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Economia

Lo scandalo Stellantis: licenziamenti in Italia e investimenti miliardari in Spagna

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Mentre in Italia decine di operai dell’indotto Stellantis vengono licenziati, con centinaia di posti di lavoro a rischio e il ricorso alla cassa integrazione, il gruppo automobilistico annuncia un investimento record di 4,1 miliardi di euro in Spagna, in collaborazione con il colosso cinese Catl, per la costruzione di una fabbrica di batterie per auto elettriche a Saragozza.

L’entusiasmo del governo spagnolo

L’annuncio ha suscitato entusiasmo nel governo spagnolo. Il premier Pedro Sanchez, in un messaggio su X, si è detto “molto soddisfatto” per la decisione di Stellantis e Catl, sottolineando l’importanza della collaborazione pubblico-privata che ha portato a questo accordo. Sanchez ha ringraziato i presidenti di Stellantis, John Elkann, e di Catl, Robin Zeng, per aver puntato sulla Spagna come luogo chiave per il futuro della decarbonizzazione.

La situazione in Italia: licenziamenti e crisi

In Italia, però, la realtà è ben diversa. Stellantis continua a tagliare posti di lavoro nell’indotto, mettendo a rischio centinaia di famiglie e utilizzando la cassa integrazione per fronteggiare il calo della produzione. Queste misure alimentano il malcontento tra i lavoratori e le critiche verso un gruppo che sembra delocalizzare opportunità e investimenti, penalizzando il mercato italiano.

Un futuro che penalizza l’Italia?

L’investimento miliardario in Spagna rappresenta un duro colpo per l’Italia, tradizionalmente uno dei centri di produzione del gruppo Stellantis. Mentre Saragozza si prepara a diventare un polo strategico per la mobilità elettrica, l’Italia rischia di perdere il treno della transizione ecologica e dell’innovazione industriale, restando relegata a tagli occupazionali e misure temporanee come la cassa integrazione.

Una domanda cruciale

La decisione di Stellantis pone una questione fondamentale: perché l’Italia non riesce ad attrarre investimenti di questa portata? Il contrasto tra la politica industriale adottata in Spagna e la situazione italiana evidenzia una mancanza di strategie efficaci per mantenere e sviluppare l’occupazione nel settore automobilistico.

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Ambiente

Terna: autorizzato ammodernamento elettrodotto Patria-S.Antimo

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Con decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, è stato autorizzato il progetto di Terna per l’ammodernamento dell’elettrodotto a 220 kV “Patria – Sant’Antimo” in provincia di Napoli. L’intervento, per cui la società guidata da Giuseppina Di Foggia investirà oltre 20 milioni di euro, prevede la realizzazione di una nuova linea di 8,5 km, di cui 8 km interrati. Il progetto coinvolgerà i comuni di Napoli, Marano di Napoli, Mugnano di Napoli, Melito di Napoli e Sant’Antimo. L’opera porterà significativi benefici: da un lato, l’incremento della qualità e dell’affidabilità del servizio elettrico locale; dall’altro, la drastica riduzione dell’impatto visivo e paesaggistico grazie alla sostituzione di infrastrutture aeree con cavi interrati.

Una volta completata, sarà possibile demolire oltre 6 km di linee esistenti e 18 sostegni, liberando circa 21 ettari di territorio in zone fortemente urbanizzate. Nelle prossime settimane Terna avvierà la progettazione esecutiva e le attività propedeutiche all’apertura dei cantieri, prevista per il prossimo anno. Questo intervento rientra in un più ampio piano di rinnovo, che interesserà anche l’elettrodotto a 220 kV “Sant’Antimo – Fratta”. I

n questo caso, la nuova linea interrata, lunga circa 8 km, attraverserà i comuni di Sant’Antimo, Grumo Nevano, Frattamaggiore e Frattaminore (Provincia di Napoli) e Sant’Arpino (Provincia di Caserta). Per questa opera, Terna investirà circa 18 milioni di euro, consentendo la demolizione di 5 km di linee aeree e lo smantellamento di 17 tralicci, liberando 17,5 ettari di territorio nelle vicinanze dei centri abitati. Terna conferma così il proprio impegno nel potenziamento e nella sostenibilità della rete elettrica, contribuendo alla tutela del paesaggio e al miglioramento della qualità della vita nelle comunità locali.

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Economia

Una montagna di tasse non riscosse, 1.275 miliardi

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Il 2025, l’anno che dovrebbe vedere il calo del carico fiscale sul ceto medio, arriva con una conferma: c’è una montagna di tasse non riscosse. Una montagna che supera i 1.200 miliardi. Questo anche se in parte si tratta di crediti inesigibili per l’erario. Ma il recupero del non pagato intanto procede bene, almeno per la parte che riguarda chi decide di rottamare le cartelle fiscali: negli 11 mesi del 2024 sono rientrati in cassa (senza more e multe) 4,6 miliardi. Resta l’obiettivo del governo ribadito sulle colonne del Corriere della Sera dal viceministro all’Economia Maurizio Leo: abbassare la pressione del fisco sul ceto medio allegerendo l’aliquota Irpef, quella del 35%. Plaudono FdI e FI. Ma il vero punto sono le risorse che, come sempre, sono risicatissime.

