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Cultura

L’incanto del Castello Aragonese di Ischia

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La forza del magma spinge sulla vita dalle viscere della terra, gonfia i fondali marini e le terre emerse sprigionando il loro calore fino al mondo che brilla al sole, alimentando in questo modo quel tessuto termale che contribuisce a rendere l’isola di Ischia un luogo unico. Un angolo di paradiso animato da un respiro continuo e profondo, come il moto delle onde o l’avvicendarsi del giorno e della notte.  

Veduta da mare ed aerea dell’isola di Ischia (Kontrolab)

Così, nei millenni, è stata ricamata la roccia vulcanica e create insenature, baie ed approdi in continua evoluzione, forgiate dalla lotta continua tra fuoco, aria ed un mare turchese che rende Ischia il teatro naturale di uno spettacolo irripetibile, incastonata in un cerchio ideale dove ogni lembo di terra emersa dal Tirreno blu è un inno alla bellezza più pura ed autentica. Dal litorale Flegreo, passando per la vicinissima Procida, qui si compie ogni giorno il miracolo della natura che più bella non potrebbe apparire, sempre scandito dal moto perpetuo della forza vulcanica sottomarina, che diventa battito di un unico cuore. 

Tra le mille meraviglie ischitane, l’isola nell’isola è stata creata oltre trecentomila anni fa grazie proprio ad un’eruzione voluta dal Dio del Fuoco, che la innalzò ad oltre cento metri dal livello del mare e, già duemilacinquecento anni addietro, il suo fascino non poté sfuggire all’occhio attendo dei conquistatori greci.

Dopo la fine di Lockdown le persone tornarono sotto il Castello Aragonese di Ischia indossando la maschera e mantenendo le distanze sociali (Kontrolab)
 

Il Siracusano Gerone I ne fece un avamposto strategico, quindi insediamento umano che diventerà poi “maschio angioino” ed ancora “castello aragonese”, grazie all’intervento di Alfonso I D’Aragona che aggiunse la cinta muraria e scavò tra la roccia la via d’accesso pedonale, consacrandolo a guardiano dell’isola “maggiore”. Nell’assolvimento del suo compito di ultimo protettore, il Castello di Ischia accolse il suo popolo nei momenti più difficili, tramutandosi in una vera e propria cittadella fortificata in grado di attraversare da protagonista tutta la storia che seguì fino al bombardamento inglese del 1809, quando fu definitivamente abbandonato a sé stesso dalle famiglie ivi abitanti, come un guerriero ormai  morente sul campo di battaglia. Dal 1823 per volere del re Ferdinando I, la fortezza divenne carcere per gli ergastolani e poi, dal 1851, prigione per gli avversari e cospiratori del Regno delle Due Sicilie. Solo nel 1860, in coincidenza dell’annessione di Ischia al Regno d’Italia per opera di Giuseppe Garibaldi, il carcere ormai politico fu soppresso ed il castello si fermò come se avesse terminato ogni sua funzione vitale, salvo essere recuperato dalla famiglia Mattera, nel secolo successivo, che attraverso un’incessante opera di restauro gli ha ridonato la giusta gloria e lo ha condotto in tutta la sua magnificenza fino ai giorni nostri, rendendolo fruibile ad ogni fortunato avventore e capace di ospitare eventi culturali e mondani sempre più ricercati.

Oggi l’isolotto è collegato al Borgo di Celsa o Ischia Ponte, grazie ad una struttura in muratura lunga oltre duecento metri, che consente l’ingresso al traforo aragonese di quasi mezzo chilometro. Prima dell’edificazione tale opera e della precedente pedana in legno (XIII secolo), l’unica via di accesso era quella del mare. 

