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L’omaggio di Mattarella,sempre fedele alla Costituzione

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Novantotto anni di vita e gli ultimi 70 vissuti da protagonista della storia italiana ed europea, in cui si è distinto per “la capacità di dialogo con tutte le culture politiche” e la sua fedeltà alla Costituzione. La politica di tutti i colori e partiti rende omaggio a Giorgio Napolitano,il presidente emerito della Repubblica che si è spento in serata nella clinica romana. Negli ultimi giorni le sue condizioni di salute si erano aggravate. Da allora il paese e il mondo della politica hanno atteso e incoraggiato l’ex capo dello Stato e senatore a vita, sperando nell’ennesima ripresa. Poco prima delle 20, la notizia dell’addio. La politica gli darà l’ultimo saluto nella camera ardente allestita al Senato, probabilmente domenica.

Nel fine settimana n minuto di silenzio verrà dal mondo del calcio, che ebbe in lui il tifoso più eccellente ai Mondiali vinti nel 2006. “Per tutti noi resterà sempre il presidente campione del mondo”, fa sapere la Figc. A nome di tutti gli italiani, è stato il suo successore Sergio Mattarella a esprimere “il cordoglio dell’intera nazione”. Poi citando il lungo excursus di Napolitano (“eletto alle più alte magistrature dello Stato, presidente della Camera, senatore a vita, presidente della Repubblica per due mandati), il capo dello Stato rimarca le sue qualità: “Ha interpretato con fedeltà alla Costituzione e acuta intelligenza il ruolo di garante dei valori della nostra comunità, con sentita attenzione alle istanze di rinnovamento presenti nella società”. Ricorda quindi l’impegno per i lavoratori: “inesauribile fu la sua azione per combattere la spirale delle morti sul lavoro”.

Ma sottolinea anche alcune scelte nette come “l’adesione alla causa antifascista e del movimento comunista, l’impegno per lo sviluppo del Mezzogiorno e delle classi sociali subalterne, fino alla convinta opera europeistica e di rafforzamento dei valori delle democrazie”. E non nasconde il dolore più intimo: “La sua morte mi addolora profondamente”,scrive facendosi portavoce sia dei “sentimenti più intensi di gratitudine della Repubblica” sia del cordoglio ai familiari del presidente emerito. Vicina alla famiglia, la premier Giorgia Meloni che a loro si rivolge con “un pensiero e le più sentite condoglianze” a nome del governo. Il suo predecessore a Palazzo Chigi, Mario Draghi, fa un elogio del presidente che “è stato assoluto protagonista della storia italiana ed europea degli ultimi settant’anni”. Cita i tanti ruoli (anche come ministro dell’Interno) e rimarca la capacità di “coniugare il dialogo con tutte le culture politiche con quella di agire con saggezza e coraggio, a tutela dei cittadini e della Costituzione”. E’ un ricordo condito di aneddoti, quello del presidente del Senato Ignazio La Russa: “Per lui politica, cultura e istituzioni erano vita, passione, ma anche razionalità e coerenza. Quando ero ministro della Difesa – racconta – aveva stabilito con me, da capo supremo delle forze armate, un forte rapporto di collaborazione e io mai ho celato le mie simpatie personali nei suoi confronti, nonostante avessimo posizioni politiche ben distanti”. Rammenta pure che “la sua parola fu decisiva affinchè la celebrazione per i 150 anni dell’Unità d’Italia avvenisse con l’importanza che meritava”. Fino all’ultimo impegno chiesto di recente per presiedere il Senato per due giorni, prima del nuovo incarico. Dalla Camera, il presidente Lorenzo Fontana sottolinea che “Napolitano è stato un protagonista della scena politica e istituzionale”.

Non manca il cordoglio della Farnesina con il ministro Tajani “profondamente rattristato” e che ricorda il lavoro fatto insieme per anni al Parlamento europeo. “Non condividevo le sue idee, ma lo considero un importante protagonista della storia politica italiana”, conclude. Poche parole dall’altro vicepremier, il ministro Matteo Salvini, che si limita a “un ricordo e una preghiera” perché “ogni parola in più sarebbe di troppo”. Per Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera, Napolitano al Colle “ha servito lo Stato in modo encomiabile e ha attraversato, con decoro e linearità, tutti i passaggi della vita repubblicana”. L’ex premier Romano Prodi si sofferma sull’autorevolezza con cui “ha saputo sempre rappresentare la nazione”.

