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L’opposizione attacca il bonus Natale, Leo in commissione

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Il bonus Natale rischia di essere un regalo per pochi. Che esclude coppie di fatto, genitori single e persino gli incapienti. Le opposizioni vanno all’attacco dell’aiuto da 100 euro in arrivo nelle tredicesime dei lavoratori con redditi bassi. E chiedono chiarimenti, che arriveranno già domani dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo, atteso in commissione al Senato nell’ambito dei lavori sul decreto Omnibus. Provvedimento che fa discutere anche per i ritocchi al ravvedimento speciale per chi aderisce al concordato preventivo biennale: per le opposizioni resta un condono. L’avvio delle votazioni sul decreto parte in salita. L’intenzione è iniziare con una prima ‘scrematura’ del fascicolo degli emendamenti, poi un paio di giorni di voto, e il testo in Aula al Senato giovedì o al massimo venerdì anche perché il provvedimento è in scadenza l’8 ottobre e deve andare in seconda lettura alla Camera.

E’ dunque corsa contro il tempo ma il centrosinistra attacca: “sono divisi e ancora in alto mare”, dice il capogruppo Dem Francesco Boccia. In commissione le opposizioni pure disposte a “lavori ad oltranza” mettono però subito nel mirino il bonus Natale opposizioni sparigliando così le carte. E ottengono subito un primo stop: seduta riaggiornata a domani mattina con la presenza del viceministro dell’Economia Maurizio Leo invitato per fare chiarezza sul bonus.

La misura prevede 100 euro netti nelle tredicesime dei lavoratori dipendenti con reddito fino a 28mila euro che abbiano coniuge e almeno un figlio a carico oppure nuclei monogenitoriali con almeno un figlio a carico. Inizialmente prevista a gennaio per problemi di coperture, grazie al buon andamento delle entrate è stata inserita come emendamento del governo al decreto omnibus e anticipata a Natale. A non convincere le opposizioni è però la scarsa chiarezza sulla platea. Per il Pd è un regalo solo per “le coppie coniugate” e taglia fuori genitori single, non coniugati, o le coppie di fatto.

“Esclude oltre 3 milioni di famiglie, sono più gli esclusi che gli inclusi, esclude il disagio e la povertà”, dice il senatore del Pd Daniele Manca. Ma fonti del ministero dell’Economia negano che le coppie di fatto non accedano al beneficio: basta avere un figlio fiscalmente a carico, oltre al reddito entro la soglia indicata. Nel mirino delle opposizioni c’è anche il nodo del ravvedimento speciale previsto per chi aderisce al concordato preventivo biennale delle partite Iva.

La misura, prevista da un emendamento della maggioranza, punta a dare un’ulteriore spinta al meccanismo da cui il governo conta di racimolare risorse in più per estendere il taglio dell’Irpef anche al ceto medio. Sull’emendamento, già criticato dalle opposizioni come un ‘condono’, è arrivata in mattinata una modifica, che riduce di un anno (al 2018-2022) il periodo del ravvedimento speciale per gli anni pregressi e introduce una proroga (al 31 dicembre 2027) dei controlli per chi decade dal beneficio.

Modifiche non sufficienti per le opposizioni: anche riformulato, l’emendamento resta un condono, dice Avs. Ma anche sulla nuova versione, secondo quanto si apprende, si starebbe ancora lavorando e qualche ulteriore modifica potrebbe arrivare nelle prossime ore. Viene infine ripescato, tra gli emendamenti che verranno messi in votazione, una proposta di FI contro la pirateria televisiva. La misura, inizialmente finita tra gli improponibili, riguarda una stretta sulla pirateria tv anche per gli eventi sportivi, estendendo anche ai fornitori di VPN l’obbligo di disabilitare l’accesso alle partite illegali.