Non sfugge come l’impianto urbanistico della fortezza sia espressione della comune tecnica edificatoria medioevale, che attraverso la creazione di dedali di vicoli, tornanti e strette strade disseminate in ogni paese, soprattutto attorno ai luoghi di potere posti sempre in alto per ovvie ragioni di sicurezza, garantiva lo sfoltimento e la frammentazione forzata dei gruppi degli assaltatori, che venivano dunque costretti ad ingolfarsi in veri e propri imbuti viari, dai quali potevano essere più facilmente raggiunti non solo da dardi e quindi corpi contundenti e perforanti, ma anche da fluidi bollenti, spesso a base oleosa. 

 

E come ogni tipico insediamento medioevale, sull’isolotto furono edificati anche luoghi di culto, tra cui svariate Chiese (ben tredici di cui sette parrocchie) e conventi, accessibili percorrendo la vecchia strada principale che si dirada ancora oggi in percorsi minori che conducono tutti a veri e propri tesori storici o naturalistici, oltre a bellissimi giardini che hanno sempre adornato questo angolo di infinita bellezza.

Il periodo di massimo splendore della struttura è indicato nella fine del Sedicesimo secolo, quando il gigante di pietra ospitava quasi duemila famiglie.

 

Nell’antico monastero, dopo aver goduto delle geometrie architettoniche ecclesiastiche,  capaci di unire idealmente il terreno al trascendentale, ci ritroviamo a discendere nelle viscere del complesso cristiano per accedere alla sala dove venivano riposti i cadaveri delle monache che avevano dedicato a Dio la loro esistenza. Al trascorrere della loro vita terrena, al termine di un rito unico di accettazione del trapasso, i cadaveri venivano riposti su veri e propri troni in muratura, con un buco al centro della seduta per garantire il deflusso di ciò che restava della vita organica. Anche di fronte a tali testimonianze, ciò che ci sollecita adesso, anzi ancor di più, è il ritorno alla luce, all’esterno, come a voler risalire dall’Ade per guadagnare di nuovo l’azzurro del cielo, del mare ed il verde dell’isola che dalla sommità del castello ci riempirà di voglia di vita e di speranza.

E così, procedendo nella nostra ascesa tra le strette o ripide vie, si resta sempre senza fiato guardando ogni volta tra gli squarci di belvedere che affiorano senza preavviso davanti ai nostri occhi, regalandoci la visuale dell’isola da un lato e della costa Flegrea e Partenopea dall’altra. Al culmine di questa singolare avventura, siamo ricompensai dall’emozione della vista dal punto più alto, dove è impossibile non trattenere il fiato come a voler metabolizzare fin nel più profondo del corpo un’esperienza sensoriale senza pari, capace di far dimenticare ogni fatica quotidiana dei nostri giorni e persino il Covid, così come la guerra, gli scontri e la morte che nei secoli si è abbattuta anche qui con tutta la sua violenza, incurante della beltà di questo microcosmo che splende al sole come un diamante. Perché il Castello di Ischia è guardiano non solo dell’Isola intera, ma di un sogno che ci porteremo dentro per sempre.

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Mattarella a Napoli per celebrare le Quattro Giornate

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Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella è giunto in mattinata a Napoli e,  dopo aver deposto una corona  al monumento degli scugnizzi, ha raggiunto la basilica di San Giovanni Maggiore dove ha presenziato ai lavori di un convegno sulle Quattro giornate di Napoli, promosso dal Comune a ottanta anni dalla rivolta popolare contro il nazifascismo.

A piazza della Repubblica  il Presidente della Repubblica ha incontrato Francesco Amoretti, figlio di Antonio Amoretti, ultimo partigiano di Napoli, scomparso all’età di 95 anni nel dicembre 2022: “Ho detto al Presidente Mattarella che mio padre quotidianamente ha lavorato soprattutto presso le scuole e con gli studenti a difesa della Costituzione. Chi meglio del Presidente può capire il senso e il significato di quell’impegno”.

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Cultura

Christie’s, all’asta a novembre tre dipinti di Cezanne

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La prossima asta di novembre di Christie’s dedicata all’arte di fine Ottocento offrirà al miglior offerente non uno, ma tre dipinti di Paul Cézanne che da 90 anni non erano apparsi sul mercato. Le tre opere vengono dal museo Langmatt di Baden, in Svizzera, e verranno presentate una dopo l’altra il 9 novembre in uno sforzo del museo di raccogliere 45 milioni di dollari per assicurarsi un futuro.

