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L’inflazione Usa vola ai massimi, i mercati affondano

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La galoppata dell’inflazione americana, schizzata ai massimi da 40 anni, e la stretta sui tassi annunciata dalla Bce affondano le Borse. Un venerdi’ nero per le piazze finanziarie mondiali. Quelle europee chiudono in profondo rosso bruciando 265 miliardi di dollari, con Milano, la peggiore, che perde il 5,17% e vede andare in fumo 39 miliardi. Non va meglio a Wall Street, dove i listini accusano perdite fra il 2 e il 3% con la corsa dei prezzi che aumenta le chance di una Fed ancora piu’ aggressiva. Il balzo dell’inflazione negli Stati Uniti all’8,6% in maggio, ben oltre le attese degli analisti, apre infatti la strada a strette decise da parte della banca centrale americana. Un ritocco da mezzo punto percentuale e’ dato ormai per scontato alla riunione della prossima settimana, e l’attenzione degli analisti e degli investitori e’ tutta concentrata sugli appuntamenti successivi. Le chance di un rialzo dei tassi da 75 punti base in luglio aumentano, cosi’ come quelle di un altro rialzo da mezzo punto a settembre. Un ciclo di strette aggressivo che spaventa Wall Street, sempre piu’ preoccupata da una possibile recessione. Trema anche la Casa Bianca di Joe Biden che sul caro-vita rischia di perdere le elezioni di meta’ mandato di novembre. La frustrazione fra gli americani infatti sta crescendo, soprattutto per un caro-benzina che non lascia tregua: servono ormai 100 dollari per il pieno di un’auto. E la frustrazione potrebbe tradursi in una fuga dal partito democratico e in un Biden che, senza la maggioranza in Congresso, si ritroverebbe ‘anatra zoppa’ negli ultimi due anni di presidenza. “Faremo il possibile per far calare i prezzi”, assicura il presidente americano, notando come “l’inflazione non sta calando rapidamente”. La volata dell’inflazione negli Stati Uniti e l’attesa di una Fed ‘falco’ sono una doccia fredda anche per le piazze finanziarie europee, gia’ innervosite dal repentino cambio di rotta della Bce. Dopo anni di politica monetaria accomodante Christine Lagarde ha abbandonato i toni da ‘colomba’ annunciando l’addio dopo sette anni agli acquisti di debito pubblico da parte della Bce e un primo rialzo dei tassi a luglio da un quarto di punto, cui ne seguira’ un altro gia’ a settembre probabilmente da mezzo punto. Chi si attendeva che la svolta fosse accompagnata da uno ‘scudo anti-spread’ e’ rimasto deluso: l’Eurotower, si e’ impegnata solo a parole, senza darsi una soglia di intervento. E proprio la mancanza di questo paracadute a sostegno dei titoli di Stato dei Paesi periferici innesca una fuga degli investitori dagli Stati europei piu’ indebitati, causando un’impennata dei loro costi di finanziamento. Lo spread fra Btp e Bund e’ arrivato fino a 225 punti, ovvero a un livello che non si vedeva dal febbraio del 2014 e superiore all’impennata vista nel 2018. I redimenti sui bond greci a 10 anni sono saliti di 0,23 punti percentuali al 4,28%, oltre i massimi toccati durante la pandemia. Tensioni si sono registrate anche sul debito spagnolo e portoghese dilagando poi anche alle banche europee, molte della quali hanno in portafoglio quote importanti di debito sovrano. A Piazza Affari proprio gli istituti di credito hanno pagato un prezzo pesante. Nel giorno della presentazione del suo nuovo piano Bper ha perso il 12,9%. Calo a due cifre anche per Banco Bpm (-12%). Ma non hanno fatto molto meglio Fineco (-9,4%), Unicredit (-9,1%), Azimut (-9%), Banca Generali (-8,3%), Unipol (-8,2%) e Intesa (-7,3%). Al nuovo scossone sui mercati globali guardano con preoccupazione gli analisti, agitati dalla strette repentine, aggressive e in contemporanea delle principali banche centrali. E soprattutto alle loro conseguenze su un’economia mondiale che non ha ancora recuperato in pieno dalla crisi della pandemia e si ritrova gia’ alle prese con la paura di una recessione, o ancora peggio di una stagflazione.

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Esteri

La strage dei neonati, si allarga l’inchiesta dopo la condanna della infermiera

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Si allargano anche alle possibili negligenze dei vertici della struttura sanitaria locale le indagini idella polizia britannica sulla “strage di neonati” del Countess of Chester Hospital: l’ospedale del nord dell’Inghilterra in cui un’infermiera addetta al reparto maternità fece morire – deliberatamente secondo le accuse – 7 neonati fra il 2015 e il 2016, esponendo a sovradosaggi di farmaci almeno altri 6, per motivi deliranti che in parte restano oscuri. Il primo capitolo della vicenda si è chiuso nell’agosto scorso con la condanna all’ergastolo dell’ex infermiera 33enne Lucy Letby, ribattezzata dai tabloid “la nurse killer del Chestershire”. Mentre è di oggi l’ufficializzazione della notizia dell’apertura formale di un secondo fascicolo parallelo da parte della polizia della contea sull’ipotesi di reato di complicità in omicidio colposo plurimo a carico di responsabili dell’ospedale o di figure addette sulla carta alla sorveglianza in seno al servizio sanitario nazionale (Nhs). Figure al momento non identificate. Il sovrintendente detective Simon Blackwell ha sottolineato che le verifiche riguarderanno anche i massimi vertici dell’epoca della struttura, precisando che esse sono tuttavia “a uno stadio iniziale”. E che quindi non vi sono per ora specifici individui nel registro degli indagati.

