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L’Italia millenial vince 2-0 con la Finlandia, primi punti per Euro 2020

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L’Italia di Roberto Mancini ha voglia di futuro. La nazionale che in tanti aspettavano dopo gli smarrimenti Mondiali e’ forse nata nella notte di Udine; giovane e piena di promesse, quella del millennial Kean su tutti. A lasciarlo intuire, piu’ del 2-0 sulla Finlandia che apre la corsa azzurra alla qualificazione per Euro 2020, sono le immagini simbolo di una serata dal gioco peraltro non brillantissimo: prima il gol di Nicolo’ Barella, a 22 anni gia’ leader del centrocampo a livello internazionale; poi il raddoppio di Moise Kean, quasi un ringraziamento dell’investitura da predestinato che il ct gli ha regalato, insieme all’esordio da titolare. E infine il debutto di un altro giovane talento, Nicolo’ Zaniolo. Mancini sorride perche’ le sue scelte sono premiate, e d’altra parte sa che le difficolta’ di Immobile al centro dell’attacco e quelle di Jorginho in mezzo al campo sono un piccolo campanello.

Oltre ad aver facilitato il compito alla Finlandia incatenata sul suo suo modulo difensivo. Gioventu’, qualita’ e un pizzico di spavalderia: piu’ che il modulo 4-3-3 e’ questo lo schema con la quale Mancini affronta la sua prima ufficiale per Euro 2020. In cerca del gol mancante, il ct non va sull’usato sicuro Quagliarella e scommette su Kean: e’ il ‘millennial’ juventino, alla prima assoluta da titolare, a completare il tridente d’attacco composto da Immobile al centro e Bernardeschi a destra. La scelta di Piccini-Biraghi come terzini danno ancor di piu’ l’idea di una nazionale dal ciuffo sbarazzino. Al contrario, la Finlandia si blinda a catenaccio, 5-4-1 con Pukki unica punta. Pronti via, gli azzurri tengono palla e dopo soli 7′ le scelte di Mancini sono premiate, ma non dall’attacco: il gol arriva con una gran botta di Barella – giovane, talentuoso centrocampista – che si coordina da fuori area sulla respinta di testa della difesa finlandese. Decisiva la deviazione di Vaisanen, difensore del Crotone, ma coordinamento e potenza vanno tutte a merito dell’azzurro.

La Finlandia cerca subito la reazione con una percussione in area di Pukki che Sparv spreca con un destro largo. Il palleggio finlandese e’ fluido, l’incisivita’ nei metri finali assente, cosi’ la nazionale di Kanerva non sfrutta la scelta azzurra di arretrare sulla trequarti in attesa di ripartire. Qui l’Italia quasi si immalinconisce, e a parte una bella discesa sul fondo e cross di Kean che Piccini al volo spreca, poco azzurro tra la rete fitta di passaggi finlandesi. Poi Mancini ordina di alzare il pressing. Verratti al 31′ si libera bene in area ma svirgola il tiro, poi Bernardeschi entra in area sfruttando un’errore in uscita dei difensori ma sbaglia il cucchiaio-assist sul palo opposto per Kean. Il raddoppio chiesto da Mancini potrebbe arrivare al 40′, in assenza di Var l’arbitro Grenfeld non vede che Vaisanen in area sgambetta Bernardeschi. Chiusura di tempo con due tentativi di Kean e Biraghi. Alla cronaca dei primi 45′ manca Immobile, e non e’ un caso. Si riparte con Kean che inverte la fascia e sulla destra da’ vita a una gran progressione, senza precisione nell’assist finale. Arrivano un movimento giusto di Immobile e al 7′ Verratti lo pesca bene in area, Hradecky anticipa in corner.

La difesa azzurra trema quando Jorginho regala palla all’avversario sulla trequarti, a compensare la brutta serata del centrocampista Chelsea ci pensa un Barella ricco di autorita’ che ruba palla si fa tutto il campo e regala il filtrante a Keam, ancora impreciso nel passaggio finale. E’ invece il 21′ quando la Finlandia e’ pericolosissima e sfiora il pari: cross di Lod, girata al volo di Pukki a un millimetro dal palo. La fase della partita e’ la piu’ difficile per l’Italia, a tirarla fuori dal pantano e’ il gol simbolico di Kean, primo nato nel nuovo secolo ad andare in rete con la nazionale maggiore: il 2-0 arriva al 29′, su una percussione di Immobile finalizzata dal filtrante in area che il compagno d’attacco non spreca, anticipando il portiere di sinistro. Immobile esce e subito Quagliarella al suo posto conferma l’intenzione di confermarsi re mida del gol: la gioia di tornare a segnare anche in azzurro gliela sottraggono in una manciata di minuti prima una gran parata di Hradecky sul colpo di testa, poi la traversa sul suo gran detro. Fino al fischio finale, c’e’ spazio anche per l’esordio di Zaniolo: altro giovane talento chiamato da Mancini prima ancora di giocare in A e ora pronto anche per l’azzurro. La nuova Italia e’ definitivamente nata.

