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Esteri

L’isola di Wight diventa un lazzaretto Covid

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Da isola felice a lazzaretto, nel volgere di poche settimane. E’ allarme rosso negli ospedali dell’isola di Wight, a sud dell’Inghilterra, dove i casi si stanno moltiplicando in percentuale “astronomica” secondo quanto rivelato da fonti mediche al Guardian. E dove i reparti ospedalieri locali sono ormai saturi tanto da rendere indispensabile il soccorso degli elicotteri per il trasbordo d’urgenza dei pazienti in sovrappiu’ verso gli ospedali, pure affannati, della mainland britannica. L’incremento di contagi sulla piccola isola – poco piu’ di 140.000 abitanti in tutto, mediamente benestanti – e’ schizzato all’improvviso fino a 74 volte il periodo prenatalizio: quando Wight, buen retiro caro a suo tempo alla regina Vittoria e simbolo alla fine dei ruggenti anni ’60 dalle atmosfere hippy di una breve stagione di festival rock che trovo’ il suo inno in una canzone (Wight is Wight) ripresa anche da una popolare cover italiana, era ai livelli piu’ bassi di esposizione alla pandemia nell’intero Paese. Fra i pochissimi territori dell’Inghilterra (meno dell’1% del totale) lasciato per tutto dicembre in zona gialla dal governo di Boris Johnson: un’allerta con restrizioni relativamente limitate, che pare abbia indotto i residenti ad abbassare diffusamente la guardia durante le celebrazioni di Natale e fine anno, tra riunioni familiari e assembramenti collettivi oltre ogni precauzione. Stando ai medici e ad altre fonti citate dal Guardian, questi comportamenti hanno presentato il conto a strettissimo giro di posta. E sono indicati tra i fattori del boom di contagi attuale, alimentato anche dalla ‘variante inglese’ piu’ virulenta del Covid, con un totale di 1871 infezione censite solo tra Capodanno e il 10 gennaio (prima e dopo l’introduzione del terzo lockdown nazionale): vale a dire il 43% della somma di malati registrata su questo isolotto separato da inizio pandemia. Da qui, l’esaurimento dei non moltissimi posti letto disponibili, almeno per i pazienti piu’ gravi. E l’avvio ora d’una sorta di ponte aereo d’emergenza per il trasferimento dal paradiso perduto delle ultime persone contagiate.

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Bus cade in un fiume a Guatemala City, almeno 31 morti

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Tragedia presso il ponte del Belice a Guatemala City. Secondo le indicazioni dei vigili del fuoco e delle squadre di soccorso, un autobus con 75 passeggeri a bordo è caduto nel fiume sottostante. Per il momento sono state rinvenuti almeno 31 morti, e proseguono le operazioni per trarre in salvo i superstiti. “Sono stati recuperati 31 corpi e stiamo cercando di salvare altre persone”, ha dichiarato alla stampa il portavoce locale dei pompieri Mynor Ruano, secondo quanto riportano le agenzie di stampa sul posto.

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Esteri

Mosca insiste: per la pace vogliamo 4 regioni ucraine e Kiev fuori da Nato

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Il vice ministro degli Esteri russo, Sergey Ryabkov, ha dichiarato che Mosca continua a pretendere il controllo di quattro regioni ucraine solo in parte occupate dalle sue truppe e che l’Ucraina resti fuori dalla Nato. Lo riporta la Tass. “Noi certamente abbiamo interessi basilari, interessi fondamentali, tra i quali metto l’appartenenza incontestabile delle regioni che si usa definire collettivamente ‘nuove russe’ o ‘Novorossiya’” e “naturalmente il non ingresso dell’Ucraina nella Nato, la violazione di questa richiesta è una delle cause prime dell’operazione militare speciale”, ha affermato Ryabkov, secondo l’agenzia di stampa ufficiale russa.

“Tutto è stato detto su Kursk dal presidente”, ha poi aggiunto il vice ministro russo riferendosi alla regione della Russia occidentale di cui i soldati ucraini controllano una fetta di territorio. Ryabkov ha dichiarato che le quattro regioni ucraine di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia sarebbero a suo dire “russe” in seguito “all’espressione della volontà degli abitanti”. I cosiddetti “referendum” con cui la Russia nell’ottobre del 2022 ha dichiarato unilateralmente l’annessione delle regioni non sono riconosciuti dalla stragrande maggioranza della comunità internazionale.

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Esteri

Donald Trump: mi impegno ad acquistare e controllare Gaza

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Un’affermazione che ha dell’incredibile e che sfida i principi fondamentali del diritto internazionale. Donald Trump, attuale presidente degli Stati Uniti, ha dichiarato di essere impegnato nell’acquisto e nel controllo della Striscia di Gaza. La rivelazione, riportata dall’agenzia Bloomberg, è avvenuta a bordo dell’Air Force One, durante un viaggio ufficiale.

L’idea di Trump prevede non solo il controllo diretto su Gaza, ma anche la possibilità di concedere alcune aree ad altri Paesi del Medio Oriente per favorire la ricostruzione dopo la devastazione della guerra tra Israele e Hamas. Tuttavia, la sua dichiarazione ignora completamente il diritto internazionale, che non prevede la vendita o l’acquisto di territori sovrani senza il consenso della popolazione e delle istituzioni locali.

Un’ipotesi senza precedenti

Le parole di Trump rischiano di scatenare forti reazioni diplomatiche. La Striscia di Gaza è un territorio conteso e sotto il controllo de facto di Hamas, riconosciuto come entità autonoma ma non statale. L’idea che un leader straniero possa “comprare” e amministrare un territorio come fosse un bene immobiliare viola ogni principio di autodeterminazione dei popoli, sancito dalle Nazioni Unite.

Quali conseguenze?

Se davvero il presidente statunitense dovesse insistere su questa idea, si aprirebbe un precedente estremamente pericoloso, capace di alterare gli equilibri internazionali. La comunità palestinese e le istituzioni internazionali, incluso l’ONU, potrebbero reagire con ferme condanne, mentre gli alleati mediorientali di Washington potrebbero trovarsi in difficoltà nel gestire una proposta così radicale.

Una provocazione o una strategia?

Non è chiaro se l’affermazione di Trump sia un tentativo di negoziazione aggressiva, una provocazione politica o una vera e propria strategia per ridisegnare il Medio Oriente. Quel che è certo è che, se portata avanti, potrebbe rappresentare uno dei più clamorosi strappi con il diritto internazionale mai registrati.

Resta da vedere quale sarà la reazione della comunità internazionale e, soprattutto, dei diretti interessati: il popolo palestinese.

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