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Cronache

L’Inter incapace di tagliare rapporti con criminalità

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L’Inter di oggi, “alternando atteggiamenti variabili tra agevolazione colposa e sudditanza, intrattiene (indirettamente) rapporti con la criminalità organizzata e con la criminalità da stadio, incapace di interrompere in maniera netta tali relazioni”. Non è un caso dunque che la procura voglia sentire come persone informate dei fatti, e probabilmente lo farà molto presto, pezzi da novanta attuali e passati del club nerazzurro: il vicepresidente Javier Zanetti, l’allenatore Simone Inzaghi e l’ex difensore Milan Skriniar ora al Psg.

Ma l’inchiesta guarda anche all’altra sponda: a palazzo di Giustizia sarà convocato anche il capitano del Milan Davide Calabria e altri testimoni. L’incapacità di tagliare i rapporti pericolosi è un’accusa pesante che i pm della Dda di Milano Paolo Storari e Sara Ombra hanno messo nero su bianco nella richiesta di custodia cautelare per gli ultrà delle curve di Inter e Milan che ha portato in carcere i vertici ultrà, come Andrea Beretta, già in cella per l’omicidio di Antonio Bellocco, Marco Ferdico e Luca Lucci.

Un’indagine per mettere fine al giro di affari illeciti, e, per i dirigenti delle tifoserie nerazzurre, ai legami con le famiglie calabresi che “ingolosite” hanno cercato di spiazzare i Bellocco e di mettere anch’esse le mani sul business altamente redditizio legato al racket dei biglietti, del catering, panini e birre compresi, dei parcheggi al Meazza e del merchandising. A ciò si aggiungono le estorsioni, le violenze messe in atto da veri e propri commandos addestrati, anche in campi in Polonia che dovevano essere “militarmente” forti, e che hanno ‘sfornato’ i bodyguard di Fedez e un sottobosco che ruotava attorno al mondo dei rapper Emis Killa, Lazza, Tony Effe, Cancun, Guè Pequeno.

Sia per il club nerazzurro che per quello rossonero, pur non essendo indagate le società, è stato aperto un “procedimento di prevenzione”: non è scattata la richiesta di amministrazione giudiziaria ma ci sarà un contradditorio con i legali dei club. Un procedimento costruito in modo tale da dare la possibilità a Inter e Milan, ora ufficialmente ‘sorvegliate speciali’, di correre ai ripari ed eliminare tutte le situazioni ritenute dagli inquirenti illegali. In caso contrario potrebbe diventare realtà l’ipotesi di un amministratore giudiziario che lavori a fianco del management per mettere fine a una situazione che, come si legge dagli atti dell’indagine condotta sotto la super visione del Procuratore Marcello Viola, va avanti da tempo.

Un discorso che vale soprattutto per il club guidato da Giuseppe Marotta, al quale viene chiesto di tagliare quelle relazioni ‘pericolose’ che finora non è stato in grado di fare. Vuole vederci chiaro anche il comune di Milano: ‘Abbiamo fatto un accesso agli atti perché vogliamo sapere se ci sono aspetti che possono riguardare noi come soggetti che hanno avuto un danno’, dice il sindaco di Milano Sala sottolineando che l’inchiesta ha portato alla luce “una situazione che va raddrizzata rapidamente, perché era nell’aria che c’era qualcosa che non andava”. “Stiamo affidando qualcosa che è nostro, cioè lo stadio, a qualcun altro. E dobbiamo sapere – aggiunge il sindaco – se questo qualcun altro è in condizione di gestirlo.

Domani intanto iniziano gli interrogatori di garanzia davanti al giudice Santoro e alla presenza dei pm, ma già oggi Beretta, in un colloquio in carcere con il suo avvocato Mirko Perlino, ha negato non solo di aver avuto a che fare con i Bellocco, ma anche le pressioni e le minacce nei confronti della dirigenza della squadra: “c’era un rapporto trasparente. – avrebbe detto al legale -. Era a conoscenza delle problematiche e ci siamo sempre interfacciati con i responsabili della sicurezza e dei rapporti con le tifoseria per risolvere tutte le questioni”. Intanto, tra la raffica di perquisizioni di ieri, spuntano anche quelle legate alla gestione dei parcheggi a casa dei fratelli Aldo e Mauro Russo, il primo cognato di Paolo Maldini e l’altro socio in affari dello stesso capitano del Milan e di Christian Vieri: solo il secondo, come si evince dagli atti, è indagato per corruzione privata. Perquisizioni, ma questa volta “presso terzi” dal rapper milanese 34enne Emis Killa, il cui nome compare negli atti come in “rapporti” lavorativi con Lucci e che è stato identificato nel contesto di una “aggressione” ad uno steward avvenuta l’11 aprile scorso per far entrare allo stadio un tipo senza biglietto.

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Cronache

Alfieri davanti al gip, ‘ha risposto a ogni domanda’

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E’ durato alcune ore l’interrogatorio di Franco Alfieri, sindaco di Capaccio Paestum e presidente della Provincia di Salerno, sospeso da entrambe le cariche dal prefetto di Salerno in seguito all’inchiesta giudiziaria che lo ha portato in carcere. Come spiega l’avvocato Domenicantonio D’Alessandro, che lo difende insieme al collega Agostino De Caro, Alfieri, 59 anni, “è sicuramente provato perché il carcere fa danni a tutti, ma non si abbatte. E’ un uomo molto forte.

Ha, peraltro, avuto tante testimonianze di stima e amicizia; stamattina ha risposto a tutte le domande, si è difeso dalle contestazioni”. La scorsa settimana, i militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Salerno hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari nei confronti suoi e di altri cinque indagati cui risultano contestati a vario titolo i reati di turbata libertà degli incanti e corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio.