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Delmastro attacca: Cospito è un influencer della sinistra

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Prima “Cospito influencer della sinistra”, poi l’attacco frontale al Csm promettendo di “spezzare le reni” al correntismo dei magistrati. Il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, sceglie un evento organizzato da Fratelli d’Italia ad Aosta, per lanciare critiche e frecciate al sistema giudiziario e, in particolare, alle toghe. Parlando della vicenda Cospito, che lo vede peraltro imputato per rivelazione di segreto d’ufficio legata alla diffusione di carte riservate, il sottosegretario ha definito l’anarchico – che sta scontando 20 anni di carcere al 41-bis per un attentato alla caserma dei carabinieri di Fossano – un “influencer della sinistra”.

“L’Italia – ha detto – è quel Paese strano dove quando sei indagato o imputato sei un mostro, sbattuto sui giornali, ti possono portare in cella senza passare dal via, senza che tu sappia neanche perché. Poi quando finalmente diventi condannato ti si aprono le porte di quel sinistro perdonismo, per cui lo stesso Cospito diventa l’influencer della sinistra, a cui vanno come se fosse la Mecca. Oppure, per parlare di temi che non mi riguardano personalmente, tal Fricano che ficca 57 coltellate alla sua fidanzata e viene liberato perché è ingrassato”. Andando avanti nel discorso, il deputato piemontese ha attaccato anche la magistratura.

“La riforma del Csm, che preveda di ‘spezzare le reni’ al correntismo cancerogeno che lede anche l’onorabilità della magistratura – ha proseguito, citando un celebre passaggio di un discorso del Ventennio fascista – fa sì che per evitare di assistere al triste spettacolo a cui abbiamo assistito nella lettura del libro di Palamara sia necessario in maniera radicale intervenire con meccanismi di sorteggio”.

Riguardo alle parole di Guido Crosetto sui giudici, il sottosegretario ha infine sottolineato che il ministro della Difesa “che è banalmente un uomo di destra come me, ha detto ‘Io posso a venire a riferire in Parlamento in ogni istante della mia vita, assumendomi integralmente la responsabilità di quello che penso e di quello che ho detto’. E fra le cose che ha detto Crosetto, è chiaro il fatto che vi è un segmento, non l’intera magistratura, di magistrati organizzati che hanno una precisa visione politica del mondo e che a volte quella precisa visione politica del mondo influisce sulle loro scelte giuridico-professionali”.

Immediata la replica dell’opposizione, con la responsabile Giustizia del Pd, Debora Serracchiani, che ha definito il gergo utilizzato da Delmastro da “nostalgico autoritario”.”La sostanza – ha proseguito – è quella dell’aspirante sovversivo, l’insulto è l’unica modalità di dialogo nota. Non accettiamo questa devastazione dei rapporti istituzionali né di trasformare la riforma della giustizia in un campo di battaglia a colpi di manganello verbale. Si possono avere idee diverse su molte cose ma un sottosegretario non può degenerare al punto da citare Mussolini”.

 

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Nuova nomina alla Fao per Maurizio Martina

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Maurizio Martina, già vicedirettore generale della Fao, è stato nominato Deputy Director-General (Direttore Generale Aggiunto). La sua nomina è stata confermata dal Consiglio della Fao che si sta svolgendo oggi. In apertura della 174/ma sessione Martina ha ricevuto le congratulazioni del dg Fao QU Dongyu per il suo nuovo ruolo. Per Martina si tratta di una promozione e va a ricoprire un ruolo di peso nell’ambito dell’organizzazione Onu.

Il Dg della Fao, QU, ha descritto Martina come un professionista impegnato che “parla poco e lavora tanto”, si legge in una nota. Mentre sul suo profilo X, annunciando la nomina, QU scrive: “Non vedo l’ora di continuare a lavorare insieme per creare una Fao forte e dinamica per supportare meglio i membri per un futuro sicuro per tutti”. Ha applaudito la scelta l’ambasciatore d’Italia presso la Fao e le agenzie Onu con sede a Roma, Bruno Archi, ribadendo l’impegno per la sicurezza alimentare globale. “Il multilateralismo è l’unica via da percorrere e l’Italia è un vero partner”, ha detto Archi.

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Salvini sfida l’Europa, ‘via gli abusivi da Bruxelles’

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La corsa per liberare Bruxelles “da chi la occupa abusivamente” è partita. E Matteo Salvini approfitta dell’abbraccio dei suoi alleati sovranisti europei, chiamati a raccolta a Firenze per poche ore, per lanciare la sfida. All’Europa dei banchieri e della “burocrazia massonica”. Ai vertici europei incarnati da Ursula von der Leyer e Christine Lagarde. E ai suoi alleati in Italia, perché “sarebbe un errore fatale dividersi” proprio a Strasburgo al voto di giugno.

