo aiutato la povera gente. Finanziamo l’apertura pomeridiana e serale di oltre 450 istituti scolastici. Col piano per il lavoro abbiamo dato un posto a tempo indeterminato a 3mila giovani. Si può fare sempre meglio, sempre di più, ma bisogna essere veramente dei farabutti per non avere rispetto per questo lavoro che non ha fatto nessuno in Italia”, conclude De Luca.

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Ustica: Amato ascoltato in audizione dal Copasir

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L’ex premier Giuliano è stato ascoltato oggi dal Copasir. L’audizione è durata due ore. Al centro della convocazione il caso Ustica, dopo l’intervista di un mese fa in cui Amato aveva accreditato la pista francese per l’abbattimento del Dc9.

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Meloni “basita” da Catania, scontro con la magistratura

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E’ di nuovo scontro aperto fra Palazzo Chigi e i magistrati. Questa volta Giorgia Meloni affida ai social, anziché alle “fonti” anonime che tante critiche hanno sollevato a inizio estate, la sua irritazione davanti alla sentenza di Catania con cui la giudice Iolanda Apostolico non ha convalidato il trattenimento di tre tunisini ritenendo le nuove regole, appena varate dal governo, in contrasto con la normativa europea. Ma di fronte alle parole della premier, “basita” per la sentenza dalle motivazioni “incredibili”, prima l’Anm e poi 10 togati del Csm si schierano a difesa della collega, finita nel mirino anche di tutto il centrodestra che vuole portare il caso in Parlamento.

Mentre le opposizioni condannano l’ennesimo “scontro istituzionale”, oramai, secondo i Dem, “anticamera dell’eversione”. Accanto alla giudice si schiera fin da subito l’Associazione nazionale magistrati di Catania (cui si affianca anche l’Anm di Milano), che definisce Apostolico “persona perbene” e osserva che “il rapporto tra potere esecutivo e giudiziario andrebbe improntato a ben altre modalità”. Mentre la stessa giudice si chiama fuori dalle “polemiche” perché la questione è giuridica, e “impugnabile” e non deve essere trasformata in una “questione personale”. Si tratta di una “grave delegittimazione professionale” fanno intanto quadrato i consiglieri del Csm che hanno avviato una raccolta di firme a tutela della giudice di Catania, che secondo la premier si è “scagliata” contro un provvedimento del governo “democraticamente eletto”. Non si ferma lì, Meloni, che torna a puntare il dito contro quel “pezzo di Italia”, non meglio identificato, che “fa tutto il possibile per favorire l’immigrazione illegale. E non parlo solo della sinistra ideologizzata e del circuito che ha i propri ricchi interessi nell’accoglienza”.

Senza contare gli “altri Stati” che “lavorano nella direzione diametralmente opposta” a quella del governo italiano, impegnato a fronteggiare gli sbarchi illegali. La premier, che finora non si era espressa sulla vicenda, scrive su tutti i suoi social di primo mattino. Mentre a Pozzallo il Cpr si sta svuotando proprio in conseguenza di quella sentenza. E ad alimentare la reazione muscolare di governo e maggioranza – mentre al ministero dell’Interno stanno studiando gli estremi per il ricorso in Cassazione – contribuisce anche la ricostruzione del Giornale di alcuni post contro Matteo Salvinicondivisi sulla bacheca Fb della giudice che avrebbe poi cancellato il suo profilo. Una chiusura “a orologeria”, attacca la responsabile migranti di Fdi Sara Kelany, preannunciando una iniziativa (ancora si sta valutando tra gli strumenti a disposizione dei parlamentari se procedere con una interrogazione, una interpellanza urgente o altro) per capire “se siano stati travalicati i limiti” fissati dalla Costituzione che “impone che ogni processo si svolga di fronte ad un giudice terzo ed imparziale”.

La Lega annuncia intanto una “interrogazione al ministro della Giustizia” Carlo Nordio, “alla luce di quanto letto sui giornali”. “Meloni la smetta di alimentare lo scontro istituzionale che danneggia il Paese”, risponde a caldo Elly Schlein, additando il governo di cercare “un nemico al giorno per nascondere le proprie responsabilità”. E le sue parole, le fa eco il capogruppo al Senato Francesco Boccia, “fanno il paio con quelle di Salvini di ieri che dice interverremo sulla magistratura. Questo è l’anticamera dell’eversione”. E’ “così, scagliandosi contro migranti e giudici, che Polonia e Ungheria si sono poste fuori dallo Stato di diritto”, incalzano anche da +Europa, mentre Giuseppe Conte sottolinea i “bluff” della premier che di fatto ha “fallito” sulle politiche migratorie.

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