L’unico indagato a finire in carcere è stato Alfieri. Nel mirino dei pm alcune procedure di affidamento di lavori e, in particolare, quella relativa all’intervento di adeguamento, ampliamento e efficientamento energetico dell’impianto di pubblica illuminazione a Capaccio Paestum e quella per l’adeguamento dell’illuminazione stradale del Comune. Entrambe le gare sono state vinte dalla stessa ditta, secondo l’accusa grazie a una serie di irregolarità. Alfieri, esponente di primo piano in Campania del Pd (che lo ha intanto sospeso dal partito), è un fedelissimo del presidente della Regione, Vincenzo De Luca: celebre la battuta del governatore, durante la campagna referendaria del 2016, sulla capacità di Alfieri di raccogliere consenso sul territorio, “anche offrendo fritture di pesce”.

L’attuale sindaco di Capaccio-Paestum e presidente della Provincia di Salerno (che nel suo curriculum ha anche l’elezione a primo cittadino in due altri comuni, Torchiara e Agropoli) è stato anni fa capo della segreteria del governatore, il quale comunque non si lascia intimorire dal terremoto giudiziario nel Salernitano. Anzi, proprio in merito alla sua ipotesi di ricandidatura alla guida della Regione, nonostante l’opposizione di dirigenti dem vicini alla segretaria Schlein, De Luca ha ribadito due giorni fa: “Non so più come dirlo. Io vado avanti a prescindere, mi ricandido. Chi ci sta ci sta. Vado avanti a prescindere, l’importante è che ci stiate voi – dice rivolto ai suoi sostenitori – perché se il lavoro svolto in questi anni si ferma, la Campaniaprecipita”.

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Processo Agostino, condannato all’ergastolo Gaetano Scotto

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I giudici della Corte di assise di Palermo, presieduti da Sergio Gulotta, hanno condannato Gaetano Scotto all’ergastolo per l’omicidio dell’agente di polizia Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio, incinta, uccisi da un commando mafioso il 5 agosto del 1989 a Villagrazia di Carini (Palermo). La sentenza è stata pronunciata nell’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo. Il processo è stato celebrato con il rito ordinario. Assolto dall’accusa di favoreggiamento Francesco Paolo Rizzuto che era un amico dell’agente.

L’accusa, rappresentata dalla pg Lia Sava e dai sostituti Domenico Gozzo e Umberto De Giglio, presenti in aula, aveva chiesto al termine della requisitoria la condanna all’ergastolo per Scotto e l’assoluzione per Rizzuto. In aula erano presenti i parenti delle vittime, tra cui la sorella di Nino, Flora e suo figlio Nino Morana. Alla lettura della sentenza anche i giovani di Libera e Don Ciotti. La corte di assise ha inoltre deciso l’interdizione dai pubblici uffici per Scotto e la condanna, oltre al risarcimento alle parti civili, di una provvisionale in favore dei familiari di Nino Agostino e Ida Castelluccio. In aula l’abbraccio e le lacrime dell’avvocato difensore Fabio Repici con don Ciotti, e i parenti del poliziotto.

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Violentata fuori dalla discoteca, due fermati

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La serata di Ferragosto con gli amici in discoteca, i balli, i drink in uno dei locali più frequentati nella zona della movida estiva di Genova. E poi il buio e la brutalità di due sconosciuti, poco più che ragazzini. L’incubo di Gaia (nome di fantasia per tutelare la vittima) è finito sabato pomeriggio quando la squadra mobile genovese ha fermato i due autori della violenza sessuale di gruppo e delle lesioni aggravate. Si tratta di due italiani, di origini albanesi e capoverdiane, di 21 e 19 anni. Il più grande aveva comprato da poco due biglietti aerei. Sarebbe partito dall’Italia verso la Spagna per poi andare in Francia. Un giro troppo “articolato” che ha spinto la pm Valentina Grosso a emettere un decreto di fermo.

Lo stupro, è emerso, è stato ripreso con i telefonini. Tutto inizia la notte del tra il 14 e il 15 agosto. Gaia è con un gruppo di amici a ballare e bere in discoteca. I due ragazzini tentano di approcciare il gruppo, girano intorno alle donne. Ma vengono respinti più volte. A notte fonda la donna decide di tornare a casa. Non si accorge che i due la seguono e quando è fuori dal locale il più grande l’afferra per un braccio, fa un cenno col capo al suo amico, e insieme la trascinano poco lontano, in un luogo appartato e un po’ isolato. Gaia prova a reagire, ma i due hanno il sopravvento. La lasciano poi dolorante, in lacrime. A sentire i lamenti è un passante che la trova a terra rannicchiata.

Chiama i soccorsi e la donna viene portata all’ospedale Galliera, centro specializzato nelle violenze sulle donne. Viene attivato il protocollo rosa e le prime visite accertano quello che ha subito, mentre non è stato possibile ancora chiarire se sia stata anche drogata. Gli agenti della squadra mobile raccolgono poi il suo racconto. Gli investigatori partono dalle telecamere di videosorveglianza del locale e della strada e, anche grazie alle varie testimonianze, riescono a risalire al più grande. E’ già conosciuto perché autore di alcune rapine e scippi mentre il più piccolo è un operaio che è stato licenziato da poco. E’ la stessa Gaia che li riconosce poi tra una serie di fotografie che gli agenti le mostrano. Ma quando gli inquirenti scoprono che uno dei due sta lasciando l’Italia, le indagini accelerano e per i due scatta l’arresto. A inchiodarli sono state anche le immagini, durissime, di quella terribile notte riprese dai telefonini. I ragazzi sono adesso nel carcere femminile di Pontedecimo dove c’è una sezione dedicata ai sex offender.

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