Padri contro figli, figli contro padri ma anche padri e figli che vogliono condividere il percorso agonistico. Senza scomodare Ivan Turgenev e il suo ‘Padri e figli’, nello sport non mancano storie di conflitti ‘familiari’ nel nome del risultato. Rapporti difficili, a volte sfociati in accuse e denunce. L’ultimo caso, in ordine di tempo, è quello del campione norvegese Jakob Ingebrigtsn, che ha denunciato papà Gjert per maltrattamenti con il genitore che sarà processato l’anno prossimo con l’accusa di aver minacciato il due volte campione olimpico, dicendogli che lo avrebbe picchiato a morte. Gjert e i suoi figli erano diventati parte di un reality show televisivo molto popolare in Norvegia, ma nel 2022 si è dimesso dall’incarico di allenatore dei figli, apparentemente per motivi medici.
In quel momento, Jakob e i suoi fratelli Henrik e Filip, anch’essi mezzofondisti, hanno chiesto alla federazione norvegese di atletica di aiutarli a evitare ogni incontro con Gjert nelle gare internazionali: il papà allena anche la medaglia di bronzo dei 1500 metri ai Mondiali: Narve Gilje Nordås. “Siamo cresciuti con un padre molto aggressivo e autoritario. Ha usato violenza fisica e minacce come parte della sua educazione – hanno scritto i fratelli – proviamo ancora disagio e paura, sono dentro di noi fin dall’infanzia”. Secondo VG, Jakob avrebbe raccontato agli inquirenti di abusi fisici e mentali.
“Ha spiegato di essere stato colpito alla testa più volte dal padre – si legge sul giornale norvegese – in un caso l’abuso sarebbe durato fino a 30 minuti”. Nei commenti di un anno fa, Gjert aveva parlato di accuse infondate e aveva detto di non aver mai usato violenza contro i figli. “Ho delle debolezze come padre, sono stato troppo allenatore. È una consapevolezza a cui sono giunto anch’io, anche se troppo tardi”. Il papà coach non sempre funziona: e sono diversi quelli che hanno messo in evidenza il conflitto. Anche quando il sodalizio era vincente come nel caso di Gianmarco Tamberi, che si è separato da papà Marco nel 2022 dopo l’oro olimpico di Tokyo. Gimbo non perdona a suo padre di averlo forzato all’atletica leggera quando avrebbe preferito il basket. “Non avere più rapporti con mio padre lo considero un fallimento. Dopo tutto quello che è successo è molto difficile perdonarsi”.
Dall’atletica al tennis: Andrè Agassi nella sua autobiografia ‘Open’ ha raccontato quanto fosse terribile il padre Mike, pugile appassionato, coach di tennis spietato al punto da convincere il bambino a colpire 2.500 palline ogni giorno. Un padre-allenatore severissimo dal quale il campione statunitense ha cercato di emanciparsi. Una storia analoga è quella di Steffi Graf, moglie di Agassi: papà Peter le mise la racchetta tra le mani a tre anni ed è stato il suo severo allenatore per tutta la carriera nella quale non sono mancati gli scontri anche se poi la tedesca ammise che “senza di lui non sarei mai diventata quella che sono”. E che dire di Richard Williams, che ha scientificamente programmato Serena e Venus per diventare tenniste e riscattare tutta la famiglia dalla miseria. Trenta Slam (23-7 per la precisione) ne sono la prova.
Le ragazze non hanno mai parlato male del padre, anzi, però fin dai loro 4 anni hanno lavorato seguendo un “piano di lavoro di 85 pagine: così trasformerò le mie bambine in campionesse”. Dal tennis allo sci. Quello di Marc Girardelli – cinque Coppe del Mondo generali, sei di specialità, 4 ori Mondiali e 2 argenti olimpici, tra gli altri successi – diventato lussemburghese perché papà Helmut potesse allenarlo in prima persona, con i suoi metodi para-marine, in condizioni meteorologiche estreme, seguendolo solo con la radiolina.
Arrivando a spingere il ragazzo a sciare dopo ogni infortunio anche contro il parere dei medici. Quando, nel 1997, Girardelli si è ritirato, ha deciso di rompere ogni rapporto col padre. Ma ci sono anche le eccezioni, con papà e figlio in campo insieme sfidndo età e generazioni: Lebron e Bronny James hanno fatto la storia diventando i primi padre e figlio a giocare insieme in una partita del campionato Nba con la maglia dei Lakers. Un caso più unico che raro, e che ha ricordato quello di Dino e Andrea Meneghin, che però furono avversari, in una sfida di Serie A fra Trieste e Varese del 14 ottobre del 1990.