Star tra i tre quadri è Fruits et Pot de Gingembre, all’asta con una stima tra 35 e 55 milioni di dollari. Realizzato tra 1890 e 1893, fa parte di un periodo d’oro in cui Cézanne creò le sue opere più elaborate, tra cui i Giocatori di Carte, dipinto nello stesso studio che il pittore teneva della casa dei genitori, ma anche il panoramico La Montagne Sainte-Victoire della collezione del co-fondatore di Microsoft Paul Allen venduto l’anno scorso, sempre da Christie’s, per 138 milioni di dollari. Il secondo quadro, Quatre Pommes et un Couteau, ha al centro la mela, uno dei soggetti quotidiani preferiti di Cezanne: la stima è tra sette e dieci milioni di dollari, mentre per La Mer à l’Estaque del 1878-1879 – l’unico dipinto del gruppo che non è una natura morta ma una veduta sul Mediterraneo e un pittoresco villaggio di pescatori – le previsioni sono tra i 3 e i 5 milioni.

“Le vendite di opere di musei sono una questione delicata. Siamo colpiti dall’attenzione e dalla cura con cui il Langmatt ha scelto cosa mettere in vendita”, ha detto Dirk Boll, vicepresidente di Christie’s per l’arte moderna e contemporanea. Il formato dell’asta è inconsueto: Christie’s, su istruzioni del museo, venderà i tre quadri in sequenza finché non verrà raggiunto o superato il target dei 45 milioni richiesti. a quel punto, se resterà qualcosa di invenduto, sarà restituito al Langmatt. Cézanne non fu mai veramente apprezzato in vita, ma già al tempo della morte era considerato un precursore dell’arte moderna e negli anni a seguire la maggior parte dei suoi capolavori finirono in mano private, tra cui i tre ora in vendita, acquistati nel 1933 dal collezionista anglo-svizzero Sidney Brown e dalla moglie Jenny. Il museo Langmatt ha sede nella villa di famiglia dei Brown, lasciata in eredità assieme alla vasta collezione alla città di Baden dal figlio della coppia, John Alfred Brown, nel 1987. Da allora il Langmatt è entrato in crisi finanziaria in parte a causa degli altissimi costi di manutenzione dell’edificio disegnato dall’architetto svizzero Karl Moser nel 1900: nel 2017 era stata lanciata cosi una campagna raccogli fondi per assicurare la futura operatività del museo.

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Cultura

Melania Mazzucco vince il Premio Serao, la consegna il 5 ottobre a Napoli

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Melania Mazzucco è la vincitrice del premio Matilde Serao: la scrittrice lo riceverà il prossimo 5 ottobre in una cerimonia che si svolgerà nel Palazzo Reale di Napoli, nell’ambito del Campania libri festival. Un premio organizzato da Il Mattino dedicato alla sua cofondatrice.  E al Mattino Melania Mazzucco, scrittrice amatissima, vincitrice di numerosi premio, spiega che quello che più l’ha colpita “è la capacità di stare nel proprio tempo”, e questo, spiega, è evidente fin dal 1886.

Il bacio della Medusa (Rizzoli 1996) a Vita (Einaudi, premio Strega 2003) a La lunga attesa dell’angelo (Einaudi 2008) , L’architettrice (Einaudi 2019): sono i grandi successi di Melania Mazzucco, libri che hanno richiesto anche un gran studio, un lavoro che si avverte pagina dopo pagina. Vita, per esempio: una storia di immigrazione dove la scrittrice ha avuto come punto di partenza i racconti di famiglia ma man mano che andava avanti nelle ricerche per scrivere il suo romanzo ha scoperto che verità e raconto non sempre coincidevano così quello è diventato, come ha detto al Mattino, “il mio libro più libero”

 

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