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L’Italia punta sull’Onu, ora un piano per l’Africa

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Un piano Onu per l’Africa. Perché l’Italia da sola non può farcela. E nemmeno l’Unione europea, che pure si sta attrezzando per garantire anche nei fatti quella solidarietà che finora, nella lettura di Roma, non sempre si è mostrata anche in pratica. Per dare risposte “efficaci” all’emergenza migranti, la linea che l’Italia porterà all’Assemblea generale, è indispensabile il coinvolgimento delle Nazioni Unite.

Lo chiederà a New York la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che raggiungerà gli Usa solo dopo il via libera a un nuovo pacchetto di interventi nazionali. E lo spiegherà già domani il ministro degli Esteri Antonio Tajani ai colleghi europei e del G7: da solo, “non basta neanche l’intervento dell’Unione europea. Servono le Nazioni Unite, perché c’è un clima veramente difficile in tutto il Sahel e i flussi migratori sono destinati ad aumentare se non ci sarà un’azione congiunta”. Martedì saranno entrambi ad ascoltare il presidente americano Joe Biden e quello ucraino Volodymyr Zelensky, per la prima volta in presenza (e che sarà giovedì alla Casa Bianca e al Congresso a Washington). Perché l’aggressione russa non è finita, la guerra del grano desta sempre più allarme, e il futuro di Kiev è ancora al centro delle preoccupazioni internazionali – se ne parlerà in una riunione del Consiglio di sicurezza Onu – anche se il focus principale dell’assemblea sarà il cambiamento climatico.

A guidare la delegazione italiana al Palazzo di Vetro all’incontro per studiare come accelerare verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 (con qualche polemica in casa per l’assenza della premier) sarà sempre il vicepremier, che avrà anche diversi incontri bilaterali e vedrà anche i rappresentanti dei Paesi dei Balcani occidentali, altro dossier su cui l’Italia, sottolinea la Farnesina, è sempre più in prima fila.

Ma Tajani, in parallelo all’agenda della premier ancora non diffusa ai media, vedrà anche Etiopia, Eritrea e Somalia per analizzare gli effetti sul dossier migratorio delle condizioni socio – economiche del Corno d’Africa e per approfondire le possibili collaborazioni con l’Italia nella regione. La presidente del Consiglio dovrebbe tenere comunque mercoledì pomeriggio (quando in Italia sarà già mezzanotte) il suo primo discorso davanti all’Assemblea generale dell’Onu.

Avrà l’occasione di portare davanti a una platea mondiale la posizione italiana rispetto alla transizione ecologica, quell'”ambiente con l’uomo al centro” che vuol dire non trascurare gli effetti che nell’immediato il passaggio al green possono causare sui lavoratori, sulle abitudini e sulle capacità di spesa delle famiglie, dei cittadini. Ma la premier dovrebbe porre l’accento anche sugli effetti dei cambiamenti climatici sulle migrazioni, uno dei fattori che può spingere le partenze, per le calamità naturali come l’alluvione che si è abbattuta sulla Libia (tema che ricorre, a New York, anche nelle preghiere nelle messe gospel di Harlem, affollate di turisti europei). E potrebbe parlare anche di quel piano delle Nazioni Unite per l’Africa che dovrebbe portare come richiesta italiana al segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che dovrebbe incontrare in un bilaterale mercoledì pomeriggio, e che nei giorni scorsi ha mostrato tutta la sua vicinanza a Lampedusa (l’Italia, ha detto “non può restare sola”).

“Credo che un maggiore coinvolgimento delle Nazioni Unite sia assolutamente necessario”, ha detto da Lampedusa, mentre Ursula von der Leyen seduta al suo fianco assicurava la volontà dell’Unione europea di rafforzare la collaborazione con Unhcr e Oim.

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Esteri

Aiuti in cambio di armi, parte smilitarizzazione Karabakh

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S'infiamma il Nagorno-Karabakh, Mosca pronta a intervenire

“Siamo in stretta collaborazione con le forze di pace russe che stanno portando avanti la smilitarizzazione” e stanno dando “sostegno ai civili”. Il portavoce militare azero, il colonnello Anar Eyvazov, parla dal distretto di Shusha, ai margini della roccaforte ribelle Stepanakert, mentre un convoglio umanitario della Croce Rossa attraversa per la prima volta l’enclave contesa da quando l’Azerbaigian ha lanciato l’offensiva lampo nei giorni scorsi, sviluppo possibile solo adesso che si è raggiunto l’accordo. L’impegno per il cessate il fuoco, però – parte dell’intesa – mostra già cedimenti quando Mosca ne segnala già la violazione con un soldato azero rimasto ferito in uno scontro a fuoco nel distretto di Mardakert.

L’annuncio delle forze azere segue di 24 ore quello che Mosca aveva a sua volta diramato affermando che i combattenti separatisti di etnia armena avevano iniziato a consegnare le armi sulla base dell’accordo raggiunto proprio grazie alla mediazione russa: è quindi una conferma ma anche l’intenzione da parte azera di mostrare l’arsenale ribelle adesso preso in consegna. “Abbiamo già sequestrato armi e munizioni”, ha aggiunto infatti Eyvazo, spiegando che il processo di disarmo “può richiedere tempo” perché alcuni ribelli avevano sede in remoti distretti montani. “La priorità è lo sminamento e la smilitarizzazione”, ha quini sottolineato. La politica intanto passa ancora una volta dal Palazzo di Vetro, a New York, nella coda dell’Assemblea Generale in cui interviene l’Azerbaigian, dichiarandosi “determinato a promuovere un’agenda di normalizzazione”.