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Italia firma all’Onu un piano sviluppo per sei Paesi africani

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E’ stato firmato al Palazzo di Vetro dell’Onu il progetto ‘Rafforzamento delle capacità dei Governi Nazionali e Locali per la localizzazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile in Africa’, finanziato dall’Italia nel quadro della programmazione del dipartimento Onu per gli Affari Economici e Sociali. A siglare l’intesa, l’ambasciatore Maurizio Massari e il sottosegretario Generale delle Nazioni Unite Li Junhua, a capo di Undesa. Il progetto, con durata prevista fino a marzo 2027, si propone di rafforzare le capacità di governi locali e nazionali in sei paesi africani (Costa d’Avorio, Ghana, Sierra Leone, Mozambico, Sud Africa e Zambia) per accelerare e localizzare l’attuazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030. Numerose le attività previste, fra cui la condivisione di esperienze e il sostegno alla creazione di strumenti di pianificazione e budget allineati agli Obiettivi di Sviluppo, o ancora la promozione di inclusione di genere e diritti umani. Il progetto contribuirà a raggiungere alcuni obiettivi chiave, in particolare quelli relativi a città sostenibili, governance inclusiva e partenariati per lo sviluppo, affrontando sfide come disuguaglianze, finanziamento locale e resilienza.

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Meloni al giuramento: l’Italia ponte fra Usa e Ue

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Il suo posto è accanto a Javier Milei, poco distante dal vicepresidente cinese Han Zheng, nella fila esterna del settore alle spalle del podio, quello dedicato ai predecessori del nuovo presidente americano e ai capi di Stato e governo ospiti. E da lì Giorgia Meloni partecipa solo a una delle varie standing ovation nella mezz’ora di discorso di insediamento, quando Donald Trump dichiara l’intenzione di essere “un pacificatore e un unificatore”. Ma non è certo l’unico passaggio significativo per il primo presidente del Consiglio italiano a partecipare alla cerimonia del giuramento a Capitol Hill. È anche l’unica leader europea in platea, con l’intenzione dichiarata di far rivestire all’Italia un “ruolo di ponte tra Stati Uniti ed Ue”, come hanno chiarito anche dal suo partito, grazie a “un rapporto privilegiato che restituisce centralità alla nostra nazione”.

Quella di Meloni è una missione lampo, poco più lunga di quella di due settimane in Florida da Trump, cruciale per la liberazione di Cecilia Sala. Invitata personalmente dal tycoon e dalla figlia Ivanka, la premier ha sciolto le riserve solo a ridosso del viaggio, il cui senso ha poi inquadrato in un breve video diffuso da Palazzo Chigi. “È estremamente importante per una nazione come l’Italia, che ha rapporti estremamente solidi con gli Stati Uniti, dare una testimonianza della volontà di continuare e, semmai, rafforzare quella relazione in un tempo in cui le sfide sono globali e interconnesse”.

Poi, al termine della cerimonia, il post con gli auguri di “buon lavoro” al presidente, accompagnato da una foto che risale all’incontro di Mar-a-Lago, e da una promessa strategica: “L’Italia sarà sempre impegnata nel consolidare il dialogo tra Stati Uniti ed Europa, quale pilastro essenziale per la stabilità e la crescita delle nostre comunità”. Prima di volare a Washington, la premier si è sentita con Ursula von der Leyen, ma non in relazione alla missione in sé, precisano da Bruxelles. Anche perché l’insediamento è considerato dai vertici Ue “una cerimonia più che un incontro e non c’era esigenza di veicolare nessun messaggio a Trump attraverso Meloni”. Decisamente fredde anche le considerazioni di Parigi e Berlino.

“La Francia commercia di più con l’Italia che con gli Stati Uniti e se ci sono dazi sui beni di lusso influenzeranno anche gli italiani – osserva il francese Stéphane Séjourné, vicepresidente della Commissione Ue -. Quindi abbiamo interesse a parlare con una sola voce a livello Ue, questa sarà la sfida per la Commissione”. Un breve incontro fra la premier e il successore di Joe Biden veniva definito altamente probabile, a inizio giornata, negli ambienti politici e diplomatici di Washington.

“Durante o dopo il pranzo per i cosiddetti dignitari, dopo l’insediamento”, la previsione di Carlo Fidanza, presente nella delegazione Ecr con un altro esponente di FdI, Antonio Giordano, così come il deputato meloniano Andrea Di Giuseppe, e il leghista Paolo Borchia nella delegazione dei Patrioti. Meloni ha partecipato alla funzione religiosa nella chiesa di St John, vicino alla Casa Bianca, assieme fra gli altri a Elon Musk e alcuni degli ospiti internazionali invitati dal nuovo presidente degli Usa. Fra cui appunto il leader argentino Milei, la cui confidenza con la premier è confermata dalle risate che i due si sono scambiati a Capitol Hill, prima di prendere posto nel settore dove sedeva anche il numero uno del calcio mondiale, il presidente della Fifa Gianni Infantino.

