Il disegno di legge sul nuovo Codice degli Appalti, varato dal governo a metà dicembre, mette soglie troppo alte per le spese senza gara degli enti pubblici, permette anche a piccoli Comuni di appaltare grandi opere che poi non hanno i mezzi per gestire, riduce i controlli dell’autorità anticorruzione, prevede gli appalti integrati che spesso si rivelano una fregatura, svilisce il dibattito pubblico sulle grandi opere a mera pratica burocratica. Sono le critiche che alcune ong ambientaliste e della società civile hanno fatto alla bozza del Codice Appalti, durante un’audizione alla Commissione Ambiente della Camera.
Legambiente ha espresso “forti preoccupazioni” sul disegno di legge, che il governo vuol fare approvare dal parlamento a fine marzo. Enrico Fontana ha citato “la nuova soglia di 500.000 euro per le stazioni appaltanti non qualificate”, cioè l’innalzamento da 150mila a 500mila euro dell’importo massimo dei lavori che può appaltare un ente pubblico non qualificato (ad esempio un piccolo comune senza strutture di gestione avanzate). Poi, “la riduzione della vigilanza dell’Anac”: ovvero la soppressione del registro dell’in-house (l’elenco, tenuto dall’autorità anticorruzione, delle aziende che hanno i requisiti per prendere commesse pubbliche dirette, senza appalto), e le disposizioni sul “conflitto di interesse”. Fontana ha criticato “la previsione degli appalti integrati”, cioè l’attribuzione con una stessa gara del progetto e dell’esecuzione dei lavori: una procedura che sulla carta dovrebbe sveltire l’iter, ma che secondo molti permette rincari in corso d’opera, e provoca contenziosi a non finire.
Altro punto critico della bozza per l’ong è “il ricorso agli affidamenti diretti sotto i 150mila euro”, cioè la possibilità per le amministrazioni di fare acquisti entro quella cifra senza procedure di appalto. Per Maria Maranò di Legambiente, “nella bozza del Codice Appalti il dibattito pubblico diventa un mero adempimento burocratico. Invece l’esperienza degli ultimi due anni ha dimostrato l’utilità di questo strumento per diminuire le controversie in fase istruttoria e per far risparmiare tempo nella realizzazione delle opere”.
Stefano Lenzi del Wwf ha chiesto il ripristino della Commissione, e ha accusato il disegno di legge di “fare passi indietro su di uno strumento fondamentale”. Secondo Claudia Casini, vicepresidente dell’Associazione partecipazione pubblica, la riforma dello strumento prevista nel nuovo Codice Appalti “abolisce la Commissione nazionale dibattito pubblico”, ente terzo che gestisce il confronto, “permette la partecipazione solo ad associazioni o comitati e non a singoli cittadini, riduce il dibattito a una raccolta di osservazioni soltanto online”.