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L’Onu a Elon Musk: rispetti i diritti umani su Twitter

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Tra licenziamenti di massa e rischio infiltrazioni di fake news e disinformazione, a pochi giorni dall’inizio dell’era Musk Twitter è già piombato nel caos. E da ultimo è arrivato anche l’appello dell’Onu che ha chiesto al nuovo proprietario di assicurarsi che la sua piattaforma rispetti i diritti umani. “Come tutte le aziende, Twitter deve comprendere i danni associati alla sua piattaforma e adottare misure per affrontarli.

Il rispetto dei nostri diritti umani condivisi dovrebbe stabilire le barriere per l’uso e l’evoluzione del social”, è stato il monito dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, che in una lettera aperta ha esortato il patron di Tesla “a garantire che il rispetto dei diritti umani sia centrale sul social network”. Anche la Casa Bianca, per bocca della portavoce Karine Jean-Pierre, ha espresso nei giorni scorsi la preoccupazione che tutti i social media, da Twitter a Facebook, bandiscano l’istigazione all’odio, il razzismo e l’antisemitismo dalle loro piattaforme e tengano alta la guardia su disinformazione e fake news.

Né l’Onu né l’amministrazione Biden si sono pronunciati sulla cacciata del 50% dei dipendenti della società di San Francisco deciso da Musk ma, secondo molti analisti, proprio questo depauperamento potrebbe rendere più difficile il controllo e la verifica di account e post. Secondo il nuovo ‘padre padrone’ di Twitter, tuttavia, non c’erano alternative. “Sfortunatamente non c’è possibilità di scelta quando un’azienda perde oltre 4 milioni di dollari al giorno”, ha spiegato sul suo account rivendicando che a tutti i dipendenti licenziati “sono stati offerti tre mesi di stipendio” come buona uscita, “che è il 50% in più di quello che è richiesto” dalla legge. Chi invece fa mea culpa per la situazione è il co-fondatore della piattaforma, Jack Dorsey. “La gente di Twitter, del passato e del presente, è forte e resiliente.

Troveranno un modo per risollevarsi, non importa quanto sia difficile il momento. Mi rendo conto che molti sono arrabbiati con me. Sono responsabile per tutto quello che sta succedendo, ho fatto crescere l’azienda troppo velocemente. Chiedo scusa”, ha scritto sul social media l’uomo che a soli trent’anni nel 2006 rivoluzionò per sempre il mondo della comunicazione con Biz Stone, Evan Williams e Noah Glass.

“Sono grato e voglio bene a tutti coloro che hanno lavorato per Twitter. Non mi aspetto che questo sentimento sia reciproco in questo momento… o mai più… e lo capisco”, ha proseguito riferendosi probabilmente a una serie di voci circolate sui tabloid Usa secondo le quale nell’azienda di San Francisco l’ex leggenda della Silicon Valley è considerato ‘persona non grata’. “Jack è odiato a Twitter”, ha detto al New York Post una fonte informata.

“Gli impiegati gli danno la colpa per quello che è successo con Elon”. Il 46enne, che si è dimesso da ceo di Twitter l’anno scorso, sta lanciando una nuova piattaforma di social media chiamata Bluesky che è ancora in fase di test ma, secondo Dorsey, ha già oltre 30.000 abbonati. Secondo gli addetti ai lavori, il nuovo social media sarebbe stato studiato e progettato proprio per risolvere una serie di problemi riscontrati in Twitter.

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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