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L’Ue boccia la manovra, è scontro sull’asse Roma-Bruxelles. Tria: nessuna manovra correttiva

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Vista da Bruxelles la prima manovra del governo giallo-verde non e’ in grado di spingere la crescita dell’Italia. Manca ancora una settimana all’approvazione del ‘country report’ della commissione Ue ma in una bozza, anticipata da Repubblica, vengono sottolineati “effetti nefasti per Pil, deficit e debito”. Anche qualora venissero confermate ufficialmente queste previsioni, non scatterebbe immediatamente la richiesta di una manovra correttiva, che pero’ si farebbe di certo ipotesi piu’ concreta. Ragionamenti considerati prematuri dal ministro dell’Economia Giovanni Tria solo ieri e che vengono confutati con maggiore determinazione dal premier Giuseppe Conte: i “fondamentali della nostra economia sono solidi”, assicura in Senato durante il Question Time convinto che “una manovra correttiva non sia necessaria”. Il premier rivendica la propria autonomia (“Il sottoscritto e qualsiasi ministro e’ nel pieno delle proprie prerogative”) e quella del Paese che guida, spiegando che Roma non accettera’ di “farsi dettare l’agenda”. Alle “ipotesi e previsioni” che si susseguono quotidianamente, il governo risponde con “azioni concrete e un percorso chiaro”, dice ancora Conte. Nonostante ufficialmente l’Esecutivo si affretti a smentire il rischio che entro il primo semestre dell’anno debba correre ai ripari rivedendo non solo le stime in occasione della presentazione del primo Documento di economia e finanza ma anche mettendo mano ai conti, tutti i protagonisti in campo sarebbero consapevoli – secondo quanto riferiscono fonti di maggioranza – del fatto che una correzione del bilancio dello Stato sia una quasi obbligata. Una prima revisione al ribasso sul fronte degli indicatori macro arriverebbe gia’ ad aprile proprio con il Def, come ha fatto intendere il ministro dell’Economia, e la correzione vera e propria solo dopo le elezioni europee, a meno che Bruxelles non decida di anticipare la richiesta di un intervento. Sempre secondo fonti di maggioranza, la crescita starebbe girando in negativo come avrebbero evidenziato anche interlocutori all’estero: M5S e Lega starebbero dunque gia’ ragionando, e talvolta confrontandosi in modo aspro, sull’architettura della manovra bis. Il conto fatto dai tecnici, viene riferito in ambienti parlamentari, arriverebbe a sfiorare i 25 miliardi di euro, oltre dieci volte la posta accantonata in modo prudenziale dal governo. Un intervento di tale portata sarebbe pero’ da escludere prima dell’estate e il governo sarebbe piuttosto orientato eventualmente, si ragiona ancora in ambienti parlamentari, a una correzione parziale tra gli 8 e i 9 miliardi, in attesa della legge di Bilancio d’autunno. Che tra l’altro ha gia’ una dote ingombrante a causa della promessa, ribadita ancora una volta da Conte, di disinnescare le clausole Iva. “Stiamo parlando del nulla”, taglio pero’ corto Matteo Salvini. E al contrario di Bruxelles, il vicepremier confida negli effetti che si dispiegheranno grazie a reddito di cittadinanza e a quota 100 messi in campo dal M5S e dalla Lega, e che la prossima settimana incasseranno il prima via libera del Parlamento. Affermazioni che secondo il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker non hanno pero’ un gran peso dal momento che Salvini “non e’ certo – osserva – il ministro delle Finanze”. Per trainare la crescita Tria e Conte concordano come sempre sul ruolo da protagonista che devono tornare a giocare gli investimenti e che rappresenta, insieme agli interventi in favore delle fasce piu’ deboli, “la linea che stiamo portando avanti con determinazione”. Sembra invece meno persuaso della possibilita’ di utilizzare in qualsiasi modo le riserve auree di Bankitalia, come ventilato anche nella maggioranza. La proprieta’ delle ‘scorte’ e’ di Palazzo Koch, osserva il premier. E qualsiasi intervento normativo che voglia mettere mano a questo capitolo “andrebbe valutato” senza ignorare le regole Ue.

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Politica

Nordio replica al pg Policastro: “La riforma non attua il piano della P2, la verità non dipende da chi la pronuncia”

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio risponde al pg di Napoli Policastro, che aveva definito la riforma della giustizia un’attuazione del piano della P2. Nordio: “La verità non dipende da chi la enuncia”.

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Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha commentato la recente affermazione del procuratore generale di Napoli, Aldo Policastro, secondo cui la riforma della giustizia in discussione rappresenterebbe l’attuazione del cosiddetto piano della P2. Il ministro ha respinto la ricostruzione, definendola priva di fondamento e basata su un’analogia ritenuta impropria.