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Il Napoli doma anche il Toro, McTominay continua a far volare gli azzurri in testa del campionato

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Il Napoli vince 1-0 allo stadio Olimpico-Grande Torino e resta solitario in vetta alla classifica. Gli azzurri si impongono sui granata grazie al gol di McTominay al 31′ del primo tempo e salgono a quota 32 in classifica allungando momentaneamente a +4 sul quartetto delle inseguitrici: Atalanta, Inter, Fiorentina e Lazio, in attesa della sfida di stasera tra viola e nerazzurri e della trasferta degli orobici con la Roma. Continua invece la crisi dei granata, al 4° ko nelle ultime 5 partite, che in classifica sono agganciati dal Parma in 11/a posizione con 15 punti.

La prima palla gol del match arriva dopo solo quattro minuti: cross dalla sinistra per Adams che stacca libero in area ma il suo colpo di testa finisce di poco a lato. Al 9′ chance per Lukaku, il belga approfitta di un mezzo scivolone di Coco, si crea lo spazio in area ma fatica nel controllo e scivola anche lui, calciando da terra in precario equilibrio: facile la parata di Milinkovic-Savic. Al 18′ bel movimento di McTominay alle spalle della difesa, poi rientra e mette in mezzo: la corta respinta premia Kvaratskhelia che si mette palla sul destro ma calcia male e spreca l’occasione del vantaggio.

Un minuto dopo altra opportunità per il georgiano su un passaggio del portiere intercettato da Anguissa e subito trasformato in assist: Kvara calcia dal limite dell’area ma colpisce Lukaku che devia fuori la sfera. Al 23′ cross dalla sinistra di Kvaratskhelia per Lukaku che tenta il colpo di tacco: Milinkovic-Savic in tuffo respinge la conclusione ravvicinata. Un minuto dopo ci prova Kvara di testa e il portiere granata risponde ancora presente.

Al 31′ gli azzurri sbloccano la partita con McTominay. Grande giocata di Kvaratskhelia che fa slalom in mezzo a due e serve a rimorchio lo scozzese che la controlla col mancino e calcia subito sul primo palo, battendo il portiere: 0-1. Al 37′ padroni di casa a un passo da pari. Gran giocata spalle alla porta di Sanabria che trova il filtrante per Adams: palla in mezzo per Coco che deve solo appoggiare in rete ma incespica sul pallone senza riuscire a calciare e grazia gli avversari. Al 39′ il primo cartellino giallo del match: è per Walukiewicz che arriva in netto ritardo su Kvaratskhelia. Due minuti dopo ammonito Pedersen che ferma con un braccio sulla spalla prolungato la corsa del solito Kvara.

La ripresa parte con una novità tra le fila granata: l’ammonito Pedersen è sostituito da Lazaro. Al 4′ imbucata di Ricci per Vojvoda che controlla in area e calcia, trovando una deviazione che vale il corner. Al 7′ Ricci prova un ambizioso tiro al volo in precario equilibrio e la palla termina abbondantemente fuori. Due minuti dopo ci prova Kvaratskhelia dal limite dell’area, con la difesa granata che mura la conclusione. Al 10′ coast to coast di Anguissa, fermato con le cattive da Coco che di prende l’ammonizione.

Al 12′ intercetto di McTominay in mezzo al campo e transizione rapida per Lukaku che salta il portiere e da, posizione defilata, ha la lucidità per servire di tacco Politano ma l’esterno guadagna solo un corner. Due minuti dopo occasione per Di Lorenzo ma il suo colpo di testa su azione d’angolo si spegne a lato. Al 17′ ancora Napoli, ci prova Politano ma il suo mancino finisce di poco a lato. Al 19′ doppio cambio per Vanoli: fuori Sanabria e Linetty, dentro Njie e Vlasic.

