“Economia d’argento”. La chiamano così. È l’affare costruito sugli anziani. O se vi piace di più sulla pelle degli anziani. L’Italia come sappiamo a memoria oramai è il Paese assieme al Giappone con la più alta aspettativa di vita, quello più longevo. Non sempre, purtroppo, longevità è sinonimo di salute. Anzi, secondo una ricerca di Pio De Gregorio di Ubi Banca, nel 2035 gli anziani non autosufficienti in Italia saranno circa 560mila. E dove li mettiamo tutti questi vecchietti? Mica hanno tutti la bella famiglia e la bella casa dove vivere con i nipotini? E allora la risposta a questa domanda è l’affarone delle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa). In questa crisi epidemica, grazie ai Nas, abbiamo scoperto che lungo lo Stivale c’è un mondo disseminato di fetenzie, orrori e abbandono. Assieme ad un mondo di cura e soggiorno di eccellenza per anziani. Nei prossimi anni il numero di anziani che i loro congiunti “depositeranno” (usiamo un termine cortese) nelle Rsa crescerà tra le 206mila e le 341mila unità. Per una spesa che passerà da 14,4 e 23,8 miliardi.
Il settore è di quelli redditizi. E poi l’investimento è “assicurato”. Chi sono i player, i giocatori più importanti in questo mercato? Ci sono molti padroncini di case di cura, e poi ci sono gruppi economici privati importanti che stanno spendendo grandi somme sia per creare nuove strutture che per acquisire aziende concorrenti. I principali sono Kos del gruppo Cir (De Benedetti), Tosinvest (Angelucci), Sereni Orizzonti della famiglia friulana Blasoni, ma dalla Francia sono già arrivati i giganti quotati Korian e Orpea. Da circa 15 anni l’Europa e il Canada hanno seguito gli Usa nella privatizzazione delle case per anziani. I governi hanno incoraggiato gli operatori privati attraverso i meccanismi di accreditamento. In Italia a fine 2017 nelle Rsa e Rsd (residenze per disabili) operavano 1.271 imprese, 702 delle quali private e profit, ma i quattro quinti del settore sono gestiti da istituzioni pubbliche e Onlus. L’offerta dei privati profit però è in costante crescita, trainata da rette mensili medie molto più alte di quelle del non profit poiché contengono la quota alberghiera. La retta sanitaria a copertura pubblica, che “pesa” tra il 30 e il 50% della retta totale, varia a livello regionale e vale dai 29 ai 64 euro al giorno.
Tra gli operatori italiani delle Rsa svetta Kos del gruppo Cir con il marchio “Anni Azzurri”. Gestisce 77 strutture in 10 regioni italiane, in Gran Bretagna e in India per oltre 7.300 posti letto: 48 Rsa, 12 centri di riabilitazione, 11 comunità terapeutiche psichiatriche, quattro cliniche psichiatriche, due ospedali, 24 sedi centri diagnostici e terapeutici, 23 centri ambulatoriali. Kos dà lavoro a oltre 6.400 persone, fattura 550 milioni e ha acquisito da poco la tedesca Charleston (48 Rsa, 4.200 posti, 3.800 dipendenti).

I dati della Tosinvest della famiglia Angelucci, che conta alcune decine di Rsa col marchio San Raffaele, non sono noti a livello consolidato perché schermati dietro una holding lussemburghese. Quello che possiamo dire, da fonti scoperte, è che Tosinvest è tornata in utile grazie a Three che controlla la holding italiana, e che ha archiviato il 2018 con un utile di 11 milioni dopo aver distribuito un acconto di dividendo di 153 milioni alla controllante Spa di Lantigos, anch’essa basata nel Granducato. Il core business è rappresentato dal settore della sanità e dalle residenze per anziani con 22 strutture e una capacità ricettiva di oltre 2mila 500 posti letto. Il gruppo è proprietario anche di Libero, gruppo Corriere e Il Tempo. Per capirci sono quelli che hanno scelto come direttore di Libero il nonnetto di Bergamo che un giorno sì e un giorno pure sputa insulti e contumelie su Napoli, sul sud, sui meridionali e dice un mucchio di scemenze che oramai manco capisce più. L’altro giorno il nonnetto di Bergamo, ripetendo a pappagallo una stronzata detta dal presidente della Lombardia Attilio Fontana, è andato in giro per trasmissioni televisive a spiegare che i campani “campavano” bene perchè si curavano in Lombardia. Peccato che al vecchietto che dirige Libero non abbiamo detto che troppi dal Sud vanno verso Lombardia e Veneto per curarsi. E che per farli curare poi le regioni di provenienza (Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna, Molise) pagano ogni anno oltre un miliardo di euro. Tanto costa al sud il turismo sanitario. Ma il buon nonnetto che oramai ha il cervello infeltrito, queste cose non le capisce più. O forse finge di non capirle. Una cosa però l’ha capita. Avete presente la strage di centinaia di anziani nelle Residenze sanitarie del Nord Italia e di altri posti del Paese? Bene, Libero non ne parla proprio. Anzi, il nonnetto di Bergamo, ogni tanto ospita sul suo foglio qualche articolo di
Renato Farina, il famoso agente Betulla, giornalista il cui pedigree è noto, per sputare addosso ai magistrati che indagano su questa carneficina. Ora, si possono mai accettare lezioni di morale da uno come il nonnetto bergamasco?
