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Cronache

Lotta alla mafia nel 2020, il pm Sirignano: attenti alle mafie straniere, sono un cancro da estirpare

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La mafia è un cancro che sarà difficile da estirpare se continueremo a non studiarla in maniera seria e se continueremo a rappresentarla in forma macchiettistica, tutta coppola e lupara. In Toscana “c’è una escalation della criminalità organizzata straniera, albanese e nigeriana, che rappresenta una delle priorità delle emergenze su cui impegnarsi in maniera seria ed aumentare ogni attività di contrasto” spiega il sostituto procuratore nazionale antimafia Cesare Sirignano parlando alla presentazione dell’attività 2020 della Fondazione Caponnetto sulle mafie.

“Il fenomeno dell’immigrazione è legato a quello criminale – ha spiegato il magistrato -, se entrano 10, 100, 200mila persone che non lavorano e vengono da territori dove c’è fame, è chiaro che questo è un terreno fertile per la criminalità” ha argomentato Sirignano. “Stiamo assistendo ad un aumento esponenziale della criminalità straniera – ha aggiunto – che interessa anche la Toscana”. Tra le attività portate avanti dalle mafie straniere in Toscana, ha detto ancora Sirignano, ci sono il traffico di stupefacenti e la tratta di esseri umani. Parliamo di “organizzazioni criminali nigeriane che controllano un numero enorme di giovani donne”. Parole che sembrano difficili da comprendere per quanti hanno ancora una visione vecchia del pericolo mafioso. Una visione poco attenta alle evoluzioni delle mafie straniere. Cesare Sirignano, da magistrato che applica le leggi, spiega che la legislazione antimafia italiana “è certamente all’avanguardia ma sarebbe importante – spiega – che lo Stato impiegasse ulteriori risorse in termini di uomini e mezzi per poter rispondere alla sfida delle organizzazioni criminali in campo e alle loro capacità di investire e movimentare capitali importanti. Così come non si può non tenere conto del carattere transnazionale di queste organizzazioni mafiose ché rende più difficile perseguire i delitti”.

Che cosa si può fare allora per aiutare la magistratura antimafia in questa battaglia contro le mafie straniere? Anche qui il magistrato, come di consueto, ha un atteggiamento propositivo e non polemico verso Parlamento e Governo. “C’è bisogno di una maggiore e migliore cooperazione internazionale e accordi con i Paesi africani dai quali provengono questi nuovi mafiosi” dice Sirignano. “Ci sono in Italia, per parlare di cose concrete, una ventina di collaboratori di giustizia per lo più nigeriani e occorre tenere conto che quando questi soggetti collaborano c’è bisogno di protezione anche dei loro parenti in Nigeria. Le mafie nigeriane, infatti, utilizzano l’arma della ritorsione e della vendetta trasversale per costringere gli ex  affiliati ad interrompere la loro collaborazione”. Tecnicamente che cosa si può fare? Sirignano lo spiega da giurista prima ancora che da magistrato. “C’è bisogno di estendere l’articolo 18 del Testo unico sull’immigrazione, quello che norma il soggiorno per motivi di protezione sociale. Bisogna lavorare sui permessi di soggiorno per motivi di giustizia. Il sistema deve farsi carico non solo della protezione del collaboratore di giustizia in loco e cioè sul territorio nazionale ma occorrono accordi di polzia e diplomatici per garantire protezione anche ai familiari del collaboratore nel paese di orgine. Questo – racconta Sirignano – in parte lo si fa già ma possiamo fare ancora meglio perché nella lotta alle mafie i collaboratori di giustizia sono una strumento essenziale e dunque deve essere incentivato”.

Ci troviamo di fronte a mafie pericolosissime che hanno capacità enormi, come anche le mafie italiane, di fare massa critica contro lo Stato. Sono mafie che non pensano più di scontrarsi  frontalmente con lo Stato (come faceva nell’era stragista Totò Riina) ma pensano solo agli affari e per poterli fare evitano di dare spettacolo, seguono la strategia della sommersione e pensano solo a rastrellare risorse con l’economia del vizio (droga, prostituzione, azzardo) e altri affari criminali (manipolazione di appalti, drenaggio di risorse pubbliche) dalle quali ricavare le ricchezze immense che poi vengono reinvestite in Italia e all’estero nell’economia legale. Ed è questa la mafia più preoccupante, quella più perniciosa, quella che è entrata nella spina dorsale del Paese, nel tessuto connettivo della nostra società, come spiega spesso il magistrato antimafia Cesare Sirignano, non solo inquirente di primissimo ordine ma anche fine giurista e grande conoscitore della legislazione antimafia.