“Sbaglia” insomma Antonio Tajani, numero uno di Forza Italia, a disdegnare il patto che unisce i leghisti ai tedeschi di Afd e a Marine Le Pen. E sbaglia chi, non facendo fronte comune, rischia di favorire l’inciucio bis tra popolari e socialisti. Salvini è convinto che, su questo, sia all’opera il commissario Ue, Paolo Gentiloni. Perciò da Firenze parla all’Europa (anche) perché tutta l’Italia intenda. Frecciate a parte, il leader della Lega arriva alla convention, alla fortezza da Basso, sorridente e mano nella mano con la fidanzata Francesca Verdini.

Lei gioca in casa, lui meno ma lusinga la capitale rinascimentale con un gioco di parole: “Penso che oggi sia una giornata storica, perché può vedere la luce il Rinascimento dell’Europa che sarà fondato sul lavoro”. Solo al sindaco Dario Nardella contesta “una caduta di stile” per essersi “permesso di dire chi ha diritto di visitare i musei e chi no”, dopo il tour agli Uffizi, la sera prima, di Salvini e gli altri sovranisti. Non lo preoccuopano le contromanifestazioni che attraversano il centro nel pomeriggio e senza tensioni, a parte lo striscione ‘Salvini, Le Pen Firenze vi schifa’.

Sulla convention dei partiti che aderiscono al gruppo Identità e democrazia (che ha organizzato l’evento) il leghista respinge il bollino di “cantiere nero” promuovendola a “un’onda blu”. Poco dopo le 11 la sala si riempie. Capienza annunciata 2000 persone e a colpo d’occhio, l’obiettivo è centrato, Ma resta off limits per i giornalisti. Una manifestazione che non ha niente a che vedere con quella romana del 13 ottobre. Stavolta tutto è in grande, ci sono i leader di 12 partiti stranieri, lo slogan è ‘Free Europe’ e c’è il quartier generale della Lega, dai ministri ai governatori fino al presidente della Camera e responsabile esteri del partito, Lorenzo Fontana. Pesano alcuni forfait eccellenti, anche se annunciati, come la leader francese del Rassemblement national, star di Pontida lo scorso settembre, e l’ultranazionalista Geert Wilders, fresco del trionfo elettorale nella sua Olanda.

Entrambi mandano un videomessaggio. Pochi minuti per salutare l’amico e alleato e rispolverare vecchi cavalli di battaglia. Per Le Pen è la lotta ai migranti irregolari (“Per la signora Von Der Leyen l’immigrazione non è un problema, ma un progetto”), per Wilders la difesa dei valori nazionali, rivendicando la vittoria in patria come “un terremoto politico per i pesi massimi dell’Europa”. Dai leader presenti inevitabile l’omaggio al padrone di casa, salutato più volte con l’appellativo ‘capitano’,ormai dimenticato in Italia. Poi slogan e picconate vecchio stile contro l’Europa e non solo.

Dal leader bulgaro Kostadin Kostadinov (“Oggi l’Ue è una minaccia per l’Europa” sentenzia minacciando “una serie di referendum per uscire dall’Ue”) al tedesco Tino Chrupalla, presidente di Afd (la nuova Europa è una casa “con un giardino per i bambini e un muro contro gli indesiderati” mentre l’Ucraina “non può vincere questa guerra”) fino al polacco Roman Fritz (che rilancia le parole chiave “Dio, onore, patria, famiglia, verità, giustizia e libertà” e la guerra al politically correct”). Concetti che Salvini ascolta ma da cui, nell’intervento finale sul palco, sembra distanziarsi.

“Oggi non c’è un’alleanza politica e partitica ma un sentimento di amicizia: qui si sono alternati leader che, come in una storia d’amore e professionale, conoscono alti e bassi”. Parole scelte forse per rassicurare il centrodestra italiano garantendo che “il governo Meloni non è assolutamente in discussione”. Quindi disegna la metafora dello scontro tra Davide e Golia con l’happy end immaginato per Id e per la Lega nei panni di Davide contro il gigante che chiama “il Golia Soros”. Due ore e mezzo dopo cala il sipario. Restano la foto di gruppo con tutti i leader e le loro bandiere e, nell’entrata accanto, la fiera dei tatuatori.

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