“La verità non dipende da chi la proclama”

Nordio ha precisato di non conoscere il piano della loggia P2, e ha aggiunto che l’origine di un’opinione non ne determina l’attendibilità. Ha utilizzato un esempio diretto: “Se l’opinione di Licio Gelli fosse giusta, non si capirebbe perché non seguirla solo perché l’ha detta lui. Le verità non dipendono da chi le proclama, ma dall’oggettività che rappresentano”.

La metafora di Gesù e dell’orologio fermo

Il ministro ha poi proseguito con due metafore, sostenendo che non si può rigettare un dato solo per via di chi lo formula: “Se Gelli ha detto che Gesù è morto in croce, non per questo dovremmo dire che è morto di polmonite”. E ancora: “Anche un orologio sbagliato segna due volte al giorno l’ora giusta. Se anche Gelli è inciampato nella verità, questo non cambia la verità”.

La polemica sul merito della riforma

Le dichiarazioni arrivano dopo che Policastro aveva espresso forti perplessità, ritenendo che l’impianto della riforma potesse richiamare alcune impostazioni contenute nei documenti della P2. Nordio ha ribadito che l’obiettivo del governo è una riforma moderna ed equilibrata, svincolata da riferimenti ideologici o storici che ritiene non pertinenti.

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Crosetto lancia l’allarme: “L’Italia è sotto attacco ibrido”

Il ministro della Difesa Guido Crosetto presenta un non paper di 125 pagine sulla guerra ibrida: più personale militare, un’Arma cyber, un comando unificato e un Centro per contrastare disinformazione e attacchi cognitivi.

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Guido Crosetto definisce l’Italia “sotto attacco”. Attacchi silenziosi, continui, invisibili come bombe che esplodono senza lasciare crateri ma colpiscono istituzioni, economia, reti digitali e opinione pubblica. È il cuore del non paper di 125 pagine presentato al Quirinale durante il Consiglio Supremo di Difesa: una strategia nazionale per affrontare una minaccia che il ministro definisce “subdola, adattiva, multidominio”, capace di operare sotto la soglia della guerra tradizionale.

Secondo il documento, la guerra ibrida sfrutta vulnerabilità strutturali delle democrazie: lentezza decisionale, dipendenza tecnologica, fragilità della percezione collettiva. Una combinazione di cyber attacchi, infiltrazioni economiche, operazioni informative e guerre cognitive.


La minaccia attribuita a Russia e Cina

Nel documento Crosetto individua come principali attori ostili gli Stati autoritari che operano contro l’Occidente. Russia e Cina, secondo la relazione, ricorrono a tecniche coordinate che spaziano dal sabotaggio digitale alla manipolazione informativa, fino alla penetrazione di settori economici strategici.

Le campagne di disinformazione russe vengono indicate come mirate a “colpire la testa e il cuore della società”, indebolendo fiducia, consenso e coesione interna. La minaccia, rileva il ministro, sarebbe sottostimata dall’opinione pubblica e spesso anche dal dibattito politico.


La proposta: 10-15 mila militari in più per cyber e nuove tecnologie

Il punto centrale del non paper è la richiesta di un “significativo potenziamento degli organici militari”, tra 10 mila e 15 mila nuove unità. Il personale dovrebbe essere impiegato nei settori più sensibili della guerra ibrida: cyber difesa, gestione dello spettro elettromagnetico, tecnologie emergenti e capacità operative integrate.

Si tratta di un aumento definito “essenziale” per garantire una risposta nazionale continua, specializzata e all’altezza della complessità delle minacce.


Verso un’Arma cyber civile e militare

Nel documento Crosetto propone la creazione di una nuova Arma cyber, composta da circa 5.000 addetti. La prima fase potrebbe partire con 1.500 specialisti, il 75% dei quali destinati a operazioni continuative h24 su 365 giorni.

La nuova struttura integrerebbe personale civile e militare e concentrerebbe funzioni di intelligence digitale, difesa delle infrastrutture, contrasto alle incursioni informatiche e capacità di risposta attiva.

Il ministro sottolinea che agli specialisti dovranno essere garantite “adeguate tutele funzionali”, per operare in contesti sensibili e altamente tecnici.


Un comando unificato per cyber, elettromagnetico e cognitivo

Il non paper prevede la costituzione di un Comando congiunto responsabile di tutti i domini rilevanti della guerra ibrida: quello cyber, quello elettromagnetico e quello cognitivo. A questo comando verrebbe affidata la guida di tutte le operazioni cibernetiche militari e di coordinamento con le altre strutture dello Stato.