Jeyhun Bayramov, ministro degli Esteri azero, tiene però soprattutto a sottolineare che “nessuno stato accetterebbe la presenza illegale di un altro stato sul suo territorio e neppure noi lo accettiamo. Ma nonostante le sfide poste dagli armeni ribadiamo la nostra volonta’ per negoziati nel rispetto dei diritti reciproci. Crediamo ci sia un’opportunita’ storica di raggiungere un accordo per far si ‘che i due paesi vivano come vicini nel rispetto reciproco”. E promette quindi di trattare gli armeni del Karabakh come “cittadini uguali”. A Bruxelles parla il presidente armeno, Vahagn Khachaturyan, mentre il Paese si prepara ad affrontare l’arrivo di migliaia di profughi in fuga dall’ultima operazione militare azera nell’enclave del Nagorno-Karabakh, e si dice “preoccupato per la cooperazione militare tra Italia e Azerbaigian e per gli accordi già firmati, o previsti, che arriverebbero fino a 1,2 o 1,5 miliardi di euro”. In una video intervista Khachaturyan sottolinea che “queste armi verranno un giorno utilizzate contro il Nagorno Karabakh e contro la Repubblica di Armenia” e insiste: “Speriamo che questo accordo di cooperazione non venga firmato”, mentre rimarca il “grande potenziale per la cooperazione” tra Italia e Armenia. Poi mette in guardia sulla “minaccia di un escalation” che a suo avviso “non è scomparsa, esiste ancora, da un momento all’altro le attività militari potrebbero riprendere e l’Azerbaigian potrebbe tentare di continuare la sua politica di pulizia etnica del Nagorno Karabakh”. E spiega: “Per questo abbiamo chiesto meccanismi internazionali per la sicurezza degli armeni che vivono nella regione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. (ANSA). RP 2023-09-23 19:37 S0B QBXB EST

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Venezuela mette taglia sul leader del carcere Tocoron El Niño Guerrero

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Il Venezuela mette una taglia su Rusthenford Guerrero Flores, meglio conosciuto come El Niño Guerrero, il leader del Tren de Aragua – il gruppo criminale più temuto del Venezuela – che aveva trasformato il carcere di Tocoron, a sud est di Caracas, in un paradiso per criminali, con piscina, zoo con animali esotici, e persino una stanza per il mining di Bitcoin. “Ricompensa. “Ricercato”, si legge su un manifesto postato sui social media dal ministero dell’Interno e della Giustizia, corredato di fotografia, nome e numero della carta d’identità di Guerrero, 39 anni, condannato a più di 17 di reclusione, per omicidio. Ma nonostante la caccia all’uomo, secondo l’Osservatorio delle carceri venezuelane, i vertici della banda criminale erano stati avvisati con anticipo dell’operazione pianificata per riprendere il controllo del penitenziario, dando loro il tempo di fuggire.

“I prigionieri più violenti, e i capi, avevano già negoziato la loro uscita dal complesso” prima dell’assalto degli 11mila tra poliziotti e militari “ed hanno lasciato il Paese una settimana fa”, affermano dalla ong. Secondo Jeremy McDermott, direttore esecutivo di InSight Crime, fondazione dedicata allo studio delle principali minacce alla sicurezza in America Latina, dal bastione del Tocoron, da anni Guerrero organizzava una serie di attività che gli fruttavano circa tre milioni di dollari l’anno. Il penitenziario – spiega – si era trasformato in una roccaforte per estorsioni, sequestri, rapine, tratta di esseri umani, e traffico di droga, con ramificazioni in vari Paesi dell’America Latina, dal Perù al Cile, dall’Ecuador alla Colombia.

L’osservatore ritiene inoltre che l’operazione per riprendere il controllo della prigione, faccia parte di una strategia del governo di Nicolas Maduro per mostrare il pugno duro contro il crimine in vista delle elezioni del 2024. Stando a indiscrezioni, nel carcere sono stati trovati alcuni tunnel sotterranei che consentivano l’entrata e l’uscita a proprio piacimento. E ci sono immagini che immortalano Guerrero mentre partecipa a feste ed altri incontri mondani. Tra le informazioni circolate, quella che il capo del Tren de Aragua abbia già lasciato il Venezuela e si sia nascosto in Cile. Ma le autorità del Paese sudamericano – che negli ultimi mesi si sono trovate a gestire gravi problemi di sicurezza – negano.

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Kiev conferma, ‘sfondate difese russe nel sud, avanziamo’

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Il generale a capo della controffensiva ucraina lungo la linea del fronte sud, Oleksandr Tarnavsky, ha confermato alla Cnn che le sue forze hanno sfondato a Verbove, a est di Robotyne (Zaporizhzhia) e avanzano ulteriormente. Tarnavsky ha ammesso che le sue truppe si stanno muovendo più lentamente del previsto. “Non così velocemente come ci si aspettava, non come nei film sulla Seconda Guerra Mondiale”, ha affermato: “La cosa principale è non perdere questa iniziativa (che abbiamo). E, beh, non perderla nella pratica, con le azioni”. Lo sfondamento della linea del fronte meridionale, la cosiddetta ‘linea Surovikin’, era stato riportato ieri dai media internazionali.

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