Un minuto dopo partenopei vicinissimi al raddoppio. Sul cross dal fondo di Politano stacca benissimo Olivera che schiaccia di testa, ma Milinkovic-Savic riesce a respingere quasi sulla linea di porta. Arriva alla mezz’ora il primo cambio di Conte, con Spinazzola che sostituisce Politano. Vanoli invece ne cambia due: escono Vojvoda e Masina, entrano Karamoh e Sosa.

Al 33′ il neo-entrato Karamoh calcia subito dall’interno dell’area ma non colpisce benissimo e Meret fa sua la sfera. Al 35′ secondo cambio per il Napoli con Neres al posto di Kvaratskhelia. Poco dopo ammonito Anguissa per un fallo tattico a centrocampo. Al 39′ altro ammonito: è Ricci per un’entrata dura su McTominay. Al 41′ tentativo di Lukaku da fuori area, con palla larga. Poco dopo doppio cambio per Conte, fuori Lukaku e Anguissa al loro posto Simeone e Folorunsho. Al secondo minuto di recupero ospiti a un passo dal raddoppio con Simeone che calcia a incrociare, strepitoso ancora Milinkovic-Savic a parare di piede.

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Sorride Vieira, il Genoa vince in casa dell’Udinese

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Il Genoa torna a sorridere (2-0) sfruttando un’incredibile serie di errori dell’Udinese, che spalanca un’autostrada al grifone verso i tre punti. Gara condizionata dall’espulsione di Tourè al 3′, per un fallo da ultimo uomo. Per i friulani è la settima sconfitta nelle ultime dieci gare, da quando cioè erano soli in vetta con 10 punti. All’inizio è storica rivoluzione in casa Udinese: dopo svariati anni di difesa a 3, Runjaic rompe il tabù e schiera quella a 4, anche per tamponare l’assenza dello squalificato Bijol. In avanti, capitan Thauvin chiamato a ispirare il doppio centravanti pesante Lucca-Davis. Viera risponde con il tridente agile formato da Miretti, Zanoli e Pinamonti. Per Balotelli, l’inizio è ancora in panchina. Il match cambia dopo soli 120 secondi perché Tourè paga i suoi 206 centimetri di altezza e la lentezza nel breve: sbaglia un retropassaggio e rifila una manata per fermare Zanoli lanciato verso Okoye.

Rosso diretto per aver impedito una chiara occasione da rete. Sulla punizione dal limite, Pinamonti cerca di sorprendere Okoye sul suo palo, ma il portiere nigeriano respinge in tuffo. Il tecnico tedesco dei friulani, nonostante l’inferiorità numerica, a sorpresa non rinuncia al tridente – arretrando Karlstrom al centro della difesa – e così per l’Udinese inizia una gara di sofferenza: nei primi 13′ il possesso dei bianconeri è appena oltre il 10%. E, infatti, dopo aver fatto girare la palla da una parte all’altra del campo, il Genoa trova la rete. Badelj lascia partire una conclusione su cui Thorsby tocca per Pinamonti, che insacca da due passi dopo una interminabile revisione al Var per valutare la posizione del bomber di scuola Inter.

L’Udinese è in bambola e Ehizibue fa un altro regalo di Natale anticipato: con un secondo retropassaggio sciagurato consegna a Thorsby la sfera. Il norvegese salta con una finta Okoye e cerca di depositare in fondo al sacco, ma Giannetti in scivolata miracolosa evita il raddoppio. Nell’intervallo Runjaic torna sui suoi passi: inserisce Ebosse e Kristensen in difesa spostando Zemura a destra: i sacrificati sono Ehizibue e Lucca, lasciando a Thauvin il compito di provare a sostenere Davis. Il giro palla del Genoa è lentissimo: i liguri hanno paura di sbilanciarsi e offrirsi al contropiede e i padroni di casa di sbilanciarsi, così per 23′ non accade nulla. Fino a che Zanoli si accende sulla destra, lascia sul posto Ebosse e arriva quasi sul fondo, lasciando partire un cross che tocca il piede di Giannetti e si insacca alle spalle di Okoye. Alla mezz’ora arriva anche il turno di Balotelli accolto dai tifosi genoani con un boato. Ma la gara è finita da un pezzo. E a Udine si sentono i primi fischi di stagione: ora bisogna guardarsi le spalle.