L’esecutivo aveva tentato con il concordato preventivo biennale per gli autonomi (che il prossimo 16 gennaio dovranno andare comunque in cassa a versare gli acconti). Ma la misura ha raccolto meno (rpt: meno) di quanto ipotizzato: 1,7 miliardi contro 2,5. C’è quindi da recuperare risorse e la Lega già da mesi punta sulla quinta edizione della rottamazione che continua intanto a dare buoni risultati. Se ne potrebbe parlare durante l’esame del Milleproroghe.

Ma il rischio è che la misura, se ripresentata dalla Lega via emendamento, possa essere espunta per estraneità alla materia del provvedimeto. Si tratterebbe infatti di una riapertura dei termini, non di una proroga. Ma il confine tra le due fattispecie è abbastanza labile. Ci sarebbe spazio per un tentativo. “Sul piano della riduzione della pressione fiscale, c’è ancora da fare, partendo dai redditi medi che necessitano di un’attenzione specifica. Lo faremo, come sempre, con scelte responsabili e sostenibili finanziariamente”, dichiara Leo.

Il viceministro spiega la filosofia della sua riforma: “al cuore c’è l’idea che il fisco debba abbandonare, ove possibile, il ruolo di ‘controllore sospettoso’ per diventare un ‘partner affidabile'”. E sul non riscosso: “è stata istituita una commissione tecnica, incaricata di analizzare il ‘magazzino della riscossione’, ossia l’insieme dei crediti fiscali non riscossi, con l’obiettivo di proporre soluzioni che evitino l’ulteriore accumulo e il relativo smaltimento di questi crediti che, al 31 dicembre 2024, ammontano a 1.275 miliardi di euro”. Intanto “nel 2024 lo Stato è riuscito a recuperare 32,79 miliardi di euro, una cifra in netto aumento rispetto al 2023 (31 miliardi)”.

Intanto, secondo la relazione finale dell’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, nei primi 11 mesi dello scorso anno la rottamazione ha permesso di incassare 4,6 miliardi. 31,6 miliardi in cassa negli ultimi 8 anni. Anche per questo il cantiere delle rottamazioni è destinato a riaprirsi soprattutto dopo la richiesta già formalizzata dalla Lega in sede di manovra. L’emendamento relativo fu ritirato e non era visto di buon occhio da Leo che però, in quei giorni, era alle prese con il risultato non esaltante del concordato biennale per gli autonomi.

Proprio questo risultato aveva spinto la Lega a puntare su una nuova riapertura della rottamazione. La quinta versione del provvedimento. E ora non è escluso che la proposta della Lega possa appunto tornare sotto forma di emendamento al decreto Milleproroghe. E’ già partito intanto l’aumento delle rate per pagare i debiti: pochi giorni fa l’agenzia della Riscossione ha annunciato la novità voluta da Leo che prevede il pagamento delle cartelle a rate fino a 7 anni (84 rate) con una semplice richiesta online. Lo scadenzario fiscale chiama nel frattempo in cassa le partite Iva con redditi fino 170mila euro che, sempre grazie ad un emendamento della Lega, hanno potuto contare su qualche mese in più per pagare Irpef, Ires e Irap. Entro giovedì prossimo, 16 gennaio, sono circa 300mila quelle chiamate in cassa e si potranno pagare in unica soluzione il 16 oppure in cinque rate di pari importo, da gennaio a maggio 2025.

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Economia

La rottamazione rende: 4,6 miliardi in 11 mesi

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La rottamazione delle cartelle fiscali, cioè la possibilità di chiudere i debiti con il fisco senza pagare multe o mora, piace agli italiani che ricorrono sempre di più a questa misura. Secondo la relazione finale dell’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini (foto Imagoeconomica in evidenza), ad esempio nei primi 11 mesi dello scorso anno ha permesso di incassare 4,6 miliardi. 31,6 miliardi in cassa negli ultimi 8 anni. Anche per questo il cantiere delle rottamazioni è destinato a riaprirsi soprattutto dopo la richiesta già formalizzata dalla Lega in sede di manovra. L’emendamento relativo fu ritirato e non era visto di buon occhio dal viceministro all’Economia, Maurizio Leo, che però in quei giorni era alle prese con il risultato non esaltante del concordato biennale per gli autonomi. A questa partita era legato il taglio dell’aliquota Irpef del 35% per il ceto medio.

Proprio questo risultato (1,7 miliardi in cassa sui 2,5 ipotizzati) aveva spinto la Lega a puntare su una nuova riapertura della rottamazione. La quinta versione del provvedimento. E ora non è escluso che la proposta della Lega possa tornare sotto forma di emendamento al decreto Milleproroghe. Sarebbe al momento l’unico ‘treno’ normativo ma il rischio è che la materia possa essere espunta perchè non conforme al contenuto del decreto base. E’ già partito intanto l’aumento delle rate per pagare i debiti: pochi giorni fa l’agenzia della Riscossione ha annunciato la novità voluta da Leo che prevede il pagamento delle cartelle a rate fino a 7 anni (84 rate) con una semplice richiesta online. Lo scadenzario fiscale chiama intanto in cassa le partite Iva con redditi fino 170mila euro che, sempre grazie ad un emendamento della Lega, hanno potuto contare su qualche mese in più per pagare Irpef, Ires e Irap. Entro giovedì prossimo, 16 gennaio, sono circa 300mila quelle chiamate in cassa e potranno pagare in unica soluzione il 16 oppure in cinque rate di pari importo, da gennaio a maggio 2025.

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