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Esteri

Libano, un Paese che merita la felicità

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Noi Italiani abbiamo un rapporto speciale con il Libano, così lontano eppure così vicino. Lo abbiamo da sempre consolidato nel campo culturale e commerciale, poi nella cooperazione internazionale. Oggi il Libano è martoriato come molte delle aree Medio Orientali ma forse paga un prezzo alto proprio per la sua marcata identità, che lo rende unico e dunque non assimilabile e quindi incorporabile nelle realtà vicine. Purtroppo da decenni questo Paese meraviglioso vive uno stato di inquietudine che nell’esplosione di Beirut dello scorso 4 Agosto, un giorno maledetto dove hanno trovato morte e dolore centinaia di cittadini inermi e soprattutto incolpevoli, ha raggiunto un picco inimmaginabile. Così oggi la rabbia esplode e si riversa nelle strade dove giovani e meno giovani chiedono le dimissioni del Governo e l’avvio di quelle riforme che rappresentano il nullaosta anche per il 250 milioni di euro promessi dalla “Conferenza dei Donatori”, assolutamente necessari per il ripristino delle scuole e strutture ospedaliere anch’esse rase al suolo e assolutamente necessarie per far ripartire la capitale e l’intero Stato.

Eppure questa Nazione fino al 1975, l’anno della sanguinosa guerra civile dalla quale è cominciato un calvario di assalti, invasioni e guerriglia continua, era considerata la “Francia del Medio Oriente”, punta di riferimento di arte e di moda, figlia di una cultura ricca e fantasiosa, assolutamente all’avanguardia ma con salde radici millenarie,  aperta al mondo ed ai tanti turisti che qui incontravano storia, lusso, profumi e sensazioni uniche.  Oggi le catene dell’oppressione politica e militare hanno rallentato ogni sviluppo economico e culturale, ma non del tutto, perché malgrado ciò i tanti talenti, valenti e valorosi, nel cui sangue scorre una genetica di grande cultura e sensibilità artistica, sperano e si impegnano per un futuro migliore e quindi continuano a lavorare, a studiare e a lottare per realizzare questo sogno, e anche quando sono costretti ad espatriare mantengono sempre un legame forte con il “Paese dei Cedri”, come nel caso di Abir Alì, giovane donna libanese che grazie ad un eccellente percorso di studi internazionalistici, nei quali con grinta e determinazione si è sempre distinta sia in patria che oltre i confini nazionali, in particolare negli USA ed Europa,  è riuscita a scalare la carriera diplomatica che di recente l’ha portata a ricoprire i massimi ruoli di rappresentanza in Roma e poi Amsterdam. Con il Libano sempre nel cuore Abir è legatissima all’Italia che considera una seconda casa. Ma il 4 Agosto era in patria, proprio nell’amatissima Beirut, quando le mura della sua abitazione hanno tremato come scosse da un violento terremoto.

Invero, dopo l’onda d’urto dell’esplosione che ha devastato la capitale, facendo appello a tutta la calma di cui  è stata capace, Abir ha rimesso a posto i pezzi di ciò che le era stato distrutto attorno e di ciò che si era spezzato dentro, e senza perdersi d’animo si è subito rialzata andando incontro al proprio destino ed oggi manda un messaggio profondo, che rappresenta un vero manifesto di rinascita, espresso con la singolare dignità e compostezza capace di rappresentare il meglio del suo Popolo ed il sentimento di fratellanza che pervade l’animo di chi, pur avendo assistito da lontano a questa tragedia, se ne sente comunque colpito in prima persona: ”Negli ultimi giorni, sono stata commossa dal numero di messaggi, telefonate e-mail di amici provenienti da tutto il mondo e anche da conoscenze con cui ho perso il contatto molto tempo fa. E negli ultimi giorni, nonostante la mia situazione di casa, lavoro da 18 a 20 ore al giorno. Non ho avuto il tempo di piangere. Ma Beirut non sarà mai in lutto. Beirut vivrà e sarà sempre la mia amata città.”.  Cara Abir, il futuro del Libano è nelle mani di come te non si ferma di fronte alle difficoltà e finanche alla morte e alla distruzione, e continua a lavorare e a ricostruire senza lasciare spazio al lutto, ma solo alla vita e alla speranza di un futuro migliore che di certo conquisterete.  A presto a Beirut, noi Vi saremo sempre vicini.

 

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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