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Quelle che vedete sono due pagine del giornale diretto dal nonnetto di Bergamo. O sputa addosso ai magistrati che indagano sulla carneficina nelle Rsa oppure vede quello che accade in Emilia Romagna
Sereni Orizzonti (il cui fondatore Massimo Blasoni, un personaggetto molto discusso) tra Italia, Germania e Spagna ha 80 strutture con 5.600 posti letto e fattura 200 milioni (+150% in quattro anni), sta realizzando una ventina di nuove Rsa per 2.400 posti in cinque regioni con un investimento di 180 milioni e punta 30 milioni per acquisizioni in Ue. A questi gruppi italiani fanno concorrenza operatori francesi. C’è il gruppo Korian che conta 44 Rsa con circa 4.800 posti letto, otto centri diurni, 110 appartamenti per anziani con 200 posti letto, 12 case di cura riabilitative per 1.200 posti letto, tre servizi post acuzie, 19 centri ambulatoriali e diagnostici, tre comunità psichiatriche (65 posti), tre centri residenziali per disabili (200 posti) e due hospice. Il gruppo nel 2019 nel mondo aveva oltre 82.600 posti letto in 600 strutture, ricavi per 3,6 miliardi (+8,3% annuo), un utile netto di 136 milioni (+10,4%), con 353 milioni investiti nell’ acquisto di 20 strutture e un portafoglio immobiliare di oltre 2 miliardi. Grazie alle acquisizioni, in Italia i suoi ricavi sono cresciuti del 9,3% e i clienti sono aumentati del 150% in tre anni. L’ altro gigante è la francese Orpea , primo operatore mondiale con 96.577 posti letto autorizzati in 950 strutture di 14 Paesi tra Europa, Cina e Brasile. In Italia possiede 18 strutture, 1.980 posti letto e 1.422 collaboratori tra Rsa e cliniche di riabilitazione in Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto e Sardegna. A livello consolidato nel 2019 ha realizzato un fatturato di 3,74 miliardi (+9,4%) e un utile netto di 245,9 milioni (+11,6%). Ha da poco acquisito le olandesi September e Allerzorg e la tedesca Axion con un portafoglio immobiliare da oltre 6 miliardi.
Proprio gli immobili delle Rsa, grazie agli affitti garantiti da rette sostenute dal settore pubblico, ingolosiscono la finanza che dal 2006 vi ha investito un miliardo. In Italia una ventina di Sgr e Sicaf hanno in portafoglio strutture sanitarie, tra cui 50 Rsa per circa 5.600 posti letto inserite in 21 fondi immobiliari. Secondo Il Sole 24 Ore a comprare c’ è la Zaffiro del gruppo Mittel che ha preso sei immobili di Rsa già operative e punta ad acquisti per 120 milioni nei prossimi anni. Il Fondo innovazione salute di Cattolica Assicurazioni , gestito da Savills Investment Management, punta a comprare 10 Rsa per 800 posti letto investendo 150 milioni. Ream Sgr (fondi Geras) sta facendo acquisizioni e ha 1.300 posti letto di Rsa in portafoglio. Il motivo è semplice: l’ affitto di immobili alle Rsa genera rendimenti medi lordi annuali tra il 6 e il 7,5% l’ anno.

Torna in utile Finanziaria Tosinvest, holding italiana della famiglia Angelucci presieduta da Giampaolo Angelucci. Il consolidato 2018, infatti, s’è chiuso con un profitto di 623 mila euro che si confronta con i 5,5 milioni di perdita dell’esercizio precedente e parimenti e parimenti l’ordinario è passato da un rosso di 4 milioni ad un nero di 1,6 milioni. Il miglioramento è arrivato anche in Lussemburgo dove ha sede la Three che controlla la holding italiana, e che ha archiviato il 2018 con un utile di 11 milioni dopo aver distribuito un acconto di dividendo di 153 milioni alla controllante Spa di Lantigos, anch’essa basata nel Granducato. Significativo l’incremento dell’ebitda salito a 12,6 milioni dai 7,4 milioni del 2017 e del roe che da negativo per oltre il 4,2% è diventato positivo (0,51%). Anno su anno i ricavi italiani del gruppo sono aumentati da 62 a oltre 64 milioni: il core business, tramite la subholding San Raffaele, è rappresentato dal settore della sanità con 22 strutture e una capacità ricettiva di oltre 2mila 500 posti letto. Il gruppo è attivo anche nel real estate, nei media (con la proprietà di Libero, gruppo Corriere e Il Tempo) e nel facility management. A livello patrimoniale la posizione finanziaria netta a debito per 109,6 milioni è a fronte di un patrimonio netto di gruppo di 122 milioni.