“Non è l’Italia a essere in prima fila, ma è Giorgia Meloni che ha portato l’Italia in prima fila”, sottolinea il ministro della Difesa Guido Crosetto. “Meloni si è prefissata l’obiettivo di fare da testa di ponte tra Usa e Europa, vediamo se ci riuscirà”, nota il leader di Iv Matteo Renzi. E fra le opposizioni lo scetticismo abbonda. La premier, è convinto il segretario di Azione Carlo Calenda, “proverà a proporsi come la vassalla di Trump in Europa, sperando che magari non metta i dazi sul Parmigiano Reggiano, non capendo che se cade l’Europa cade l’Italia”. “Mi domando quale sia il messaggio che l’Italia voglia inviare al mondo – aggiunge Angelo Bonelli, di Avs -. È forse quello di distanziarsi dall’Europa, preferendo inseguire nostalgie sovraniste e alleanze con leader divisivi come Trump?”.

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Bandecchi chiude l’esperienza di Ap con centrodestra

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E’ la fine di un’intesa politica probabilmente mai consolidata fino in fondo quella tra il centrodestra e Alternativa popolare segnata oggi dal leader di quest’ultima e sindaco di Terni Stefano Bandecchi. Prima il nuovo, ennesimo, screzio in Consiglio comunale e poi l’annuncio: “reputo chiusa l’esperienza con il centrodestra” che “è stato sgarbato e latitante”,le sue parole. L’accordo, nazionale, era stato firmato a settembre in vista delle elezioni regionali in Liguria, Umbria e Emilia Romagna. Anche se proprio Bandecchi aveva mesi prima conquistato il Comune di Terni superando al ballottaggio il candidato del centrodestra Orlando Masselli, FdI, indicato dallo schieramento al posto dell’uscente Leonardo Latini, Lega.

E l’intesa con Ap aveva provocato diversi mal di pancia nello schieramento. Bandecchi aveva quindi spiegato che “lo stimolo” a portare il contributo di Alternativa popolare alle regionali in Umbria (finite con il successo del centrosinistra) era arrivato “proprio dal centrodestra” e di avere così ritirato la sua candidatura a presidente della Regione. “Del resto, lo ricordo – aveva detto -, sono stato per molti anni militante di FI accanto a Silvio Berlusconi, poi le nostre strade si sono divise essendo lui più di destra e io più centrista. E da centristi porteremo le nostre idee, i nostri principi e le nostre visioni nella destra, che a maggior ragione potrà ora definirsi centrodestra”. Aveva comunque rivendicato: “non ci siamo fusi, data la differenza tra noi e gli altri partiti dello schieramento”.

“Semplicemente – aveva spiegato – condividiamo idee per raggiungere insieme una posizione finale: questa è la democrazia liberale del centrodestra. Saremo, in sostanza, la sinistra del centrodestra e opereremo in sinergia”. A sorpresa l’annuncio della fine di quell’esperienza politica. “Dopo alcune riunioni in varie regioni italiane, tenute dalla coalizione di centrodestra, e dopo non aver ricevuto alcun invito dei nostri responsabili, arriviamo alla conclusione di non stare simpatici al centrodestra”, ha detto Bandecchi. “Per quanto mi riguarda – ha aggiunto -, mi sento indipendente e libero di continuare a fare la politica che ritengo: avere alleati che si dimostrano i tuoi peggiori nemici, mi fa venire in mente il proverbio ‘Dagli amici mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io'”. Bandecchi ha quindi affermato che il centrodestra nei confronti di Alternativa popolare “è stato sgarbato e latitante”.

“Da quali riunioni siamo stati esclusi? Ci sono stati incontri in Toscana e in Campania – ha aggiunto -, regioni interessate dalla prossima tornata elettorale. Ce ne andremo per conto nostro in quelle che ci interesseranno di più. Non vogliamo dare fastidio ad un centrodestra che ci sembra momentaneamente molto confuso”.

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