Rapporto antimafia 2020 della Fondazione Caponnetto, ecco tutte le iniziative previste

Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.

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Ucciso per un parcheggio, 16 anni la pena per i tre colpevoli

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Sedici anni di reclusione: è la condanna emessa dalla Corte d’Assise di Avellino nei confronti di ognuno dei tre imputati per l’omicidio di Roberto Bembo, il 21enne di Mercogliano (Avellino) ferito a coltellate nei pressi di un bar la mattina del primo gennaio 2023. Il giovane morì dopo dieci giorni di ospedale. Nico Iannuzzi e i fratelli Luca e Daniele Sciarrillo sono stati riconosciuti colpevoli di omicidio volontario in concorso.

Nei confronti di Iannuzzi è stata riconosciuta la condanna ad ulteriori otto mesi per detenzione di arma con la quale inferse sei coltellate, una delle quali alla carotide, a Roberto Bembo. La Corte, presieduta da Gian Piero Scarlato, giudice a latere, Pier Paolo Calabrese, ha escluso le aggravanti a carico degli imputati. Il dramma si consumò all’alba a Torrette di Mercogliano dopo una lite tra gruppi di giovani per motivi di parcheggio.

Il pm, Vincenzo Toscano, aveva chiesto la condanna di Iannuzzi a 25 anni di reclusione; di Luca Sciarrillo a 21 anni e nove mesi e di Daniele Sciarrillo a otto anni. I difensori degli imputati, nell’arringa di stamattina prima che la Corte e i giudici popolari si ritirassero in Camera di Consiglio, avevano chiesto la derubricazione dell’accusa in eccesso colposo di legittima difesa oltre a sottolineare le ingerenze mediatiche sul processo e le false testimonianze rese in udienza dagli amici della vittima.

I tre imputati hanno atteso la sentenza nello loro abitazioni di Avellino, dove erano sottoposti agli arresti domiciliari. Contro questa disposizione, nei mesi scorsi si registrò la clamorosa protesta da parte di ignoti che tappezzarono l’ingresso del Tribunale di Avellino con la scritta “Vergogna”.

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Fake news su Marino Bartoletti: ci risiamo, sono morto di nuovo

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Una sua immagine in vestaglia in ospedale, le parole ‘mi mancano solo 8…’ e una scritta ad accompagnare la foto ‘Sto morendo’. Una fake news, pubblicata su una pagina Facebook con protagonista il celebre giornalista sportivo, Marino Bartoletti che, preso atto della cosa – per altro già accaduta in passato – replica con ironia, attraverso i suoi profili social, senza però nascondere di non volere farla passare liscia agli autori della falsa comunicazione.

“Dunque ci risiamo – scrive Bartoletti sui suoi profili -. Sono… morto di nuovo. E a distanza di pochi mesi. Provo a prenderla sul ridere (anche se stavolta qualcuno la pagherà davvero cara, perché persino le carogne e gli avvoltoi dovrebbero avere il senso del limite): secondo voi io perdo tempo a morire proprio alla vigilia del settantacinquennale del Festival di Sanremo con tutte le cose che ho da fare? Un affettuoso vaffan@@lo, cari sciacalli di ‘Bella dentro’ (la pagina Facebook in questione, ndr). Per ora vi affido alle coccole della mia affezionata comunità, che penso sia felice di avermi vivo ancora (molto) a lungo”, conclude il giornalista.

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Avvocato Pittelli resta libero, respinta istanza Dda Catanzaro

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Rimane in libertà l’avvocato Giancarlo Pittelli, ex parlamentare, condannato dal Tribunale di Vibo Valentia a 11 anni di reclusione nell’ambito del processo Rinascita Scott. La seconda sezione penale del Tribunale di Catanzaro ha infatti rigettato la richiesta di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei suoi confronti avanzata dalla Dda del capoluogo calabrese. Tra le ragioni che hanno portato il collegio a non accogliere la richiesta vi è il fatto che a Pittelli è stato ritenuto concorrente esterno del sodalizio di ‘ndrangheta orbitante intorno alla famiglia Mancuso fino a dicembre 2019 e ‘non vi sono elementi da cui desumere la permanenza, ad oggi, da parte di Pittelli’ e di un concreto, specifico consapevole e volontario contributo alla consorteria. Nell’ordinanza si specifica che quella che difetta è la prova di una attuale, perdurante pericolosità sociale di Pittelli – difeso dal professore Franco Carlo Coppi e dagli avvocati Guido Contestabile, Sergio Rotundo, Giandomenico Caiazza e Francesco Gambardella – nel suo ruolo di concorrente esterno.

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