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Da Ingebrigtsn a Tamberi, i papà-coach più odio che amore

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Padri contro figli, figli contro padri ma anche padri e figli che vogliono condividere il percorso agonistico. Senza scomodare Ivan Turgenev e il suo ‘Padri e figli’, nello sport non mancano storie di conflitti ‘familiari’ nel nome del risultato. Rapporti difficili, a volte sfociati in accuse e denunce. L’ultimo caso, in ordine di tempo, è quello del campione norvegese Jakob Ingebrigtsn, che ha denunciato papà Gjert per maltrattamenti con il genitore che sarà processato l’anno prossimo con l’accusa di aver minacciato il due volte campione olimpico, dicendogli che lo avrebbe picchiato a morte. Gjert e i suoi figli erano diventati parte di un reality show televisivo molto popolare in Norvegia, ma nel 2022 si è dimesso dall’incarico di allenatore dei figli, apparentemente per motivi medici.

In quel momento, Jakob e i suoi fratelli Henrik e Filip, anch’essi mezzofondisti, hanno chiesto alla federazione norvegese di atletica di aiutarli a evitare ogni incontro con Gjert nelle gare internazionali: il papà allena anche la medaglia di bronzo dei 1500 metri ai Mondiali: Narve Gilje Nordås. “Siamo cresciuti con un padre molto aggressivo e autoritario. Ha usato violenza fisica e minacce come parte della sua educazione – hanno scritto i fratelli – proviamo ancora disagio e paura, sono dentro di noi fin dall’infanzia”. Secondo VG, Jakob avrebbe raccontato agli inquirenti di abusi fisici e mentali.

“Ha spiegato di essere stato colpito alla testa più volte dal padre – si legge sul giornale norvegese – in un caso l’abuso sarebbe durato fino a 30 minuti”. Nei commenti di un anno fa, Gjert aveva parlato di accuse infondate e aveva detto di non aver mai usato violenza contro i figli. “Ho delle debolezze come padre, sono stato troppo allenatore. È una consapevolezza a cui sono giunto anch’io, anche se troppo tardi”. Il papà coach non sempre funziona: e sono diversi quelli che hanno messo in evidenza il conflitto. Anche quando il sodalizio era vincente come nel caso di Gianmarco Tamberi, che si è separato da papà Marco nel 2022 dopo l’oro olimpico di Tokyo. Gimbo non perdona a suo padre di averlo forzato all’atletica leggera quando avrebbe preferito il basket. “Non avere più rapporti con mio padre lo considero un fallimento. Dopo tutto quello che è successo è molto difficile perdonarsi”.

Dall’atletica al tennis: Andrè Agassi nella sua autobiografia ‘Open’ ha raccontato quanto fosse terribile il padre Mike, pugile appassionato, coach di tennis spietato al punto da convincere il bambino a colpire 2.500 palline ogni giorno. Un padre-allenatore severissimo dal quale il campione statunitense ha cercato di emanciparsi. Una storia analoga è quella di Steffi Graf, moglie di Agassi: papà Peter le mise la racchetta tra le mani a tre anni ed è stato il suo severo allenatore per tutta la carriera nella quale non sono mancati gli scontri anche se poi la tedesca ammise che “senza di lui non sarei mai diventata quella che sono”. E che dire di Richard Williams, che ha scientificamente programmato Serena e Venus per diventare tenniste e riscattare tutta la famiglia dalla miseria. Trenta Slam (23-7 per la precisione) ne sono la prova.

Le ragazze non hanno mai parlato male del padre, anzi, però fin dai loro 4 anni hanno lavorato seguendo un “piano di lavoro di 85 pagine: così trasformerò le mie bambine in campionesse”. Dal tennis allo sci. Quello di Marc Girardelli – cinque Coppe del Mondo generali, sei di specialità, 4 ori Mondiali e 2 argenti olimpici, tra gli altri successi – diventato lussemburghese perché papà Helmut potesse allenarlo in prima persona, con i suoi metodi para-marine, in condizioni meteorologiche estreme, seguendolo solo con la radiolina.

Arrivando a spingere il ragazzo a sciare dopo ogni infortunio anche contro il parere dei medici. Quando, nel 1997, Girardelli si è ritirato, ha deciso di rompere ogni rapporto col padre. Ma ci sono anche le eccezioni, con papà e figlio in campo insieme sfidndo età e generazioni: Lebron e Bronny James hanno fatto la storia diventando i primi padre e figlio a giocare insieme in una partita del campionato Nba con la maglia dei Lakers. Un caso più unico che raro, e che ha ricordato quello di Dino e Andrea Meneghin, che però furono avversari, in una sfida di Serie A fra Trieste e Varese del 14 ottobre del 1990.

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