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Ricatto di Saied, l’arma dell’invasione per i fondi

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Saied presidente Tunisia

Un gioco al rialzo o rivendicazioni a uso e consumo interno? Il presidente tunisino Kais Saied ha rifiutato un primo assegno da 127 milioni dell’Unione europea, bollandolo come “elemosina”, con un rigurgito – almeno all’apparenza – di anticolonialismo. O, piuttosto, per alzare la posta, brandendo la minaccia dell’invasione di migliaia di migranti pronti a salpare da Sfax verso le coste italiane. Con un duplice obiettivo: ricevere una somma più alta, sul modello dell’accordo da 6 miliardi di euro raggiunto dall’Ue con la Turchia di Erdogan nel 2016 per chiudere i rubinetti della rotta balcanica; e riuscire ad ottenere i 900 milioni di assistenza macrofinanziaria previsti dal memorandum del luglio scorso, sganciandoli dai quasi 2 miliardi che l’Fmi tiene bloccati in attesa di riforme. Riforme che Saied – che dal 2021 si presenta come nuovo autocrate del Nord Africa – non sembra intenzionato nemmeno ad avviare.

La Commissione europea aveva annunciato nei giorni scorsi di aver stanziato i 127 milioni da versare “rapidamente” a Tunisi. Bruxelles aveva precisato che si trattava di 67 milioni per combattere l’immigrazione illegale (i primi 42 milioni dei 105 milioni di aiuti previsti dal memorandum firmato due mesi fa e altri 24,7 milioni nell’ambito di programmi già in corso) e 60 milioni legati al sostegno del bilancio tunisino. Ma Saied ha bloccato tutto: “La Tunisia accetta la cooperazione, ma non accetta nulla che somigli a carità o favore, quando questo è senza rispetto”, ha dichiarato il presidente dopo aver rinviato e sospeso nei giorni scorsi anche le visite delle delegazioni europee, prima parlamentare e poi della Commissione. Questo rifiuto, ha tenuto a sottolineare Saied, “non è dovuto all’importo irrisorio ma al fatto che questa proposta va contro” l’accordo firmato a Tunisi e “lo spirito che ha prevalso durante la Conferenza di Roma” di luglio, “iniziativa avviata da Tunisia e Italia”.

“Non abbiamo capito ancora cosa volesse dire Saied. Non abbiamo avuto la trascrizione e stiamo lavorando per avere più informazioni”, ha ammesso un alto funzionario Ue, intuendo però che il tunisino “avrebbe preferito più aiuti” rispetto alla prima tranche. Sullo stato dell’intesa la fonte ha ricordato che il Consiglio “non è stato coinvolto” nei negoziati. Ma, ha sottolineato, “non possiamo dire che il Memorandum sia un fallimento”. E se anche a Bruxelles l’intesa con Tunisi trova un ostacolo nelle diverse posizioni dei 27, preoccupa lo stato dei diritti umani nel Paese, dove la democrazia sognata dalla rivoluzione dei Gelsomini è ormai naufragata e dove lo stesso Saied ha di fatto aizzato una caccia al migrante subsahariano, ormai poco tollerato da una popolazione alle prese con una grave crisi economica e alimentare.

Resta il fatto che l’Europa e l’Italia non possono fare a meno di lavorare con la Tunisia per arginare gli sbarchi che rischiano di mettere in crisi l’Unione e il suo futuro dopo le elezioni di giugno. E Saied lo ha capito, rilanciando ogni giorno, non solo per sedare le tensioni interne ma anche e soprattutto per spingere l’Europa, di fronte ad una crisi migratoria senza precedenti, a fare pressione su Washington per lo sblocco degli 1,9 miliardi del Fondo Monetario Internazionale.

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La Camera destituisce lo speaker, prima volta negli Usa

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La Camera ha approvato la mozione per destituire lo speaker repubblicano Kevin McCarthy, facendo precipitare il Capitol nel caos e nell’incertezza. E’ la prima volta nella storia Usa. A proporre la mozione il deputato del suo partito Matt Gaetz, un fedelissimo di Donald Trump ed esponente di una fronda parlamentare alla Camera legata al tycoon.

La votazione si è conclusa con 216 voti a favore e 210 no. Otto repubblicani hanno votato contro McCarthy. Quest’ultimo ora dovrà indicare il suo sostituto provvisorio sino all’elezione di un nuovo speaker, passaggio che non sarà certo facile e che rischia di paralizzare il Congresso proprio quando deve negoziare la prossima legge di spesa.

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