L’obiettivo è evitare frammentazioni, sovrapposizioni e ritardi. Per Crosetto, un attacco ibrido richiede una risposta “istantanea”, non il tempo lungo delle procedure burocratiche.


Un Centro nazionale contro la guerra ibrida

Il ministro propone inoltre l’istituzione di un Centro per il contrasto alla guerra ibrida, che dovrebbe svolgere funzioni di scambio informativo, cooperazione interistituzionale e contrasto alla propaganda disinformativa.

Si tratterebbe di una cabina di regia dedicata alla difesa della dimensione cognitiva: percezioni, narrazioni, spazi digitali e informativi. Un ambito considerato cruciale perché oggi, secondo il ministero, gli attori ostili “colpiscono quotidianamente con grande efficacia nel dominio cognitivo”.


Passare alla prevenzione: “Non possiamo restare fermi”

Il documento insiste su un cambio di postura strategica. L’Italia e l’Occidente, secondo Crosetto, non possono più limitarsi a contenere attacchi, ma devono potersi muovere in prevenzione. Il ministro paragona la situazione a un velivolo ostile che viola lo spazio aereo: “Non terremo gli intercettori fermi a terra”.

Il messaggio è netto: subire non basta, reagire è necessario.


Una minaccia costante che richiede una strategia multisettoriale

Per Crosetto la guerra ibrida è già in corso. Colpisce infrastrutture energetiche, trasporti, catene di approvvigionamento, pubblica amministrazione, processi democratici e mercati strategici. Per questo la risposta dovrà essere “multisettoriale e integrata”, coinvolgendo non solo la difesa, ma anche imprese, ministeri, reti critiche e mondo dell’informazione.

Una sfida che, avverte il ministro, non può essere rinviata: le bombe, anche se invisibili, “stanno cadendo ogni giorno”.

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Politica

Consiglieri del Quirinale contro Meloni? Bignami attacca, dal Colle “stupore e ridicolo”

Bignami chiede al Quirinale di smentire l’articolo de La Verità su presunti piani contro Meloni. Arriva la replica del Colle: “Accuse ridicole, stupore per le dichiarazioni del capogruppo FdI”.

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Il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Galeazzo Bignami, ha chiesto alla Presidenza della Repubblica di smentire “senza indugio” quanto riportato da La Verità in un articolo dal titolo “Il piano del Quirinale per fermare la Meloni”. Secondo il quotidiano, alcuni consiglieri del capo dello Stato avrebbero espresso giudizi di inadeguatezza sull’attuale maggioranza e auspicato iniziative contro il presidente del Consiglio e il centrodestra.

Le accuse sul presunto ‘piano del Colle’

Nella nota di Bignami, si citano presunte conversazioni riportate dal giornale, nelle quali un consigliere del Quirinale — indicato in Francesco Saverio Garofani, ex parlamentare Pd — avrebbe immaginato la nascita di “una grande lista civica nazionale” capace di impedire una vittoria del centrodestra alle prossime elezioni politiche. Nel racconto attribuito a Garofani, l’obiettivo sarebbe replicare uno schema di centrosinistra simile all’Ulivo del 1996, spingendo parte dell’area moderata fuori dalla coalizione di governo.

L’ipotesi del “provvidenziale scossone”

L’articolo di Maurizio Belpietro sostiene che il consigliere avrebbe addirittura evocato la necessità di un “provvidenziale scossone” per ostacolare l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni, giudicando insufficiente il tempo fino al 2027 per costruire un candidato capace di battere il centrodestra. È su queste affermazioni che Bignami chiede un intervento del Quirinale, ritenendo le ricostruzioni “molto circostanziate”.

La reazione del Quirinale: “Accuse ridicole”

La risposta della Presidenza della Repubblica è arrivata con toni insolitamente netti: “Al Quirinale si registra stupore per la dichiarazione del capogruppo alla Camera del partito di maggioranza relativa che sembra dar credito a un ennesimo attacco alla Presidenza della Repubblica costruito sconfinando nel ridicolo”. Nessuna conferma implicita, dunque, ma una difesa decisa dell’imparzialità istituzionale del Colle.

Una tensione che accende il clima politico

L’episodio si inserisce in un contesto già segnato da frizioni tra governo e opposizioni sul ruolo delle istituzioni di garanzia. L’intervento di Bignami, rivolto a Palazzo Chigi e al suo elettorato, incontra la replica ferma del Quirinale, che giudica “ridicola” ogni ipotesi di manovre dietro le quinte. Un segnale di tensione politica che arriva nel cuore della legislatura e che renderà il confronto ancora più acceso nelle prossime settimane.

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